Invito, relazioni e accoglienza per una Chiesa missionaria! 

Qualche settimana fa, un sabato pomeriggio, abbiamo partecipato ad un momento semplice di preghiera, di affidamento e benedizione dei bambini alla Madonna. Appuntamento ricorrente, organizzato dalla nostra parrocchia in occasione della festa della Madonna di ottobre. È stato bellissimo veder la chiesa quasi piena. Quel pomeriggio era gremita di famiglie, di genitori e figli come quasi mai succede durante l’anno. Sembrava che una BENEDIZIONE avesse attirato tutti quei bambini! Che bellezza! A far riempire la Chiesa non è stata solo una “voglia” di benedizione, ma a contribuire è stato anche un INVITO fatto dalle scuole materne del comune ai bambini. 

Prima parola: INVITO. Se basta un invito della maestra dell’asilo per portare tutti quei bambini in chiesa, tutte quelle famiglie, dovremmo chiedere alle maestre di invitare tutte le domeniche i bambini a messa. Non è nel compito e vocazione di una maestra invitare alla liturgia, ma allora a chi spetta questo compito? Chi dovrebbe invitare a messa? Ma davvero, se ci fosse un invito le nostre chiese sarebbero più piene? Noi invitiamo qualcuno a messa? noi invitiamo qualcuno alla preghiera?

Riflettiamo su questo aspetto dell’INVITO. In genere non si va da soli al bar, non si va da soli al cinema, non si va da soli allo stadio o in tanti altri luoghi ma si invita qualcuno. E chi inviti? Qualcuno che abbia più o meno la stessa passione, che vuole vedere lo stesso film, che tifa la tua stessa squadra, qualcuno con cui si ha voglia di passare del tempo nutriente, del tempo assieme, facendo qualcosa che ci piace. In chiesa la domenica tu chi inviti? La messa domenicale può essere il tempo dell’incontro (post celebrazione) sul sagrato, il tempo per un caffè o un aperitivo insieme, un saluto. 

Riflettiamo ancora insieme. Certe cose come: andare al bar, a teatro, al cinema, allo stadio, o dove vi piace a voi andare, le si fanno per passione, o in alcuni casi per tradizione, perché ho sempre fatto così. Facciamo due esempi: il pane l’ho sempre comprato lì, la carne per la grigliata mia mamma la prendeva sempre da quel macellaio, oppure: vado allo stadio per passione per una squadra, sono appassionato di cinema, etc. E in chiesa perché si va? Perché si ha voglia? Per voglia, Si finirebbe subito. 

Tu perché vai in Chiesa? Forse per tradizione? Sì, forse molti ancora vanno per quello, ma come vedete passano gli anni e le tradizioni iniziano a perdersi. Allora forse dovremmo andare per passione, passione di Cristo, del Vangelo, della celebrazione, dell’Eucarestia, della preghiera. Ma si sa forse si fatica a restare appassionati di Gesù.

Perché vai in Chiesa? Il cinema o le squadre di calcio attirano le persone con dei grandi eventi. La Chiesa in che modo lo fa? Con nuovi Santi? Con un miracolo? .. non è la strada di Gesù. Ognuno risponda per se alla domanda. Forse per ascoltare la Parola di Dio, per nutrirsi, per fede, perché crede e quindi è appassionato di Gesù. Forse se ci andassimo perché ci giunge anche un invito, perché sappiamo di trovare una relazione, ci andremmo molto più volentieri. È la RELAZIONE quella che sta venendo a mancare nelle nostre comunità parrocchiali, tra noi e Lui e ancora più tra di noi.

Sicuramente abbiamo visto in questi anni di lockdown quanto siano importanti le relazioni. Forse siamo un po’ matti, anzi lo siamo di certo, ma crediamo che un primo passo verso una riscoperta della messa domenicale lo si ha restaurando RELAZIONI, invitando i propri amici e imparando ad accoglierci. Invitare l’altro non è altro che essere missionari, il missionario esce di casa e ti porta un annuncio di bene, di amore, ti invita a seguirlo. Oggi abbiamo bisogno che le famiglie diventino vere missionarie! 

Non il prete che da solo deve gestire parrocchie e impegni come manager di multinazionali. Lui è uno solo in un comune di mila e mila abitanti, noi siamo già più di uno tra i mila abitanti dello stesso comune. Tu che aiuto dai alla tua Chiesa? Ricordo quando in fondo alle panche si vedevano sempre quel gruppo di vecchietti che per amicizia si trovavano tutto insieme alla stessa messa, occasione poi per far due chiacchere, per stare insieme, per salutarsi. Ricordo quando facevo il chierichetto con i miei amici e l’andare alle funzioni era anche occasione per vederci. Ricordo quando mia nonna andando a messa la domenica, trovava tutte le sue amiche fuori di chiesa e tra un saluto e una chiacchierata tornava a casa alle 12.00, ma la messa era finita alle 10.

Oggi chi fa così? Forse non abbiamo il tempo per due ore di saluti e chiacchere la domenica mattina? Forse non ci piace più stare in compagnia? Cosa è cambiato? Son cambiate le relazioni? Ci viene da pensare che mia nonna aveva e ha delle relazioni più salde delle tue e delle mie nonostante non conosca né i social né i telefonini. Riflettiamoci! Che bellezza poter vivere non solo la celebrazione liturgica come un tempo che ci arricchisce ma anche il fuori chiesa, il post messa, come un tempo nutriente che ci rende comunità. Cristiani felici insieme! Siamo battezzati e camminiamo nella e con la comunità cristiana, coltiviamo allora le relazioni perché non vengano mai a mancare, sono il bisogno primario del cristiano di oggi! Coltiviamo unitamente la relazione con Dio! Oggi vi lasciamo qua. Andremo avanti domani con uno spunto ancora più bello! .. buona giornata e stay Tuned!

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Famiglia dai una mano in parrocchia (2 parte)

Ritorniamo sul tema famiglia e parrocchia, spinti da un dialogo con degli amici, che ha generato nuove belle riflessioni. Nell’articolo precedente parlavamo di “essere famiglia”, “essere Sacramento del matrimonio”, non volendo escludere ciò che facciamo come famiglia: i servizi in parrocchia o in oratorio che restano importantissimi! Non è che chi “fa un servizio” è nell’errore, anzi vi diciamo il nostro GRAZIE, quale utenti fruitori del bene che il vostro fare genera per noi e per la comunità.

L’importante è che ci sia equilibrio tra l’essere famiglia e quello che si fa come famiglia o come padre o come madre. Alla base di tutto resta però una domanda che devi fare a te stesso e alla sua famiglia: CHI SIAMO? Questa è la prima domanda! E a questo dobbiamo in primis risponderci! Non si può fare, se non si sa chi si è. Anche i film di supereroi quale “Superman” o “spiderman”, “capitan american” ci insegnano che per poter fare dobbiamo comprendere chi siamo.

Chi è …”famiglia”? Chi siamo? O più difficile: cosa vuol dire essere famiglia? Solo dopo possiamo e dobbiamo scoprire il vero senso del servizio e del fare che può essere compreso solo se prima si ha il tempo di amare la propria vocazione e quindi il proprio essere. Si corre sennò il rischio che il fare sia una porta di uscita dal proprio essere. Il mettersi al servizio non deve diventare un tappabuchi o un lavoro da crocerossina per “salvare la parrocchia” perché con il tanto fare si rischia solo di “scoppiare”, si perde il senso del servizio e della propria missionarietà.

Quindi una cosa non esclude l’altra, l’essere non esclude il fare e viceversa, ma l’importante è partire dal riconoscersi Sacramento vivo, è ricercare sempre la propria natura, la grandezza che siamo maschio e femmina ci creò. Se manca tutto questo si rischia una grande confusione per noi e per chi ci sta attorno. È bello mettersi al servizio del bene, ma ancor più bello è se riusciamo a svolgere incarichi non da soli ma in quanto sposi: insieme! Una coppia è bello che sia presente insieme per poter testimoniare il loro essere amore vivente, volto di Dio, casa fatta carne, padre e madre che si donano, simbolo di unità.

Diverso è vedere un signore che compie un servizio qualsiasi esso sia, diverso è vedere una coppia che si dona amandosi, si fa dono! Noi sposi, in forza della grazia ricevuta nel Sacramento delle nozze non siamo semplici laici, ma come un sacerdote svolge la sua missione, vive la sua vocazione e agisce in forza del Sacramento dell’ordinazione che ha ricevuto, così noi sposi agiamo non in quanto battezzati ma in quanto ordinati Sacramento nuziale di amore concreto uomo – donna che abita la terra.

Ci viene anche da pensare che il fare un servizio in parrocchia non dev’essere un volere o un pretesto, possono esserci realtà e servizi che non necessitano il nostro servizio, ma questo non toglie chi siamo. Lo ridiciamo: il primo servizio di due sposi è essere famiglia, non c’è nulla di più grande ed importante che manifestare ogni giorno l’amore familiare! Se oggi volessimo fare catechismo nella nostra parrocchia magari tutte le classi sarebbero già coperte, o se volessimo fare il corso in preparazione al matrimonio anche lì non ci sarebbe posto, e allora una coppia cosa deve fare? Certo forse c’è sempre posto tra chi deve fare le pulizie o altri servizi. Compiere un servizio, vuol dire farsi umili ed inginocchiarsi ed essere disponibili accogliendo ciò che si è chiamati a fare, ma se uno vuole aiutare la Caritas non può certo essere dirottato in “croce bianca” .. i servizi come i talenti e i ministeri son diversi, è diverso il tempo e il modo in cui ci si dona!

L’importante è non passare dal volersi mettere a disposizione per fare un servizio al credersi necessari. Bisogna stare attenti anche che il servizio non diventi una proprietà propria che limita l’ingresso di altri o alcune scelte. Ci sono anche parrocchie dove se vuoi fare il servizio di catechismo non ci sono i bambini o se vuoi fare il servizio di preparazione al battesimo non ci sono i battesimi o dove se vuoi fare servizio in preparazione al matrimonio non ci sono più giovani che si sposano. La Chiesa non nasce dai servizi, dall’erogare servizi. Puoi offrire anche tutti i servizi più belli di catechesi ma se in parrocchia non ci sono figli o famiglie non servirà a nulla. Ciò che bisogna portare avanti è l’essere e secondariamente il fare. La famiglia stessa non la riconosci da quanti servizi offre, da quante preghiere organizza ma da come sa essere famiglia, sa amarsi.

Bisogna poi forse domandarsi, dal lato utente, l’utilità di alcuni servizi. Non mettiamo in dubbio le pulizie della chiesa o il servizio lettori o canto etc. Ma per esempio un servizio in preparazione al matrimonio, dalle coppie è visto come il corso obbligatorio per sposarsi e prendere il bollino di ok al matrimonio, quindi il tuo servizio potrebbe essere visto ai loro occhi come un “servizio civile” non un servizio alla fede e all’amore. Sarebbe servizio solo se in quel corso si annunciasse la bellezza del Sacramento del matrimonio, si facesse incontrare il risorto, il volto di amore che è Lui e che sono due sposati. Purtroppo in tante parrocchie si è dovuto abbassare il tiro adeguandosi a quella che era la richiesta dell’utente, svuotando completamente la natura del servizio stesso.

Siamo sicuri che alcuni servizi quindi, siamo ancora utili alla Chiesa o non siano dei servizi di “passaggio obbligato” al ricevere un Sacramento? Le istruzioni e i paletti che le Chiesa stessa ha messo nel corso dei decenni per dare delle linee guida alla nostra preparazione, son in alcuni casi diventati delle “legge farisaiche”, porte obbligatorie verso i sacramenti , non per colpa della Chiesa. Se parlassi con un nonno di quello che facciamo oggi come servizio si metterebbe a ridere. Ai suoi tempi alcuni servizi non c’erano, ma c’era più idea di famiglia, era diversa la fede, la conoscenza di Gesù e l’importanza dei sacramenti!

Oggi facciamo il “percorso in preparazione al matrimonio” ma le coppie divorziano. Che bello sapere che Carlo Acutis era talmente innamorato di Dio da aver bruciato le tappe per fare la comunione e non è rimasto nei “paletti” classici. Ci vogliono le istruzioni e grazie alla Chiesa che ce le dona, ma il servizio che sorregge quei paletti in alcuni casi sta facendo implodere la struttura stessa! E la chiesa stessa lo sa bene, lo vede, per quello sinodi ed encicliche, per dare nuove linee. Concludiamo con l’ultimo spunto:

La famiglia è la prima scuola di amore e gli stessi documenti del magistero della Chiesa ci dicono che siamo noi la prima scuola di catechismo, la prima scuola di preghiera, i testimoni dell’amore matrimoniale che dovrebbero con la loro vita preparare le altre coppie al matrimonio. Tanti servizi (preparatore ai battesimo, ai matrimoni..) non c’erano neanche al tempo dei nostri nonni. Con questo cosa vogliamo dire? Che nell’abbondanza o nella necessità la Chiesa ha creato strutture e iniziato servizi, ma come un tempo c’erano i rioni e le corti o le contrade e oggi no, così fino ad anni fa avevamo le parrocchie e ora le comunità pastorali. I servizi passeranno ma la famiglia e il sacerdote no!

Quello che abbiamo scritto può anche essere non del tutto condivisibile, ma è ciò che abbiamo vissuto nelle nostre esperienze di vita, nei nostri incontri e compreso noi dai documenti del magistero della Chiesa. Lì c’è la radice e fonte per essere Chiesa, dell’essere famiglia.

Anna Lisa e Stefano

ANNIVERSARIO DI MATRIMONIO! La gioia dell’amore

Continuiamo oggi in questo Monday in love, a parlare di anniversario, ripartendo da dove vi avevamo lasciato lunedì scorso, ovvero dal dire Grazie! (clicca qui se vuoi rileggere il precedente articolo) Dall’imparare a ringraziare per quanto abbiamo vissuto, e andando poi a svelarvi l’originale del nostro 2-3 giugno. Come avremo passato l’anniversario? In una Spa? In un rifugio di montagna isolato? In una grande Città ricca di fascino, bellezza e amore? … buona lettura

Nel nostro ringraziamento, un piccolo spazio lo tagliamo per la realtà che ci ha reso ciò che siamo. Realtà che è la Chiesa stessa, e che si manifesta attraverso i documenti conciliari, le encicliche, tradotte e spiegate a noi da sacerdoti, sposi e famiglie che fanno parte di un progetto volto proprio ad aiutare ogni coppia di fidanzati e sposi a scoprire la grazia del Sacramento del matrimonio. Il matrimonio è un Mistero Grande che non si può vivere da soli, chiusi nella nostra casa ma ci chiede di metterci in cammino con la Chiesa, con altre famiglie, con altri sposi e in complementarietà con i sacerdoti, e con tutti i religiosi che incontriamo nel nostro percorso di crescita, nel nostro essere famiglia, nel nostro avvicinarci a Gesù sposo.

Noi abbiamo deciso di passare il nostro anniversario di matrimonio nella casa madre di Mistero Grande, realtà al servizio della Chiesa intera, che propone dei corsi per giovani coppie, per fidanzati. Realtà che non nasce con l’intento di creare un’appartenenza, ma semplicemente mette a disposizione di tutti degli strumenti che aiutano, e ci hanno aiutato, ad essere famiglia con tutti i nostri limiti ed errori di cui a loro non attribuiamo colpa. Eheh. Perché questa scelta?

