Un limite d’amore

La prima tappa è a Lanciano. A pranzo mi è caduta una borraccia da un litro piena d’acqua sul ditone del piede che pur volendolo ignorare è diventato viola e mi fa malissimo. Non posso camminare, né appoggiare.

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Sono scoraggiata e avvilita perché mi chiedo se la mia marcia finisce qui. Ce l’ho con me stessa, perché è colpa mia se sto col piede così. Perché sta mattina quando siamo arrivati ero agitata e ansiosa e per illudermi di avere il controllo della situazione mi muovevo freneticamente scaricando la roba dalla macchina, e mentre tentavo di togliere una delle quattro borracce in mano a Roberto, una l’ho afferrata male ed è cascata. Il tema della prima catechesi è IL LIMITE. E io ne ho davanti uno bello grosso: il mio dito viola e tumefatto, e una marcia da percorrere. Ma non solo questo. Ho paura di non farcela, di tirare fuori il peggio di me, ho paura che sbroccherò, che gli altri mi giudicheranno. Sarò all’altezza? Sarò abbastanza brava? Abbastanza brava. La Parola che ci guida è Genesi 3, 1-24 che parla della tentazione del serpente ad Adamo ed Eva sull’unico limite che aveva posto loro Dio: non mangiare dell’albero del bene e del male. Loro cedono a quella bugia e scoprono così di essere nudi, fragili, deboli e questo li porta a nascondersi dall’Amore di Dio. La genesi è una riflessione immaginifica che da risposte a domande esistenziali tramite un racconto “mitico”. Non è un trattato scientifico sulla creazione, ma risponde a domande esistenziali su chi è Dio e chi è l’uomo, da dove viene il mondo, cosa è l’amore, cosa è il peccato. In questi versi la Parola ci mostra come Dio abbia donato tutto all’uomo, nella possibilità di godere pienamente della bellezza delle cose. Ma gli da un piccolo limite, perché Dio ama l’uomo. Se il movimento dell’uomo non ha un limite diventa autodistruttivo, diventa potere coercitivo. Il limite è un dono d’amore per l’uomo, affinché non perda l’essenza della sua identità di figlio bisognoso d’amore e di relazione. I limiti che Dio mi da attraverso la mia storia, attraverso la sua Parola, sono il modo più speciale che ha di volermi bene, di custodirmi e non disumanizzarmi diventando una bestia (verso me stessa o gli altri). Tutta la mia psicoterapia personale ha ruotato intorno a questo tema: volermi bene nei miei limiti, nelle cose che non so fare o non so gestire, nelle mie incapacità, vulnerabilità, difetti. Strano che oggi la marcia cominci con questo argomento, e che il mio piede sia in questo momento un’enorme limite che odio. I narcisisti non vogliono limiti, e sono di due categorie: quelli che trattano male gli altri fregandosene dei loro bisogni, e quelli che odiano sé, bistrattando i propri bisogni autentici. Io appartenevo (o appartengo… non lo so) alla seconda. Ma tutti gli uomini nel cuore hanno questa tentazione: l’orgoglio di poter vivere senza limiti (confini) pensando che questo gli darà la felicità e il benessere. L’arroganza e la superbia ci illudono di poter controllare tutte le cose. Poi arriva il limite: una malattia, un momento di crisi, la morte di una persona cara, una prova qualsiasi e quella mania di grandezza si sfracella miseramente sulla realtà della nostra creaturalità. Ma