Non siamo onnipotenti! Per fortuna.

Sappiamo tutti che non esiste la famiglia perfetta, e neppure il marito perfetto, o la moglie perfetta. Non parliamo della suocera perfetta…. Esistiamo noi, peccatori. 

Papa Francesco

A volte, diciamolo pure, noi sposi crediamo di essere onnipotenti. Se poi siamo anche genitori la situazione peggiora in modo esponenziale. Questo è un peccato! E’ un peccato che può fare tanto male a noi stessi, all’altro/a e, di conseguenza, alla relazione. Non solo crediamo di essere onnipotenti ma, cosa ancor più grave, pretendiamo che anche l’altro/a lo sia.

Cosa vuol dire che ci crediamo onnipotenti? Non certamente che pensiamo di poter cambiare l’acqua in vino, poter ridare la vista ai ciechi, poter camminare sull’acqua o saper moltiplicare i pani e i pesci. Nulla di tutto questo. Non siamo storditi fino a questo punto. Il pericolo che si cela dietro questa illusione di onnipotenza è pensare di riuscire a fare tutto e farlo bene.

Potrei fare mille esempi. Luisa stessa per anni ha sofferto di questa sua incapacità. Mi riferisco in particolare alla grande fatica che ha fatto e, per certi versi continua a fare, nel trovare un equilibrio tra il suo lavoro di insegnante e il suo essere moglie e madre. Fare tutto perfettamente non era, e tutt’ora non è, umanamente possibile. Preparare le lezioni bene, mettere in ordine casa, cucinare, accudire i bambini e poi seguirli nello studio una volta cresciuti. Impossibile. Almeno per lei. Voi direte: e tu cosa hai fatto? Io ho collaborato ma non è bastato comunque. Ne ha sofferto per anni. Ora ha capito! No! Non ha capito come riuscire a fare tutto. Ha compreso che non è onnipotente e che deve avere delle priorità nella sua vita e nella sua famiglia. Ha capito che se anche i vetri hanno delle ditate e c’è un po’ di polvere sui mobili non è la fine del mondo. Ha capito che non può prendersi a scuola impegni che vanno oltre l’insegnamento come corsi pomeridiani o commissioni scolastiche. Ha capito che non è una cattiva moglie se, a volte, cucina qualcosa di molto semplice e veloce o se mi trovo a dover cucinare io quando torno alla sera. Per lei è stato davvero liberante. Ed io? Io ho capito quanto sia importante mostrarle quanto lei sia bella nonostante non sia onnipotente. Ho capito come sia importante per lei essere rassicurata e quanto sia importante che io comprenda la fatica che le costa fare tutto quello che fa. Insomma lei ha capito che per me è meravigliosa così com’è, nella sua caducità e imperfezione perchè anche io so di essere imperfetto e non potrei sostenere il peso di stare con una moglie perfetta. E’ qualcosa che si impara. Con il tempo. Più si cresce nel matrimonio, più si diventa “bravi”, e più si impara ad accogliere la nostra impotenza in determinate circostanze.

In questi anni abbiamo raccolto le confidenze di tante coppie. Più di una volta c’è capitato di imbatterci in una dinamica abbastanza comune. Nasce il primo figlio. La mamma è completamente presa da questa nuova avventura. Dorme poco, ha mille comprensibili preoccupazioni e mille dubbi. Non riesce a stare dietro a tutto come faceva prima. La casa non è più ordinata come era prima. Il marito le vuole molto bene. Però devono ancora capire di non essere onnipotenti. Lui lavora tutto il giorno e quando torna a casa si lamenta e si arrabbia per il disordine che trova o per la cena che non è ancora pronta. Cosa aveva da fare dopotutto sua moglie? Accudire il bambino e curare la casa. Basta organizzarsi. Lui arrabbiato, lei che si sente non capita, visto che ha fatto quello che ha potuto e che le è costato anche fatica. Musi lunghi, silenzi e distanza. Ci manca solo che lui ricordi a lei come sua madre abbia tirato su 2 o 3 figli senza dimenticarsi di curare la casa e il marito e il disastro è completo. Capite quale pericolo si cela dietro la nostra illusione di essere onnipotenti? Uno dei momenti più belli di una coppia, che è fare esperienza di essere genitori, può diventare un periodo di sofferenza per incomprensioni e irritazioni che si potrebbero facilmente evitare. Godetevi la relazione, l’amore, i figli, la famiglia anche se non è tutto perfetto. Godetevelo proprio perchè non è tutto perfetto. Solo così nella nostra inadeguatezza c’è spazio per accogliere la nostra fragilità e per riscoprire il mistero dell’amore gratuito di chi ci vede meravigliosi nonostante abbiamo limiti e difetti. Questo è l’amore, questa è la famiglia. Come dice Bruno Ferrero Il marito perfetto è quello che non vuole una moglie perfetta. E viceversa naturalmente. Buona imperfetta vita ma proprio per questo vera e meravigliosa