Perché quando abbiamo pensato a come e con chi passare il nostro anniversario di nozze, ci è venuto in mente che quel giorno ci siamo sposati con Gesù in Chiesa. Senza di Lui quel matrimonio sarebbe stato un accordo politico, una cerimonia civile o che altro ma non il nostro matrimonio. Ben vengano gli anniversari festeggiati in città d’arte, in Resort o spa di lusso, noi non sapendo con quale hotel vivere l’anniversario, non sapendo a quale località regalare la possibilità di ospitarci nel giorno del nostro far memoria del Sì all’amore abbiamo scelto una Chiesa, abbiamo scelto Gesù.

Abbiamo pensato, in un tocco di pazzia o inventiva d’amore che sarebbe stato bello poter passare a celebrare il rinnovo delle promesse nuziali presso la casa madre del…presso la casa madre del progetto Mistero Grande. Realtà che da quando abbiamo scelto di sposarci ci ha aiutato ad essere quel che siamo: famiglia – sposi! Realtà che con corsi, seminari, convegni, ascolto di catechesi, ci ha aiutato a rimanere saldi, uniti. Ci ha aiutato ad essere famiglia non a fare la famiglia. Realtà che non ci ha chiesto nulla in cambio e tutt’ora non ce ne chiede, perché a far crescere belle famiglie chi ci guadagna è la Chiesa stessa.

Realtà che mette poco di suo e tanto dei documenti che scrive la chiesa, riletti e spezzati per le coppie: dall’enciclica Amoris Laetitia, alla gaudium te spes, ai vangeli, etc. Realtà che aiuta ogni coppia ad essere parte di un unico corpo, anche se in quella Chiesa di paese, non ci sono altre coppie giovani, o ci si sente soli, o ci si sente non accolti. Percorsi anche online o che si fanno comodamente in casa con i quali si può mantenere viva la grazia sacramentale e imparare cosa si cela dietro il Mistero Grande del matrimonio cristiano.

Un grazie quindi al dono che ci ha fatto il Signore nelle sue Dioincidenze di trovare 2 splendidi sacerdoti che hanno potuto passare con noi del tempo il giorno del nostro anniversario, celebrando l’eucarestia, rinnovando le promesse matrimoniali, spezzando per noi la parola e vivendo del tempo in semplice ma necessaria, vitale complementarietà. Perché passare con Lui il giorno dell’anniversario?

Perché è Lui che ci ha costituito. Ogni coppia dovrebbe rileggere il suo stare insieme e farne memoria, come occasione per ringraziare del dono ricevuto. L’uomo, o la donna che ci stanno accanto non son frutto di conquiste, di caparbietà o di ingegno. Con l’ingegno si fa altro nella vita ma non si porta avanti per anni un matrimonio. L’altro è un dono che ci è dato per vivere l’amore e lasciarci amare, per generare la vita e l’amore.

Se uno ti regala una casa, una macchina, cosa fai? non lo ringrazi? Non lo andresti a trovare nel giorno dell’anniversario per vedere se magari ti regala qualcos’altro? Per questo ci è sembrato giusto passarlo con Lui. Perché è Lui che ci ha confermato con la grazia del Sacramento del Matrimonio, intrecciando la sua vita con le nostre. Mischiandoci e donandoci quell’unicità, quell’ indissolubilità, quella bellezza, quell’amore, quella forza che ci abita e ci fa camminare ogni giorno mano nella mano.

Le caratteristiche del matrimonio forse non sono proprio umane: chi sa promettere amore per sempre? Esclusivo? Fedele? Nelle difficoltà?.. nella nostra perfezione di esseri umani, siamo tutti imperfetti, abitati dai nostri limiti, dalle nostre ferite. Come possiamo pensare di essere totalmente fedeli all’altro, e che l’altro lo sia altrettanto con noi? forse se la si legge dal basso verso l’alto può sembrare facile, l’indissolubilità, la fedeltà, il perdono reciproco.. ma chiedete alle coppie sposate da tanti anni, se ogni tanto non si è faticato. Se quello stare insieme è capacità umana o c’è di più. Senza quel collante che è Gesù, non riusciremmo ad essere quel che siamo. Gesù è l’unico collante che non ti lascia mai.

Perché è Lui l’unica presenza certa che riconferma ogni giorno il nostro amore. Che vuole festeggiare con ogni coppia il proprio anniversario, la propria voglia di amare. Chi altro farà festa per il vostro anniversario? Forse i genitori, forse i familiari stretti che si ricordano la data, o che sanno che lo festeggerai. Forse i figli che sanno di essere frutto di quell’amore per sempre. Il numero si è già è ridotto; eravate in tanti il giorno del sì a far festa, a ballare, a pranzare, ma non tutti oggi si ricordano della vostra data. Più passano gli anni, più la memoria toglierà invitati a quel giorno. Ed è giusto, è normale, perché è il vostro, è il nostro giorno di amore, di Anna e di Ste e di Gesù. Non della nonna, dell’amico, del testimone; ognuno avrà la sua strada di amore da percorrere. Gesù invece non ci lascerà mai, anche durante un lockdown lui è presenza certa. Primo tifoso di ogni storia di amore!

Perché Lui è l’unico maestro d’amore, e se vogliamo continuare a camminare su questa via, lo possiamo fare solo stando in cordata con Lui. Perché poi in amore, e nessuno lo può negare, non si è mai arrivati! Abbiamo bisogno di continui corsi di aggiornamento sul lavoro… e sull’amore no? Lui è il maestro a cui rivolgerci. Lui è lo sposo della Chiesa Sposa, Lui insegnante di misericordia, Lui che si inginocchia a lavarci i piedi, che li bacia, li asciuga. Lui che entra in casa nostra. Lui che ci chiama Amici, Fratelli. Lui che ci bene-dice. Lui Re fatto uomo, fatto bambino. Lui parola fatta carne. Lui amore fatto carne. Stupendo!

Che bello aver scelto di passare con Lui il giorno del nostro anniversario, aver partecipato all’eucarestia. Quel giorno, venerdì 3 giugno, la Liturgia ci ha fatto leggere il Vangelo dell’amore, quando Gesù sul lago di Tiberiade dialoga con Pietro, il quale non capisce e sembra non comprendere perché quella domanda ripetuta tre volte; quasi a voler rassicurare, confermare quanto rispondeva. Che bello aver ascoltato quella lettura, spezzata in chiave sponsale. Gesù chiede a Pietro: “mi ami tu Pietro”? .. “ Si ti voglio bene” e anche noi, ci siamo ridetti il nostro TI AMO, ci siamo ripromessi lo stesso amore. Che bello che in quel dialogo di Vangelo, Gesù Amore, ci viene incontro, va in contro a Pietro. Scende quegli scalini sulla riva del mar di Galilea per arrivare ad amare allo stesso livello di come riesce ad amare Pietro. Che bello che proprio quel giorno ci ha voluto dire “mi ami più di costoro?” Più del tuo coniuge? Ecco così vuole che ci amiamo…amandolo perché da Lui possiamo amare nostro marito, nostra moglie.

Ecco questa è la bellezza di passare l’anniversario con Gesù, farci amare da Lui. Farci amare dall’Amore. Provare ad amare nel nostro piccolo l’Amore.

Grazie!

L’augurio nostro è che tutti possano vivere la propria vocazione sentendosi amati, celebrare il proprio anniversario lasciandosi amare dall’amore! Vivere il proprio matrimonio riuscendo a benedirlo con l’aiuto di Gesù e imparando da Lui ad amare!

Compito di quest’oggi? Mettersi nelle Sue mani.. mettersi in ascolto del Maestro grande dell’Amore che è Gesù!

Buona lunedì

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Quando ci sentiamo traditi dagli uomini di Chiesa, pensiamo alla passione di Cristo

Oggi il mondo e la Chiesa stanno vivendo una grande crisi di fede, ogni giorno ascoltiamo notizie che stridono con la Verità. Quanti uomini di Chiesa che tradiscono la loro madre Chiesa, che la rinnegano per seguire le luci del mondo.

Capisco quanto ci possa far male, a chi ha cuore veramente la Chiesa di Dio, la Chiesa che Cristo ha fondato, i tradimenti e i rinnegamenti di chi dovrebbe pascere le pecorelle affidategli, sono lame che ci colpiscono nel cuore, spine pungenti che ci trafiggono il capo, chiodi che ci perforano le mani, corde che ci lacerano la pelle.

Ma è proprio questo, fratelli cari, che Cristo ha subito per la sua Chiesa, per noi, nella sua Santa Passione. E le pene peggiori le ha sofferte proprio in prospettiva di tutti i tradimenti e rinnegamenti dei suoi figli prediletti, quei pastori di anime, che invece di essere guide e pastori a difesa delle pecorelle, si sono trasformati in mercenari, che hanno disperso e lasciato sbranare il Suo gregge.

Quanto dolore avrà provato Cristo davanti al tradimento di Giuda. Immaginate in mezzo alla notte, un suo figlio prediletto, un pastore di anime, che lo ha tradito con un bacio. Quale colpo al cuore, e pure da lui non è uscita una sola parola di giudizio o di condanna, figuriamoci di odio.

“Giuda con un bacio tradisci il figlio dell’uomo”

Con lo stesso bacio, che tante volte hai usato per confidarmi il tuo amore, ora vieni qui in mezzo alla notte, come usano fare i ladri, e mi tradisci. Con un gesto di amore, mandi a morte l’Amore, Cristo il figlio del Dio vivente. Quale sofferenza brutale può aver colpito Gesù? In quel tradimento son racchiusi tutti i tradimenti della storia millenaria della Sua Chiesa.

Ma ancora, amici, pensate al rinnegamento di Pietro, quel Pietro che voleva seguirlo fino alla morte, che avrebbe dato la vita per lui, ecco nel momento in cui Gesù è abbandonato da tutti, sta per essere giustiziato dal suo popolo, sta per essere mandato a morte… con lo sguardo cerca un volto amico, un volto dove rifugiarsi, dove cercare coraggio e conforto, e invece trova il volto di Pietro, e viene trafitto dalle sue parole.

Per tre volte lo rinnegherà, per tre volte lo trafiggerà. In quel rinnegamento son racchiusi tutti i rinnegamenti della storia millenaria della Sua Chiesa.

E ancora dall’alto della sua Croce, quando ogni cosa si sta compiendo, quando il peso della fatica del calvario lo porta a chiedere acqua, ecco che dal basso, dal suo popolo, si levano insulti e bestemmie. E nel suo ultimo atto, chiede al Padre “perdonali, perché non sanno quello che fanno”.

Sì fratelli cari, fa tanto, troppo male, essere traditi e rinnegati da chi doveva ergersi a difesa del Corpo di Cristo, la sua Chiesa… e pure, e pure… Gesù ha perdonato e amato, soprattutto costoro.

Pensiamo ai nostri piccoli tradimenti e rinnegamenti quotidiani, alle nostre parti più buie, e pensiamo quanto Cristo le ami e se ne prende cura, senza nessun giudizio. E pensando a questo, amiamo e preghiamo, soprattutto per questi pastori e fratelli, che stanno trafiggendo, più di tutti, il corpo già martoriato del nostro Gesù.

Solo così, solo così, ancor prima di annunciare la Verità con la nostra parola e la nostra testimonianza di vita, potremo guarire le tante ferite dei tradimenti e rinnegamenti di questo periodo, in cui siamo chiamati a vivere. Da queste ferite che grondano sangue e acqua, scaturirà la misericordia di Dio, che laverà i peccati, anche i più orrendi della Sua Chiesa.

Gesù sommo sacerdote del nostro matrimonio.

La seconda lettura del Venerdì Santo ha introdotto  una verità della nostra fede: Gesù è il sommo sacerdote. L’unico vero sacerdote che si rende mediatore tra Dio e l’uomo. L’unico vero sacerdote attraverso cui il nostro matrimonio è reso sacro ed ogni nostro gesto di dono e di accoglienza reciproca diventa dono a Dio e accoglienza di Dio nella nostra relazione sponsale.

Fratelli, poiché dunque abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede.
Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato.
Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno.
Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà;
pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì
e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono. (Lettera agli Ebrei)

Ne approfitto per farvi dono di un capitolo del nostro prossimo libro (mio e di Luisa) dove affrontiamo proprio questa importante dinamica che si instaura tra Dio e gli sposi cristiani.

Come gli sposi vivono e esprimono il loro essere sacerdoti?  Gesù, abbiamo visto, è l’unico ed eterno sacerdote. La sua dimensione sacerdotale si concretizza nel dono di sè. Dona tutto se stesso. Dove? Sulla croce. Sulla croce Gesù fa offerta di tutto se stesso. E’ offerente, ma è anche offerta.  E’ mediatore presso Dio: dà tutta la sua vita per la nostra salvezza. L’offerta di Cristo non deve essere vista solo in senso negativo, come espiazione. Prende su di sè tutto il peccato per riscattare la nostra salvezza. Cerchiamo di scorgere in questo momento un estremo e bellissimo gesto d’amore. Gesù ci sta amando. Dietro il significato di espiazione c’è un altissimo e supremo amore. Un amore incondizionato e totale. Non c’è gesto più grande, che Dio ci abbia donato per esprimere il suo amore, della croce. In quel momento Dio nel Figlio ci sta amando fino alla fine. Nel Vangelo troviamo scritto Non c’è Amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Gesù sta facendo esattamente questo.

Che caratteristiche ha l’amore di Gesù? E’ un amore totale. Quindi è un amore sponsale. In quel momento Gesù manifesta la sua sponsalità, il suo desiderio di unirsi sponsalmente, in modo totale, definitivo e per sempre, ad ognuno di noi. La nuova ed eterna alleanza. Vi invito, da adesso in poi, a meditare le prossime parole che dirò guardando alla croce, a Gesù che è lo sposo divino che, attraverso il suo sacrificio, vuole unire a sè la Chiesa, ognuno di noi, in un patto d’amore eterno, in un patto sponsale. Sta a noi accogliere questo dono e dire il nostro sì. Capite ora come la nostra sponsalità, il sacramento del matrimonio sia molto legato al sacerdozio di Cristo e al mistero della croce? San Paolo esprime esattamente questa realtà di Dio, questo patto sponsale tra Gesù sposo e la sua Chiesa sposa:

E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei.

Proseguiamo e aggiungiamo un tassello. Noi, abbiamo visto, facciamo parte del sacerdozio di Cristo attraverso il battesimo. Cosa significa? Tutti i gesti che possiamo compiere nella nostra vita da battezzati, offrendoli come gesti d’amore a Gesù, sono gesti sacerdotali. In quel momento stiamo esercitando il nostro sacerdozio. Il nostro lavoro, il nostro impegno, le nostre difficoltà, le nostre parole, le nostre opere e tutto quello che facciamo, se fatto con amore autentico e offerto a Gesù, esprime il nostro sacerdozio.

Chiara Corbella, a questo proposito, non riuscendo a curare la preghiera come avrebbe voluto, trovò una modalità bellissima per vivere il suo sacerdozio:

Le giornate volavano via senza riuscire a pregare molto; in generale sembrava di combinare poco. (…) Un giorno Cristiana trovò su una rivista cattolica un articolo intitolato Il cantico della cucina. Vi lesse che il matrimonio consacra tutto nell’amore e che ogni cosa che si fa per amore dello sposo è dono di sè, più importante di mille preghiere. <“Pulisco per terra in ringraziamento di…. Rifaccio il letto in offerta per questa situazione….” e cose così. Lo girò immediatamente a Chiara, a cui piacque molto. Da quel giorno occuparsi della casa diventò preghiera. Incredibilmente questo tipo di preghiera funzionava.

