Se non ti laverò, non avrai parte con me.

Vorrei completare il discorso iniziato ieri. Durante l’omelia della Messa in Coena Domini il mio parroco ci ha aiutato a riflettere su un altro aspetto che non ho toccato con il mio precedente articolo, ma che integra e rende più comprensibile il tutto. Ieri ho scritto che la lavanda dei piedi è il sacramento degli sposi. Il sacerdote ci dona Cristo nell’Eucarestia mentre noi sposi mostriamo al mondo come Cristo ama. Quindi dovremmo mostrare un amore tenero che si china e serve. Uno/a sposo/a potrebbe obiettare che tutto questo non è giusto. Perché dovrebbe chinarsi sulle miserie dell’altro/a? Perché dovrebbe perdonare le ferite subite? Perché dovrebbe farsi carico delle incapacità dell’altro/a? Perché dovrebbe farsi piccolo/a? E’ solo un dovere? E’ solo un obbligo che gli/le impone la promessa che ha fatto davanti a Dio? Se fosse solo questo mi rendo conto che il peso non sarebbe sostenibile e facilmente il matrimonio scivolerebbe verso il fallimento. Allora cosa c’è di più? C’è la reazione di Pietro alla richiesta di Gesù. Pietro non vuole farsi lavare i piedi. Piedi sporchi dal cammino su strade non certo asfaltate, ma polverose e fangose. Pietro crede di essere bravo. Come tanti di noi credono. Pietro non crede di aver bisogno che Gesù lavi i suoi piedi, che Gesù lavi i suoi peccati. Pietro non capisce che solo riconoscendosi misero e bisognoso di Cristo può essere davvero suo discepolo. Tanto che Gesù gli dice: Se non ti laverò, non avrai parte con me. Se non ci riconosciamo peccatori e poveri non possiamo avere parte con Lui, non possiamo essere cristiani. Non possiamo portare nel nostro matrimonio lo stile di Gesù. Se ci sentiamo bravi non saremo capaci di accogliere le fragilità del nostro coniuge, ancor meno a chinarci su di esse. Solo se avremo fatto esperienza dell’amore misericordioso e incondizionato di Cristo che si è preso cura di noi, che ci ha amato quando non ci sentivamo amabili, che ci ha desiderato quando non c’era nulla di desiderabile in noi, solo se avremo fatto esperienza di tutto questo, saremo capaci di replicare questo stile nel nostro matrimonio. Non per dovere, ma per restituire quell’amore che ci ha scaldato il cuore e che ci ha fatto sentire belli come mai ci eravamo sentiti. Accogliere le fragilità del nostro sposo o della nostra sposa diventa più semplice, diventa possibile. Perchè Gesù ci ha messo accanto quella persona non per farci felici (anche, ma non è il fine del matrimonio) ma perchè potessimo rispondere al Suo amore. Amando lei/lui stiamo amando Lui. Capite bene che cambia tutta la prospettiva. Capite bene che ora ho risposto anche a tutte le obiezioni che ho elencato all’inizio. Buona continuazione e buona preparazione alla Pasqua.

