Il matrimonio è fatto di pietre vive

Non avete forse letto questa Scrittura: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo;
dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri»?

La famosa testata d’angola, pietra d’angolo. Una curiosità. Perchè pietra e non mattone. Non usavano i mattoni? Eppure in Egitto gli ebrei erano schiavi adibiti alla costruzione di mattoni. Leggevo qualche mese fa un articolo di don Fabio Bartoli. Spiegava la differenza tra essere mattone o pietra in prospettiva teologica. Voglio riprendere quella riflessione e farla mia in chiave sponsale. Il tempio di Dio, il tempio di Salomone non è stato costruito con mattoni, ma con pietre vive, dagli spigoli non smussati, pietre scelte in modo molto accurato, scelte in modo che potessero sostenere la costruzione. Non mattoni. Perchè questo? Non lo so. Sicuramente i mattoni erano largamente conosciuti ed usati. Ricordo che molto tempo prima gli stessi ebrei erano schiavi che in Egitto erano usati anche per produrre mattoni. C’è un grande significato nascosto, un insegnamento di Dio, in questa decisione di usare pietre vive. I mattoni sono tutti uguali, non c’è differenza. Sono pressoché interscambiabili l’uno con l’altro e non riconoscibili. Dio non costruisce così la sua casa. Dio ama le differenze, perché le differenze sono sfida e modo per crescere e perfezionarsi. Nella differenza ci completiamo, nella differenza ci meravigliamo, nella differenza ci scontriamo, nella differenza impariamo, nella differenza ci riconosciamo unici. Nella differenza riconosciamo l’altro come un mistero attraente e da rispettare. Nella differenza scopriamo la grandezza di Dio capace di mostrarsi in una moltitudine di storie e di espressioni. Un’esplosione di colori e di luce. Noi siamo quelle pietre vive. Dio non vuole smussare quegli angoli che ci rendono diversi perchè perderemmo la nostra unicità. Dio vuole costruire con ciò che siamo la sua casa. Il nostro matrimonio è la sua casa. Anche la nostra piccola chiesa domestica è costruita con pietre vive. E’ costruita con Antonio, con la sua mascolinità, con la sua storia, il suo carattere, i suoi difetti e i suoi pregi. Ed è costruita con Luisa. Luisa completamente diversa da Antonio. Luisa che esprime la sua femminilità e la sua identità in tanti modi così diversi da Antonio. Ogni tanto vorrei che ragionasse e si comportasse in modo un po’ più simile al mio e più comprensibile. Poi, però, penso che mi ha affascinato e conquistato proprio perchè così diversa da me.  Che bello che, proprio perchè sono fatto così, con quegli angoli e quelle asprezze, sono perfettamente aderente alla mia sposa, anche lei pietra viva e unica. Una bellezza indicibile che viene dalla differenza. Siamo maschio e femmina, diversi nel corpo, nella sensibilità, nel pensare, nell’atteggiamento e in tutto, perchè il nostro essere sessuati investe tutto il nostro essere persone, spiriti incarnati. L’importanza della differenza, di essere pietre vive l’abbiamo scritta nel corpo. Dio ha voluto che solo due diversità potessero essere feconde. Dio non ama i mattoni. Dio ci vuole pietre vive e Gesù diventa pietra d’angolo, la pietra più importante per sostenere tutto. La pietra d’angolo è quella che salda due pareti diverse. Ecco noi siamo questo. Due diverse prospettive che sono saldate dallo Spirito Santo. Mentre scrivo queste cose mi commuovo. Penso alla mia sposa, alla bellezza inscritta nella sua femminilità. Nel suo essere donna riconosco una meraviglia, una ricchezza che riempie il mio sguardo e il mio cuore. Riconosco in lei un mondo che non mi appartiene, un mondo di una bellezza incredibile, affascinante e attraente. Attraverso il suo essere donna mi riconosco uomo e solo così il nostro incontro può essere fecondo di vita e di amore. Il più bel complimento che io possa fare alla mia sposa non è dire: mi ha reso simile a te. Sarebbe di una tristezza incredibile. Il più bel complimento che io possa farle è: Attraverso di te, attraverso la tua femminilità, il tuo amore, la tua persona sono diventato completamente uomo. Mi sento di essere ciò che sono e che sono stato creato per essere. Attraverso di te ho scoperto la libertà di scegliere e di vivere la vita che Dio ha pensato per me.