Avete capite cosa intendo? Non sono concetti campati in aria, ma molto terreni e concreti. Il nostro ruolo sacerdotale è il nostro rispondere al desiderio di Dio. Attraverso i gesti d’amore compiuti verso il prossimo dovremmo (poi la realtà spesso è un’altra) portare l’amore di Dio al mondo e portare il mondo a Dio. Il battesimo ci abilita ad essere sposi di Cristo, cioè a vivere il nostro rapporto con lui come quello che possiamo sperimentare e osservare nell’amore di un uomo e una donna.

Antonio e Luisa

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Ogni matrimonio è un miracolo di Dio

Stamattina (sabato scorso ndr) sono entrato nella chiesa della mia parrocchia. Era appena terminata la Santa Messa. Si erano fermate le solite quattro nonne a recitare il rosario. Benedette quelle nonne che , sono certo, con la loro preghiera reggono la Chiesa.  Il resto era deserto. Tutto era avvolto nella penombra. Una situazione privilegiata per pregare e riflettere con calma. Il parroco, nel frattempo,  andava e tornava dalla sacrestia. Stava, evidentemente, predisponendo per qualche cerimonia. Ho pensato al solito funerale. Poi ho capito! Quando ha posizionato sotto l’altare un inginocchiatoio doppio non poteva che essere un matrimonio. Ho cominciato a fantasticare. Guardavo quella scena. In quel momento non c’era ancora nulla. Pensavo come da lì a qualche ora quello spazio sarebbe stato riempito. Si sarebbe animato. Si sarebbe riempito della vita di due giovani e del sacrificio di Cristo sul Golgota. Si sarebbe riempito di tanti amici e parenti di quei due giovani. Chissà quanti di questi avrebbero vissuto con noia ed impazienza che quella cerimonia finisse. Senza rendersi conto del miracolo che stava avvenendo sotto i loro occhi.  Quello spazio sarebbe diventato Sacer (cliccate qui se non sapete il significato di questa parola). Recinto sacro. In quello spazio delimitato da un inginocchiatoio e due sgabelli si sarebbe da lì a poco compiuto un miracolo. Due persone, un uomo e una donna, che si offrono completamente all’altro/a. Sono ministri del sacramento. Il sacerdote non è ministro in questo caso. Lo sono i due sposi. Sono ministri e sono nel contempo offerta. Offrono se stessi. Tutto quello che sono e che hanno. Due persone che liberamente decidono di darsi ed accogliersi l’un l’altra. Il matrimonio, letto in questo suo significato profondo, è un vero e proprio sacrificio. Matrimonio ed Eucarestia si somigliano per tante cose, questa è una di queste. L’Eucarestia non è forse la rinnovazione del sacrificio di Cristo che ha dato se stesso, ha dato il suo corpo e il suo sangue, ha donato la sua vita? Il matrimonio non è simile in questo? Gesù me lo immagino sempre profondamente commosso. Due persone che ancora hanno il desiderio di amare così, in modo incondizionato, senza mettere limiti. Che bello. Gesù vuole fare parte di questa unione. Per questo il matrimonio sacramento non è tra due persone ma tra tre. Gesù è parte fondante. Il matrimonio è un sacrificio perchè permette che il  nostro dono diventi offerta non solo al nostro coniuge, ma anche offerta a Dio. La nostra unione diventa cosa di Dio. Sposandoci in Chiesa il nostro matrimonio non è più solo nostro, ma è di Dio. E Dio diventa parte attiva. Dà tutto se stesso perchè quell’unione funzioni e non muoia. Ai due sposi è chiesto solo di riempire le giare di acqua, con quel poco che hanno. Trasformare l’acqua in vino è compito di Gesù.  (cit. Chiara Corbella)

Il matrimonio è un sacramento particolare anche per un altro motivo. Il matrimonio è un sacramento perenne, come l’Eucarestia. Come nel pane e nel vino c’è la reale presenza di Cristo. Presenza che non cessa fino a quando pane e vino non vengono consumati, così è il matrimonio. La presenza di Gesù non cessa. Gesù resta presente nell’unione sponsale dei due, nel noi, fino alla morte di uno dei due. Così quello spazio sacro non cessa. Il noi degli sposi continuerà ad essere Sacer, luogo sacro e inaccessibile a chiunque altra persona. Quel Sacer non è solo un luogo mistico è anche luogo concreto e tangibile. Da quel giorno il Sacer degli sposi sarà il talamo nuziale, il luogo dove più di ogni altro l’unione dei due diventa concreta e tangibile.

La prossima volta che parteciperete ad un matrimonio, ripensate a queste poche righe, e non potrete che guardare con altri occhi quello che starà avvenendo,non certo con occhi annoiati, ma con la meraviglia di chi assiste alla creazione, a Dio che opera e fa meraviglie. E allora la gioia vi riempirà il cuore.

Antonio e Luisa

Il matrimonio è quello di Wikipedia?

Oggi ho un momento in più. Non devo, come solitamente accade, scrivere in venti minuti la mia riflessione. Posso prendermela con più calma. Cercherò quindi di avventurarmi in riflessioni che non mi appartengono normalmente. Cosa significa il matrimonio per me? Perchè è così importante non fallire questa occasione unica di relazione? Perchè sento che mi sto giocando tanto, forse tutto?

Non è facile rispondere. Non è facile comprendere cosa ci sia dietro questa sfida. Certo per la società civile è semplice descrivere cosa sia. Wikipedia, la nuova enciclopedia della società 2.0, lo identifica così:

Il matrimonio è un negozio giuridico che indica l’unione fra due o più persone, a fini civili, religiosi o ad entrambi i fini e che di norma viene celebrato attraverso una cerimonia pubblica detta nozze.

E’ un negozio giuridico, un contratto, che determina obblighi e diritti. Nulla più di questo. Un contratto che, se rescisso, provoca spesso un risarcimento economico e nulla più. Qualcosa a cui si può dare un valore, un prezzo, un inizio e una fine. Come fosse un rapporto di collaborazione qualunque tra due persone, o addirittura più di due persone. Collaborazione manageriale e di gestione. Gestione della casa, dei figli, dei soldi fino ad arrivare alla gestione del tempo libero, del sesso e dell’affettività. Certo una collaborazione più piacevole di altre prettamente professionali, ma pur sempre qualcosa da pesare continuamente tra utile e perdita.

Se davvero il matrimonio fosse soltanto questo, sarebbe davvero di una tristezza enorme. Penso tutti siano d’accordo su questo. Eppure tanti si sposano con questa idea radicata dentro. Promettono nella buona e nella cattiva sorte, ma intendono solo nella buona. Solo quando conviene. Io stesso ho promesso tutto, ma con un’enorme riserva su questo punto. Mi sono fidato, ho chiesto a Dio la forza e, naturalmente, ero sostenuto dalla convinzione che tutto sarebbe andato bene. Tanti si fermano a questo livello di relazione. Si accontentano di questa miseria che non permette loro di entrare in un altro mondo. Non permette di incontrare Gesù nell’altro. Perchè questo fa la differenza.

Il matrimonio è concreto e tangibile, guai se non lo fosse. Ma non basta. Non può restare solo questo o, come ho scritto prima, resta una relazione povera, anzi misera, che non apre ad orizzonti altri.

Cristo cambia tutto. Il matrimonio in Cristo è qualcosa che non c’entra nulla con tutta la miseria del matrimonio civile o di una convivenza.  Tanto che amici, che hanno iniziato con una convivenza o un matrimonio civile, quando la loro relazione è entrata nella verità del dono totale, hanno avvertito la necessità di sposarsi in Cristo, perchè non si accontentavano più di ciò che avevano. Il matrimonio in Cristo apre ad una prospettiva eterna. Più lo vivi intensamente, senza riserve e senza porre limiti, e più l’orizzonte si aprirà all’eterno, al trascendente, a Dio. Più sarò capace di donarmi sempre e completamente, e più entrerò nella profondità di me stesso. del mio essere uomo. Entrare sempre più dentro per ampliare sempre di più lo sguardo. Più comprendo questo,più vivo questo, e più avrò pace e senso nella mia vita. Perchè nella nostra profondità di uomini c’è l’eterno di Dio. Ma la nostra profondità ci è inaccessibile, non abbiamo la chiave. La chiave non è in me, ma nel dono di me. Nel dono di me stesso alla mia sposa. Più sarò dono per lei e più conoscerò chi sono, e più incontrerò Cristo. Questo vale nella buona e nella cattiva sorte. Tutti desiderano un matrimonio felice. Guai se non fosse così. Ricordiamo però una verità che spesso cerchiamo di rimuovere.  La Chiesa ci insegna che un matrimonio riuscito non è necessariamente un matrimonio felice. Chiara Corbella spiegava tutto questo in modo semplice:

La logica è quella della croce: regalarsi per primi senza chiedere nulla all’amato, arrivando fino al dono radicale di sé. Se non si risponde a questa richiesta, non si tratta più di vocazione, ma di un semplice accompagnarsi fino alla morte

Un matrimonio che si regge sulla convenienza reciproca è accompagnarsi fino alla morte. Terribile. In una vita insieme non si impara a donarsi fino in fondo, ma solo a prendere dall’altro/a. Ad usarlo per certi versi. Ci sono matrimoni che si reggono sulla paura della solitudine o sull’abitudine.

Adesso dirò qualcosa di scandaloso. Quando penso a certe persone che hanno perseverato, che hanno perdonato, che hanno pregato, che hanno sofferto grandemente, che hanno pianto e che hanno vacillato senza per questo mollare. Persone che hanno, soprattutto, continuato a restare fedeli alla loro promessa, a Dio, allo sposo o alla sposa, anche quando quest’ultimo/a se n’è andato. Anche quando ha tradito la fiducia, il talamo e il sacramento. Persone che hanno vissuto fino in fondo la loro vocazione. Sono convinto che il loro matrimonio è più riuscito di tanti altri, perchè alla fine quello che conta è dare tutto per incontrare Cristo in quel dono, e loro lo hanno fatto e lo stanno facendo più di tutti. Più di me, più della mia sposa e, a maggior ragione, più di chi vivacchia in un rapporto basato sul dare e avere, in un rapporto che non cresce e che non fa progredire nessuno, in un rapporto sterile, non fecondo.

Antonio e Luisa

La Grazia non è magia.

Perchè tanti divorzi e separazioni anche tra chi si sposa in Chiesa davanti a Gesù? Il Papa ci ha ricordato come tanti matrimoni siano in realtà nulli, ma è solo questo? Perchè la Grazia di Dio non ci salva da noi stessi e dai nostri errori? La Grazia non è una magia. Lo Spirito Santo per poter entrare in noi e cambiare le nostre debolezze e fragilità ha bisogno di noi. Lo Spirito Santo ha bisogno che  noi apriamo il nostro cuore alla Sua azione. Dobbiamo volere che Gesù abiti in noi e nella nostra unione. Il sacramento del matrimonio non ci assicura nulla senza il nostro impegno. Il sacramento del matrimonio è come una fonte di acqua pura che disseta ma se noi abbiamo un bicchiere bucato non riusciremo nè a bere nè a dissetarci. Questo è il nostro cuore, che se reso bucato dal peccato e dal nostro egoismo, non riuscirà a riempirsi di Dio. Diventa così tutto un’illusione e se le cose non vanno ce la prendiamo con Dio che non ci ha preservato dal fallimento.  Mi viene in mente un’affermazione di Tarcisio Mezzetti, una persona di Dio che si è spesa fino alla fine per fidanzati e sposi. Tarciso, sulla base di una ricerca statistica americana, aveva evidenziato come un matrimonio su tre finiva in divorzio (questo alcuni anni fa, oggi è ancora peggio). L’incidenza scendeva a uno su cinquanta se il matrimonio era stato celebrato in Chiesa e se la coppia partecipava regolarmente alla Santa Messa. La statistica sorprendentemente mostrava come l’incidenza crollava vertiginosamente quando la coppia oltre a essersi sposata in chiesa e partecipare alla Messa, pregava regolarmente unita. L’incidenza in questo caso scendeva a addirittura uno su millecento. Incredibile?

No non è incredibile. Semplicemente la coppia ha tenuto fede alla sua promessa matrimoniale, non escludendo Cristo dalla propria vita e dalle proprie scelte. Sempre qualche mese fa, lessi su un sito cattolico la storia di Siroki­Brijeg. Siroki­Brijeg è una città bosniaca di alcune migliaia di persone dove non si sono verificati mai divorzi. Sembra che la motivazione di questo incredibile risultato sia nella fede dei suoi abitanti e nel rito del matrimonio che la chiesa locale segue.

Quando i fidanzati vanno in chiesa per sposarsi, portano con sé un crocifisso. Il sacerdote lo benedice, e invece di dire che i fidanzati hanno trovato il partner ideale con cui condivideranno la vita dice: “Avete trovato la sua croce! È una croce da amare, da prendere su di voi. Una croce che non è da scartare, ma da custodire nel cuore”.

Quando la coppia pronuncia i voti matrimoniali, la sposa mette la mano destra sul crocifisso, e lo sposo la mano destra sopra quella di lei. Sono uniti tra sé e uniti alla croce. Il sacerdote copre le mani degli sposi con la stola, mentre loro promettono di amarsi a vicenda nella gioia e nel dolore, proclamando fedelmente i propri voti in base ai riti della Chiesa.

Poi i due baciano la croce. Se uno abbandona l’altro, abbandona Cristo sulla croce. Perde Gesù! Dopo la cerimonia, i neosposi attraversano la porta di casa per collocare il crocifisso in un posto d’onore. Diventa il punto di riferimento della loro vita, e il luogo di preghiera della famiglia. La giovane coppia crede fermamente che la famiglia nasca dalla croce.

Nei momenti di difficoltà e incomprensione, che sorgono in tutti i rapporti umani, non si ricorre non all’avvocato, al terapeuta o all’astrologo, ma alla croce. Gli sposi si inginocchiano, piangono lacrime di pentimento e aprono il proprio cuore, chiedendo la forza di perdonarsi a vicenda e implorando l’aiuto del Signore. Queste pratiche pie sono state imparate fin dall’infanzia.

Ai bambini viene infatti insegnato a baciare con reverenza il crocifisso tutti i giorni e a ringraziare il Signore per la giornata trascorsa prima di andare a letto. I bambini vanno a dormire sapendo che Gesù li tiene tra le braccia e che non c’è nulla da temere. Le loro paure e le loro differenze scompaiono quando baciano Gesù sulla croce.

Termino con un insegnamento di don Dino Foglio, tra i fondatori del Rinnovamento nello Spirito in Italia e sacerdote che abbiamo avuto la fortuna di incontrare e ascoltare per alcuni anni:

Con la sola volontà non si fa nulla. con la sola Grazia non si fa nulla, con la volontà e la Grazia si fa tutto.

Se il nostro matrimonio è in crisi o siamo noi ad essere in crisi, non accusiamo Dio ma cerchiamo di capire come aprire il nostro cuore alla Sua Grazia.

Antonio e Luisa

La Chiesa: mamma che aiuta a crescere.

Questa riflessione è uno sfogo. Vuole essere una richiesta di confronto con voi, perchè io non capisco più come certi uomini di Chiesa ragionano. Vi chiedo di dirmi dove sbaglio.

