Matrimonio Cristiano

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decalogo

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Onora il padre e la madre

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

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Probabilmente non lo avete mai notato. Il quarto comandamento del decalogo non è messo in quella posizione a caso. C’è una motivazione e credo che cercare di comprenderla sia anche molto importante. Importante per noi, per la nostra vita, per il nostro matrimonio e per i nostri figli.

I dieci comandamenti sappiamo che sono costituiti da due parti. I primi tre comandi riguardano la nostra relazione con Dio, mentre i successivi sette concernono i nostri rapporti con le altre persone. Relazione verticale con Dio e orizzontale con i fratelli. Come una croce. Il quarto punto del decalogo, onora il padre e la madre, non è solo il primo della seconda parte, ma è il trait d’union tra le due parti. Diventa, come in una croce, il punto d’incontro tra la trave orizzontale e il palo verticale.

Perche onorare il padre e la madre deve venire prima di non uccidere? Non è scontato. Non rispettare i genitori è sicuramente un comportamento indegno, ma uccidere una persona è un gesto enormenmente più grave. Mi sono sempre chiesto il perchè di questa scelta. Il motivo in realtà è semplice. E’ fondamentale riconoscerci figli per poter poi accogliere tutti gli altri comandamenti, e per poterci quindi relazionare in modo positivo e con amore nei confronti del nostro prossimo.

Riconoscerci figli di Dio e riconoscerci figli dei nostri genitori. Riconoscerci parte di una storia che ci precede. Anselm Grun dice che chi disonora il padre e la madre sta disonorando anche se stesso, perchè sta disonorando le proprie radici. Siamo venuti al mondo perchè due persone, i nostri genitori, si sono voluti bene e noi siamo frutto di quell’amore. Non siamo al mondo per caso. Siamo stati voluti. Siamo stati e siamo tuttora amati profondamente. E’ vero che non tutti sono figli di genitori che li hanno desiderati ed amati. Conosco tante storie di persone ferite e che hanno sofferto per questo. Siamo però sempre amati e voluti da Dio.

Il quarto comandamento ci dice che la nostra vita è un dono d’amore. Le persone che si comportano male di solito hanno alle spalle delle grandi sofferenze dovute proprio a questa mancanza di consapevolezza. Non sanno di essere amate. Mi ha colpito molto leggere un aneddoto di Franco Nembrini. Nembrini raccontava di un confronto avuto in classe, lui è stato insegnante, con degli alunni. Ragazzi di 15 anni. Chiese agli studenti quale fosse il senso della vita. Uno di questi gli rispose: non c’è un senso. Sono al mondo per una scopata. Lui rimase completamente spiazzato e non rispose nulla. Rimase amareggiato profondamente pensando alla sofferenza che quel giovane doveva aver dentro di sè.

Riconoscersi dentro una storia d’amore è il primo passo per amare se stessi e quindi anche per essere capaci di amare. Per questo fare esperienza di Dio e permettergli di entrare nella nostra vita cambia tutto. Sentirci amati e perdonati è il solo modo per accogliere il decalogo non come una lista di prescrizioni ma come un dono che Dio ci fa per vivere una vita da amati e da amanti, da persone che sanno donarsi, da persone che non usano l’altro. Sentirci amati ci fa vivere da persone felici perchè l’amore è la sola cosa che, in fondo, ognuno di noi desidera davvero. Per questo onora il padre e la madre è stato scritto prima di non uccidere.

Antonio e Luisa

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Ott·29

Dare compimento alla Legge!

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: « Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento.
In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. »
Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio.

Questa è solo la prima parte del Vangelo proclamato oggi. Mi basta questa per mettere in evidenza quello che, personalmente, ritengo più importante. Quello che mi tocca maggiormente oggi. Gesù dice che non è venuto a cambiare o abolire la Legge ma per darle compimento. La Legge non cambia perchè l’uomo non cambia. Il cuore dell’uomo desidera ardentemente di vivere in un determinato modo. In un modo pieno dove realizza la sua umanità. Gesù è venuto a mostrarci come essere pienamente umani. Dio si è fatto carne per mostrarcelo. La Legge non è qualcosa che dobbiamo subire, ma un’occasione per rialzarci e riappropriarci di quello che siamo: uomini capaci di amare e di farsi amare. La Legge del decalogo non è altro che la legge morale naturale che ogni uomo ha impresso nel cuore e che ogni uomo, che ne sia o meno consapevole, desidera rispettare perchè così rispetta se stesso prima che gli altri. Gesù ci chiede di accogliere la Legge correttamente, non come gli scribi e i farisei. Come poveri che ne hanno bisogno per scoprire la ricchezza dell’amore, non come ricchi di sè che se ne servono per sentirsi meglio degli altri. Non ha senso seguire i comandamenti per essere in regola, ma solo con la volontà di amare di più e più perfettamente Dio e i fratelli. Come sappiamo i primi tre comandamenti descrivono il rapporto verticale, con Dio. Dal quarto al decimo si spostano su un piano orizzontale, sul rapporto tra uomini, con il prossimo. Mi voglio soffermare sul sesto, quello che forse è più comunemente associato al sacramento del matrimonio.