Antonio e Luisa

Cliccate qui per entrare nel gruppo whatsapp

Iscrivetevi al canale Telegram

Inginocchiarsi sulle miserie dell’altro

Questo è un periodo di Grazia. So che la vita di ogni giorno, frenetica e pressante, rischia di rendere impossibile una vera preparazione alla Pasqua. In questi ultimi tre giorni, almeno in questi ultimi tre giorni ho voluto fortemente ritagliarmi dei momenti per Gesù. Stamattina alle sei sono andato in chiesa. Eravamo io e don Mattia, un giovane prete della mia parrocchia. Un silenzio bellissimo. Una sensazione strana. La percezione dell’assenza di Cristo, nel momento in cui si ricorda la sua passione, la notte più difficile per lui. Nello stesso tempo ho percepito forte il suo amore. Ha dato tutto per me, affinchè io potessi essere redento e salvato, e con me la mia relazione e il mio matrimonio. Ieri sera abbiamo celebrato la Messa in Coena Domini. Il Vangelo proclamato è stato di Giovanni, l’episodio della lavanda dei piedi.  Non so se ci avete mai pensato. Giovanni è l’unico evangelista che dedica tantissimo spazio alla lavanda dei piedi e molto meno all’ultima cena, all’istituzione dell’Eucarestia. Strana questa scelta. L’Eucarestia è il fondamento della nostra Chiesa. La presenza viva dello Sposo, che in ogni Messa si rende nuovamente e misteriosamente presente. Cosa ci vuole dire Giovanni? L’amore di Dio è presente nella chiesa quando diventa servizio. Quando ci si china sulle miserie del fratello,  sui suoi peccati, sulle sue miserie, sulle sue caratteristiche e atteggiamenti meno amabili. Nella mia riflessione personale ho visto l’importanza e la complementarietà di questi due gesti. L’Eucarestia che diventa nutrimento, speranza, accoglimento e forza per ogni cristiano. L’Eucarestia sacramento affidato al sacerdote per il bene di tutta la Chiesa. Ma non basta l’Eucarestia. Serve la lavanda dei piedi.  Serve l’amore vissuto e sperimentato. Gesto che diventa sacramento nel matrimonio. Il nostro sacerdozio comune di sposi battezzati si concretizza in tutti i nostri gesti d’amore dell’uno verso l’altra. Siamo noi sposi a dover incarnare questo gesto nella nostra vita. Se il sacerdote, attraverso l’Eucarestia, dona Cristo alla Chiesa, noi sposi, attraverso il dono, il servizio e la tenerezza, doniamo il modo di amare di Cristo, rendiamo visibile l’amore di Cristo. Almeno dovremmo, siamo consacrati per essere immagine dell’amore di Dio.   Gesù che si inginocchia per lavare i piedi ai suoi discepoli. Un’immagine che noi sposi dovremmo meditare in profondità e che dovremmo imprimere a fuoco nella nostra testa.

Gesù, uomo e Dio, che si inginocchia per lavare i piedi dei suoi discepoli. I suoi discepoli, gente dalla testa dura, egoista, paurosa, incoerente, litigiosa e incredula. Gente esattamente come noi, come sono io, come è mia moglie. Noi siamo sposi in Cristo, e Gesù vive nella nostra relazione e si mostra all’altro/a attraverso di noi. Noi siamo mediatori l’uno per l’altra dell’amore di Dio. E’ un dono dello Spirito Santo. E’ il centro del nostro sacramento. Noi, per il nostro sposo, per la nostra sposa, siamo, o dovremmo essere, quel Gesù che si inginocchia davanti a lui/lei, che con delicatezza prende quei piedi piagati e feriti dal cammino della vita e sporcati dal fango del peccato. Quel Gesù che, con il balsamo della tenerezza è capace di lenire le piaghe e le ferite, e che con l’acqua pura dell’amore li monda e scioglie quel fango che, ormai reso secco dal tempo, li incrostava e li insudiciava. Questo è l’amore sponsale autentico. Tutti sono capaci, davanti alle fragilità e agli errori del coniuge, di ergersi a giudice. Tutti sono capaci di condannare e di far scontare gli sbagli negando amore e attenzione. Solo chi è discepolo di Gesù, dinnanzi ai peccati, alle fragilità, alle incoerenze dell’amato/a è capace di inginocchiarsi, di farsi piccolo,  in modo che quelle fragilità, che potevano allontanare e dividere,  possano trasformarsi in via di riconciliazione e di salvezza. Sembra difficile, ma non lo è. Noi che abbiamo sperimentato l’amore misericordioso di Dio nella nostra vita, che siamo innamorati di Gesù per come ha saputo amarci, e siamo quindi pieni di riconoscenza per Lui, possiamo restituirgli parte del molto che ci ha donato amando nostra moglie e nostro marito sempre, anche quando non è facile e ci ha ferito. Esattamente come un’altra figura del vangelo, la peccatrice, che bagnati i piedi di Gesù con le sue lacrime, li asciugò con i capelli .Ho sperimentato tante volte questa realtà con mia moglie, e in lei che si inginocchiava davanti alla mia miseria ho riconosciuto la grandezza di Gesù e del suo amore.

Antonio e Luisa

Inginocchiarsi per ricominciare!

Gesù che si inginocchia per lavare i piedi dei suoi discepoli. Un’immagine che noi sposi dovremmo meditare in profondità e che dovremmo imprimere a fuoco nella nostra testa.

