La grandezza è nell’amore, non nella missione.

Fratelli, vorrei che voi foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore;
chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie,
e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito.
Questo poi lo dico per il vostro bene, non per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e vi tiene uniti al Signore senza distrazioni.

La seconda lettura di oggi offre diversi spunti di riflessione. San Paolo parla a tutti. E’ una lettura dove i sacerdoti possono sicuramente trarre consapevolezza per l’importanza del loro celibato, ma riguarda anche noi sposi. Abbiamo spesso una convinzione sbagliata. Pensiamo che una vita di preghiera e ricca di misticismo sia più santa ed elevata di una vita di una mamma o di un papà che vivono, tutto sommato, una giornata come tanti altri, che non hanno molto tempo da dedicare all’incontro intimo e personale con Gesù, ma sono presi da questioni più banali e immanenti come cambiare un pannolino o preparare un piatto di pasta. Il sacerdote invece,  lui si che dà il meglio di sè a Cristo. Alzi la mano chi non crede, almeno un po’,  che quanto ho scritto non sia verità. Credo che siano pochi quelli che hanno la consapevolezza che la vocazione matrimoniale sia importante tanto quanto quella sacerdotale. I sacerdoti sono considerati dal sentire comune (naturalmente per chi ha una vita di fede) dei privilegiati, dei chiamati, a differenza degli altri che non sono chiamati e scelgono quindi una vita ordinaria. Nulla di più falso. Anche io, anche Luisa, anche tu che leggi, chiunque è un chiamato. C’è chi è chiamato ad una vita contemplativa, chi a guidare una parrocchia, chi a servire i poveri e chi, come noi, a rispondere all’amore di Gesù, cercandolo e servendolo in un’altra creatura. Ed ecco che le parole di San Paolo, acquistano così un significato chiaro. Ed ecco che la nostra vita al servizio della persona che abbiamo sposato acquista una dignità pari a chi si dedica completamente a Dio, in un rapporto diretto. Non pensiamo che Cristo sia contento di noi se per cercarlo, per adorarlo, per incontrarlo sacrifichiamo la nostra relazione sponsale. In una catechesi un sacerdote raccontò un aneddoto molto significativo:

Ero in confessionale. Arriva questa signora e mi racconta che lei desiderava partecipare al Santo Rosario in parrocchia tutti i giorni. Suo marito non capiva e si lamentava che lei lasciava la casa e quando lui tornava dal lavoro non trovava la cena in tavola. Era sempre in ritardo. Le ho consigliato di non venire in chiesa, o di partecipare in un altro orario. La sua vocazione è prima di tutto verso il marito. Non è una suora.

Può sembrare un consiglio avventato.  Come? Gesù viene prima di tutto e tutti. Questo insegna la Chiesa. Verissimo. Noi però, come sposi, lo serviamo in altro modo. Lo serviamo attraverso la mediazione di un’altra persona. Tornando al discorso del sacerdote si potrebbe dire che in quella cena preparata con amore e cura, la signora può amare e servire Gesù più di ogni altra preghiera. Se il rosario le impedisce di amare Cristo nel suo sposo allora il rosario non va bene.

Naturalmente non vale solo per la moglie, ma anche per il marito. Una coppia di amici è impegnata molto nel Rinnovamento nello Spirito. Lui, lo sposo è parte del pastorale (coordinatore) del gruppo. Da parte dei “superiori” gli viene richiesto sempre di più: partecipa a questo gruppo, a questo seminario, a questa convocazione, a questo corso e così via. Una volta gli hanno espressamente detto che il gruppo deve venire prima della sua famiglia perchè lo Spirito Santo è fonte di tutto. Affermazione completamente folle e fuori da ogni insegnamento della Chiesa. Basterebbe il buonsenso. Fatto sta che la moglie durante un incontro si è alzata è ha semplicemente, ma in modo deciso, detto che nulla ha senso di quello che fanno lì se si trascura la famiglia. Tutti muti.