La Chiesa è madre, è la mamma di tutti noi. Su questo non penso che ci siano possibilità di fraintendimenti. Cosa significa essere madre? La mamma è colei che accoglie dentro di sè la vita nascente, è colei che con tenerezza e dolcezza nutre, coccola e fa sentire amato il bambino. La mamma non si ferma a questo. La mamma insieme al papà deve educare. Educere, dal latino tirare fuori. La mamma insieme al papà aiuta il neonato nei suoi passaggi della vita. Lo aiuta da bambino, da adolescente, nella pubertà, nella giovinezza e infine lo vede diventare uomo o donna prendere la sua strada e camminare da solo verso la vita buona e soprattutto la vita eterna. L’attività della mamma è frutto di un’alleanza con il papà che, nell’unione e nella comunione, sono sicurezza e certezza per il bambino.  Cosa voglio dire con questa immagine? La Chiesa è madre, ma si comporta sempre da madre? Lavora in alleanza con il Padre (Dio)? E’ in comunione con il Padre? E’ anvora capace di dire quei no che aiutano a crescere, a diventare uomini e donne nella pienezza della verità iscritta dentro di loro? Chiedo questo perchè mi sembra che tanti pastori non riescano ad andare oltre la mamma del neonato. Non riescano ad educare, ma solo ad accogliere con tenerezza e dolcezza. Va benissimo, non ci si può limitarsi a quello. Il neonato, il neofita, colui che vuole entrare nella Chiesa e rinascere in essa una seconda volta dopo il battesimo, non può restare un neonato. Ha bisogno di essere accompagnato, di essere ripreso, anche duramente. Ha bisogno di paletti, di sapere cosa è bene e cosa è male. Ha bisogno di fare i suoi errori e di essere perdonato, ma senza sminuire ciò che ha fatto, perchè le ferite non si cancellano con la confessione. Gli omosessuali non hanno bisogno di essere trattati come neonati, magari all’inizio sì, ci sta, ma poi vogliono essere aiutati a crescere come uomini e come donne, capaci di andare oltre la ferita di cui portano i segni, perchè questo significa rispettarli ed amarli. Hanno bisogno di essere accompagnati alla castità perchè lì troveranno la pace e pienezza. Se la Chiesa non è capace di aiutare ogni persona a crescere, ma solo di accudirla come se fosse un neonato, non può poi pretendere nulla da questa persona se non che continuerà a comportarsi come un neonato, capace solo di chiedere e incapace di donarsi nella verità.

Quando io sono entrato nella Chiesa volevo tante cose. Volevo essere giustificato nei rapporti prematrimoniali, volevo essere giustificato nell’uso di anticoncezionali, volevo essere libero di guardare materiale pornografico, volevo essere libero di vivere come volevo, ma con l’avallo di Dio, per silenziare la mia coscienza. Fortunatamente ho trovato in alcuni sacerdoti, soprattutto nel frate cappuccino Padre Raimondo Bardelli, la vera Madre Chiesa, e attraverso di loro, gradatamente anche la libertà da tante mie schiavitù. Mi hanno aiutato a non essere più un neonato della fede ma un uomo di fede, con tanti limiti ancora, ma molto più felice e realizzato. Attraverso l’amore di madre Chiesa ho trovato l’amore anche di Dio Padre.

Antonio e Luisa

Il love finder è la Chiesa

Qualche tempo fa stavo sistemando la parabola sul terrazzo di casa. Per chi non è pratico deve sapere che è’ un’impresa quasi impossibile cercare di puntarla nel modo giusto perchè riesca a captare i segnali del satellite. Ci sono tantissime variabili, longitudine latitudine, angolo di elevazione e azimut. A complicare tutto si aggiunga che il segnale per essere visibile deve essere perfetto e quindi anche un centimetro di scostamento rende inutilizzabile l’antenna. E’ necessario quindi avere un piccolo aggeggio, il sat finder, che permette con facilità di trovare il giusto puntamento senza possibilità di fraintendimenti od errori. Anche noi nella nostra coppia abbiamo bisogno del sat finder per sintonizzare la nostra relazione e il nostro amore, e aderire  a Gesù e al suo modo di amare. Il nostro sat finder, o meglio love finder, è la Chiesa, la sposa di Cristo. Sono andato avanti per anni con in mano la mia bussola cercando di sintonizzare il mio io personale (corpo anima e cuore) con la volontà di Dio. Ho provato per anni affannandomi e non concludendo nulla perchè cercavo nel posto sbagliato, con le modalità sbagliate, le cose sbagliate. Cercavo qualcosa che mi soddisfacesse, quindi puntavo la parabola, le mie attenzioni, verso me stesso. Non trovavo nulla se non delusioni perchè nessuno avrebbe potuto mai riempire il mio desiderio d’infinito. Ero come quei costruttori del salmo 26: Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori.

Poi ho capito che da solo non ce l’avrei mai fatta e ho chiesto aiuto, ho preso coscienza di essere parte del corpo mistico di Cristo, della Sua Chiesa. Il mio sat finder è la Chiesa. Il nostro sat finder è la Chiesa. Siamo una famiglia, piccola chiesa nella grande Chiesa. La Parola, il magistero, i pastori, i fratelli e soprattutto i sacramenti e la Grazia mi hanno permesso di spostare la parabola e puntarla verso la mia sposa. E’ li che Dio si fa trovare, è li che nell’aprirmi e nel donarmi a quella creatura non trovo in lei un amore infinito che possa riempirmi, ma lo trovo con lei e attraverso di Lei. Trovo quella sorgente che disseta e da senso a tutto. Più riesco a vivere un amore fedele, gratuito e misericordioso  e più il segnale è forte e l’immagine di Dio è luminosa.

Antonio e Luisa

 

Consacrati per costruire ponti.

Renzo Bonetti è un sacerdote che si sta spendendo tantissimo per la famiglia e la missione della famiglia cristiana nel mondo e per il mondo. Su una cosa punta in particolare, essendo in questo profeta; insiste sulla missione degli sposi cristiani, in quanto sposi, in quanto consacrati con il sacramento del matrimonio. Gli sposi sono una figura del tutto particolare nella composizione della Chiesa di Cristo. Gli sposi sono consacrati con il sacramento del matrimonio e sono un’espressione unica dello Spirito creatore di Dio. Sono consacrati nella loro relazione d’amore come lo sono i sacerdoti nelle loro mani. Sono inseriti nella Chiesa per portare insieme, come coppia un segno efficace dell’amore di Dio, profezia e epifania della sua presenza amorevole verso ognuno di noi. Non è così importante che facciano qualcosa quanto che mostrino qualcosa di Dio in ciò che fanno. La loro peculiarità è nella relazione che li unisce e di come traspare questa alleanza amorosa che c’è tra di loro, segno efficace dell’Alleanza d’amore sancita con il sacrificio dell’Agnello. Gli sposi sono segno efficace dell’amore misericordioso, fecondo e fedele di Dio per ognuno di noi.  Nella Chiesa della misericordia di Papa Francesco il compito di noi sposi cristiani diviene di un’importanza decisiva per un rinnovamento vero e concreto della Chiesa. Non a caso l’anno della misericordia è stato preceduto da due sinodi sulla famiglia. La famiglia si deve riappropriare del suo ruolo, mai come ora fondamentale. La famiglia è piccola chiesa. Già san Paolo nella lettera ai romani faceva riferimento allo kat’oikon ekklesía, la “Chiesa domestica” ove si radunavano i cristiani a celebrare l’Eucaristia. Lo spazio vitale di una famiglia si trasformava in un piccolo tempio ove Cristo è assiso alla stessa mensa.

Concetto ripreso e fatto proprio dal Concilio vaticano II nella “Lumen gentium” . Ripreso poi anche dai due grandi documenti dedicati alla famiglia: Familiaris Consortio e Amoris Laetitia. Giovanni Paolo II afferma nel primo:

La famiglia cristiana è poi chiamata a fare l’esperienza di una nuova e originale comunione, che conferma e perfeziona quella naturale e umana. In realtà, la grazia di Gesù Cristo, «il Primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29), è per sua natura e interiore dinamismo una «grazia di fraternità», come la chiama san Tommaso d’Aquino («Summa Theologiae», II· II··, 14, 2, ad 4). Lo Spirito Santo, effuso nella celebrazione dei sacramenti, è la radice viva e l’alimento inesauribile della soprannaturale comunione che raccoglie e vincola i credenti con Cristo e tra loro nell’unità della Chiesa di Dio. Una rivelazione e attuazione specifica della comunione ecclesiale è costituita dalla famiglia cristiana, che anche per questo può e deve dirsi «Chiesa domestica»

Concetto molto simile a quello espresso poi da papa Francesco al punto 88 di Amoris Laetitia:

L’amore vissuto nelle famiglie è una forza permanente per la vita della Chiesa. «Il fine unitivo del matrimonio è un costante richiamo al crescere e all’approfondirsi di questo amore. Nella loro unione di amore gli sposi sperimentano la bellezza della paternità e della maternità; condividono i progetti e le fatiche, i desideri e le preoccupazioni; imparano la cura reciproca e il perdono vicendevole. In questo amore celebrano i loro momenti felici e si sostengono nei passaggi difficili della loro storia di vita […] La bellezza del dono reciproco e gratuito, la gioia per la vita che nasce e la cura amorevole di tutti i membri, dai piccoli agli anziani, sono alcuni dei frutti che rendono unica e insostituibile la risposta alla vocazione della famiglia»,tanto per la Chiesa quanto per l’intera società.

Lo Spirito Santo sta suscitando questo nel cuore della Chiesa, c’è bisogno che gli sposi cristiani siano testimoni e portatori di un messaggio, anzi di più, di una presenza, accanto ai sacerdoti, ma con modalità del tutto particolari e proprie.

Gli sposi con la loro apertura, il loro donarsi, il loro dialogare, il loro incontrarsi nelle differenze, il loro arricchirsi dalla diversità dell’altro, il loro essere fecondi nella diversità, il loro sapersi fare prossimi, il loro essere compassionevoli l’uno verso l’altra, gli sposi, con tutto questo loro modo di volersi bene e sapersi accogliere, diventano non solo esempio, ma seme fecondo per una Chiesa e una comunità più cristiane, cioè aderenti alla persona di Gesù. Solo se si imparerà a  costruire ponti in famiglia si potrà fare lo stesso nella società in cui viviamo. La famiglia diventa palestra per potersi educare al modo di amare di Gesù. Non sono solo parole, io l’ho sperimentato nella mia vita. In famiglia ho imparato a prendermi cura, a preoccuparmi degli altro, a cercare di capire l’altro e tutto questo poi ha oltrepassato le mura di casa ed è diventato mio stile con tutti.

Vi lascio con le parole che San Giovanni Paolo II ha donato alle famiglie neocatecumenali (grande esempio)  in partenza per le missioni nel 1988. Non sono neocatecumenale e nel 1988 avevo 14 anni, ma quelle parole sono attualissime e valgono per tutte le famiglie cristiane:

Sappiamo bene che il sacramento del Matrimonio, la famiglia, tutto questo cresce nel sacramento del Battesimo, dalla sua ricchezza. Crescere dal Battesimo vuol dire crescere dal mistero pasquale di Cristo. Attraverso il sacramento dell’acqua e dello Spirito Santo, siamo immersi in questo mistero pasquale di Cristo che è la sua morte e la sua risurrezione. Siamo immersi per ritrovare la pienezza della vita, e questa pienezza dobbiamo ritrovarla nella pienezza della persona, ma, nello stesso tempo, nella dimensione della famiglia – comunione di persone – per portare, per ispirare con questa novità di vita gli ambienti diversi, le società, i popoli, le culture, la vita sociale, la vita economica . . . Tutto questo è per la famiglia. Voi dovete andare in tutto il mondo a ripetere a tutti che è “per la famiglia”, non a costo della famiglia.

Ho voluto concludere con questo bellissimo incoraggiamento di San Giovanni Paolo perchè diventi un nostro impegno costante, in ogni situazione e momento della vita per poterci realizzare nella nostra chiamata e risposta all’amore e per poter essere luce in un mondo sempre più nell’ombra e nel caos.

Antonio e Luisa

Togliamoci la foglia di fico.

Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.
Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.

In queste cinque righe, della prima lettura della domenica appena trascorsa, è raccontata la nostra storia, la mia sicuramente. Si aprirono gli occhi. Sembra una conquista, una crescita. Gli occhi chiusi non permettono di vedere. Ma non è quello che ho inteso io. Aprire gli occhi, in questo caso, significa non fidarsi più del Padre, non voler più affidare la nostra vita al Suo amore paterno, accogliendo i suoi insegnamenti, ma fare di testa nostra, decidendo ciò che è male e ciò che è bene. Anche io ho fatto così per tanti anni. Questo inevitabilmente porta a chiudersi, porta all’egoismo. Porta soprattutto a non mostrarsi nudi, non mostrarsi per quello che siamo, perché l’altro/a potrebbe approfittare di ciò e farci del male. Molto meglio nascondersi. Questo però, non permette un incontro autentico con l’altro/a, non permette di amare e lasciarsi amare fino in fondo. Poi c’è il nostro sguardo che non è più capace di cogliere la meraviglia della persona che abbiamo accanto, ma spesso la viola . Il nostro sguardo non fa sentire la nostra sposa bella ma semplicemente qualcosa da possedere. Uno sguardo incapace di guardare oltre le pulsioni e la concupiscenza del corpo. Gesù non ci lascia soli. Gesù conosce la nostra debolezza e povertà, per questo esiste il matrimonio sacramento.

Passando alla seconda lettura, sempre della liturgia di domenica, San Paolo ci dice:

Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini.
E non è accaduto per il dono di grazia come per il peccato di uno solo: il giudizio partì da un solo atto per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute per la giustificazione.
Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.
Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita.
Similmente, come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.

San Paolo, con tutto questo giro di parole, ci dice un concetto chiaro e decisivo. Ci sta dicendo che come Adamo ed Eva sono caduti, e Adamo ed Eva siamo tutti noi, che ne ricalchiamo l’agire e il pensare, Gesù, con il suo sacrificio e redenzione guarisce il nostro cuore. Gesù con la Grazia che riversa su di noi nel matrimonio, guarisce la nostra relazione, ci permette di recuperare lo sguardo di Dio nella nostra vita, ci permette di poter metterci a nudo l’uno con l’altra senza disagio e inquietudine. Naturalmente non prescindendo dalla nostra volontà e adesione che si manifesta con l’impegno quotidiano a farsi dono e a combattere l’egoismo e il peccato. Solo così, mostrandoci per quello che siamo e guardando la nostra sposa o il nostro sposo messo a nudo, lì di fronte a noi, senza filtri e maschere, con uno sguardo di misericordia e di meraviglia, potremo scoprire nel nostro matrimonio qualcosa di stupendo che ci può far capire qualcosa di Dio. Solo così potremo mostrarci a Lui senza vergogna e paura.

Antonio e Luisa

Famiglia ritrova la tua ricchezza!

Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza definitiva nel dono d’amore che il Verbo di Dio fa all’umanità assumendo la natura umana, e nel sacrificio che Gesù Cristo fa di se stesso sulla Croce per la sua Sposa, la Chiesa. In questo sacrificio si svela interamente quel disegno che Dio ha impresso nell’umanità dell’uomo e della donna, fin dalla loro creazione (cfr. Ef 5,32s); il matrimonio dei battezzati diviene così il simbolo reale della nuova ed eterna Alleanza, sancita nel sangue di Cristo. Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l’uomo e la donna capaci di amarsi, come Cristo ci ha amati. L’amore coniugale raggiunge quella pienezza a cui è interiormente ordinato, la carità coniugale, che è il modo proprio e specifico con cui gli sposi partecipano e sono chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si dona sulla Croce.