Il sesto comandamento è spesso sottovalutato e ritenuto meno importante di altri. Come se la sessualità disordinata non fosse un grande problema, non fosse una mancanza grave di rispetto verso l’altro e verso noi stessi. Come se non evidenziasse una mancanza di amore. Sento tanti sacerdoti condannare l’omicidio, le guerre, i furti, la truffa, le estorsioni e tutte queste manifestazioni del male. Giustissimo, ma non vedo altrettanta veemenza contro l’adulterio, i rapporti prematrimoniali, la masturbazione e la contraccezione. Il sesto comandamento è cancellato di fatto. Non se ne parla quasi. Anche in confessionale tanti sacerdoti tendono a sminuire e considerare meno importanti questi peccati, quasi fossero la normalità e nulla di veramente grave. Un sacerdote, a cui voglio bene, ebbe a dire un giorno quando sollevai il discorso: Se questi fossero peccati gravi l’inferno sarebbe pieno, sei troppo rigido oppure un’altra volta sui rapporti prematrimoniali: I fidanzati che si vogliono bene si fanno le coccole. Non la penso così. Penso, al contrario, che questo decadimento sul sesto comandamento abbia ripercussioni negative su tutti gli altri. Il sesto comandamento, non a caso, è posto tra il quinto e il settimo. Chi commette atti impuri uccide qualcosa dell’altro o ruba qualcosa che non gli appartiene, per egoismo e per interesse personale, non certo per amore.

L’adultero non uccide forse il coniuge? Non dà una coltellata nella schiena a chi gli ha dedicato parte della vita? Non uccide forse la persona a cui aveva invece promesso amore, rispetto e cura. Ne conosco tante di persone che sono morte e che ora stanno faticosamente cercando di rinascere grazie a Cristo, ma il loro dolore e la loro sofferenza è ancora un grido che si alza al Cielo.

Nei rapporti prematrimoniali non si ruba qualcosa di cui ancora non si ha diritto? Si prende il dono totale del corpo dell’amato/a senza essersi impegnato definitivamente e totalmente nel matrimonio. Si usa l’altro/a. Forse, si ruba qualcosa che non era per noi, ma per il marito o la moglie che ancora deve venire. E lo si fa solo per il piacere personale trattando l’altro/a come oggetto. Anche se sinceramente si crede di amare l’altro in quel modo. Spesso, però, la sincerità non equivale alla verità.

Nella masturbazione non si ruba forse un piacere destinato a far parte di un piacere ancora più grande e profondo scaturente dall’unione dei corpi degli sposi, dove il piacere sessuale si fonde con un piacere che coinvolge anche spirito e psiche? Il piacere sessuale è un dono di Dio riservato all’unione intima degli sposi. Rubarlo, in un gesto carico di egoismo e di ripiegamento, non fa che renderci ancora più egoisti e chiusi, incapaci di un vero incontro con l’altro/a.

La contraccezione non è forse annullare, cioè uccidere, una parte dell’altro/a? Una parte importante dell’altro: la fecondità. Il metodo naturale, al contrario, aiuta gli sposi a mettere il bene dell’altro/a prima del proprio. Li educa al sacrificio e alla rinuncia per un bene più grande. Il metodo naturale è una scuola che educa al dono di sé e aiuta a combattere l’egoismo. Molto più semplice mettere un preservativo e avere un rapporto quando lo si desidera, piuttosto che avere la forza e l’amore di posticiparlo per accogliere la donna in tutta la sua femminilità e quindi anche nella sua fecondità. Una situazione che sembra frustrante a volte. Difficile accettarlo all’inizio, ma poi anche questi momenti diventano occasioni per amare. Per imparare ad amare e per smettere di usare l’altra persona. Gli anticoncezionali dividono mentre i metodi naturali uniscono.

Se crolla il sesto comandamento crolla tutto. La nostra società ipersessualizzata ne è la conferma. Sesso libero e facile, senza troppi pensieri, ma che rende le persone sempre meno capaci di scelte definitive e di fedeltà. Bisogna recuperare la capacità di rendere giustizia alla verità e saper testimoniare che la sessualità è qualcosa di meraviglioso, ma che va vissuta in un contesto di amore autentico, nel dono totale del matrimonio tra un uomo e una donna. Al di fuori della sponsalità è un gesto falso che esprime la nostra incapacità di amare e il nostro egoismo che usa per interesse. Non è mai dono, anche quando si tinge di un sentimento d’amore che non può però essere autentico. Questa è una mentalità che poi si manifesterà in ogni ambito relazionale: lavorativo, affettivo, familiare etc. Rispettare il sesto comandamento significa educarsi al rispetto e alla valorizzazione dell’altro/a. Significa essere responsabile delle proprie promesse e delle proprie azioni. Non è figlio di un dio minore, ma vera esigenza che Dio ci chiede per amare veramente come Lui ama.

