Gelosia divina

Cari sposi, siamo approdati a metà del nostro cammino quaresimale. Abbiamo iniziato nel deserto per poi salire sul monte della trasfigurazione domenica scorsa ed oggi entriamo con Gesù nel tempio a Gerusalemme.

L’evangelista Giovanni colloca questo fatto nella prima Pasqua di Gesù e appena dopo il primo “segno” compiuto a Cana, discostandosi così dalla narrazione dei Sinottici.

Anzitutto vediamo il contesto in cui avviene il racconto. Siamo poco prima di Pasqua, quindi in piena primavera e per quella grande festa giungevano a Gerusalemme anche centomila persone, procedenti dalla Spagna al Medio Oriente. Ogni pellegrino poi offriva nel tempio generalmente un agnello e si calcola che in pochi giorni venivano immolati circa 18-20 mila agnelli. Immaginate il giro di soldi che questo comportava! E tutto questo trafficare avveniva proprio nel recinto del tempio. Siccome poi i pellegrini venivano da ogni parte dell’Impero Romano era chiaro che ci volevano pure i cambiavalute, come nei nostri aeroporti, che cambiassero i sesterzi, i denari, gli aurei in sheqel.

Un’ultima annotazione importante: la legge ebraica non proibiva affatto questo tipo di attività economica che avveniva appunto attorno al Tempio, nel cosiddetto emporion mentre Gesù è proprio lì che pronuncia il suo discorso e attua la cacciata. Se allora, Gesù non è venuto a cambiare nemmeno una virgola della Legge ebraica (cfr. Mt 5, 18), allora in ciò che dice e fa c’è un senso molto più profondo.

È molto interessante, nel testo greco del Vangelo, vedere come Giovanni, parlando del tempio, non usa il vocabolo comune, che è nàos, ma piuttosto ièron, cioè proprio quella parte intima in cui era custodita l’Arca dell’Alleanza e dimorava perennemente la Shekinah, la Presenza di Dio.

Detto questo si può già arrivare a un’importante conclusione. Gesù non sta dicendo banalmente di non fare sacrifici nel tempio, difatti essi erano un anticipo del Vero Sacrificio che Lui avrebbe fatto di lì a poco.

La sfuriata di Gesù non è affatto un colpo di testa, un segno di burn out o di accumulo di stress. Piuttosto, la collera di Gesù è quella di uno Sposo che si sente ingannato dalla Sposa e ha appena scoperto i segni del suo tradimento. È come quando un coniuge scopre certi messaggini sul cellulare o alcune chat sul computer oppure siti particolari nella cronologia di Google

Gesù in questa scena sta provando un’indignazione solenne per constatare che il Suo Amore è vilmente svenduto! Tutta quella gente lì stava correndo dietro a cose sacrosante ma in realtà stavano dimenticando per Chi lo facevano. Gesù Sposo, allora, reclama a grida il cuore della Sposa che al contrario è tutta dedita ad affari e sta mettendo in secondo piano l’Amore Vero.

Ecco allora che la parte più interna del tempio è direttamente collegata alla nostra coscienza, all’intimo del nostro cuore. Il Catechismo, difatti, afferma che: “La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria” (1777).

Gesù Sposo conosce meglio di chiunque altro il nostro cuore e in questa Quaresima è il più interessato a renderlo puro, cioè, innamorato di Lui. La scena evangelica odierna è esattamente quanto Gesù intende compiere nel cuore di voi sposi, come coppia e singolarmente. E come lo fa?

Anzitutto con i Sacramenti e con lo Spirito. Il Battesimo che abbiamo ricevuto è esattamente il lavacro che ci ha rigenerati e per voi esso è culminato nel Matrimonio, con cui Gesù vi ha uniti a sé in un’alleanza eterna di amore. L’Eucarestia è il Suo Corpo dato per amore che vi rende ogni volta che La ricevente concorporei, consanguinei a Lui. Ed infine lo Spirito è Colui che rende fruttuosi i sacramenti e vi guida in questo cammino di purificazione.

Cari sposi, dobbiamo accettare che il nostro cuore è perennemente visitato da idoli, da intrusi che tendono a farci distogliere dallo Sposo, la vita odierna non fa che bombardarci quotidianamente. Ci distraggono, ci confondono, ci disorientano e vogliono mettersi al posto di Cristo, vogliono rubarci l’anima. Gesù lo sa bene, non si scandalizza, anzi, perciò in questa Quaresima anela profondamente a darvi un cuore nuovo, un orientamento nuovo nella vostra via cristiana.

