Domenica 4 febbraio si celebrerà la 46ª Giornata Nazionale per la Vita, avente quest’anno come tema «La forza della vita ci sorprende». Nata come risposta alla terribile legge che legalizzò l’aborto, questa giornata si pone come obiettivo quello di riflettere sul valore della vita e sulle conseguenze che possiede quell’atto violento.
Le considerazioni che potremmo fare sono davvero notevoli ma proviamo a concentrarci sul valore della Vita con la “v” maiuscola ossia su quell’anelito di eternità che ciascun uomo e ciascuna donna, di tutti i tempi, porta con sé in quanto sigillo del Creatore, che ci ha desiderati e amati per primi. Leggiamo nel Salmo 139: “Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel grembo di mia madre. Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda; meravigliose sono le tue opere, le riconosce pienamente l’anima mia. Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra. Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi; erano tutti scritti nel tuo libro i giorni che furono fissati quando ancora non ne esisteva uno” (Sal 139, 13-16). Non credo possano essere scritte parole più belle, più vere e più profonde di queste per esprimere non solo la gratitudine a Dio per il dono della vita ma per ribadire che tutto è nelle Sue mani e che nulla è lasciato al caso: non può esserci notizia più bella di questa!
«La forza della vita ci sorprende», dunque, si configura non come uno slogan pubblicitario ma come esito della simbiosi di considerazioni e preghiere al cospetto del mistero dell’esistenza che, per quanto studiato, sviscerato e pure abusato dalla scienza, rimane permeato di una grandezza che trascende la natura dell’uomo e richiama direttamente a quel Dio della Vita che tiene nelle mani le sorti del mondo ed è l’unico a poterci giudicare nel decisivo momento del trapasso.
Se la vita fosse qualcosa di esclusivamente materiale o biologico non si potrebbero spiegare tutti quegli eventi miracolosi che continuamente la costellano, regalandoci gioie e felicità insperate, ma non troverebbe ragione d’essere nemmeno la capacità di reagire agli eventi più tristi e dolorosi che ne fanno parte; se oltre al corpo ci fosse solamente l’intelligenza, come si potrebbe giustificare la fede? Se fossimo il risultato di un’evoluzione unicamente naturale, come potremmo spiegare il desiderio di bene, di vero e di eterno che ha sempre distinto il genere umano da quello animale?
«La forza della vita ci sorprende» perché è il Padre ad avercela regalata e a rinnovarla in noi anche quando siamo deboli, senza forza e senza fiducia, schiacciati dal peso delle difficoltà e delle fatiche anzi, a volte, queste sono proprio il mezzo attraverso cui Egli ci parla, costringendoci a fermare il turbinio vorticoso delle nostre giornate sempre di corsa e imponendoci una sosta qualora non fossimo in grado di stabilirla da soli. “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita?” (Mc 8, 34-37).
La vita non si perde solo da un punto di vista fisico ma anche, se non soprattutto, morale: ecco perché la Giornata che vivremo domenica non è il traguardo ma la partenza di un percorso che deve portarci ad aprire gli occhi, innanzitutto quelli del cuore, per comprendere che non siamo padroni dell’esistenza ma ospiti, invitati a trascorrere gli anni in questo mondo come figli e non come automi o, peggio, come distruttori di noi stessi, degli altri e del pianeta. “Fatti non foste a viver come bruti” ci ricorda Dante nella Divina Commedia, nel XXVI canto dell’Inferno, all’interno del discorso proclamato da Ulisse; questo è esattamente il senso con cui dovremmo assaporare il dono che Dio ci ha fatto, spendendoci affinché quante più persone possibili possano capire che tutto ha un senso, tutto un fine, tutto uno scopo: la salvezza eterna.
Amare la vita non significa solo essere contrari all’aborto ma essere in disaccordo con tutte le ideologie e i proclami che la vogliono distruggere, da cui purtroppo siamo minacciosamente circondati; amare la vita vuol dire avere il desiderio che vengano seppelliti tutti i bambini non nati perché, essendo persone, hanno la stessa dignità di qualsiasi altro essere umano; amare la vita si traduce in tante azioni concrete a difesa e sostegno della famiglia naturale ossia quella costituita da un uomo e da una donna come unico nucleo avente potenziale generativo; amare la vita significa rispettarla dal suo inizio al suo compimento naturale perché le malattie non sono portatrici solo di croci ma anche di salvezza; amare la vita altro non è che amare Colui che ce l’ha donata, senza che avessimo alcun merito.
Fabrizia Perrachon