Antonio e Luisa

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Feb·16

Sposi credenti solo se credibili

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

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Ciò che ci può rendere cristiani credibili è aver fatto esperienza di Lui. Non di pratiche religiose. Non di una morale calata dall’alto. Dio quando consegna i comandamenti al suo popolo inizia con una premessa: Io sono il SIGNORE, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù. Solo dopo aver detto questo, inizia ad enunciare le Sue Parole, che sono state sintetizzate poi nel decalogo che tutti conosciamo. Cosa significa? Cosa ci vuole dire Dio? Semplicemente che possiamo essere pronti ad accogliere la Sua Legge se abbiamo fatto esperienza di Lui. Se abbiamo compreso che con Lui siamo liberi, che Lui ci ha liberato dalla schiavitù in Egitto. Tutti noi abbiamo il nostro Egitto di cui liberarci. Anche Gesù riafferma lo stesso concetto. Troviamo infatti in  Giovanni 14,23: Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 

Dio sta cercando di farci comprendere che non è uno sconosciuto che impone la propria volontà. E’ un Dio che ama il suo popolo, che lo ha fatto uscire dal’Egitto, che lo ha liberato dalla schiavitù. Cambia tutto non trovate? Il decalogo diventa così la risposta a una relazione d’amore tra Dio e il suo popolo, tra Dio ed ognuno di noi. Non una Legge da subire ma una Parola che diventa roccia sulla quale costruire il nostro matrimonio nella verità, nella pienezza e nella gioia.

Allora cambia tutto. Anche nel nostro matrimonio. Cambia la nostra relazione dell’uno verso l’altra, cambia il desiderio di farsi dono l’uno per l’altra, cambia l’apertura alla vita che diventa più generosa e meno legata a paure e difficoltà più o meno reali. Cambia la nostra volontà di aderire alla morale cristiana. Decidere di dire no agli anticoncezionali e avvalersi di metodi naturali, sicuramente più difficili da accettare ma che offrono una pienezza che altri metodi non permettono.

Non voglio giudicare chi fa scelte diverse. Per noi è stato importante aver compreso che Gesù è il Salvatore della nostra vita e che senza di Lui saremmo stati schiavi in Egitto, ancora oggi. Con Lui abbiamo la pace nel cuore e questo forse ci permette di essere credibili. Almeno più credibili di prima. Non significa che siamo più bravi. Ci sono coppie molto più attrezzate di noi. Significa che cerchiamo di vivere ciò che raccontiamo. Raccontiamo non una morale, ma la gioia di una vita vissuta alla presenza di Gesù nella Sua Chiesa. Con tutti i nostri limiti e i nostri peccati, che ancora ci sono e con cui dobbiamo combattere ogni giorno. Sempre pronti, però, a perdonarci e a ricominciare perchè il matrimonio, quando si è liberi dalle catene d’Egitto, è una meraviglia da assaporare tutto il tempo che Dio ci concederà su questa Terra.

Antonio e Luisa

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Set·18

Il decalogo per un matrimonio felice – 2 parte

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

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La prima parte del decalogo è stata un successo. Migliaia di visite al blog. Grazie. Non mi resta che finire con gli ultimi 5 punti.

      6.  Fa’ qualcosa per rendere più piacevole la vostra casa. Il talamo nuziale è il sacer della coppia. Sacer è quel luogo recintato dove nell’antichità precristiana si entrava il relazione con il divino. Non a caso la persona preposta ad essere mediatore e ad offrire sacrifici ed olocausti era il sacerdote. Termine che ancora oggi usiamo. Il talamo è questo recinto sacro della coppia dove si manifesta in modo più visibile e percepibile il noi, la relazione abitata da Dio. Si può estendere questo recinto a tutta la casa. La casa è luogo sacro della famiglia. Non solo della coppia. E’ il luogo dove la famiglia si ritrova attorno alla tavola. Il luogo dove si custodiscono i ricordi belli e brutti. Il luogo dove c’è dialogo e relazione. Luogo di preghiera. Luogo anche di contrasti e di litigi, ma sempre nella certezza di essere amati. Luogo di condivisione e di libertà di mostrarsi per quello che si è senza dover dimostrare nulla. Per questo è importante curare la nostra casa. Significa considerare prezioso tutto ciò che rappresenta, Significa considerare preziosa la nostra famiglia e la nostra relazione.