Lasciamoci guidare, permettiamo che lo Sposo continui a mondarci e a liberarci, anche se può far male, in modo che la vostra fede e il vostro amore sia sempre più simile all’amore con cui Cristo Sposo ama la Sua Sposa.

ANTONIO E LUISA

Gli idoli di cui parla padre Luca non sono necessariamente vizi o distrazioni. Può essere un idolo anche nostro marito o nostra moglie. Gesù è geloso quando facciamo dell’altro il nostro tutto, il nostro dio. In realtà sa bene che solo nella relazione con Lui – mettendo Lui al primo posto – potremo amare davvero l’altro nella gratuità e non fare del nostro matrimonio quel mercato che ha indignato Gesù. Perchè non solo noi siamo tempio di Dio ma lo è anche il nostro matrimonio che è abitato dalla reale presenza di Cristo.

Una casa costruita con il cedro.

Avvenne che, quando il re Davide si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato tregua da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto una tenda». Natan rispose al re: «Và, fà quanto hai in mente di fare, perché il Signore è con te». Ma quella stessa notte questa parola del Signore fu rivolta a Natan: «Và e riferisci al mio servo Davide: Dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io ti presi dai pascoli, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi il capo d’Israele mio popolo; sono stato con te dovunque sei andato; anche per il futuro distruggerò davanti a te tutti i tuoi nemici e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo a Israele mio popolo e ve lo pianterò perché abiti in casa sua e non sia più agitato e gli iniqui non lo opprimano come in passato, al tempo in cui avevo stabilito i Giudici sul mio popolo Israele e gli darò riposo liberandolo da tutti i suoi nemici. Te poi il Signore farà grande, poiché una casa farà a te il Signore. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu giacerai con i tuoi padri, io assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre».

Secondo libro di Samuele 7,1-5.8b-12.14a.16.

La liturgia di ieri, quarta domenica di Avvento, ci ha proposto il Vangelo dell’Annunciazione secondo Luca. Un Vangelo bellissimo e denso di significato. Questo può aver distolto la nostra attenzione dalla prima lettura. Prima lettura che invece merita anch’essa un approfondimento e una riflessione.

Re Davide ha ormai il controllo del popolo d’ Israele. E’ re, governa con autorità e fermezza, abita in una casa fatta di cedro.  La maestosità del cedro nella Bibbia è simbolo di fermezza, di stabilità, di protezione ma, nella polivalenza del simbolo, indica pure l’orgoglio, l’arroganza e la pericolosità. E’ importante questa premessa perchè anche il Tempio di Gerusalemme edificato poi da Salomone è costruito certamente di pietra ma anche con legno di cedro. Proprio a significare tutto questo.

Torniamo al passo biblico in esame. Re Davide si accorge che l’Arca dell’Allenza, che è presenza di Dio tra il Suo popolo, è custodita in una semplice e povera (in confronto alla sua casa di cedro) tenda, solo dopo aver sistemato tutte le sue faccende e dopo che ha ottenuto il pieno controllo del popolo. Volge lo sguardo da sè a Dio solo in un secondo momento, quando ha già ottenuto tutto ciò che voleva. Capite che così non funziona? Capite che c’è qualcosa di stonato in tutto questo? Re Davide dall’alto della sua potenza si accorge, bontà sua, che Dio abita ancora in una tenda. Allora decide di costruire a Dio una casa più dignitosa.

Dio non è permaloso e non è geloso. E’ Lui che ha innalzato Davide a capo del Suo popolo scegliendolo tra i figli di Iesse. Eppure risponde quasi piccato. In realtà Dio non ha bisogno delle nostre case, delle nostre opere, delle nostre preghiere, dei nostri sacrifici ed olocausti. Siamo noi ad averne bisogno, per non dimenticare mai che alla base della nostra vita e di ciò che di buono siamo riusciti ad operare e costruire non c’è solo la nostra capacità e i nostri talenti, ma c’è Lui. Ci ricorda, attraverso questo brano biblico, che senza di Lui non siamo che canne al vento e tutto ciò che costruiamo può distruggersi come castello di sabbia. Davide si è dimenticato che la sua potenza non viene da se stesso ma viene da Dio che gliel’ha data.

Così tante volte siamo noi sposi. Facciamo la nostra vita, operiamo le nostre scelte, otteniamo le nostre vittorie, costruiamo la nostra famiglia senza accorgersi che Dio è lì in una tenda che aspetta che ci ricordiamo di Lui. Aspetta che ci ricordiamo che Lui è sempre stato al nostro fianco in ogni giorno della nostra vita e, che se facciamo qualcosa di buono è perchè ci abbiamo sicuramente messo del nostro, ma è Lui che ha fatto la gran parte del lavoro. A Lui va la nostra lode.