Antonio e Luisa

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Le Beatitudini, qui ed ora: per una vita piena.

Mi trovo a scuola, dove lavoro con i bambini dai tre ai sei anni. Ancora sento dentro di me la scia di luce e di intima gioia lasciata dal sorriso di una bimba. Una bimba che con il suo silenzio e con il suo essere quasi invisibile grida il suo bisogno di essere guardata, riconosciuta, amata.

Un grido che è arrivato e ha raggiunto i miei occhi, perché era senza voce, delicatissimo. E poi è giunto al mio cuore. Ho iniziato a guardare spesso questa bimba, ad avvicinarmi a lei un po’ alla volta, a restituire consistenza e visibilità a quella piccola creatura spaventata. E mentre lo facevo ho contattato anche quella piccola parte dentro di me tante volte ha desiderato di essere vista, ascoltata, conosciuta, e tante volte è stata delusa. Ho ripercorso dentro di me la strada della mia vita fino ad oggi. Ed ecco: benedico Dio per ogni passo della mia storia anche, e soprattutto, per quei passaggi difficili, per cui ho sofferto ma che hanno contribuito a rendermi ciò che sono oggi. Certo, non sono masochista, e so che non è la sofferenza che mi ha fatto crescere, ma il fatto di aver trovato qualcuno che mi aiutasse a starci dentro e a rileggerla, poi, in un’altra prospettiva. È stata la relazione con qualcuno a salvarmi, e sicuramente non ce l’avrei mai fatta da sola, perché io quello che potevo fare già lo stavo facendo. E non era sufficiente per salvarmi. Il male del nostro tempo storico e della nostra società è proprio questo: l’autoreferenzialità e l’autosufficienza. Non c’è un inganno più grande di questo! Le nostre ferite che ci portiamo dentro vengono sempre dalle relazioni e solo nella relazione possono guarire. E allora lì, Dio è intervenuto con me, proprio come io oggi sto facendo con questa bambina. Mi ha ridato la gioia di non essere sola, ha restituito un senso al mio vissuto e mi ha guidata per mano alla scoperta del tesoro che è per me tutta la mia storia. Questo, ovviamente, è accaduto tramite delle persone concrete, come la guida spirituale e altre figure di riferimento. Attraverso le ferite/feritoie della mia storia si sono aperti degli squarci di luce, di “beatitudine” (non per niente io sono sr. Ebe Lucia delle Beatitudini!): la felicità che ci offre il Signore non è superficiale, frivola o passeggera, ma nasce proprio lì dove nessuno se lo aspetterebbe. Chi avrebbe mai pensato che si può essere felici nella fatica, nel pianto, nella povertà…? Beh, io prima non avrei mai pensato che questi “poli opposti” della nostra esperienza potessero stare insieme! Ebbene, questa è la promessa di Dio a ciascun cristiano che si lasci interrogare dalla storia e dalla sua storia: «Beati voi»! Questo è il cammino che mi piacerebbe fare insieme a voi. L’ho capito quando oggi, dopo mesi che lavoro con lei, questa bimba si è rivolta verso di me, ha incontrato il mio sguardo e, per la prima volta, mi ha sorriso tenendo fissi i suoi occhi nei miei, senza distoglierli. Il suo sorriso oggi vale la pena di tutto ciò che ho vissuto e che mi ha portato fin qui.