questa è un’occasione d’amore se impariamo a vivere la vita come un mistero in cui l’unica parola veramente sensata da radicare è STARE. La fatica che facciamo in questo processo è il dono più grande per trovare le coordinate di come abitare questo mistero perché fa crollare la nostra tracotanza di farcela da soli. La menzogna che porta il serpente sembra attendibile, perché attraverso la seduzione e l’ambiguità egli sussurra all’uomo una mezza verità, ponendo l’accento proprio su quello che gli manca (e gli fa da argine) e che quindi desidera più di ogni altra cosa, diventa l’assoluto, un’ossessione. Ma in questa marcia tutti faremo l’esperienza dei nostri limiti, delle nostre fragilità, perché non bastiamo a noi stessi. Adamo ed Eva non erano in grado di gestire la differenza fra Bene e Male, e la pretesa e illusione onnipotente di essere come Dio (e quindi eliminare il limite) gli ha solo incasinato la vita portando dolore e sofferenza, laddove Dio invece voleva custodirli proprio con quell’argine. Perché è quando accettiamo le nostre nudità e quelli degli altri che la nostra vita può diventare un giardino dell’Eden! Ma quando stiamo nell’arroganza, crediamo di non aver ho bisogno di nessuno (o che nessuno possa capirci o aiutarci) e rischiamo di perdere la nostra identità più profonda che invece vede nel limite ricchezza, regalo e salvaguardia. E se quei limiti non li accogliamo cominciamo ad accusare (noi stessi o gli altri). È colpa tua! È colpa mia! Il demonio parla così. Ci vuole grande sapienza per stare AL POSTO TUO nella vita e nelle relazioni. Come quando non accogli il difetto dell’altro (che non significa far finta di nulla o incassare) e il litigio non è più lo spazio per esprimersi, comprendersi e crescere insieme ma diventa il ring dove colpire l’altro, svergognarlo, umiliarlo, ferirlo per difendersi. Così ci spingiamo all’isolamento, a vivere in trincea perché ciascuno nella relazione di coppia sa dove colpire l’altro, perciò è meglio che se ne stia nascosto. Non ci si sente più liberi di parlare. L’intimità di coppia così muore. La TENEREZZA invece nasce dall’accoglienza di quel confine, che i difetti tuoi, di tuo marito, di tua moglie, dei tuoi figli, segnano. E accogliendo, permetti all’altro di essere se stesso e sentirsi voluto bene in quel limite, oltre quel limite, nonostante quel limite. Mentre avete a che fare con quelle debolezze, vi volete bene, vi custodite in un clima di amore. La più grande bugia della mia vita e della tua vita è che non siamo amati, che Dio non mi ama e mi fregherà, che prima o poi la pagherò. Questa convinzione menzognera non mi fa occupare il MIO POSTO nella mia vita e nella mia storia. Ma invece la TENEREZZA di Dio mi aspetta, e gli posso dare fiducia, perché so che in questa marcia ho un appuntamento con Lui, col suo amore. Lui non mi obbliga, mi aspetta per tutto il tempo che mi serve, in ogni cosa. Camminerò per mettermi al posto giusto nella relazione con Lui. O forse mi fermerò se il mio piede non me lo permetterà. Non penserò più al giudizio degli altri, alla mia logica di darci dentro ed essere forte. Non mi importerà di fare bella figura, ma solo di cercare l’AMORE, che mi aspetta nel mio posto imperfetto in cui Dio vuole raggiungermi.