Io ho fatto esperienza di tutto questo il marzo scorso quando mi sono ammalato di Covid. Sono state tre settimane lunghe e difficili dove mi sono sentito completamente debole, incapace di essere utile alla mia famiglia, anzi bisognoso di cure e di affetto. Mi sono sentito completamente impotente e questo mi è servito tanto per capire come io fossi davvero poca cosa senza il sostegno di Dio e dei miei familiari che in quel momento erano suoi strumenti.

Spesso ci accorgiamo di Dio quando le cose vanno molto bene e allora Dio diventa quasi un talismano che serve a non perdere ciò che abbiamo. Oppure ci ricordiamo di Dio quando le cose vanno malissimo e abbiamo toccato il fondo sbattendo il sedere a terra e non abbiamo che Lui a cui aggrapparci. In entrambi i casi è dura poi risorgere. Gesù non è l’ultima scelta di chi non ha altro e non è tantomeno un talismano. Gesù è una persona che vuole intrecciare con noi una relazione d’amore per darci forza e sostegno con la sua misericordiosa e amorevole presenza.

Antonio e Luisa

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Sposi sacerdoti. Di cipresso il nostro soffitto. (28 articolo)

Come sei bello, amato mio, meraviglioso sei!
Erba verde è il nostro letto,
di cedro sono le travi della nostra casa,
di cipresso il nostro soffitto.

La sposa risponde all’amato. Come sei bello, amato mio, meraviglioso sei! C’è chiaramente un richiamo al salmo 44: Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo. Salmo che certamente era conosciuto dalle persone del tempo. La parte più interessante è però quella successiva. Erba verde è il nostro letto, di cedro sono le travi della nostra casa,
di cipresso il nostro soffitto. Sicuramente una descrizione molto particolare e che a noi uomini del nostro tempo sfugge completamente. Non ci dice nulla di particolare. C’è, invece, un significato molto importante. La caratteristica più evidente di questi versi è un improvviso cambio di scena. Torna prepotentemente la natura.  E’ un’immagine meravigliosa. Veramente ci viene riproposto il paradiso terrestre. I due sposi godono di questo. Non solo del loro amore reciproco, ma anche di tutta la bellezza del creato. E’ un canto rivolto a Dio stesso, alla sua creazione. C’è un significato ancora più nascosto. Il cedro e il cipresso sono menzionati per un motivo preciso. Rappresentano un simbolismo biblico molto forte. Il Tempio era costruito proprio con legno di cipresso e di cedro. In particolare lo era la parte che introduceva al Santo dei Santi. Qui c’è un parallelismo meraviglioso, così bello è grande da farci piangere di gioia. Santo dei Santi sta a Cantico dei Cantici. Significato fin troppo chiara. Dove c’è l’amore autentico tra gli sposi, lì c’è la presenza del Signore. Dove due sposi si amano davvero, lì c’è la presenza del Signore.

Scopriamo, quindi, che esiste un altro tabernacolo,  dove è presente realmente Dio, luogo concreto ma non visibile,  che va custodito, protetto, amato e santificato. Esiste un luogo dove non possono accedere tutti ma solo chi è chiamato da Dio. Quel luogo è il noi degli sposi, quel luogo è la relazione sponsale tra un uomo e una donna. L’amore tra gli sposi è tabernacolo di Dio. Matrimonio ed Eucarestia sono molto simili proprio per questo. Entrambi hanno in sè Gesù vivo, concreto e reale, anche se con modalità diverse. Quel luogo che troppo spesso è sporcato e dissacrato dal nostro egoismo e dai nostri peccati. Quel luogo, dove Dio ha posto la sua tenda per incontrarci, sostenerci, amarci e riempirci di Lui, è troppo spesso calpestato e ignorato dagli sposi. La loro relazione, luogo dove dimora Dio, dovrebbe essere curata e nutrita con tutta la loro volontà e il loro impegno per renderlo luogo degno, per quanto possibile. Padre Raimondo, il nostro padre spirituale, che ci ha accompagnato e insegnato tanto, era solito dire: “Mi piacerebbe vedere il rispetto che c’è in chiesa durante l’adorazione anche nell’intimità delle famiglie”. Nella Chiesa, anche se non si dice abbastanza, uno dei peccati più gravi è l’adulterio. L’adulterio significa spezzare l’alleanza con Dio, voler scacciare Dio dal tabernacolo della nostra relazione per metterci l’io. L’adulterio è cercare di uccidere Dio nella nostra vita.