     7.  Non devi difenderti dal tuo coniuge: è il tuo migliore alleato, non un nemico.  Altro punto delicatissimo. Quante volte abbiamo paura del giudizio del nostro coniuge? Quante volte siamo i primi a giudicare? Il matrimonio deve essere luogo di sostegno e non di condanna. L’altro sbaglia, su questo non c’è dubbio. E’ importante farglielo capire. Anche su questo non c’è dubbio.  Possiamo porci con lo sguardo giudicante e sprezzante di chi, mettendo in evidenza le fragilità e i peccati dell’altro, si vuole in realtà esaltare.  Oppure possiamo avere lo sguardo di Dio, di chi vede oltre l’errore. Guardare con gli occhi di Dio significa anche giudicare il nostro coniuge con l’atteggiamento e la modalità di Dio. Dio sta in alto, ma proprio perchè sa di essere molto più di noi, scende e si mette al di sotto di noi. Per amore si abbassa e con noi, aspettando i nostri tempi e la nostra volontà, si rialza riportandoci in alto con Lui. Il giudizio diventa così via di salvezza e non di condanna. Anche nel matrimonio accade, o dovrebbe accadere la stessa cosa. Si impara a non mettersi in alto a sparare sentenze e condanne, che non aiutano, ma affossano ancora di più l’amato/a. Se ci accorgiamo di qualche errore e fragilità del nostro sposo o sposa dobbiamo avere la forza e la pazienza di abbassarci, e con tanta tenace tenerezza aiutarlo/a a rialzarsi. Servirà magari ingoiare bocconi amari, subire umiliazioni e dover accettare ingiustizie, ma questa è l’unica via che può aiutare una persona a risorgere, è la via della croce.  Prima di puntare l’indice guardiamo il nostro anulare e la fede che portiamo, segno della nostra promessa e unica via per la nostra santità e quella del nostro coniuge.

  8.   Se vuoi qualcosa devi dirlo, altrimenti non c’è modo per gli altri di saperlo.  Questo punto riguarda in particolar modo le fanciulle. Uomo e donna sono diversi tra loro. Lo sono più di quello che voi possiate pensare. L’uomo, nella maggior parte dei casi, non desidera altro che rendere felice la propria sposa. Spesso non serve neanche molto. Basta la parola giusta, basta anche il silenzio a volte. Deve però sapere il vostro pensiero, le vostre sensazioni e il vostro stato emotivo. Non pretendete che capisca da solo. Non pretendete da lui più di quello che può darvi, resterete insoddisfatte voi e frustrato lui che non capirà nulla. E anche quando non avesse tutta questo desiderio di accontentarvi non potrà dire di non aver capito. Sta a voi essere chiare.

   9. Occuparsi di sè non è egoismo: è un modo per fare agli altri un regalo più bello. Non chiudiamoci in famiglia. Non rinchiudiamoci in famiglia. La famiglia non è una prigione. Se abbiamo interessi che coltiviamo non smettiamo di farlo. Sempre con moderazione e senza sacrificare la nostra relazione sponsale, ma non annulliamoci. E’ importante che comprendiamo questo per noi e per il nostro coniuge. Se io esco di casa per giocare a calcetto con i miei amici e poi torno in famiglia contento, sfogato e rilassato riuscirò ad essere anche un padre e un marito migliori . Se la mia sposa ama andare con le amiche al cinema ogni tanto perchè riesce così a staccare e a rilassarsi ben venga. So che quando tornerà sarà più disponibile e aperta anche nei miei confronti. Sta a noi trovare il giusto equilibrio affinchè il nostro primo pensiero sia per la famiglia, ma che non diventi l’unico pensiero cancellando tutto il resto.

  10. Tra marito/moglie e suocera non mettere il dito.  Spesso esistono tensioni nella coppia causate dal rapporto non sempre indipendente tra il coniuge e la sua famiglia di origine. Quando ci sposiamo dobbiamo  essere ben consapevoli che se il nostro coniuge ad esempio è un mammone, non smetterà di esserlo improvvisamente per grazia divina una volta sposati. Ci stiamo prendendo un grosso rischio. Dobbiamo esserne consapevoli. Se decidiamo di correrlo non possiamo poi pretendere nulla da lui/lei. Se siamo fortunati e riusciamo a mettere centinaia di chilometri tra noi e la sua famiglia non ci sono grossi problemi. Nel caso invece abbiamo i suoceri vicino la scelta più sbagliata che possiamo compiere è ricattare e mettere di fronte ad una scelta (tardiva) il nostro sposo o la nostra sposa. Non possiamo metterci in mezzo cercando di dividerli. Dobbiamo al contrario lasciare piena libertà all’altro/a facendo di tutto per attirarlo/a a noi. Quando si inizia una guerra con la famiglia di origine di solito non ci sono mai vincitori, ma solo morti e feriti.

Antonio e Luisa

Prima parte

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Dic·31

Il decalogo per un matrimonio felice – 1 parte.

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

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Roberto Marchesini, noto psicoterapeuta cristiano, voce di Radio Maria e autore di diversi libri, ci offre nel suo saggio E vissero felici e contenti diversi spunti interessanti tra cui il decalogo per un matrimonio felice. Mi è piaciuto molto. Una lista senza velleità di essere scientifica, ma al tempo stesso molto utile per riflettere sul nostro matrimonio e su alcuni accorgimenti che potrebbero migliorare la relazione.  Di seguito riporto i dieci punti aggiungendo un mio breve commento.