Da quel giorno il mio amico ha saltato diversi incontri perchè si è reso conto che la sua sposa, tutte le sere che lui era via, si trovava in difficoltà e che quando tornava “riempito” di Spirito Santo, lei lo attaccava nervosamente, e immancabilmente litigavano. Vi sembra normale? E’ una via di santità? Pensate alle cose del mondo sposi dice San Paolo.

Dobbiamo uscire da un clichè di santità che abbiamo in testa. Padre Bardelli, nostra guida per tanti anni, diceva che i santi che ci vengono proposti come esempi di vita sono spesso consacrati. San Francesco, sant’Antonio, santa Rita e tanti altri, sono preti, frati o suore. Quelli, diceva padre Bardelli, offrono una via di santità che va bene per me, non per voi. Voi dovete guardare i santi coniugi. Quelli vi possono insegnare cosa significa servire il Signore nella vostra condizione di sposi cristiani.

A tal proposito San Giovanni Paolo II durante l’omelia per la beatificazione dei coniugi Quattrocchi disse:

 i beati Sposi hanno vissuto una vita ordinaria in modo straordinario.

e poi ancora

Nella loro vita, come in quella di tante altre coppie di sposi che ogni giorno svolgono con impegno i loro compiti di genitori, si può contemplare lo svelarsi sacramentale dell’amore di Cristo per la Chiesa. Gli sposi, infatti, “compiendo in forza di tale sacramento il loro dovere coniugale e familiare, penetrati dallo Spirito di Cristo, per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e carità, tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua santificazione, e perciò partecipano alla glorificazione di Dio

La mia strada per la santità è diventare sempre più uno con la mia sposa, essere sempre più capace di farmi servo per lei, sempre più capace di accoglierla, e accogliendo lei accogliere le sue preoccupazioni, le sue necessità, le sue aspirazioni, la sua fragilità. La mia strada per la santità e vedere in lei il volto di Cristo, così da poter restituire a Gesù quell’amore gratuito e incondizionato attraverso quella sua creatura e figlia. Che non significa fare di lei un dio, ma trovare in lei quel Dio che tanto mi ha dato. Trovare nel noi, nella nostra relazione  quella sorgente di Grazia e di amore che non si accontenta di restare nel recinto della coppia, ma che diventa feconda per tutto il mondo esterno: figli, parenti, amici, colleghi e tutte le persone che possiamo incontrare. Ed è così che una vita ordinaria può diventare straordinaria, perchè non è nella grandezza della nostra missione che si trova Dio, ma nella grandezza del nostro amore, che può manifestarsi benissimo anche in una vita ordinaria, ma che non sarà mai banale, perchè l’amore è meraviglia anche quando lo si manifesta nelle piccole cose di ogni giorno.

Antonio e Luisa

 

L’alfabeto degli sposi. T come tenerezza.

Tenerezza insieme a misericordia sono le due parole, o ancor meglio, i due concetti più ripresi da Papa Francesco. Riporto due sue riflessioni tra le tante, molto significative:

Tenerezza! Ma il Signore ci ama con tenerezza. Il Signore sa quella bella
scienza delle carezze, quella tenerezza di Dio. Non ci ama con le parole. Lui si avvicina e ci dà quell’amore con tenerezza. Vicinanza e tenerezza! Queste sono due maniere
dell’amore del Signore che si fa vicino e dà tutto il suo amore con le cose anche più
piccole: con la tenerezza. E questo è un amore forte, perché vicinanza e tenerezza ci
fanno vedere la fortezza dell’amore

e in un’altra occasione:

il luogo teologico della tenerezza di Dio: le nostre piaghe

Queste due riflessioni, condivise in momenti diversi, sono molto significative, perchè aiutano a comprendere la tenerezza nelle sue componenti costitutive e profonde che abitano il cuore dell’uomo.