Questo è un passaggio di Familiaris Consortio, in particolare il punto 13. Mi piace leggere e approfondire questo documento della Chiesa. In Familiaris Consortio, come in uno splendido dipinto, San Giovanni Paolo II rappresenta mirabilmente la bellezza e grandezza del sacramento del matrimonio. Tutto il documento è interessante ma vi sono alcuni pensieri che sono di un fascino meraviglioso.  In queste 10 righe che ho deciso di condividere c’è racchiusa la sostanza del matrimonio. C’è la conferma che il matrimonio è così grande ma anche così sconosciuto. Quanti leggendo queste righe ne capiscano il senso? Quanti hanno davvero letto questo documento e queste righe? Penso molto pochi. Giovanni Paolo II non nega che il matrimonio sia in crisi, che la persona umana come tale sia smarrita. Nel suo tempo e ancor di più nel nostro. Divisioni, egoismo, incapacità, corruzione del corpo e dello spirito sono un carico pesante ma che appare sempre più normale e quasi naturale. I matrimoni felici che durano sono una realtà per pochi, per quei pochi che sono fortunati e riescono a trovare un’alchimia che permette loro di mantenere in equilibrio la loro relazione. Giovanni Paolo II dice, anzi scrive, perchè resti indelebile, che non è così. Che il matrimonio è un dono di Dio immenso.  C’è proprio scritto, leggetelo e rileggetelo, che la rivelazione del matrimonio più vera e il sacrificio di Cristo per tutti noi,  per la sua Chiesa. Un amore così grande da morire per far vivere l’amato, prendere su di sè tutto il male per liberare l’amato. San Giovanni Paolo II ci dice che noi siamo fatti per amare così. Il matrimonio ci abilità ad amare così. Perchè Gesù prima con il battesimo e poi con il matrimonio ci lava dal peccato originale. Il peccato originale è come un virus informatico. Un virus che sconvolge tutto l’ordine dei dati del nostro pc. Il nostro pc non fa più ciò per cui è stato progettato e prodotto ma fa ciò che il virus gli dice. Gli crea un disordine, o meglio un nuovo ordine. Così il male agisce in noi. Gesù è il nostro antivirus che riporta l’ordine originario, rimette insieme i pezzi, i file e corregge gli errori. E così noi torniamo capaci di fare ciò per cui siamo stati creati, per amare in verità, totalità e indissolubilità. Ciò non toglie la fatica, gli errori, le cadute ma Karol ci rassicura. Non temete lo Spirito Santo se troverà in voi cuori aperti non vi farà mancare il sostegno per rialzarvi e per ricominciare.

Gli sposi cristiani sono come un ricco avaro. Hanno ricchezze in abbondanza ma vivono come straccioni. Spesso non sanno neppure di essere ricchi e si accontentano delle briciole vivendo una relazione spenta e triste. Dio non vuole questo. Dio ci ha dato tutto per essere risplendenti di Lui e della Sua Grazia.

Antonio e Luisa

Gesù viene ad abitare il nostro amore

L’Avvento. L’Avvento è tempo di attesa e di preparazione. Si attende l’amore e la vita che viene ad abitare la nostra storia. L’Avvento è tempo per noi di fermarci un attimo a pensare, pensare a quando la nostra vita era in attesa. In attesa di trovare il senso nella vocazione al matrimonio. In attesa di incontrare quella donna o quell’uomo con cui costruire la nostra famiglia e la nostra via verso la pienezza dell’amore nell’abbraccio di Cristo. Un’attesa che non è stata passiva, ma un’attesa che ci ha permesso di prepararci all’incontro con l’altro/a. Incontro che è diventato relazione. Relazione che è diventata sacramento. Sacramento che è culla di Gesù. Percvhé nel matrimonio Gesù prende dimora nel nostro amore e ne diviene custode e garante. L’Avvento è un tempo privilegiato per fermarsi, bisogna trovare il tempo di fermarsi, e per contemplare. Per contemplare le meraviglie che Gesù ha compiuto in noi e nel nostro matrimonio. Gesù che nasce ogni giorno nella nostra relazione, ogni mattina che, appena aperti gli occhi al giorno, ci scegliamo nuovamente. La nostra nostra promessa diventa nuovamente culla come il giorno delle nozze. Non preoccupiamoci se ciò che possiamo offrire non è che miseria e povertà. Gesù è nato in una mangiatoia ma ne ha fatto dimora di Re. Così può essere il nostro matrimonio. Prepariamo la culla al Bambinello con la nostra fedele volontà e lui farà della nostra miseria la sua casa, ne farà qualcosa di prezioso ed unico, ne farà un amore trasparente, attraverso di noi si vedrà Lui.

Antonio e Luisa

Sono destinato a non amare?

Siamo abituati a leggere del mondo omosessuale, confondendolo e riducendolo alle battaglie per le unioni civili e alle carnevalate come i gaypride. L’omosessuale è una persona che come noi desidera vivere una vita piena e amare nella verità e nella bellezza. Ci sono uomini e donne con attrazione per le persone dello stesso sesso che cercano la verità, e possono insegnare qualcosa anche a noi che siamo sposati da anni. Riporto di seguito un bellissimo articolo di Eliseo del deserto, persona profonda che ho imparato ad apprezzare su facebook, persona che si dichiara sul suo blog un uomo che cerca Dio e da quello che scrive lo sta anche trovando.

Vale la pena leggerlo e meditarlo.

“O Maestro, fa’ ch’io non cerchi tanto: (…) Essere amato, quanto amare.” (San Francesco d’Assisi)

Tante volte noi ragazzi omosessuali cattolici siamo presi dallo sconforto, ci sentiamo soli e ci domandiamo se dovremo vivere tutta la vita da soli, dato che la Chiesa ci chiede di vivere la castità. Vogliamo seguire Gesù, eppure a volte questo desiderio non è abbastanza forte da placare i morsi della solitudine. Rinunciare ad una storia d’amore ci sembra qualcosa di eroico.

Facile per quelli che non hanno i nostri problemi dare consigli, facile fare i santi con le croci degli altri.

Oggi voglio darti un nuovo spunto di riflessione. Qualcosa che forse ti sconvolgerà.

Sono convinto che la storia non ci ha insegnato cos’è il vero amore. Da sempre si è imposta una visione romantica dell’amore che non è completa. Tutti quelli che vivono soli sono convinti che gli manchi qualcosa di cui, in realtà, non hanno bisogno veramente.

La tecnica è un po’ quella della pubblicità. Per spingere a comprare bisogna sollecitare o creare un bisogno nel potenziale acquirente. Stanno sollecitando il nostro bisogno di amore. Il vero amore è dono di sé, non un bisogno. C’è più gioia nel donare che nel ricevere, ma il dono non rientra nell’ottica del consumismo. Il consumismo sa che il nostro bisogno d’amore non sarà mai sazio e punta su quello, così da spingerci a cercare di colmarlo con ogni cosa: compreremo tutto, useremo, getteremo e compreremo ancora, senza mai essere sazi.

Beh quello che voglio dirvi è che ci stanno imbrogliando! Ci stanno facendo credere che l’amore sia solo quello degli innamorati, del colpo di fulmine, delle lenzuola e della luna di miele. Ogni amore è bello e non sminuirò mai l’amore romantico, non è questo il senso di ciò che sto scrivendo. Ma ci avete fatto caso? L’amore celebrato nella nostra epoca esplode con il primo rapporto sessuale, raggiunge il suo coronamento con il matrimonio, si spinge al massimo al primo figlio e poi, stop. C’è un lasso di tempo che non interessa la narrazione contemporanea sull’amore. Fino a che improvvisamente ritroviamo un matrimonio ridicolizzato, diventato, chissà come mai, la tomba dell’amore.

La rappresentazione di questo “amore romantico” ci ha cucinati per bene. Siamo una generazione di romanticoni, poco inclini all’amore vero. Siamo innamorati dell’amore, ma non sappiamo amare. Tutti abbiamo abboccato all’imbroglio del romanticismo e chi è solo si sente l’unico sfigato della terra.

A noi omosessuali viene suggerito dalla Chiesa di vivere l’amicizia e non una relazione di coppia. Quante volte mi sono domandato e mi avete domandato: “Ma allora sono destinato a non amare?”

Ho una bella notizia: tu sei stato creato esattamente per amare! Tu sei stato creato per consumarti di amore! Per amare fino alla fine e fino all’ultima goccia del tuo sangue. Per vivere una vita appassionante, travolto dalle acque impetuose dell’amore.

Mi dispiace per chi pensa che l’amore di Dio sia una sublimazione dell’amore vero. E’ proprio il contrario. Non c’è nulla di più vero dell’amore di Dio che ti ha creato e che ti fa vivere. Forse invece è vero che i nostri amori umani sono solo la caparra di quell’unico Amore che ci colmerà.

Quante volte sento e mi raccontate del vostro bisogno di carezze, di abbracci, di parole dolci. Mi domandate se è peccato accarezzare! Ma no caspita! Non è peccato abbracciarsi, non è peccato essere teneri. E’ la nostra missione, la tua missione: mostrare al mondo la bellezza e la delicatezza di un’amicizia generosa, la dolcezza e la tenerezza materna di Dio padre.

Coraggio! La solitudine che vivi è una menzogna! E’ un’illusione! Uno spettro! Prendi autorità sulla tua solitudine. Decidi di infrangere questo specchio deformante della tua vita. Non sei solo. Tu sei degno di essere amato, e di amare. Esci dalla tua tana, e cerca luoghi dove sgorga acqua viva. Sia Dio il tuo primo amore e il tuo primo amico e non ti farà mancare padri, madri, fratelli, sorelle, figli.

Vivi l’amicizia. L’ho scritto altre volte: è l’amore più grande di cui parla Gesù. Non credete a quelli che vi dicono che l’amicizia è un sentimento di serie B, non credete a quelli che dicono che il loro compagno non potrebbe mai essere il loro amico. Sono storie destinate a finire, o forse sono già finite.

Ripeto: dare la vita per un amico, dice Gesù stesso, è l’amore più grande che ci sia.

“Sono destinato a non amare?”. Ti rispondo: “Ma tu ami te stesso?”. Tu che sei pronto ad amare chiunque ti faccia un sorriso e non sei capace di avere pietà di te, di perdonarti, di consolarti. Amati!

Ti prendi cura, provi compassione per chi è in difficoltà? Io nel mio piccolo, da quando mi dedico ai bisogni degli altri, affronto i miei in modo nuovo. Aiutare gli altri spesso significa aiutare sé stessi, guardare ai propri problemi con una distanza che ti permetta di trovare nuove chiavi di lettura. Aiutare gli altri ti dà una ragione in più per lottare. Forse il tuo cuore in questo momento è talmente chiuso nel dolore che non riesce a sentire nulla. Ascolta la tua sete d’amore, ascoltala perché è la sete del mondo intero, che chiede un’acqua che solo tu puoi dargli.

“Ma come faccio ad aiutare gli altri se ho bisogno io stesso di essere amato?”, questo mi ripetevo. Certamente, ci sono degli aiuti che ci dobbiamo, come dicevo prima: la cura di se stessi è la prima forma di amore che dobbiamo vivere. Poi però non lasciarti divorare dalle tue ferite, la cui fame non verrà mai placata. Prendi il largo!

Sì abbiamo bisogno d’amore, ma vivere l’amore sempre come un bisogno è infantile e pericoloso. Un partner per quanto amore ti potrà dare, non colmerà le tue voragini, la tua sete d’amore, la tua insicurezza. Spesso le ferite che portiamo dentro sono come i buchi neri dell’universo, non sono mai sazi, divorano stelle, pianeti e galassie intere. Inoltre è ingiusto considerare l’altro come la benda per le nostre lacerazioni. (libera cit di don Fabio Rosini)

Le tue piaghe sono destinate a diventare qualcosa di più di una pianta carnivora. Possono diventare sorgente di consolazione per la vita degli altri, come le piaghe di Gesù.

Il vero amore non è ricevere, ma donare.

I più grandi uomini della terra sono quelli che si sono sacrificati per l’umanità. Quelli più felici, quelli che hanno amato. Non ho mai visto un uomo felice perché rivendicava amore. Ne ho visti tanti felici perché si sono consumati per gli altri. Chi rivendica amore è frustrato, acido, narciso, soffocante. Chi dona amore è felice, gioioso, contagioso ed edificante.

Ci hanno fatto credere che l’amore sia un diritto! No! Non è un diritto, né un dovere. L’amore è un dono.

Ci hanno fatto credere che la felicità sia vivere un amore romantico. Scusate! Ma la verità è che la felicità è incontrare Dio e fare la Sua volontà.

Lui è la sorgente dell’Amore, con la A maiuscola. Crediamo che Lui è l’amore più grande? Vi sembrerò un bacia pile, un bigotto, ma io l’ho sperimentata la tenerezza che ricevo durante l’adorazione, la luce e la pace quando durante il giorno invoco lo Spirito Santo o leggo un brano della Bibbia in camera mia. Perché dovrei tacere? E tu? Ci hai mai provato? Prima di giudicarmi, sperimenta quello che ti suggerisco e poi raccontami quello che ti è successo.

Mi rivolgo a te, che come me ti sei sentito ostacolato nella vita e nella fede dalle sensazioni o dal bisogno che senti dentro di te. Non c’è un’unica soluzione per quello che viviamo. Nemmeno la fede è una bacchetta magica! Ma ci sono tante possibilità: come dei direttori d’orchestra dobbiamo crescere nell’arte di dirigere questa polifonia stupenda di possibilità d’amare che riempiono la nostra vita. Certamente se ti concentri solo sulle tue ferite, su quello che non hai avuto, sul bisogno che hai dentro, non risolverai nulla. Anzi! Aggraverai la situazione. Ti dispererai.

Mi domandi: “E perché non posso vivere una storia d’amore con una persona del mio stesso sesso donandomi a lui?”. Se pensi che diversamente non potrai essere felice e che questa sia la tua strada non ti voglio dissuadere. Alcune persone mi raccontano di vivere delle relazioni omosessuali serene. Non sono tra quelli che cerca sempre di trovare le falle nelle relazioni degli altri, per farsi forte della sua scelta. Ti chiedo solo di non lasciare fuori Dio da questa tua ricerca di felicità. Chiedi a Lui di mostrarti la strada da percorrere, senza paura.

Te lo dico ancora: “Non è lo status che ti impone la società a renderti felice. Ma la volontà di Dio su di te!”. Lui ti promette vita in abbondanza e la gioia piena. “La vita esuberante, magnifica, eccessiva” (cit. padre Ermes Ronchi).

Ancora: “Perché gli eterosessuali possono vivere una relazione d’amore e noi omosessuali no?”. L’amore tra uomo e donna, esiste per generare la vita, non per le cene a lume di candela. La vita è l’amore donato che si fa carne in una vita in più. So che questa risposta è insufficiente. Ma credimi! Non siamo esclusi dall’amore!

Non siamo esclusi dall’amore! Al contrario!

Io non sono nessuno. La mia esperienza di vita non è legge universale. Sperimento nella fatica di ogni giorno, nei miei limiti, nei miei alti e bassi, nelle mie cadute, la fedeltà di un Amore che mi precede e mi insegue, mi perdona, mi rialza, mi conduce per mano, mi colma, mi dà speranza ed entusiasmo. No! Non farei cambio con un altro amore. La Chiesa, mi tiene per mano in questo percorso, tramite i suoi figli, le sue figlie e i suoi doni; questo cammino dopo 36 anni non mi ha ancora deluso, ma al contrario mi riserva sorprese in continuazione, anno dopo anno.