  1. Non cercare la tua soddisfazione, ma quella del coniuge. Per questo ti sei sposato. E’ importante avere sempre presente questa verità. Lui/lei non potrà mai renderti completamente felice. Non puoi controllare le sue scelte, il suo comportamento e il suo agire. Ciò che puoi fare e di cui hai il pieno controllo è impegnarti a fondo per renderlo/a felice. Questo hai promesso nel matrimonio. Senza mettere sulla bilancia quanto e cosa ti offre l’altro/a. Il tuo amore deve essere incondizionato. Solo questo ti può far vivere in pienezza il tuo matrimonio che prima di tutto è una vocazione cioè la tua risposta all’amore di Dio che Lui ti ha già dato.
  2. L’amore non è un sentimento, ma una scelta, una decisione, una promessa. Non vale dire non sento più nulla. Non lo/la amo più. L’amore non è sentire. L’amore, come abbiamo visto al primo punto, è volere il bene dell’altro/a. Volerlo e darsi da fare per offrirglielo. Il matrimonio è soggetto, essendo una relazione non a termine e quindi lunga, a sbalzi nei nostri sentimenti, a momenti di sentimenti forti e altri di aridità. Ci saranno momenti in cui non saremo sostenuti dalla passione d’amore. Non importa possiamo e dobbiamo amare comunque.
  3. Il tuo coniuge è diverso da te: ricordatelo. Spesso siamo portati a dare al nostro coniuge quello che piace a noi. Spesso non comprendiamo che parole o atteggiamenti che per noi sono normali e non negativi possano invece dare fastidio al nostro coniuge. Non è lui/lei ad essere esagerato. E’ soltanto diverso/a da noi. Amare significa preoccuparsi della sensibilità dell’altro/a e amarlo/a nel modo che a lui/lei piace. Non serve amare una persona in un modo che non le trasmette amore. E’ nostro impegno di sposi conoscere qual’è il modo migliore per dare il nostro amore.
  4. La differenza tra marito e moglie è una ricchezza, non una disgrazia. Uomo e donna sono diversi. Non lamentiamoci per questo, ma al contrario contempliamo la bellezza dell’altro/a che ci attrae proprio perchè è qualcosa che non ci appartiene, ma che ci appare un mistero meraviglioso. Nel maschile e femminile che si uniscono c’è una ricchezza tale da essere l’immagine terrena più vicina alla famiglia trinitaria di Dio. Ricordiamocelo e ringraziamo Dio per averci donato una creatura tanto diversa da noi e per questo incantevole e affascinante.
  5. Il tuo matrimonio dipende anche da te: stai facendo tutto il possibile? Siamo inclini a notare le mancanze dell’altro/a molto più facilmente rispetto alle nostre. Spesso non serve continuare a lamentarsi per ciò che non fa l’altro. Cosa posso fare io per migliorare la situazione? E non tiratemi fuori che fate già molto più di lui/lei. La relazione sponsale non è luogo per fare i sindacalisti. Ricordate che vincete o perdete insieme.

Con il prossimo articolo i successivi 5 punti.

Antonio e Luisa

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Dic·30

Se non la ami più, non l’hai mai amata.

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

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Papa Francesco, durante la catechesi del mercoledì, sta proponendo alcune riflessioni e provocazioni sul decalogo. Mercoledì scorso, il 24 ottobre 2018, ha affrontato il sesto comandamento.

I prossimi articoli, non so ancora se due o tre, dipende da quello che le  parole del Papa mi provocheranno volta per volta, li dedicherò a commentare questa udienza tanto interessante per noi sposi.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nel nostro itinerario di catechesi sui Comandamenti arriviamo oggi alla Sesta Parola, che riguarda la dimensione affettiva e sessuale, e recita: «Non commettere adulterio».

Il richiamo immediato è alla fedeltà, e in effetti nessun rapporto umano è autentico senza fedeltà e lealtà.

Non si può amare solo finché “conviene”; l’amore si manifesta proprio oltre la soglia del proprio tornaconto, quando si dona tutto senza riserve. Come afferma il Catechismo: «L’amore vuole essere definitivo. Non può essere “fino a nuovo ordine”» (n. 1646). La fedeltà è la caratteristica della relazione umana libera, matura, responsabile. Anche un amico si dimostra autentico perché resta tale in qualunque evenienza, altrimenti non è un amico. Cristo rivela l’amore autentico, Lui che vive dell’amore sconfinato del Padre, e in forza di questo è l’Amico fedele che ci accoglie anche quando sbagliamo e vuole sempre il nostro bene, anche quando non lo meritiamo.

L’essere umano ha bisogno di essere amato senza condizioni, e chi non riceve questa accoglienza porta in sé una certa incompletezza, spesso senza saperlo. Il cuore umano cerca di riempire questo vuoto con dei surrogati, accettando compromessi e mediocrità che dell’amore hanno solo un vago sapore. Il rischio è quello di chiamare “amore” delle relazioni acerbe e immature, con l’illusione di trovare luce di vita in qualcosa che, nel migliore dei casi, ne è solo un riflesso.

Così avviene di sopravvalutare per esempio l’attrazione fisica, che in sé è un dono di Dio ma è finalizzata a preparare la strada a un rapporto autentico e fedele con la persona. Come diceva San Giovanni Paolo II, l’essere umano «è chiamato alla piena e matura spontaneità dei rapporti», che «è il graduale frutto del discernimento degli impulsi del proprio cuore». È qualcosa che si conquista, dal momento che ogni essere umano «deve con perseveranza e coerenza imparare che cosa è il significato del corpo» (cfrCatechesi, 12 novembre 1980).