P.S. Il mio dito il giorno dopo è miracolosamente guarito e se c’è stata una cosa che non mi ha fatto male durante la marcia è stato quel piede. La prima notte ho affidato tutto a Dio, e se anche ho pregato perché il dolore sparisse, ero disposta a fermarmi se la mia marcia doveva essere questo per me. La mia marcia inizia con l’AMORE.

L’articolo è ispirato dalla catechesi di fra Alessandro Ciamei per la prima tappa della marcia francescana Lazio-Abruzzo 2019.

Claudia e Roberto

Articolo tratto dal blog Amati per Amare

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Il matrimonio naturale e il matrimonio sociale. (5° puntata corso famiglie Gaver 2017)

Siamo giunti a trattare ora il tema del matrimonio come risposta alla nostra sessualità. Ricordo che il nostro bisogno di amore viene nutrito attraverso la socialità e la sessualità. Ricordate il paragone con il bere e il mangiare nella puntata precedente?  Ho già accennato alcuni tratti della socialità, molto sinteticamente, perchè non riguardano il tema della settimana, ora quindi ci soffermeremo di più sulla sessualità. Cosa è la sessualità? E’ la necessità di vivere una relazione d’amore che sia esclusiva e che investa tutto l’essere dell’amante e dell’amato. Le risposte alla sessualità possono essere: il fidanzamento e la convivenza ( risposte provvisorie e in ogni caso non complete) e il matrimonio e la consacrazione a Dio (risposte complete e piene). In questa settimana approfondiremo il matrimonio. Iniziamo col dire una banalità: il matrimonio non è stato inventato da Cristo, ma esiste fin da quando esiste l’uomo. Perchè ricordarlo? Per mostrare come anche in questo caso la Parola rivelata aderisce in modo perfetto alla parola naturale. Cosa è la parola naturale? Se non lo ricordate rileggete la prima puntata. Il matrimonio è quindi una necessità del cuore e non solo un costrutto civile e/o religioso. Lo si può comprendere meglio leggendo il mio articolo Un amore oltre la morte, dove riprendo le testimonianze del passato che ci mostrano in modo inequivocabile il desiderio di un amore totale, esclusivo e che superi la barriera della morte in tutte le civiltà antiche e moderne.

Conosco già le obiezioni che volete farmi. Il matrimonio è vero che esiste da sempre, ma viene declinato e realizzato in modalità molto diverse tra loro. Esistono matrimoni monogami e poligami. Esistono matrimoni indissolubili e altri solubili. Esistono matrimoni endogamici (all’interno dello stesso clan) ed esogamici (al di fuori del proprio nucleo familiare). Sembra che non esista un’esigenza comune, perchè in ogni latitudine, periodo storico e società il matrimonio viene costruito in modo diverso. E’ proprio così? Sì è così, ma c’è un errore di fondo. Il matrimonio naturale non coincide con il matrimonio sociale. Hanno scopi diversi. Il matrimonio sociale non è stato pensato per soddisfare le esigenze dell’amore dell’uomo, ma per riconoscere pubblicamente la famiglia, prima cellula della comunità, indispensabile alla crescita di un popolo o di una civiltà. Il matrimonio sociale è quindi un pubblico riconoscimento che può essere civile e/o religioso. Nella storia dell’uomo tutti i matrimoni (almeno nelle maggiori civiltà che ho potuto trovare) hanno avuto una valenza orizzontale (verso gli altri uomini della comunità) e sacra (verso Dio o le divinità, solo ultimamente si sta perdendo la sacralità). Il matrimonio sociale è quindi rispondente agli usi, costumi, tradizioni, necessità, percezioni sociali e a tutte le altre variabili che possono intervenire in una struttura complessa come quella di un popolo o di una civiltà. Un esempio per tutti. Nella Bibbia è largamente presente la poligamia (non rientra come vedremo tra le caratteristiche di un matrimonio naturale). Come? La parola naturale non coincide quindi con la Parola rivelata?

Per quanto riguarda il popolo d’Israele è bene ricordare, sono gli stessi rabbini a dirlo, che alle origini la poligamia non era permessa, Noè non era poligamo. Poi per varie motivazioni, prima fra tutte la discendenza, è stata legittimata. Abramo, Giacobbe, Davide e Salomone e molti altri avevano tutti più mogli, ma in principio non era così.

Padre Francesco ha confermato questa dinamica affermando che gli ebrei erano un popolo di pastori seminomade. Era importante quindi avere un clan, una famiglia numerosa per essere forti nelle contese con le altra famiglie. Anche per questo venne introdotta e accettata la poligamia. Ragioni che non hanno nulla a che vedere con il cuore dell’uomo.

Il matrimonio naturale ci ricorda che esiste una nostalgia, un desiderio del cuore, della profondità del nostro essere, di ciò che ci costituisce. Abbiamo bisogno di dare una risposta alla nostra sessualità in modo totale, esclusivo e per sempre. Vedremo nel prossimo articolo come si caratterizza il matrimonio naturale e quali sono le necessità del cuore per vivere un amore che risponda alla nostra sessualità. L’uomo desidera sempre, che ne sia consapevole o meno, una relazione che impegni tutto il suo essere in un rapporto totale, esclusivo e indissolubile. Nel caso non riesca a dare risposta a questo tipo di amore, non sarà mai completamente felice, realizzato e pacificato.

Antonio e Luisa

Prima puntata La legge morale naturale 

Seconda puntata Chi sono? Perchè vivo?

Terza puntata Io personale, spirito e corpo.

Quarta puntata Anima e corpo: un equilibrio importante