La mia vita è un’avventura stupenda di amore!

Non dobbiamo rinunciare a nulla, ma chiedere e vivere pienamente la vita che Dio ci ha già donato.

“La vita è amore. Donala!” (Madre Teresa di Calcutta)

tratto dal blog http://eliseodeldeserto.blogspot.it/

Tra la testa e il cuore.

Ho ricevuto questa luminosa testimonianza da parte di Federica e Alessandro. Grazie cuore e che la vostra unione sia sempre benedetta e protetta da Gesù e Maria.

Siamo Federica e Alessandro.
Io ho 33 anni, sono originaria di Palermo, ma vivo a Firenze da sei anni, dove mi sono trasferita per lavoro. Sono disabile dalla nascita: ho una emiparesi laterale sinistra, che comporta un uso limitato della mano sinistra, ed ho qualche difficoltà nel muovermi, sebbene cammini ed usi i mezzi pubblici per spostarmi.
Alessandro ha 42 anni ed è di Novara, dove vive e lavora nella ditta di famiglia.
Ci siamo conosciuti circa quattro anni fa, su un gruppo Facebook dedicato a Claudio Baglioni, il nostro cantante preferito.
Fui io a chiedergli l’amicizia, ma il nostro “rapporto” non è mai decollato, perché dopo aver parlato con Alessandro (erroneamente, lo ammetto), in modo superficiale, non lo avevo trovato interessante.
Lui però continuava a scrivermi, a chiedermi come stavo, ed io gli rispondevo molto vagamente.
Nel frattempo io ero impegnata in una storia, finita a novembre 2014.
A novembre 2015 acquistai un biglietto riservato ai portatori di handicap del concerto dei Capitani Coraggiosi, Baglioni e Morandi, che mi dava la possibilità di portare con me un accompagnatore. Così scrissi un post su Facebook chiedendo se qualcuno avesse voglia di venire con me ed Alessandro si offrì. All’inizio ero un po’ titubante, e speravo si tirasse indietro, cosa che fece per diversi motivi, ma risolte le questioni mi disse che alla fine poteva venire con me.
Cominciammo a sentirci spesso, a parlare, finché un giorno Alessandro mi disse che si era innamorato di me già da tempo, che mi seguiva da lontano, leggendo i miei post. Non gli interessava della mia disabilità, sentiva che il mio cuore era puro, che avevo bisogno di amore ed ero pronta a darne. In quel momento qualcosa dentro il mio cuore si sciolse: era come se avessi un nodo che quella dichiarazione fece sparire.
Parlando, Alessandro mi disse che grazie ai miei post su Facebook riguardanti la fede cattolica, voleva riavvicinarsi alla Chiesa, riaccostarsi ai sacramenti (cosa che fece il giorno del concerto): aveva smesso di andare in chiesa da parecchio tempo, pur essendo stato chierichetto e animatore in oratorio, senza un vero motivo. Alessandro mi ha chiesto anche di andare a messa tutti i giorni: se siamo insieme riusciamo a farlo, ma se siamo soli è un po’ più difficile, per i diversi impegni. Siamo di stimolo l’uno all’altro, anche se sarebbe ottimale andare sempre a messa. Abbiamo preso comunque la buona abitudine di pregare insieme ogni giorno: alle 15 seguiamo su Tv2000 la Coroncina alla Divina Misericordia, alle 18 seguiamo il S. Rosario da Lourdes e la sera prima di dormire, per telefono.
Un giorno Alessandro mi disse che dopo essere venuto a Firenze, sarebbe andato a Perugia per una breve vacanza, e per visitare Assisi. Gli dissi che sarei andata con lui: volevo portarlo a Collevalenza, al Santuario dell’Amore Misericordioso, per fargli fare l’immersione nelle piscine. Io sono devota della Beata Madre Speranza di Gesù, sono volontaria al Santuario, e sto facendo un percorso per diventare Laica dell’Amore Misericordioso.
Ritenevo fosse un buon modo di rinnovare le promesse battesimali e riprendere il cammino della fede.
Ci andammo il 3 marzo 2016, e facemmo l’immersione, dopo aver pregato sulla tomba di Madre Speranza, dove Alessandro avvertì la presenza della Madre sorridente. In Basilica, davanti una statuetta del Bambino Gesù dalla storia miracolosa, avvertì una voce che gli diceva: “Bentornato!”
Durante l’immersione io chiesi al buon Gesù di farmi capire se Alessandro fosse la persona che Lui aveva scelto per me e per cui avevo pregato tanto.
Alessandro si era sentito molto più sereno e leggero durante l’immersione.
Il giorno dopo andammo ad Assisi e assistemmo alla Santa Messa nella Basilica Inferiore. Durante l’omelia incentrata sul comandamento dell’Amore io mi sentivo il cuore piccolo piccolo, come se qualcuno me lo stringesse, e qualcosa dentro di me che mi diceva: “tu non puoi amarlo! Tu non puoi amarlo!” Mi voltai verso Alessandro, e vidi che aveva gli occhi spalancati e terrorizzati. Alla fine della Messa mi disse che si era sentito il cuore esplodere, e aveva avuto la sensazione di qualcuno che gli dicesse: “Non dovete ascoltare le parole del sacerdote!”. Capimmo che era stato un attacco del Maligno… e se era un attacco del Maligno, allora il Signore voleva che stessimo insieme! Comprammo due Tau, li facemmo benedire e da quel giornoli portiamo sempre al collo.
Abbiamo cominciato la nostra storia e da allora subiamo attacchi continui. Siamo stati attaccati da persone che criticano il nostro rapporto e che cercano di dividerci, e Alessandro a volte ha la sensazione che il Maligno gli dica che dobbiamo lasciarci perché il nostro non è amore. Di contro il Signore ci manda delle persone che ci aiutano a non cedere, o attraverso le omelie dai sacerdoti che sembrano rivolte a noi.
Un esempio. Siamo tornati a Collevalenza, perché io dovevo partecipare all’incontro mensile dell’Associazione Laici dell’Amore Misericordioso, e siccome Alessandro doveva venire a trovarmi siamo andati insieme. Io sarei dovuta andare a Collevalenza la settimana prima, da sola, ma l’incontro era stato rimandato all’ultimo. Vidi nello slittamento dell’incontro il segno che Alessandro doveva venire con me.
Quel fine settimana a Collevalenza accaddero diversi episodi.
Arrivati a Collevalenza andammo subito sulla tomba della Madre, e Alessandro avvertì di nuovo la sua presenza e la sensazione che gli dicesse: “Vi attendevo!”.
Ho spinto Alessandro a svolgere il servizio alle piscine, mentre io svolgevo servizio come guida nella casa della Madre. Alessandro ha capito cos’è il servizio al prossimo.
Abbiamo conosciuto un sacerdote molto in gamba che ci ha fatto capire diverse cose.
Mentre parlavamo, questo sacerdote ha detto una cosa che ci colpì molto. Disse, senza sapere del concerto, che tra me e Alessandro io ero la testa ed Alessandro il cuore… io e Alessandro ci guardammo ed esclamai che era stato lo Spirito Santo a fargli dire quelle parole. Gli parlammo del concerto e della canzone “Capitani Coraggiosi” che simboleggia la nostra storia. Recita così: “tra la testa e il cuore, capitani coraggiosi noi”. L’incontro tra la testa e il cuore che si completano!
Don Giuseppe ci disse anche che vedeva luce tra noi, e che gli attacchi del Maligno sarebbero arrivati soprattutto a me, perché ero stata uno strumento del Signore per far riavvicinare Alessandro, e mi disse che se la mia fede dovesse vacillare crollerebbe tutto, perché crollerebbe anche Alessandro. Ci ha suggerito di farci seguire da un direttore spirituale, che per fortuna abbiamo trovato, e per il quale avevo pregato.
Quel sabato, a Collevalenza era arrivata una nostra carissima amica, che da Roma organizza pellegrinaggi, e volle che raccontassimo ai pellegrini che erano con lei la nostra storia. I pellegrini stavano ad ascoltarci, e capimmo che la nostra missione è testimoniare il Vangelo attraverso il nostro amore.
Abbiamo capito anche che dobbiamo divulgare il carisma dell’Amore Misericordioso e per questo abbiamo creato il gruppo Facebook “L’Amore Misericordioso nella famiglia sulle orme di Madre Speranza”

(https://www.facebook.com/groups/1778368439049320/?fref=ts)

Amare significa saper aspettare

Salto al punto al punto 222 di Amoris Laetitia. La sto rileggendo e rileggendo e quando qualche punto mi colpisce lo scrivo. Per questo non vado in ordine. Perchè un punto non mi dice nulla, dopo qualche giorno invece diventa illuminante.

222. L’accompagnamento deve incoraggiare gli sposi ad essere generosi nella comunicazione della vita. «Conformemente al carattere personale e umanamente completo dell’amore coniugale, la giusta strada per la pianificazione familiare è quella di un dialogo consensuale tra gli sposi, del rispetto dei tempi e della considerazione della dignità del partner. In questo senso l’EnciclicaHumanae vitae (cfr 10-14) e l’Esortazione apostolica Familiaris consortio (cfr 14; 28-35) devono essere riscoperte al fine di ridestare la disponibilità a procreare in contrasto con una mentalità spesso ostile alla vita […]. La scelta responsabile della genitorialità presuppone la formazione della coscienza, che è “il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità” (Gaudium et spes, 16). Quanto più gli sposi cercano di ascoltare nella loro coscienza Dio e i suoi comandamenti (cfr Rm 2,15), e si fanno accompagnare spiritualmente, tanto più la loro decisione sarà intimamente libera da un arbitrio soggettivo e dall’adeguamento ai modi di comportarsi del loro ambiente».[248] Rimane valido quanto affermato con chiarezza nel Concilio Vaticano II: «I coniugi […], di comune accordo e con sforzo comune, si formeranno un retto giudizio: tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli, tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno; valutando le condizioni sia materiali che spirituali della loro epoca e del loro stato di vita; e, infine, tenendo conto del bene della comunità familiare, della società temporale e della Chiesa stessa. Questo giudizio in ultima analisi lo devono formulare, davanti a Dio, gli sposi stessi».[249] D’altra parte, «il ricorso ai metodi fondati sui “ritmi naturali di fecondità” (Humanae vitae, 11) andrà incoraggiato. Si metterà in luce che “questi metodi rispettano il corpo degli sposi, incoraggiano la tenerezza fra di loro e favoriscono l’educazione di una libertà autentica” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2370). Va evidenziato sempre che i figli sono un meraviglioso dono di Dio, una gioia per i genitori e per la Chiesa. Attraverso di essi il Signore rinnova il mondo».[250]

Uno dei punti fermi che siamo sicuri possa aiutare a costruire una relazione bella, casta, piena e appagante tra gli sposi è rinunciare ai mezzi contraccettivi. Rinunciare a qualcosa per ottenere molto di più. Sappiamo tutte le opposizioni ai metodi naturali: non sarebbero sicuri, castrerebbero l’amore, obbligherebbero a pianificare il rapporto sessuale che invece dovrebbe essere libero di seguire il desiderio e così via.

Non è vero niente!!!

I metodi naturali non sono facili e immediati, non permettono di assecondare sempre il desiderio, costringono  a giorni di astinenza.

I metodi naturali non sono facili e immediati, perché, a differenza della pillola o del preservativo, obbligano ad interessarsi di come la donna funziona, obbligano a conoscere il proprio corpo, ad essere consapevoli del gesto che si sta per compiere e fanno comprendere la bellezza e la sacralità del corpo femminile. Ciò non avviene con gli anticoncezionali, che vogliono invece coprire tutta quella ricchezza per fare del corpo solo un mezzo di piacere, rendendo gli sposi irresponsabili.

Si dice che i metodi naturali non permettono di assecondare il desiderio, come se noi fossimo canne al vento, incapaci di dominare il nostro desiderio; si dice inoltre che, per essere felici, bisogna assecondarlo e appagarlo. Non è così, noi siamo uomini, non bestie. Il desiderio, frutto dell’istinto e delle pulsioni, ci rende schiavi del nostro corpo. Quando non siamo padroni del nostro corpo, non siamo capaci di donarci, non siamo capaci di amare, ma vogliamo solo dare sfogo a quel desiderio. Quando siamo padroni del nostro corpo, siamo capaci di donare, perché doniamo qualcosa che ci appartiene. I metodi naturali servono anche a questo, a diventare padroni del nostro corpo; a diventare re che sanno aspettare e che non basano la propria felicità sull’appagamento immediato; a diventare persone capaci di trasformare i giorni d’attesa in tenerezza (nutrimento dell’amore) e capaci di infiammare e far crescere quel desiderio. La donna si sentirà immensamente amata, perché un uomo capace di aspettare, di rispettare i suoi tempi, la sua fertilità (che non è una malattia da curare, ma una bellissima e sacra realtà che appartiene alla donna) dimostra di amarla molto più di quello che la vuole sempre disponibile a soddisfare il proprio egoismo mascherato da amore.

Con i metodi naturali, il desiderio diventa frutto dei nostri gesti e della nostra vita tenera e dolce e non una variante che ci imprigiona e da cui dipende anche il nostro matrimonio. Tanti sposi dopo alcuni anni di matrimonio perdono il desiderio, proprio perché non sono padroni di sé stessi e non nutrono il loro amore, come insegna invece a fare l’uso dei metodi naturali.

I metodi naturali, ovviamente se applicati in modo corretto, sono sicuri quanto quelli anticoncezionali, se non di più. Hanno una percentuale di successo potenziale che va dal 98,7 al 99,5%, e la percentuale di successo globale è del 83-97%. Il metodo è efficace quanto gli anticoncezionali ormonali – la spirale spirale IUD, la pillola, ecc. – ed è migliore dei metodi anticoncezionali di barriera – come i profilattici. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Salute i metodi naturali hanno un’efficacia del 95-99%.

I metodi naturali sono: gioia, sicurezza, consapevolezza, castità. fedeltà, dono di sé.

I metodi naturali sono la via per un matrimonio felice.

Ci sono tante insegnanti accreditate che gratuitamente si prestano a seguire quanti vogliono imparare questi metodi. Maggiori informazioni su confederazionemetodinaturali

Antonio e Luisa

Sposi: sacerdoti nel dono di sé.

I ministri del matrimonio sono lo sposo e la sposa. Il sacerdote, pur se presente, non è ministro del sacramento delle nozze. Questo puntualizza il punto 75 di Amoris Laetitia.

Come è possibile che due laici possano celebrare un sacramento, reale presenza di Cristo?

Possono in virtù del loro battesimo. Nel battesimo Gesù, che è il primo e unico sacerdote, (tutti i sacerdoti ordinati sono abilitati in virtù di Cristo) ci ha donato tutto di sé. Lo Spirito Santo, con il suo fuoco d’amore, ci ha reso tralci della vite che è Gesù. Gesù, che è Re sacerdote e profeta, ci ha reso Re profeti e sacerdoti. In virtù di questo, tutti noi battezzati abbiamo il sacerdozio comune (da non confondere con il sacerdozio ordinato). La dimensione sacerdotale riguarda l’offerta. Il sacerdote è colui che offre a Dio. Gesù vive la più alta espressione della propria dimensione sacerdotale nella sua passione  e morte, donando tutto se stesso per noi. Nell’ultima cena Gesù si è infatti donato al Padre in sacrificio per noi, sacrificio che sarebbe stato consumato sul calvario, e reso glorioso dalla resurrezione.