Sulla fedeltà, sull’indissolubilità, su questi temi tanto attuali quanto disattesi nella società odierna, ho già avuto modo di scrivere in diverse occasioni.

Oggi voglio dire qualcosa di diverso dal solito. Qualcosa che probabilmente neanche voi avete mai sentito o su cui vi siete soffermati a riflettere.

Un sacerdote, durante un incontro rivolto alle coppie di sposi, disse queste testuali parole:

Chi abbandona la propria moglie o il proprio marito, affermando che non la/lo ama più, significa che non la/lo ha mai amato, neanche prima. 

Affermazione pesante. Come è possibile? Prima andava tutto bene. C’era passione, affetto, intimità, innamoramento, sentimento. Come si può dire che non c’era amore? C’era intesa sessuale ed emozioni forti. L’amore c’era ed era anche travolgente.

Lo pensavo anche io prima di sposarmi che fosse questo l’amore. Che l’amore fosse dato dall’insieme di queste sensazioni travolgenti del cuore. Che l’amore fosse una forza che ti prende e ti attrae all’altra persona, una forza a cui è impossibile resistere.

Poi nel matrimonio ho capito che quelle cose lì non sono l’amore. Quelle cose lì sono importanti, ma l’amore è un’altra cosa. E’ qualcosa che non viene dal cuore, ma dalla volontà. Quelle cose lì sono, paradossalmente, l’opposto dell’amore. Capitemi bene. E’ importante che ci siano ed importante ricercarle curando la relazione. Ma non sono l’amore. Sono ciò che ci rende bello l’amore. Molto diverso. Perchè dico che sono l’opposto? Perchè passione, sentimento, emozione, innamoramento, attrazione erotica, sono tutti concetti che presuppongono che il centro sia io. Spostano il centro del mondo in me stesso. Ci rendono egocentrici ed egoisti. Questo è il grande rischio.  Tutto va bene quando io sento forti tutte queste cose. Io, io , io e l’altro? Dove è? Che posto gli do nella mia relazione? Diventa, spesso solo uno strumento da cui ottenere il mio piacere e le mie gratificazioni. Una persona da usare detto brutalmente. Ecco, che quando non provo più questi forti sentimenti e sensazioni l’altro/a non mi serve più, lo/la cambio, lo/la butto via come un telefono vecchio per comprarne uno nuovo e tecnologicamente più avanzato. Questo non è l’amore. L’amore è un’altra cosa. L’amore, per noi cristiani, è mettere l’amato/a al centro. Ed ecco, che anche quando non sento nulla, non smetto di amare, perchè quello che conta non è ciò che sento io, ma il suo bene e la sua gioia. Quando ho vissuto momenti di aridità dove mi è costato fatica amare la mia sposa, lì dove ero spogliato di molte di quelle sensazioni ed emozioni che trascinano la relazione, lì ho cominciato ad amare davvero. Continuando a tenere la bussola indirizzata verso di lei. Gesù ha mostrato tutto il suo amore sulla croce, dove non c’era nulla di romantico e di emotivamente appagante, ma lì ha amato per il nostro bene, per la nostra salvezza.

Poi c’è un grande paradosso. Quando riesci ad amare anche quando senti poco o nulla, perseverando, presto torneranno anche tutte le emozioni e sensazioni perdute.

Se avete seguito fin qui il discorso capirete bene come ora l’affermazione iniziale sia comprensibile e condivisibile. Se quando vengono meno tutte quelle forze erotiche, sessuali, emozionali dell’attrazione e dell’innamoramento,  decidete che non vale più la pena continuare, perchè non amate più quella persona, significa semplicemente che non l’avete mai amata.

Antonio e Luisa

 

 

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Ott·26

Come potrete credere alle mie parole?

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

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Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio? Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