Suor Ebe

Articolo originale su Amati per amare 

 

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Sono imperfetto e so di esserlo. Ferita che diventa feritoia per la Grazia.

I social sono ingannevoli. E’ facile trasmettere un’immagine di se stessi che non corrisponde a verità. E’ facile passare per un uomo che non esiste.   Cerco di non farlo, ma a volte il messaggio passa comunque. Per questo cerco di scrivere anche pensieri non filtrati. Attraverso quei pensieri si manifesta la parte di me più immatura e più tamarra. Rivendico il diritto di mostrarmi per quello che sono. Un uomo in cammino che sbaglia, che esprime pensieri non sempre cristianamente perfetti. Un uomo che si arrabbia, e che a volte è anche intollerante e facilmente irritabile e irritante. Ho le mie contraddizioni come tutti. Mia moglie, la persona che mi conosce più di tutti, può confermarlo.   Spesso starmi accanto non è stato facile per lei. Il matrimonio è bellissimo per questo. Pensateci bene. E’ commovente.  Una donna, che io vedo meravigliosa (ma vale anche l’inverso), ha deciso in libertà di donarsi completamente a me. Si è data totalmente. Si è data tutta e, cosa ancora più sconvolgente, ha accolto tutto di me, anche quella parte di cui mi vergogno e con cui fatico a convivere. Ha deciso di abbracciarmi nelle mie doti e nel mio positivo, ma ha deciso di fare suoi anche i miei difetti, le mie tenebre e le mie contraddizioni. Si è presa tutto. Ai nostri giorni c’è una grande povertà. Ci si spoglia, ci si mostra nudi e  si fa sesso con persone che neanche si conoscono bene, molte giovani (e anche meno giovani) persone hanno perso completamente il pudore e  si svendono allegramente. Questo porta però a una grande miseria. Porta all’incapacità di mostrare la propria anima. Di mostrarsi per quello che sono senza maschere e filtri. Incapacità dovuta alle tante ferite che fanno sanguinare il loro cuore e  alla loro paura di trovarsi indifese e vulnerabili. Troppe volte mostrare il fianco le ha portate a soffrire e a sentirsi profondamente deluse.  Il matrimonio quando vissuto autenticamente  libera da tutto questo.Nella mia sposa ho la certezza di trovare lo sguardo di Cristo. Di chi non giudica, ma che al contrario compatisce e perdona. Una persona che vuole sostenermi e che vede oltre qualsiasi errore io possa aver fatto. Vede in potenza chi posso diventare con l’amore dato e ricevuto. Così la ferita diventa feritoia. Il balsamo del perdono ricevuto penetra nella ferita che brucia  e arriva dritto al cuore. Diventa energia positiva che mi dà forza, determinazione e desiderio di rispondere a quel perdono con l’impegno di cambiare. Questo è possibile quando Gesù abita la relazione.    Gesù abita la nostra vita, abita nella nostra famiglia e ci guarda con tenerezza. Tenerezza di chi ha capito che queste sue creature, così desiderose di amare di farsi amare, non sono capaci di farlo, e si sentono spesso inadatte ad essere immagine di quell’amore per cui sono state consacrate con il matrimonio. Ma Gesù non ci vuole perfetti, sa che peccheremo ancora, e che non saremo mai degni del suo Amore e del suo sacrificio. Gesù non vuole questo, Gesù vuole che ci riconosciamo piccoli e deboli. Solo allora lo cercheremo per affidargli la nostra vita  e riconosceremo nel nostro sposo o sposa una persona anch’essa  imperfetta , limitata e fragile. Solo allora potremo avere uno sguardo di comprensione e perdono l’uno verso l’altra.

Solo allora Gesù potrà entrare  in noi, e potrà trasformare con la Sua Grazia quel nostro amore imperfetto  in qualcosa di radicale e stupendo, che faremo fatica a credere venga da noi perché non è nostro ma è lo Spirito che  ci dona l’uno all’altra.