Antonio e Luisa

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Introduzione Popolo sacerdotale Gesù ci sposa sulla croceUn’offerta d’amore Nasce una piccola chiesa Una meraviglia da ritrovare Amplesso gesto sacerdotale Sacrificio o sacrilegioL’eucarestia nutre il matrimonio Dio è nella coppiaMaterialismo o spiritualismo Amplesso fonte e culmineArmonia tra anima e corpo L’amore sponsale segno di quello divino L’unione intima degli sposi cantata nella Bibbia Un libro da comprendere in profondità I protagonisti del Cantico siamo noi Cantico dei Cantici che è di Salomone Sposi sacerdoti un profumo che ti entra dentro. Ricorderemo le tue tenerezze più del vino. Bruna sono ma bella Perchè io non sia come una vagabonda Bellissima tra le donne Belle sono le tue guance tra i pendenti Il mio nardo spande il suo profumo L’amato mio è per me un sacchetto di mirra

Pietre vive.

Una curiosità. Leggevo qualche giorno fa un articolo di don Fabio Bartoli. Spiegava la differenza tra essere mattone o pietra in prospettiva teologica. Voglio riprendere quella riflessione e farla mia in chiave sponsale. Il tempio di Dio, il tempio di Salomone non è stato costruito con mattoni, ma con pietre vive, dagli spigoli non smussati, pietre scelte in modo molto accurato, scelte in modo che possano sostenere la costruzione. Non mattoni. Perchè questo? Non lo so. Sicuramente i mattoni erano largamente conosciuti ed usati. Ricordo che molto tempo prima gli stessi ebrei erano schiavi che in Egitto erano usati anche per produrre mattoni. C’è un grande significato nascosto, un insegnamento di Dio in questa decisione di usare pietre vive. I mattoni sono tutti uguali, non c’è differenza. Sono pressoché interscambiabili l’uno con l’altro e non riconoscibili. Dio non costruisce così la sua casa. Dio ama le differenze, perché le differenze sono sfida e modo per crescere e perfezionarsi. Nella differenza ci completiamo, nella differenza ci meravigliamo, nella differenza ci scontriamo, nella differenza impariamo, nella differenza ci riconosciamo unici. Nella differenza riconosciamo l’altro come un mistero attraente e da rispettare. Nella differenza scopriamo la grandezza di Dio capace di mostrarsi in una moltitudine di storie e di espressioni. Un’esplosione di colori e di luce. Noi siamo quelle pietre vive. Dio non vuole smussare quegli angoli che ci rendono diversi perchè perderemmo la nostra unicità. Dio vuole costruire con ciò che siamo la sua casa. Il nostro matrimonio è la sua casa. Che bello che proprio perchè sono fatto così, con quegli angoli e quelle asprezze sono perfettamente aderente alla mia sposa, anche lei pietra viva e unica. Una bellezza indicibile che viene dalla differenza. Siamo maschio e femmina, diversi nel corpo, nella sensibilità, nel pensare, nell’atteggiamento e in tutto perchè il nostro essere sessuati investe tutto il nostro essere persone, spiriti incarnati. L’importanza della differenza, di essere pietre vive l’abbiamo scritta nel corpo. Dio ha voluto che solo due diversità potessero essere feconde. Dio non ama i mattoni. Dio ci vuole pietre vive e Gesù diventa pietra d’angolo, la pietra più importante per sostenere tutto. La pietra d’angolo è quella che salda due pareti diverse. Ecco noi siamo questo. Due diverse prospettive che sono saldate dallo Spirito Santo. Mentre scrivo queste cose mi commuovo. Penso alla mia sposa, alla bellezza inscritta nella sua femminilità. Nel suo essere donna riconosco una meraviglia, una ricchezza che riempie il mio sguardo e il mio cuore. Riconosco in lei un mondo che non mi appartiene, un mondo di una bellezza incredibile, affascinante e attraente. Attraverso il suo essere donna mi riconosco uomo e solo così il nostro incontro può essere fecondo di vita e di amore.

Voglio finire con un commento sui fatti di questi ultimi giorni. Riguardo agli attacchi veri o presunti al Santo Padre. Guardiamo agli sposi pietre vive. Così deve essere la Chiesa di Gesù. Non deve essere costruita con mattoni tutti uguali. Non deve essere fatta di persone che pensano e agiscono tutte allo stesso modo. Ci sono sensibilità, pensieri, modalità e pastoralità diverse, anche opposte. E’ giusto così. la Chiesa di Gesù deve essere fatta di pietre vive. Guardiamo alla coppia di sposi a stiamo tranquilli. Da quella diversità può nascere una nuova e meravigliosa creazione di Dio, che nasce dalla volontà degli uomini e dalla Grazia di Dio.

Antonio e Luisa