Queste parole dette da Gesù nel Vangelo di oggi sono dure come macigni. Ho sempre immaginato Gesù con lo sguardo severo mentre le diceva. Invece, negli ultimi anni ho imparato ad immaginarlo quasi implorante. Cosa dice a me questo Vangelo? A noi sposi? Non ci sta condannando, ma ci sta provocando. Ci vuole svegliare. Non vi rendete conto che vi state condannando da soli? Vi state condannando ad una vita vissuta male. State rinunciando ad una vita piena e ricca di senso e di verità. Dio ci ha dato la Legge, attraverso Mosè, affinchè noi potessimo essere felici. Dio ha scritto su quella pietra quello che noi abbiamo scritto a fuoco nel cuore fin da quando siamo creati nel seno materno. Noi abbiamo nostalgia di una vita che sia in armonia con quella Legge. Possiamo essere felici solo quando la rispettiamo, anche e soprattutto nel nostro matrimonio. Dio, per essere sicuro, che noi, uomini di dura cervice, potessimo capirla, ci ha donato il Figlio. Affinché incontrando e amando il Figlio nella nostra vita, potessimo amare la Legge che Lui ha incarnato pienamente, in una vita vissuta per amore nel dono totale di sé. Sento spesso usare a sproposito l’affermazione di Sant’Agostino Ama e fa ciò che vuoi.  Quasi Sant’Agostino fosse un fricchettone peace and love. Nulla di più sbagliato. Sant’Agostino aveva in testa un concetto filosofico e concreto ben preciso di amore. Pensava all’amore di Cristo. Se ami come Cristo puoi fare ciò che vuoi, e non sbaglierai mai. Perchè volontà e verità coincideranno.  Noi non amiamo come Cristo. Vorremmo, ma abbiamo, causa il peccato originale, idee molto soggettive e personali su cosa sia l’amore. Idee spesso, per non dire sempre, sbagliate. Imbianchiamo d’amore ciò che è solo egoismo. Sepolcri imbiancati.  Ed ecco che abbiamo due grandissimi doni per indirizzare la nostra volontà alla bellezza e alla verità. Abbiamo la Legge di Mosè, incarnata da Cristo e che ci aiuta a rispettare la nostra umanità e il desiderio profondo e fondante scritto nel nostro cuore. E abbiamo la Grazia del matrimonio. Abbiamo lo Spirito Santo che, attraverso la redenzione di Cristo, ci permette di andare oltre le nostre fragilità, ferite e povertà.

Sinceramente quando ho conosciuto Luisa avevo uno strano concetto di amore, comune a tanti. Un’idea tutta incentrata su me stesso. Volevo usarla e pensavo di amarla. Ho dovuto fare una scelta. Perderla o cercare di capire quello in cui lei credeva. Ho scelto di accettare il suo mettere Cristo, e quindi la sua Legge, prima di me. Ho scelto senza capire. Poi con il tempo ho sperimentato la bellezza di una relazione piena e autentica, basata sull’Amore e non sul mio concetto di amore. Ho compreso quanto mi stessi condannando da solo e come Gesù, attraverso la mia sposa, mi stesse chiedendo di accoglierlo, accogliendo il suo modo di amare e quindi la sua Legge. Così la castità, l’apertura alla vita, la tenerezza, il servizio e la cura della mia sposa sono diventate occasioni di liberarmi dal giogo dell’egoismo. La Legge è liberante non castrante.

Antonio e Luisa

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Tag ama e fa ciò che vuoi, amore, coppia, decalogo, Gesù, legge, mosè, relazione, sant'agostino, tavole della legge

Mar·15

Il sesto comandamento non è figlio di un dio minore!

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

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Gesù è venuto a perfezionare la Legge, a portarla compimento. Non è venuto a cancellare il Decalogo, che resta completamente valido, ma a renderlo concretamente vivo nel cuore dell’uomo. E’ venuto a trasformare semplici norme da rispettare,  in apertura e conversione del cuore. Non ha senso seguire i comandamenti, se non come volontà di amare di più e più perfettamente Dio e i fratelli.  Come sappiamo i primi tre comandamenti descrivono il rapporto verticale, con Dio. Dal quarto al decimo si spostano su un piano orizzontale, sul rapporto tra uomini, con il prossimo. I comandamenti sono tutti importanti e non rispettarne uno indica un’ipocrisia di fondo, una incapacità di amare in pienezza.

Il catechismo cita:

2067 I dieci comandamenti enunciano le esigenze dell’amore di Dio e del prossimo. I primi tre si riferiscono principalmente all’amore di Dio e gli altri sette all’amore del prossimo.

« Come sono due i comandamenti dell’amore, nei quali si compendia tutta la Legge e i Profeti – lo diceva il Signore […] –, così gli stessi dieci comandamenti furono dati in due tavole. Si dice infatti che tre fossero scritti su una tavola e sette su un’altra ».

2068 Il Concilio di Trento insegna che i dieci comandamenti obbligano i cristiani e che l’uomo giustificato è ancora tenuto ad osservarli. Il Concilio Vaticano II afferma: « I Vescovi, quali successori degli Apostoli, ricevono dal Signore […] la missione di insegnare a tutte le genti e di predicare il Vangelo ad ogni creatura, affinché tutti gli uomini, per mezzo della fede, del Battesimo e dell’osservanza dei comandamenti, ottengano la salvezza ».

L’unità del Decalogo

2069 Il Decalogo costituisce un tutto indissociabile. Ogni « parola » rimanda a ciascuna delle altre e a tutte; esse si condizionano reciprocamente. Le due tavole si illuminano a vicenda; formano una unità organica. Trasgredire un comandamento è infrangere tutti gli altri. Non si possono onorare gli altri uomini senza benedire Dio loro Creatore. Non si potrebbe adorare Dio senza amare tutti gli uomini sue creature. Il Decalogo unifica la vita teologale e la vita sociale dell’uomo.

Il Decalogo e la legge naturale

2070 I dieci comandamenti appartengono alla rivelazione di Dio. Al tempo stesso ci insegnano la vera umanità dell’uomo. Mettono in luce i doveri essenziali e, quindi, indirettamente, i diritti fondamentali inerenti alla natura della persona umana. Il Decalogo contiene un’espressione privilegiata della « legge naturale »:

« Fin dalle origini, Dio aveva radicato nel cuore degli uomini i precetti della legge naturale. Poi si limitò a richiamarli alla loro mente. Fu il Decalogo ».