Naturalmente vale la stessa cosa per la mia sposa. Capite ora perchè Dio ama che la sua casa sia costruita con pietre vive e non con anonimi mattoni.

Antonio e Luisa

Corpus Domini. Un anniversario di nozze.

Oggi è la solennità del Corpo e Sangue di Cristo. Arriva subito dopo quella in cui si ricorda la Trinità. Domenica scorsa abbiamo ricordato Dio amore, Dio tre persone, ma un’unica sostanza, un unico amore. Dio come relazione intima e perfetta tra tre persone. Dio che non potrebbe essere che così. Dio è amore e l’amore può esistere solo nella relazione. Dopo aver approfondito tutto questo, oggi ricordiamo che una di quelle Persone si è incarnata, che Dio si è fatto uomo. Non solo 2000 anni fa, ma si rende presente anche oggi in ogni consacrazione. Nell’ostia e nel vino consacrati c’è la reale presenza di Cristo. Cristo che si fa carne. Cristo ci ha amato così tanto da scegliere questa modalità particolare per rendersi presente. Gesù desidera così tanto essere uno con noi che ha scelto di farsi mangiare. Fedeli di altre religioni non comprendono tutto questo. Ci deridono e forse ci biasimano. Per loro è inconcepibile un Dio così, che si fa piccolo, che si fa carne, che muore per noi e che addirittura si lascia mangiare. Noi abbiamo la grazia di averlo incontrato. Crediamo che tutto questo sia possibile perchè ci siamo sentiti amati e desiderati da Lui. Abbiamo incontrato un Dio che non ci ha imposto la sua signoria. Gesù è mio Signore perchè desidero con tutto il cuore che lo sia. Mi ha conquistato con il suo amore. Mi ha conquistato dando tutto per me. Mi ha conquistato quando non ha mai smesso di aspettarmi, anche quando io rivolgevo lo sguardo ad altro. Lui è il mio Signore perchè gli ho donato il mio cuore dopo che lui mi ha dato tutto senza chiedere nulla in cambio. Gesù stava celebrando un matrimonio in quell’ultima cena. Stava sposando la sua Chiesa nascente.  Matrimonio che si è concluso sulla croce. Matrimonio che ci consentirà di risorgere. Stava sposando ogni persona battezzata.Anche me e anche voi che leggete. Gesù ci ha mostrato come ama uno sposo. Così dobbiamo essere noi. Amare l’altro/a fino a farci mangiare da lui o da lei. Farci mangiare nel senso che noi abiteremo in lui/lei, saremo parte di lui/lei. Le sue preoccupazioni saranno le nostre preoccupazioni. La sua gioia sarà la nostra gioia. Il suo dolore sarà il nostro. La sua vita sarà anche la nostra. Saremo una carne sola e un cuore solo. Non ci dicono questo? Beato quello sposo (quella sposa) che riesce a vivere questo amore, con questa attenzione, questa dedizione e questa cura verso l’altro. Chi riesce è una persona che ha capito cosa davvero conta nella vita, ha capito cosa sia il matrimonio e si sta preparando al meglio ad incontrare quel Gesù che non desidera altro che accoglierlo in un abbraccio nuziale che durerà per sempre. Matrimonio ed Eucarestia sono due realtà imprescindibili una dall’altra. Almeno per noi cattolici. Sono sacramenti dell’alleanza. Attingendo all’Eucarestia, all’alleanza d’amore tra Gesù e noi, possiamo trovare forza, vita e amore per realizzare al meglio la nostra relazione sponsale. Guardando a come noi sposi ci amiamo (o dovremmo amarci), all’alleanza nuziale  tra un uomo e una donna, il mondo può capire qualcosa di più del mistero dell’Eucarestia. La festa del Corpus Domini è, in fin dei conti, un anniversario di nozze.

Antonio e Luisa

Bisogna saper perdere!

In quel tempo, Pietro disse a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».
Gesù gli rispose: «In verità vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo,
che non riceva gia al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna.
E molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi».