Prima di proseguire, è importante definire la tenerezza. Quale realtà si intende con questa parola tanto abusata? Rispondo con le parole di don Carlo Rocchetta, penso il maggior esperto vivente, che nel suo libro Teologia della Tenerezza scrive:

Il sentimento della tenerezza ci è dato come un ricco potenziale di sensibilità, volto
all’accoglienza e al dono, allo scambio amicale e all’amabilità, ma esige di essere
incanalato nella giusta direzione, in risposta al disegno di Dio sulla nostra vita e sul
mondo.
Vivere l’esistenza con tenerezza non è dunque un dato scontato: suppone un cammino e richiede una disciplina. La tenerezza ha bisogno di incontrarsi con la ricerca della maturità e viceversa. L’una sostiene l’altra e la manifesta. Solo assumendo la tenerezza in un’ottica di questo genere è possibile evitare il pericolo di viverla come una compensazione affettiva o un’acquiescenza ai vuoti del cuore umano, oppure ridurla a dipendenza psicologica o strumentalizzarla a fini di potere sull’altro/a da sé”

Si può quindi dire che la tenerezza, prima che un sentimento, è uno stile di vita, un modo di amare in ogni momento, un modo che rispecchia lo stile di Dio e che permette a noi sposi di combattere il desiderio di possesso, e quindi, ci permette di farci dono.

La tenerezza è un vero e proprio linguaggio attraverso il corpo, la tenerezza pone le basi per rendersi accogliente e aprirsi all’altro/a ed instaurare un dialogo perpetuo d’amore.

Il mio corpo diventa luogo e mezzo della tenerezza. Se non ho un atteggiamento libero e sano nei confronti del corpo, non riuscirò ad esprimere la tenerezza. Prima cosa da fare è quindi sicuramente educarmi a vedere il mio corpo come qualcosa non di estraneo all’anima, ma qualcosa che ne è strettamente legato. Dice Rocchetta che ogni persona  ha due possibilità: fare della corporeità un segno vivo e tangibile della tenerezza oppure chiudersi a riccio facendo di sé un recinto chiuso e impenetrabile. E’ chiaro che con la mia sposa desidererei essere nella prima situazione, ma non è sempre facile. Mi porto dentro ferite, lacci, idee e vissuti che spesso mi rendono molto difficile aprirmi totalmente a lei. Solo un vero dialogo d’amore, un progressivo abbandono all’altra e un atteggiamento costante di rispetto e non di prevaricazione possono aiutarmi ad essere finalmente capace di accoglierla in me e di darmi a lei in un contesto di fiducia ed abbandono reciproco. Io e Luisa abbiamo vissuto questo. Spesso si arriva al matrimonio con ferite da guarire e blocchi da rimuovere e solo con gli anni il rapporto di coppia diventa realmente totale e libero nella verità. Pensateci bene. Spesso le persone che più si spogliano, che più hanno violentato il pudore e che vivono rapporti disordinati e occasionali sono quelle che faticano maggiormente a svelare la profondità della propria anima alle altre persone. Sono quelle che vestono maschere e armature per difendersi e per la paura di mostrarsi nell’intimo del proprio cuore. E’ una drammatica disarmonia tra cuore e corpo che provoca sofferenza e chiusura.

Il matrimonio non è così. Grazie alla tenerezza ho imparato a guardare la mia sposa con occhi che amano, rispettano, valorizzano e accolgono. Non c’è paura, non c’è prevaricazione, non c’è violenza. Per questo c’è la libertà di essere ciò che siamo, senza paura di giudizio o di abuso da parte dell’altro/a. Qui c’è l’armonia di chi si sente di mostrarsi nudo nel corpo solo dopo essere riuscito a denudarsi nell’anima. Sembrano concetti astratti, ma sono al contrario molto concreti. Non c’è vergogna perchè non c’è giudizio, ma solo accoglienza. Davvero ci si sente liberi di mostrarsi nudi come solo lo sguardo di Dio consente. Neanche nella mia famiglia di origine sono mai stato tanto libero nel mostrarmi con tutti i miei difetti e tutte le mie fragilità. San Giovanni Paolo II dice che il matrimonio è una relazione redenta che consente di tornare alle origini, dove uomo e donna non sentivano la necessità di coprirsi, come invece accadde dopo la rottura del peccato originale. Linguaggio figurato per dire che ciò che ci impedisce di essere liberi è il peccato e la concupiscenza.