Perché ho voluto scrivere e ricordare queste verità della nostra fede? Perché sto notando nel sentire comune di tanti amici e anche di sacerdoti, che stimo e rispetto come persone e ministri di Dio, che non c’è questa consapevolezza. Il sesto comandamento è spesso sottovalutato e ritenuto meno importante di altri. Come se la sessualità disordinata non fosse un peccato grave, non fosse una mancanza grave di rispetto verso l’altro e verso noi stessi. Sento tanti sacerdoti, tutti direi, condannare l’omicidio, le guerre, i furti, la truffa, le estorsioni e tutte queste manifestazioni del male. Giustissimo, ma non vedo altrettanta veemenza contro l’adulterio, i rapporti prematrimoniali, la masturbazione,  la contraccezione e i rapporti omosessuali. Il sesto comandamento è cancellato, di fatto. Non se ne parla quasi. Anche in confessionale tanti sacerdoti tendono a sminuire e considerare meno importanti questi peccati, quasi fossero la normalità e nulla di veramente grave. Un sacerdote a cui voglio bene ebbe a dire un giorno quando sollevai il discorso: “Se questi fossero peccati gravi l’inferno sarebbe pieno, sei troppo rigido” oppure un’altra volta sui rapporti prematrimoniali: “i fidanzati che si vogliono bene si fanno le coccole”.

Non la penso così. Penso al contrario che questo decadimento sul sesto comandamento abbia ripercussioni negative su tutti gli altri. Il sesto comandamento non a caso è posto tra il quinto e il settimo. Chi commette atti impuri uccide qualcosa dell’altro o ruba qualcosa che non gli appartiene, per egoismo e per interesse personale, non certo per amore. L’adultero non uccide forse il coniuge? Non dà una coltellata nella schiena a chi ha dedicato all’adultero parte della vita? Non uccide forse la persona che l’adultero aveva invece promesso di curare, di rispettare e alla quale avrebbe dovuto donarsi tutti i giorni della vita? Ne conosco tante che sono morte e che ora stanno faticosamente cercando di rinascere grazie a Cristo, ma il loro dolore e la loro sofferenza è ancora un grido che si alza al cielo.

Nei rapporti prematrimoniali non si ruba qualcosa di cui ancora non si ha diritto? Si prende il dono totale del corpo dell’amato/a senza donarsi totalmente nel matrimonio. Si usa l’altro/a. Si ruba qualcosa che non era per noi, ma per il marito o la moglie che ancora deve venire. E lo si fa solo per il piacere personale trattando l’altro/a come oggetto.

Nella masturbazione non si ruba forse un piacere destinato a far parte di un piacere ancora più grande e profondo scaturente dall’unione dei corpi degli sposi, dove il piacere sessuale si fonde con un piacere che coinvolge anche spirito e psiche? Il piacere sessuale è un dono di Dio riservato all’unione intima degli sposi. Rubarlo in un gesto carico di egoismo e di ripiegamento non fa che renderci ancora più egoisti e chiusi, incapaci di un vero incontro con l’altro/a.

Ultimo, ma non per importanza. Se la Chiesa abbassa le richieste su rapporti prematrimoniali, adulterio e masturbazione lancia un messaggio chiaro: la sessualità quando è vissuta in un contesto di “amore” e “gioia” va sempre bene. Ora, spiegatemi come si fa a dire di no a una coppia omosessuale che si desidera e crede di amarsi? Non si può, si deve cedere anche con loro. Ed è quello che sta accadendo, purtroppo. Il caso del capo scout friulano ne è la prova lampante. Un vescovo che non è stato capace di dire una parola definitiva, ma che ha mostrato tutto il suo disagio e la sua impreparazione.

Se crolla il sesto comandamento crolla tutto. Bisogna recuperare la capacità di rendere giustizia alla verità e saper testimoniare che la sessualità è qualcosa di meraviglioso, ma che va vissuto in un contesto di amore autentico, nel dono totale del matrimonio tra un uomo e una donna. Al di fuori della sponsalità è un gesto falso che esprime la nostra incapacità di amare e il nostro egoismo che usa per interesse. Non è dono, ma violenza, sempre, anche quando si tinge di un sentimento d’amore che non può però essere autentico. Questa è una mentalità che poi si manifesterà in ogni ambito relazionale: lavorativo, affettivo, familiare etc. Rispettare il sesto comandamento significa educarsi al rispetto e alla valorizzazione dell’altro/a. Significa essere responsabile delle proprie promesse e delle proprie azioni.  Non è figlio di un dio minore, ma vera esigenza che Dio ci chiede per amare veramente come Lui ama e come Gesù ci ha mostrato nella Sua vita terrena.

Antonio e Luisa.

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Tag adulterio, atti impuri, decalogo, masturbazione, omosessualità, sesto comandamento

Lug·19

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