Ieri ho scritto di un altro passo di Vangelo (Mc 10, 17-27). La liturgia propone questa continuità proprio per evidenziare la differenza di comportamento e di conseguenze dello stesso. Il giovane ricco aveva tutto, ricchezza e riconoscimento sociale, ma non era felice, non aveva la pienezza. La vita non aveva un senso per lui. Tanto da recarsi da Gesù. Aveva visto in lui un’opportunità, ma non aveva avuto il coraggio e la forza necessari per un cambiamento vero.  Pietro, al contrario, non aveva più nulla, ma aveva guadagnato Cristo. Aveva lasciato il suo lavoro e la sua casa per seguire Cristo. Pietro era, al contrario del giovane ricco, felice. Aveva trovato un senso, aveva trovato Dio. C’è un altro passo del Vangelo molto attinente a questa Parola. Nel Vangelo di Matteo Gesù dice: Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

E’ tutto qui. La nostra vita matrimoniale è questo. Possiamo raccontarci tutte le storie e trovare mille scuse, ma la differenza tra una famiglia che funziona e una che scoppia è qui. Dobbiamo essere capaci di donarci ad un’altra persona. Farlo fino in fondo, senza risparmio. Dobbiamo essere capaci di farci dono, servizio, tenerezza, attenzione, ascolto, cura, preghiera per la persona che abbiamo sposato. In una sola parola dobbiamo essere capaci di farci amore per l’altro.

Nek, nella sua canzone Se non ami, riesce a racchiudere in una riga questa realtà:

L’amore chiede di esser libero alle volte e quando torna indietro ti darà di più.

Cosa significa lasciare libero l’amore? Nella mia esperienza si può spiegare molto semplicemente. Dobbiamo smetterla di legare tanti laccetti e catene al nostro amore. Dobbiamo smetterla di mettere condizioni e un prezzo al nostro amore. Dobbiamo smetterla di calibrare il nostro amore a quanto riceviamo. Come fosse una bilancia da mantenere in equilibrio. Se lui/lei mi dà poco anche io non darò di più. Tanti ragionano così, condannandosi alla miseria.  L’amore non si deve pesare, ma si deve donare generosamente al nostro sposo o alla nostra sposa. Dobbiamo smetterla di fargliela pagare e di fare ripicche per presunti torti ricevuti e dobbiamo smetterla di rinfacciare gli errori. Solo così, senza porre misura a ciò che non si può misurare, potremo costruire una relazione che, giorno dopo giorno, cresca sempre di più. Solo così, come dice Nek, l’amore tornerà indietro, tornerà indietro il centuplo di quel poco che siamo riusciti a dare.

Dirò di più! Il matrimonio ti aiuta a capire che perdere è bellissimo!

Il matrimonio ti insegna a perdere. Insegna a perdere e ad essere contenti di perdere. Perdere significa rinunciare a imporre la propria volontà, significa spostare il centro da noi all’altro/a, significa morire a se stesso per qualcosa di più grande e importante. Perdere non significa subire un compromesso con frustrazione, ma amare e capire l’altro. Nella coppia dobbiamo imparare a perdere. Quante incomprensioni e quante sofferenze perché ci chiudiamo sulle nostre posizioni e perché pensiamo di avere ragione. Due egoismi che si scontrano. Musi, ripicche e silenzi carichi di tensione: per cosa? Perchè la vogliamo vinta. Perchè ciò che è importante per noi non è la relazione ma avere soddisfazione, che l’altro/a si abbassi a noi e alla nostra volontà. Dobbiamo imparare a perdere, a perdere quell’io di troppo che non permette al noi di respirare. Vi assicuro che sono stato molto più felice quando ho perso, ma ho visto la mia sposa felice, che quando mi sono imposto, ma ho visto la rassegnazione nella mia sposa. Bisogna imparare a perdere Quando nella coppia si fa a gara per capirsi e venirsi incontro perdere sarà sempre una vittoria, una vittoria non dell’altro/a, ma del noi. La relazione (ciò che conta di più) si rafforzerà. Amarsi è così, è sempre un controsenso, è un farsi piccolo per crescere.