Ho parlato di fragilità, si perchè, come dice Papa Francesco nella seconda riflessione che ho riportato, la tenerezza si nutre delle piaghe del fratello e della sorella. E’ proprio lì dove lei è più debole, dove la mia sposa fa più fatica ad accettarsi che io devo amarla e curarla con il mio amore tenero. Giusto ieri sono tornato a casa alla sera, stanco morto. Ho trovato la casa in uno stato pietoso e lei che desolata si dispiaceva del fatto di non essere stata abbastanza brava nel pensare a tutto. Non ho più badato alla mia stanchezza, ma alla sua fragilità di quel momento, e mi sono impegnato per sostenerla ed aiutarla. Bastava un attimo per accendere un litigio. Stanco e nervoso io, stanca e desolata lei. Bastava una parola di troppo. Invece quel momento è diventata occasione di comunione e sostegno. Un amore tenero vissuto nel servizio vicendevole, E’ stato molto bello.

Per concludere si può affermare che la nostra unione deve essere specchio del nostro rapporto con Dio, e di conseguenza,  che la tenerezza porta all’intimità con Dio e che Dio porta alla tenerezza nell’intimità con la nostra sposa o il nostro sposo.

Antonio e Luisa

 

 

 

Famiglia ritrova la tua ricchezza!

Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza definitiva nel dono d’amore che il Verbo di Dio fa all’umanità assumendo la natura umana, e nel sacrificio che Gesù Cristo fa di se stesso sulla Croce per la sua Sposa, la Chiesa. In questo sacrificio si svela interamente quel disegno che Dio ha impresso nell’umanità dell’uomo e della donna, fin dalla loro creazione (cfr. Ef 5,32s); il matrimonio dei battezzati diviene così il simbolo reale della nuova ed eterna Alleanza, sancita nel sangue di Cristo. Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l’uomo e la donna capaci di amarsi, come Cristo ci ha amati. L’amore coniugale raggiunge quella pienezza a cui è interiormente ordinato, la carità coniugale, che è il modo proprio e specifico con cui gli sposi partecipano e sono chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si dona sulla Croce.

Questo è un passaggio di Familiaris Consortio, in particolare il punto 13. Mi piace leggere e approfondire questo documento della Chiesa. In Familiaris Consortio, come in uno splendido dipinto, San Giovanni Paolo II rappresenta mirabilmente la bellezza e grandezza del sacramento del matrimonio. Tutto il documento è interessante ma vi sono alcuni pensieri che sono di un fascino meraviglioso.  In queste 10 righe che ho deciso di condividere c’è racchiusa la sostanza del matrimonio. C’è la conferma che il matrimonio è così grande ma anche così sconosciuto. Quanti leggendo queste righe ne capiscano il senso? Quanti hanno davvero letto questo documento e queste righe? Penso molto pochi. Giovanni Paolo II non nega che il matrimonio sia in crisi, che la persona umana come tale sia smarrita. Nel suo tempo e ancor di più nel nostro. Divisioni, egoismo, incapacità, corruzione del corpo e dello spirito sono un carico pesante ma che appare sempre più normale e quasi naturale. I matrimoni felici che durano sono una realtà per pochi, per quei pochi che sono fortunati e riescono a trovare un’alchimia che permette loro di mantenere in equilibrio la loro relazione. Giovanni Paolo II dice, anzi scrive, perchè resti indelebile, che non è così. Che il matrimonio è un dono di Dio immenso.  C’è proprio scritto, leggetelo e rileggetelo, che la rivelazione del matrimonio più vera e il sacrificio di Cristo per tutti noi,  per la sua Chiesa. Un amore così grande da morire per far vivere l’amato, prendere su di sè tutto il male per liberare l’amato. San Giovanni Paolo II ci dice che noi siamo fatti per amare così. Il matrimonio ci abilità ad amare così. Perchè Gesù prima con il battesimo e poi con il matrimonio ci lava dal peccato originale. Il peccato originale è come un virus informatico. Un virus che sconvolge tutto l’ordine dei dati del nostro pc. Il nostro pc non fa più ciò per cui è stato progettato e prodotto ma fa ciò che il virus gli dice. Gli crea un disordine, o meglio un nuovo ordine. Così il male agisce in noi. Gesù è il nostro antivirus che riporta l’ordine originario, rimette insieme i pezzi, i file e corregge gli errori. E così noi torniamo capaci di fare ciò per cui siamo stati creati, per amare in verità, totalità e indissolubilità. Ciò non toglie la fatica, gli errori, le cadute ma Karol ci rassicura. Non temete lo Spirito Santo se troverà in voi cuori aperti non vi farà mancare il sostegno per rialzarvi e per ricominciare.