In virtù di tutto questo, Dio ci abilita al sacerdozio comune e a farci offerta totale di noi stessi nel matrimonio esattamente come Cristo sulla croce.

Vi può sembrare un paragone dissacrante del sacrificio di Gesù, ma non lo è.

Chiedetelo alle tante spose e ai tanti sposi che hanno sofferto la malattia, l’abbandono, la divisione, la menzogna, il tradimento e, nonostante ciò, sono rimaste/i fedeli alla promessa del dono di sé fatta il giorno delle nozze, non sono scese/i dalla croce e si sono immolate/i anche e soprattutto per la persona che ha fatto loro del male, sono “morte/i” per lei. Se quella persona, nonostante il dolore che ha provocato, si salverà, sarà anche grazie al sacrificio compiuto dalla/o sposa/a rimasto fedele a Cristo e alla sua promessa.

Padre Maurizio Botta, sacerdote che segue tantissime coppie di fidanzati afferma in un’intervista di qualche anno fa:

Indico il crocifisso. “Allora, siete sicuri? Volete amarvi proprio così?”. Questo stesso crocifisso lo ritiro fuori quando la coppia viene a dirmi che c’è la crisi, la difficoltà, io attraverso il crocifisso li riporto a chiedere la grazia del matrimonio, li riporto a quella domanda: ma tu vuoi essere un discepolo di Cristo? Il punto centrale è sempre l’identità di Cristo, e io sono schietto: o Cristo è Dio o Cristo è un matto. Se tu ci credi, e vuoi essere suo discepolo, quando sei in fila per la Comunione, riferendoti al tuo sposo o alla tua sposa devi dire: “Voglio amarlo come lo ami Tu”, quindi significa che credi che quello sia il corpo di Cristo e allora io domando ancora: davvero vuoi amarlo così? Fino a farti mangiare? Questo è il cuore del matrimonio.

Antonio e Luisa

“Per sempre” è un dono, non un giogo.

Entriamo nel cuore dell’esortazione Amoris Laetitia. Dopo esserci soffermati sul quadro generale tracciato dal Papa che ha disegnato con fedeltà e accuratezza la situazione delle famiglie nel mondo, entriamo nella parte del documento che tratta il matrimonio nel suo significato naturale e cristiano.

Ecco cosa scrive il Santo Padre al punto 62.

I Padri sinodali hanno ricordato che Gesù, «riferendosi al disegno primigenio sulla coppia umana, riafferma l’unione indissolubile tra l’uomo e la donna, pur dicendo che “per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così” (Mt 19,8). L’indissolubilità del matrimonio (“Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”: Mt19,6), non è innanzitutto da intendere come “giogo” imposto agli uomini, bensì come un “dono” fatto alle persone unite in matrimonio. […] La condiscendenza divina accompagna sempre il cammino umano, guarisce e trasforma il cuore indurito con la sua grazia, orientandolo verso il suo principio, attraverso la via della croce. Dai Vangeli emerge chiaramente l’esempio di Gesù, che […] annunciò il messaggio concernente il significato del matrimonio come pienezza della rivelazione che recupera il progetto originario di Dio (cfr Mt 19,3)»

Il Papa e i padri sinodali ribaltano la questione, non con un gioco di prestigio, ma facendo leva sul buon senso e sulle esigenze più profonde del nostro cuore.

Noi, se siamo onesti fino in fondo, dobbiamo ammettere che desideriamo essere amati in pienezza e fedeltà. Essere amati senza condizioni, tempo, limite. Desideriamo essere amati così, ogni altro tipo di amore ci appare insufficiente e in qualche modo falso. Dio ci ha creati così come Lui, capaci di amare come Lui e desiderosi nel profondo di essere amati come Lui ama e, se a parole possiamo raccontare che la precarietà della convivenza o il rischio del divorzio sono ancore di salvezza per scappare da situazioni soffocanti e frustranti, il nostro cuore non mente. Il nostro cuore anela a un amore che ci lega per sempre e fondato sulla forza della volontà e della Grazia e non sulla voluttà dei sentimenti e del solo eros.

Il divorzio e l’avanzare delle convivenze ci hanno condannato a questo. Ci hanno condannato a scappare, ci hanno condannato a soccombere alla paura di affrontare la croce, ci hanno condannato a non abbandonarci all’amore, ci hanno condannato all’incapacità di amare fino in fondo.

In una mentalità non decisa per il “per sempre” anche il rapporto fisico diventa menzogna e falsità, un gesto che dovrebbe essere segno dell’unione dei cuori nella geografia del corpo, diventa un segno vuoto e privo di significato. Ecco quello che ha detto in merito San Giovanni Paolo II:

«La donazione fisica sarebbe menzogna se non fosse frutto e segno della donazione personale totale, nella quale tutta la persona è presente, se la persona si riservasse qualcosa o la possibilità di decidere altrimenti per il futuro, già per questo essa non si donerebbe totalmente.»

 

Antonio e Luisa

Da una procreazione amorosa a un amore fecondo.

Al punto 36 dell’Amoris Laetitia, il Papa constata con realismo come la Chiesa abbia per lungo tempo, forse troppo tempo, insistito sul fine procreativo del matrimonio. Cito testualmente quanto il Papa scrive:

…spesso abbiamo presentato il matrimonio in modo tale che il suo fine unitivo, l’invito a crescere nell’amore e l’ideale di aiuto reciproco sono rimasti in ombra per un accento quasi esclusivo posto sul dovere di procreazione….

Prosegue al numero 37:

Per molto tempo abbiamo creduto che solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza motivare l’apertura alla grazia, avessimo già sostenuto a sufficienza le famiglie….

Il Papa mette il dito nella piaga. La Chiesa stenta a proseguire sul cammino iniziato o meglio consolidato con il Concilio Vaticano II e poi ancora di più approfondito da Giovanni Paolo II con tutte le sue catechesi sull’amore umano raccolte nella Teologia del corpo. Una strada proseguita con continuità da Benedetto XVI e ora anche da Papa Francesco. Una strada che vuole smarcare il matrimonio da una mentalità che non è sicuramente secondo lo Spirito e la verità, ma molto limitante e frustrante. Il matrimonio è molto più che generare vita. La Chiesa ha attuato una vera rivoluzione. Si è passati da considerare i figli come fine del matrimonio a frutto del matrimonio. Il fine del matrimonio è quindi l’amore che è vita e che è Dio. Da un matrimonio basato sulla fertilità si è passati a un matrimonio basato sulla fecondità. Fecondità che è molto più ricca della fertilità, che ne rappresenta solo un aspetto. Ed ecco che finalmente il matrimonio non viene più presentato come una serie di doveri e precetti. Una volta, inoltre, il rapporto fisico veniva spesso visto e vissuto come qualcosa di necessario e il piacere che ne scaturiva era spesso vissuto con senso di colpa e avvilimento. Il piacere nel rapporto fisico è dono di Dio e la Chiesa oggi ti dice non che devi vergognartene, ma al contrario che devi viverlo appieno, per crescere nell’amore anche carnale con il tuo sposo o la tua sposa. Finalmente la Chiesa non ti pone divieti, ma al contrario indica la via per vivere in pienezza il rapporto sessuale, perché ti insegna che solo in un’unione fedele si può vivere il rapporto in profondità come dono e accoglienza e non solo come un appagamento di pulsioni e desiderio di possesso. Solo nel matrimonio si può raggiungere quell’estasi della carne e dei cuori che al confronto qualsiasi altro rapporto non è che una pallida immagine. Solo nel matrimonio il rapporto fisico diventa preghiera e offerta a Dio. Solo nel matrimonio il rapporto fisico è così importante da essere cosa sacra, cioè cosa di Dio. La Chiesa ha questa grande nuova missione di evangelizzazione: mostrare la grandezza e la bellezza del matrimonio cristiano, che è capace di regalarti e riempirti di amore e verità come nessun’altra relazione e dove anche il rapporto fisico è vissuto in maniera piena, appagante, totalizzante e profonda. Il Papa parla, scrive e si impegna, ma se noi sposi cristiani non siamo profezia di quell’amore, cioè non riusciamo a mostrarlo al mondo, il Papa si prodiga invano. Sta a noi prendere in mano la nostra vita e il nostro matrimonio e con la Grazia di Dio diventare luce, forse una piccola luce, ma insieme possiamo illuminare questo mondo buio e arido.

Antonio e Luisa

Tocca a noi!

Siamo rientrati sabato dalla settimana di approfondimento per gli sposi che abbiamo seguito al Gaver. Siamo ancora pieni di tutta la bellezza che abbiamo visto e sperimentato, siamo colmi di quell’esperienza di Dio che veramente riempie in profondità il nostro cuore e ci dona forza e rinnovata fiducia nell’altro/a e nel nostro matrimonio.

Come potete vedere nella foto che ho scelto per questo articolo in cattedra ci sono tre coppie di sposi. Padre Francesco che ci ha accompagnato tutta la settimana, anche se è una delle persone più sapienti e sagge che io conosca, dopo una breve introduzione, si è seduto tra le famiglie e si è messo ad ascoltare e prendere appunti. Non parlavamo, infatti, della sua vita e della sua vocazione, ma della nostra vita e della nostra vocazione. E chi più di una coppia di sposi può parlare del Cantico dei Cantici? Chi più di una coppia di sposi può parlare della meraviglia della contemplazione del corpo della propria moglie e del proprio marito ogni volta che si riattualizza il sacramento del matrimonio con l’amplesso fisico? Chi più di una coppia di sposi può parlare dell’importanza della tenerezza e dolcezza nella vita di ogni giorno? Chi più di una coppia di sposi può raccontare della sofferenza della distanza che si può creare tra i due, della difficoltà nel recuperare quel desiderio e quella voglia di donarsi quando le cose non vanno bene? Chi meglio di una coppia di sposi può testimoniare i miracoli che lo Spirito Santo ha compiuto in loro?

Ci sono alcuni sacerdoti che si sono presi cura delle famiglie e delle tante ferite che si portano dentro, ma per quanto io  sia grato per quanto mi hanno insegnato e fatto capire, non possono incarnare quello di cui parlano. Noi sposi abbiamo questo grande compito che Dio ha affidato ad ognuno di noi. Rendere conto, con la nostra vita e le nostre parole, della bellezza del matrimonio, della bellezza della vita piena di un’unione sponsale in Dio.

Ed ecco che durante questa settimana che è appena terminata c’erano tre famiglie in cattedra ma solo perchè la cattedra non poteva contenere tutte le coppie.

Questa settimana è stato un momento importante di condivisione e di confronto, nel quale, specchiandoci nella bellezza di tutte le coppie presenti, abbiamo potuto contemplare anche la nostra bellezza. Siamo saliti pieni di concetti da portare e siamo scesi pieni di esperienza di Dio, con il cuore aperto e pieni di meraviglia per la bellezza del nostro sposo e della nostra sposa. Siamo scesi lodando Dio per la ricchezza che ci ha dato, donandoci l’uno all’altra. Siamo scesi con la consapevolezza che il Cantico dei Cantici non è solo un libro della Bibbia, ma può diventare la nostra storia d’amore. Il Gaver è così, ti dà sempre più di quello che t’aspetti e realtà che pensavi di conoscere ti si svelano trasfigurate in una bellezza da lasciare senza fiato. Ci porteremo nel cuore ogni coppia, perché ognuna di loro ci ha insegnato qualcosa. Lode e gloria a Dio!

Antonio e Luisa

 

Si accorsero di essere nudi

si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture (Gn 3,7)

Finalmente, dopo aver approfondito il Cantico dei Cantici e aver letto alcune riflessioni sull’argomento, ho capito il senso di queste parole. Perchè prima i nostri progenitori erano in pace e la nudità non era motivo di disagio, mentre dopo il peccato originale sentirono il bisogno di coprirsi? Cosa è cambiato in loro?

E’ cambiato lo sguardo, la concupiscenza ha trasformato il nostro sguardo, capace di vedere e desiderare l’interezza della persona che ci troviamo di fronte, in qualcosa che trasforma l’altro in oggetto sessuale.

Prima del peccato originale tutto era basato sul dono di sè, sul desiderio di donarsi e appartenere totalmente all’altro, sul desiderio destato dalla meraviglia e dalla bellezza che venivano trasmesse dall’altro considerato nella sua interezza.

Il peccato ci ha reso egoisti, ci ha fatto rinchiudere in noi stessi, ci ha reso incapaci di vedere la bellezza dell’altro, ci ha fatto vedere nell’altro solo ciò che soddisfa la nostra concupiscenza e il nostro piacere sessuale.

Questo nuovo sguardo su di noi, impoverito dal peccato, non è più bello, ci fa sentire usati, violati e offesi. Per questo abbiamo bisogno di difenderci, di coprire le nostre parti più intime e sacre perché capaci di dare la vita.

Il pudore non è un tabù di cui disfarsi, ma è una sana difesa e protezione della nostra intimità.

Solo nel matrimonio la nudità potrà tornare ad essere bella e meravigliosa, ma solo se sapremo purificare il nostro sguardo, affidandoci alla Grazia delle nozze e a Gesù che con il suo sacrificio ha sconfitto il peccato originale e redento anche il nostro amore.

 

L’amore è solo nella speranza

La crisi matrimoniale e sociale dei nostri tempi è anche una crisi di speranza. Se non abbiamo la speranza di una vita eterna e dell’abbraccio d’amore con il Dio Creatore nostro Padre, allora tutto perde senso. Diventa inevitabile arrendersi al carpe diem, al godere del momento presente e cercare il piacere e l’appagamento dei sensi prima di ogni altra cosa.

Il sacramento del matrimonio attraverso la Grazia unisce le virtù della speranza degli sposi, aprendoli uniti alla vita eterna.

La speranza si inserisce come fine nell’amore sponsale, ne diventa una parte inscindibile.

Gli sposi si amano nel tempo, ma Dio, attraverso la speranza, apre loro gli orizzonti, non limita tutto a pochi anni ma regala l’eternità, l’eternità alla quale la nostra umanità anela, perchè la nostra umanità è stata creata per non morire mai ed è stata scandalizzata dalla morte introdotta dal peccato.

Dio, con la sua misericordia infinita, ci dona la certezza di giungere alle nozze eterne con Lui. Senza questa speranza, nulla ha più senso. La vita matrimoniale senza speranza è come un cielo senza sole e occhi senza vista, come Padre Bardelli spesso diceva.

Anche lo stesso amplesso fisico perde il suo senso più profondo di riattualizzazione di un sacramento ed è, per forza di cose, abbassato a una comunione sensibile incentrata sul piacere più o meno fine a se stesso. Senza speranza spogliamo il rapporto fisico dell’esperienza di Dio. Nell’estasi della carne, il rapporto fisico dovrebbe far sperimentare, seppur in modo limitato dalla nostra natura, il per sempre di Dio, l’abbraccio divino dell’oggi di Dio.

Solo se il nostro sguardo sarà rivolto a Dio e alle nozze eterne con Lui, riusciremo a dare significato al presente e a tutto quello che incontreremo nella nostra vita di coppia di bello e di brutto.