Don Fabio Bartoli, in una sua catechesi, ebbe a dire:

Quando tu sposo sei nella logica della famiglia, che il suo bene è il mio bene, capisci che la cosa più sana nelle discussioni è perdere.

Cosa importa aver ragione se rompi il rapporto?

Che bella una discussione dove ci si preoccupa di più di dar ragione all’altro che di aver ragione.

Anche vivere in questo modo è un cammino. I contrasti ci sono. Ma se si persevera ci si accorge che si cambia, che si diventa sempre più attenti alle ragioni dell’altro, che i musi durano sempre meno fino a scomparire, e che l’unica cosa che si desidera è ricostruire immediatamente quell’armonia che abbiamo rotto. Naturalmente non c’è nulla di meglio che pregare insieme per ritrovare immediatamente l’armonia perduta.

Antonio e Luisa

 

Rinunciare per avere la sola cosa che conta.

In quel tempo, mentre Gesù usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?».
Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo.
Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza».
Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi».

Questo brano del Vangelo che ci presentava la liturgia di lunedì è pazzesco. E’ pazzesco per quanto vada a toccare le debolezze umane. Mi sono sentito interpellato tantissimo. Il mio matrimonio è partito così. Con un desiderio molto forte, e con la volontà di viverlo secondo Dio, secondo la sua legge. Sempre cercando di mettere l’insegnamento della Chiesa come bussola per le nostre scelte. Eppure non decollava. Restava sempre difficile. Vivevo forti momenti di dubbio, di aridità, di sofferenza. Per un periodo ho messo in discussione tutta la mia scelta, la mia relazione e la decisione di aver subito cercato due bambini. Stavo male. Mi sentivo in gabbia. Mi sentivo incastrato. Mi sono sposato a 27 anni. Un’età “normale”, ma non tanto per il nostro tempo. Vedevo amici serviti e riveriti in casa dei genitori. Senza responsabilità se non pensare a loro stessi. Non riuscivo a vedere la bellezza di quel matrimonio in cui credevo fortemente quando ho detto il mio sì. Poi ho capito! Ho capito, non perchè io sia particolarmente perspicace. Ho capito perchè ho visto la differenza tra me e la mia sposa. Ho visto in lei la pace. Pace che non veniva dalla gioia che io potevo darle. In quel periodo probabilmente ero per lei più causa di preoccupazione  che non di gioia. Era una pace che veniva da una scelta più radicale della mia. Lei aveva messo il suo matrimonio prima di ogni altra cosa. Si donava totalmente a me e ai nostri figli. Anche quando io ero tutt’altro che amabile. Anzi, in quei momenti dava ancora di più per supplire alle mie mancanze. Allora ho capito! Ero un po’ come quel giovane del Vangelo. Non stavo dando tutto. C’era una parte di me che non voleva rinunciare ai “privilegi” della vita da single. Non volevo rinunciare a quelle che credevo essere le mie ricchezze. Non volevo rinunciare agli amici, al calcetto, alla tranquillità quando tornavo a casa. Leggevo tutta la mia vita come rinuncia a qualcosa che prima avevo. Ero così proiettato su quello a cui dovevo dire no che non riuscivo ad assaporare tutta il gusto di quella relazione così unica. Non riuscivo a scorgere la meraviglia di una donna che si offriva totalmente a me e per me. Che faceva di Cristo il centro di tutto.  Cosa ci può essere di più bello di questo? Lei era il dono più prezioso che Dio mi aveva fatto ed io, non solo non rendevo grazie, ma mi lamentavo per quel poco che mi aveva tolto. Solo quando sono riuscito anche io a fare questo salto, tutto è cambiato. Non ho dovuto, in verità, rinunciare a tutto. Mi è rimasto il tempo per il mio sport e per gli amici. Sono tutte cose, che però, hanno una nuova collocazione. Non sono più una priorità. Hanno preso il loro giusto posto. La priorità è la mia famiglia. Questo racconto del Vangelo io lo leggo in questo modo e in questo modo l’ho concretizzato nella mia vita.

Antonio e Luisa

L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto.

In quel tempo, Gesù, partito da Cafarnao, si recò nel territorio della Giudea e oltre il Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli l’ammaestrava, come era solito fare.
E avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: «E’ lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?».
Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?».
Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma.
Ma all’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina;
per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola.
Sicché non sono più due, ma una sola carne.
L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto».
Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse:
«Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei;
se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio».