Gli sposi cristiani sono come un ricco avaro. Hanno ricchezze in abbondanza ma vivono come straccioni. Spesso non sanno neppure di essere ricchi e si accontentano delle briciole vivendo una relazione spenta e triste. Dio non vuole questo. Dio ci ha dato tutto per essere risplendenti di Lui e della Sua Grazia.

Antonio e Luisa

Due Papi, due lettere, lo stesso Spirito.

Sento spesso contrapporre il magistero di Papa Francesco a quello di Benedetto XVI e ancor più marcatamente con quello di San Giovanni Paolo II. Basta! Non è giusto, La Chiesa non è riducibile a un uomo per quanto santo possa essere. Il cammino della Chiesa in questo nostro mondo è guidato dallo Spirito Santo che riesce nonostante le nostre tante miserie a sostenerla. Chiesa sposa di Cristo. Ho sentito ultimamente Mons Paglia affermare che Amoris Laetitia sostituisce Familiaris Consortio. Nulla di più sbagliato. Amoris Laetitia integra Familiaris Consortio, la arricchisce e la rende attuale. Non si può capire Amoris Laetitia se non la si legge alla luce di Familiaris Consortio e se non si è compreso quanto Giovanni Paolo II ci ha sapientemente insegnato con la sua lettera apostolica del 1981. San Giovanni Paolo II non ha soltanto spiegato la dottrina della Chiesa in modo chiaro e netto ma ha approfondito le verità più profonde dell’essere umano, della sessualità e del matrimonio.

Quanto scritto da Giovanni Paolo non può passare come dice Paglia, semplicemente perchè la verità non passa mai, la verità è vera sempre, l’uomo è sempre lo stesso, cambiano le società, le relazioni, le abitudini e gli usi ma l’uomo anela sempre a una relazione unica indissolubile e feconda. Questo ci insegna Giovanni Paolo II in tutto il suo magistero. Papa Francesco non è venuto a cambiare una virgola di quanto ha detto e scritto il suo santo predecessore ma ha aggiunto il suo carisma, quello della misericordia. Non che il nostro amato Karol non ne avesse ma Francesco ha intuito che il momento storico è tale che la misericordia, il balsamo del perdono e dell’accoglienza devono essere anteposti alla verità. Non perchè la verità sia meno importante ma perchè nel nostro mondo non è comprensibile se non dopo un accompagnamento misericordioso. La verità detta senza misericordia non è verità. La misericordia è la porta per arrivare alla verità. Papa Francesco non vuole arrendersi al mondo ma vuole parlare al mondo, e il linguaggio della misericordia  è il solo che può fare breccia in tanti cuori induriti dal peccato. Solo dopo, quando la persona avrà un cuore aperto dalla misericordia compassionevole della Chiesa e dal perdono sarà pronta a riempirlo di verità. Papa Francesco non cancella San Giovanni Paolo II ma al contrario offre a tutti, la possibilità  di conoscere la ricchezza della verità del cuore, del corpo, della sessualità e del matrimonio. Papa Francesco e San Giovanni Paolo II, due persone completamente diverse, due modi completamente diversi di essere Papa ma lo stesso Spirito di Dio che li riempie, li usa, li plasma e li guida.

Antonio e Luisa