I magi non si sono persi, perchè hanno avuto lo sguardo fisso sulla stella che li ha guidati lungo il cammino verso l’obiettivo che si erano posti: incontrare il Re. Noi sposi siamo come i magi. Solo guardando la stella del nostro matrimonio che è Gesù, potremo giungere da lui, insieme, per abbracciarlo eternamente. Senza stella saremmo come profughi in mezzo al mare, in balia delle onde e delle correnti che ci trascinano avanti ma senza una vera meta e un vero significato.

Gli sposi, anzi, noi sposi dobbiamo recuperare il senso della speranza cristiana, solo così saremo portatori e donatori gioiosi del vero significato della vita al mondo, che in gran parte lo ha perduto.

Antonio e Luisa

Dio è l’amore che ci unisce

In questo periodo sto leggendo tanto. Sto rileggendo i libri di Raimondo Bardelli, di don Carlo Rocchetta e sto riscoprendo con più consapevolezza alcuni documenti magisteriali di Giovanni Paolo II. Finalmente mi è chiara una realtà che sperimento ogni giorno nella mia vita matrimoniale. Non sono sposato con la mia sposa o meglio non solo con lei. Il nostro amore esiste, e ci mancherebbe, ma non basta. Con il matrimonio lo Spirito Santo è entrato nella nostra relazione e ne ha fatto molto di più. Ogni volta che io mi apro alla mia sposa, mi apro anche a Dio, che non si fa più trovare nel mio cuore, ma in quello della mia sposa; mentre ogni volta che mi chiudo, che metto al centro l’io invece del noi, perdo tutto, non solo la sintonia con la mia sposa, ma anche l’intimità con Dio. Tante persone si sforzano di fare esperienza di Dio con la preghiera personale, le devozioni, i pellegrinaggi, i gruppi di spiritualità, ma non curano la propria relazione matrimoniale. In questo c’è una dicotomia e schizzofrenia di fondo. Invece che cercare di correggere ciò che non va in famiglia, si cerca di trovare la  pace fuori dalla famiglia, fuori da quella realtà dove Dio ha messo la Sua tenda e dove è venuto ad abitare per sempre. Dio dobbiamo e possiamo trovarlo solo in nostra moglie e nostro marito e solo quando faremo esperienza di Lui in questo modo potremo vivere nel modo giusto anche tutta la nostra relazione personale con Dio. Per me questa consapevolezza è forte e, da quando cerco di vivere quanto scritto, ho migliorato notevolmente anche la mia intimità personale con Dio, dal momento che non sono mai solo con Lui ma la mia sposa è parte fondamentale di quella relazione. In Dio sono io per lei, io con lei e io in lei. Badate bene, però, di non confondere vostra moglie e vostro marito con il vostro dio, con la vostra felicità e la vostra realizzazione. Loro sono il mezzo, sono il prossimo più prossimo che Dio vi ha messo al fianco per amare. Dio non è vostra moglie e vostro marito, ma è l’amore stesso che suscita la relazione con vostro marito e vostra moglie. Così, le persone che vivono la separazione e il divorzio, se non smetteranno di amare, Dio sarà sempre con loro e non perderanno mai il senso della propria vita, ma lo scopriranno ancora più profondamente seppur nella sofferenza.

Antonio e Luisa

Amare in modo ecologico

Oggi sono andato a correre, ci vado spesso, ogni volta che posso, un po’ perché ho compiuto quarant’anni e sono nel periodo di crisi che ogni uomo passa quando realizza di non essere più tanto giovane, che è  iniziata una nuova fase della vita, ma anche perché correre in mezzo alla natura è bellissimo. L’ordine perfetto del creato che mi circonda mi parla di Dio, la sua opera mi mostra quanto è infinitamente grande e anche io sono parte quell’idea perfetta della Sua mente, anzi sono il vertice di quella creazione. L’ecologismo non può, come oggi spesso si tende a fare, porre attenzione al creato che ci circonda e trascurare l’ecologia umana. Papa Francesco nell’enciclica Laudato si, lo sottolinea come non ci possa essere rispetto per l’ambiente se manca il rispetto per l’uomo e la sua natura.

Oggi, mentre correvo, come spesso mi capita di fare, ho riflettuto sulla mia vita. Ho realizzato  che ho cominciato ad essere felice non quando ho approfittato dei piaceri che il mondo mi offriva, ma al contrario quando ho saputo dire di no per fare una scelta ecologica.

Quando ho saputo dire di no ai rapporti intimi nel fidanzamento per rispettare la mia amata e l’amore che ci univa. Quando ho rinunciato a tanto di mio per fare spazio, per aprirmi alla vita fin dai primi mesi di matrimonio e dare così vita concreta al nostro amore. Quando ho rinunciato agli anticoncezionali per rispettare integralmente il corpo della mia sposa e farle capire che non voglio usarla ma voglio amarla.

Queste rinunce che il mondo non capisce e deride non mi hanno tuttavia impoverito ma al contrario mi hanno arricchito. Noi siamo il nostro corpo e solo nel pieno rispetto della sua natura, nel rispetto delle leggi che Dio a scritto dentro di noi riusciremo a lasciarci amare  e ad essere capaci di amare. Ma questo il mondo non lo capisce e tanti matrimoni saltano perchè tanti sposi cercano  la felicità nei sentimenti e nella passione che imprigionano, e non nella verità ecologica che libera. Padre Bardelli diceva spesso che la natura ti rende felice solo se la rispetti.

La Chiesa ha spesso rinunciato a dire queste cose, il mio parroco dice che la Chiesa in camera da letto non ci deve entrare e che bisogna avere pudore, ma ci sono tantissime persone che per questo soffrono e si dividono. Sta a noi famiglie cristiane testimoniare la bellezza di una scelta d’amore radicale, la bellezza della castità che permette di vivere un amore pieno basato sul dono di sè.

Antonio e Luisa

 

Il mio giogo è soave e il mio carico è leggero

Il sacerdote durante la vestizione segue tutto un rito particolare e quando indossa la casula, la veste propria di chi celebra la Santa Messa, dice sempre la stessa formula: “Domine, qui dixisti: Iugum meum suave est, et onus meum leve: fac, ut istud portare sic valeam, quod consequar tuam gratiam. Amen.” (O Signore, che hai detto: Il mio giogo è soave e il mio carico è leggero: fa’ che io possa portare questo indumento sacerdotale in modo da conseguire la tua grazia. Amen).

Ho subito pensato al mio matrimonio, al momento in cui la mia sposa mi ha infilato l’anello al dito. Non avrei trovato parole migliori per suggellare quel momento.

Il sacerdote indossando la casula si prepara tra le altre cose a rinnovare il sacrificio di Cristo sul Calvario. Noi non facciamo la stessa cosa? Indossando quell’anello con il nome della mia sposa inciso all’interno ho promesso di donarle tutto di me stesso. Indossando quell’anello mi sono impegnato a farle dono del mio cuore che non è una metafora sdolcinata ma è un atteggiamento concreto; significa impegnarmi ogni giorno a farmi piccolo per farle posto dentro di me. I suoi bisogni diventano i miei bisogni, i suoi desideri i miei, le sue preoccupazioni le mie e la sua gioia diventa la mia gioia. Padre Bardelli riprendeva spesso le parole della lettera di San Paolo ai Galati : «Io vivo, ma non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me» (GaI. 2,20); ci ripeteva   queste parole dicendo a noi sposi :<<Voi non dovete dire così, ma non sono più io che vivo ma il mio sposo o la mia sposa vive in me; questo significa il sacramento del matrimonio, Cristo vive in voi quando voi vivete nella profonda comunione e donazione dell’uno verso l’altro.>>

Il sacerdote la casula, una volta terminata la Messa, la ripone, noi l’anello lo indosseremo sempre fino al giorno della nostra morte e capiterà che il giogo non sarà soave e leggero ma la Grazia di Dio, se noi avremo fede  e invocheremo la Sua presenza con una vita casta e in comunione con Lui, ci permetterà di poter dire in ogni circostanza della vita :<<O Signore, che hai detto: Il mio gioco è soave e il mio carico è leggero: fa’ che io possa portare questo anello segno di amore e fedeltà in modo da conseguire la tua grazia. Amen>>

E arriviamo ora alla fotografia. L’immagine ripresa da tanti media italiani e stranieri è stata scattata da un ragazzo canadese di 21 anni. Ritrae i genitori entrambi malati gravemente. Nonostante la gravità della loro condizione di salute, si tengono la mano. Rimangono aggrappati a qualcosa che potrebbe svanire da un momento all’altro.

L’uomo è malato di cancro ai polmoni e, dopo una lotta durata 8 anni, dovrà arrendersi dopo poche ore al male che gli ha strappato la vita. Sua moglie, invece, ha subìto un attacco di cuore ed è stata ricoverata d’urgenza in ospedale. Mentre la trasportavano verso il Kingston GeneralHospital ha chiesto espressamente che il suo letto fosse vicino a quello di suo marito, per assisterlo, anche priva di sensi, negli ultimi istanti della sua vita dopo 23 anni di matrimonio. Questo è il matrimonio, questo è vivere per l’altro e permettere all’altro di vivere in noi.

 

Uomo e donna parlano lingue diverse.

Anche oggi parto da una riflessione di don Carlo Rocchetta. Rocchetta scrive:

La differenza tra uomo e donna è nota:

  • nella percezione psico-fisica dell’uomo, un atto sessuale fa star meglio e risolve ogni problema;
  • nella percezione psico-fisica della donna, prima bisogna star bene e risolvere ogni problema, e solo dopo ci sarà posto per l’atto sessuale.

(…..) gli sposi devono incontrarsi a metà strada, rispondendo ai rispettivi bisogni.

Il rischio dell’uomo è di cadere in un minimalismo genitale che riduce la sessualità a sesso e dimentica il contesto di tenerezza entro cui soltanto diviene pienamente espressivo-realizzativo dell’amore nuziale.

Il rischio della donna è di cadere nel massimalismo relazionale, esagerando nelle esigenze di perfezione al punto che, se tutto non è a posto, si chiude in se stessa, senza tener in alcun conto le attese del partner e dimenticando che, a volte, anche l’incontro sessuale può rappresentare una via per ritrovare la pace.

Per l’uomo la sessualità è un punto di partenza; per la donna un punto di arrivo; per il primo, la sessualità è fortemente pulsionale, per la seconda è primariamente relazionale.

Secondo la percezione della donna, l’eros è determinato dall’esigenza che qualcuno si prenda cura di lei e la faccia sentire amabile e amata: più si sentirà desiderata nella sua sfera emozionale, più si dimostrerà recettiva e darà prova di stimare il partner.

Secondo la percezione dell’uomo, al contrario, l’eros è determinato dal sentimento di conquista e dall’esigenza di sentire che la donna lo apprezza, si dedica a lui e gli appartiene.

Il conflitto uomo-donna nasce quando i due non riconoscono o non rispettano questi rispettivi bisogni.

(Teologia del talamo nuziale – Carlo Rocchetta)

Quando ho letto queste righe non ho potuto che riconoscere che don Carlo ha ragione. Anche la nostra relazione in una certa misura rispecchia quanto scritto nel testo. Nella mia vita è stato determinante capire che uomo e donna sono diversi e che se la mia sposa reagiva in un determinato modo non era per farmi soffrire ma era una reazione ad un mio comportamento. Senza un dialogo franco e diretto è inevitabile che nascano conflitti e incomprensioni. Amare significa dire tutto anche le cose che non piacciono, significa anche ascoltare senza offendersi. Solo così si potrà crescere come sposi e come persone.

Il dialogo d’amore porta senza dubbio a venirsi incontro, a non tenersi dentro astio e frustrazione ed evita quei fraintendimenti che provocano tanta sofferenza inutile.Tante separazioni avvengono proprio per l’incancrenirsi di queste dinamiche.

Antonio

 

Una spirale d’amore

Il matrimonio è un sacramento che non finisce mai, che si protrae nel tempo, perché gli sposi stessi e la loro unione sono il sacramento. Come nell’Eucarestia finché l’ostia consacrata non si consuma è corpo reale di Cristo così finché entrambi gli sposi sono in vita  la loro unione d’amore è abitata dalla presenza reale di Cristo.

Molti pensano sbagliando che il sacramento inizia e termina in chiesa esprimendo la propria volontà davanti al sacerdote, ai testimoni  e all’assemblea. Non è così. Il sacramento inizia in chiesa ma si perfeziona e ha il suo sigillo nell’intimità del talamo nuziale.

Senza il primo rapporto ecologicamente svolto non c’è matrimonio. Il dono  e l’accoglienza del seme della vita sono necessari perché lo Spirito scenda sugli sposi unendoli in modo tutto nuovo e indissolubile per sempre. Per assurdo chi celebra il matrimonio e per anni ha solo rapporti protetti dal preservativo non si è mai sposato.

Il sacramento si perfeziona con il primo rapporto ma non si esaurisce. Gli sposi saranno per sempre uniti a Cristo e la Grazia di Dio poggerà sul loro amore di uomo e donna mentre il loro amore di uomo e donna si perfezionerà e si riempirà, traboccando dal cuore degli sposi, della Grazia di Dio. Ogni rapporto fisico vissuto nel dono e non nell’egoismo diventa così Pentecoste per gli sposi che si nutrono d’amore e riattualizzazione delle nozze. Ogni atto di tenerezza e d’attenzione prepara all’amplesso fisico che sarà il culmine di una corte continua e l’amplesso fisico riempirà il cuore degli sposi che saranno capaci di tenerezza e attenzioni l’uno verso l’altro  per i giorni seguenti. E’ un circolo d’amore che non si chiude mai perché ogni giro ci troveremo un po’ più in alto nel cammino verso l’abbraccio eterno con Gesù.

Antonio e Luisa.

Il matrimonio cristiano

Il matrimonio è sempre esistito, in ogni cultura e tempo ma solo il matrimonio cristiano è la risposta alle esigenze più profonde del cuore umano. Gesù è venuto ha rinnovare anche questa grande realtà e quando disse “Fu detto: Chiunque ripudia sua moglie, le dia l’atto del divorzio. Ma io vi dico: Chiunque manda via la moglie, salvo che a motivo di fornicazione, la fa essere adultera; e chiunque sposa colei ch’è mandata via, commette adulterio” (Matt. 5:31-32 molti protestarono ritenendo impossibile questo comandamento. Impossibile per gli uomini ma possibile per Dio che colmandoci della Sua Grazia ci rende capaci di grandi cose.

La Chiesa nella sua sapienza e guidata dallo Spirito Santo ci ha insegnato che il matrimonio per essere la risposta alle esigenze del nostro cuore e per colmarci d’amore ha bisogno che sia:

  • Unico:               un solo uomo e una sola donna.
  • Indissolubile: che duri per sempre
  • Fedele:               appartenersi e rispettare il patto escludendo qualsiasi altro/a
  • Totale:               presuppone il dono totale degli sposi, anima e corpo.
  • Fecondo:          aperto alla vita
  • Pubblico:           vissuto con la comunità e per la comunità

Sono tutte caratteristiche indispensabili, che la nostra società attuale però non riconosce più impoverendo una realtà grandissima e destinandola al fallimento.

Quanti di voi rinuncerebbero a una sola di queste caratteristiche senza sentirsi derubati, usati e non amati?

Il matrimonio è via di felicità solo quando è così, senza riserve, dove costa fatica, sudore e forza di volontà. Quando entri in questa logica accade qualcosa di incredibile. Più ti dai senza riserve e più vorresti farlo,  ti senti felice e sicuro di non volere nient’altro che quello che hai ringraziando Dio per aver riempito la tua vita di un amore così grande.

Antonio e Luisa