Antonio e Luisa

Per custodire la famiglia bisogna curare le ferite

Custodire la famiglia dall’inizio prima che sia troppo tardi

Per ferita si intende l’interruzione dei tessuti causata da agenti esterni. Da questa definizione notiamo che la ferita ė data da un’interruzione, certo. Quindi presupponiamo che, prima di essere interrotto, quel qualcosa era lineare, unito, insieme, una cosa sola. Ma se questa cosa sola non c’era in partenza, ecco che la ferita preesiste; quindi all’inizio di un rapporto tra persone, ciascuno porta in sé la sua ferita.

La ferita del peccato

Ciò che mette il muro, cioè ferisce in partenza la relazione, è esattamente il peccato. Il peccato non ci rende concavi, cioè accoglienti così come l’utero è pronto ad accogliere la vita, ma altresì ci rende convessi, contrastanti, spigolosi, piuttosto tendenti a creare morti intorno, cioè a far soccombere l’altro perché ci dobbiamo difendere. Ci riesce difficile capire che la donna fu creata per l’uomo perché «unico aiuto che gli fosse simile» (Gn 2,20) e, per questo motivo, piuttosto che esserci un incontro, spesso si verifica lo scontro. Così nasce una coppia. Non è concava, ma è convessa. Con gli spigoli della propria umanità che, a seconda della personale storia, sarà un convesso mammone, un convesso alla professione, una convessa tutta “battipanni e pattine”, oppure un po’ trasandata, o tutta sua mamma (secondo lui), tutta dedita solo ai figli e, così via, ognuno metta i suoi spigoli.

 

È qui che può giocarsi il meglio per edificare una coppia, indi una famiglia. I due convessi, cioè i due feriti, diventeranno una coppia meravigliosa se aiutati nell’ascendere. Qui sta il punto, anzi il rovesciamento del pensiero secondo cui la coppia e la famiglia ferita è quando siamo alla frutta. In parte è vero perché, come dicono gli esperti, la frutta andrebbe mangiata prima dei pasti per evitare la fermentazione; invece noi la mangiamo alla fine. Ma, frutta a parte, il punto è che il matrimonio è un’ascesi e non una discesa.

Il matrimonio è gravido d’amore reciproco

Quindi, dalle ferite si arriva alla cicatrice totale attraverso il balsamo continuo e curativo. Ecco dove partire. Che gli spigoli dei due “convessi” si arrotonderanno e che tu diventerai marito attraverso tua moglie e tu diventerai moglie attraverso tuo marito. Sarai madre attraverso il dono di tuo figlio, così come per te, padre.

Cammina, ci vorrà del tempo e non è vero il contrario, cioè che il tempo distrugge l’intento. Il matrimonio è gravido d’amore reciproco. Occorre saper attingere e forse ci vorrà qualcuno che ti accompagni bene, cara coppia!

 

È partendo da ferito che sarai salvato, e alla separazione saprai non arrivarci. Certo che non mancheranno “le discese ardite e le risalite”, le porte sbattute, la caparbietà, la non fedeltà e tutta la materia del peccato. Ma è proprio questa la ferita della famiglia.

Riempire la valigia…

Cosa manca allora per dire alla gente chi è la famiglia ferita? Il fatto che non ė vero che prima andava tutto bene, che abbiamo iniziato bene e poi abbiamo fatto il botto. Siamo invece partiti feriti e con la valigia vuota e se riconosceremo con umiltà questa realtà, piano piano, nel viaggio della vita, riempiremo la valigia del vestito giusto per ogni stagione. Persino il cappello a punta diventerà una magnifica bombetta se saremo in grado di smussare gli angoli.

Ciò che è convesso diventerà concavo come l’Amore di Dio che abbraccia TUTTI. E in tutto questo, prima di arrivare al botto, la famiglia non deve rimanere SOLA. È da qui, dall’inizio, che dobbiamo custodire la famiglia. Una pastorale che dalle ferite partorirà famiglie sane e saprà trarre da una SOLIDA partenza un glorioso TRAGUARDO a gloria di Dio Padre!

(Fine)

Prima parte dell’articolo

Cristina