Gesù, uomo e Dio, che si inginocchia per lavare i piedi dei suoi discepoli. I suoi discepoli, gente dalla testa dura, egoista, paurosa, incoerente, litigiosa e incredula. Gente esattamente come noi, come sono io, come è mia moglie. Noi siamo sposi in Cristo, e Gesù vive nella nostra relazione e si mostra all’altro/a attraverso di noi. Noi siamo mediatori l’uno per l’altra dell’amore di Dio. E’ un dono dello Spirito Santo. E’ il centro del nostro sacramento. Noi, per il nostro sposo, per la nostra sposa, siamo, o dovremmo essere, quel Gesù che si inginocchia davanti a lui/lei, che con delicatezza prende quei piedi piagati e feriti dal cammino della vita e sporcati dal fango del peccato. Quel Gesù che, con il balsamo della tenerezza è capace di lenire le piaghe e le ferite, e che con l’acqua pura dell’amore li monda e scioglie quel fango che, ormai reso secco dal tempo, li incrostava e li insudiciava. Questo è l’amore sponsale autentico. Tutti sono capaci, davanti alle fragilità e agli errori del coniuge, di ergersi a giudice. Tutti sono capaci di condannare e di far scontare gli sbagli negando amore e attenzione. Solo chi è discepolo di Gesù, dinnanzi ai peccati, alle fragilità, alle incoerenze dell’amato/a è capace di inginocchiarsi, di farsi piccolo,  in modo che quelle fragilità, che potevano allontanare e dividere,  possano trasformarsi in via di riconciliazione e di salvezza. Sembra difficile ma non lo è. Noi che abbiamo sperimentato l’amore misericordioso di Dio nella nostra vita, che siamo innamorati di Gesù per come ha saputo amarci, e siamo quindi pieni di riconoscenza per Lui, possiamo restituirgli parte del molto che ci ha donato amando nostra moglie e nostro marito sempre, anche quando non è facile e ci ha ferito. Esattamente come un’altra figura del vangelo, la peccatrice, che bagnati i piedi di Gesù con le sue lacrime, li asciugò con i capelli .Ho sperimentato tante volte questa realtà con mia moglie, e in lei che si inginocchiava davanti alla mia miseria ho riconosciuto la grandezza di Gesù e del suo amore.

Antonio e Luisa

Servi dell’amore.

Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri:

le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto.
E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso.

Oggi molti uomini di Chiesa sembra  abbiano vergogna e imbarazzo, anzi diciamolo senza ipocrisia, provano un forte fastidio, a leggere queste poche righe della lettera di San Paolo agli Efesini. Di solito non ne parlano volentieri e se ne parlano, cercano di giustificarsi calando queste frasi in un contesto maschilista, dove la donna contava poco o nulla.

Questa lettera per me e la mia sposa è attualissima, come ogni versetto del Vangelo che non ha scadenza, è stato scritto per ogni uomo. La Parola di Gesù è scolpita per accompagnarci fino alla fine dei tempi, dobbiamo solo essere capaci (grazie allo Spirito Santo) di calarla nella nostra vita.

Io leggo queste parole e penso a Gesù, al suo modo di essere Re, di essere capo della Sua Chiesa e non ci vedo nessun atto di prevaricazione e di prepotenza, anzi vedo un Re che si è fatto servo, che ha lavato i piedi ai suoi discepoli e che si è caricato della croce e di tutti i nostri peccati, che si è donato tutto fino a farsi mangiare da noi. A noi mariti è chiesto questo, Dio  ci chiede di prenderci cura di una sua meravigliosa creatura, di custodirla e di amarla fino a dare tutto noi stessi, combattendo il nostro egoismo.

La sposa, che prima di tutto è donna, si dona al suo sposo totalmente e senza riserve, affidando tutta se stessa a un uomo, che può sbagliare, anzi che sbaglierà molto, ma proprio grazie all’amore e alla fiducia che lei saprà regalargli ogni giorno, si rialzerà sempre e non mollerà un centimetro, per poter essere un degno marito.

Ringrazio Dio tutti i giorni per avermi donato una sposa così, che è stata capace, grazie alla sua libera sottomissione, di darmi la forza, il coraggio e la volontà di essere totalmente suo e di cercare, con tutti i miei limiti, di mettere lei e la mia famiglia prima di tutto.

In queste poche righe del Vangelo c’è la saggezza di Dio, che domanda a me e alla mia sposa di farci entrambi servi dell’amore, permettendoci così di realizzarci nella nostro essere uomo e donna, marito e moglie e padre e madre e di camminare insieme verso di Lui.

Antonio e Luisa.