Il Vangelo che ci presenta la liturgia di venerdì è assolutamente da commentare. Uno delle poche occasioni in cui si affronta il tema matrimoniale. Ed è Gesù stesso a parlare.

I farisei cercano di metterlo alla prova. Cercano di farlo esporre su un tema molto discusso nella società del tempo. Esistevano varie scuole di pensiero. C’era chi ammetteva il ripudio per casi molto gravi e circoscritti e c’era chi lo prevedeva per centinaia di motivi, anche i più futili. C’era qualcuno, molto pochi per la verità, che rifacendosi alle origini non lo prevedeva affatto. Gesù non cade nella trappola. Gesù rilancia con un’altra domanda: Che cosa vi ha ordinato Mosè? Mosè, la legge. Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla – rispondono i farisei. Gesù può adesso dare la stoccata decisiva: Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma all’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina. Gesù cosa vuole affermare con queste parole? Ci vuole rendere consapevoli che l’atto di ripudio era il male minore. Vuole tirar fuori l’ipocrisia del cuore umano. Il vostro cuore era troppo duro – dice. L’atto di ripudio era un modo per arginare il male dell’uomo. Per arginare i danni dell’egoismo umano. Non è un riconoscimento di verità in quel modo di agire. Dovete sapere che una donna cacciata era destinata all’emarginazione sociale e alla povertà assoluta. Poteva sperare di sopravvivere elemosinando o prostituendosi. Nulla di più. Parlo solo di donne perchè era facoltà esclusivamente maschile quella di ripudiare. L’atto di ripudio era quindi fondamentale. Restituiva dignità e giustizia alla donna cacciata. Attraverso l’atto di ripudio la donna era libera e “riabilitata” agli occhi della società. Poteva sperare in un nuovo matrimonio. Capite ora il significato di quello strumento giuridico? Non era un riconoscimento del divorzio come cosa buona, ma un modo per attenuarne gli effetti negativi sulla parte più debole. Gesù a questo punto risponde ai farisei e dice Ma all’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una sola carne.

Gesù non parla di leggi. Non dà ragione ad una corrente di pensiero o ad un’altra. Ad un rabbino o ad un altro. Gesù torna alle origini per rispondere. Gesù torna alla creazione, al cuore dell’uomo, a quello che Dio ha pensato per l’uomo prima della caduta e della corruzione del peccato. Gesù vero uomo, oltre che vero Dio, è venuto a riportare la situazione alla verità. Adesso potete capire. Io vi ho mostrato la verità dell’amore.

Solo con Gesù si è raggiunta la pienezza della carità e del perdono misericordioso a cui siamo chiamati. Pienezza delle origini che viene ripresa da Gesù anche per il matrimonio. Gesù, vero uomo e vero Dio, che attraverso il suo esempio, la sua testimonianza, il suo amore e soprattutto la sua forza redentiva scaturita dalla sua passione, morte e resurrezione, sembra dirci: ora non avete più scuse. Non solo ci ha mostrato come si fa, ma ci ha dato anche la forza per farlo. Non si accontenta più dell’atto di ripudio, del divorzio diremmo oggi, ma è morto in croce perchè noi potessimo fare altrettanto, se necessario. Ci ha mostrato la via, che è stretta e a volte dolorosa e ingiusta, ma è la sola via per vivere in modo autentico e pieno, senza accontentarsi di una via di mezzo che è tiepidezza e non sa di nulla. Come Gesù stesso dice, non è venuto ad abolire la legge ma a portarla a compimento. La crisi delle relazioni e dei matrimoni è figlia di una crisi ancora più grande: non riconosciamo più Gesù come Signore della nostra vita.

Giovanni Paolo II durante un’udienza del mercoledì ebbe a dire in una delle sue numerose catechesi sull’amore umano:

Quanto è significativo che Cristo, nella risposta a tutte queste domande, ordini all’uomo di ritornare … alla soglia della sua storia teologica! Gli ordina di mettersi al confine tra l’innocenza-felicità originaria e l’eredità della prima caduta. Non gli vuole forse dire … che la via sulla quale Egli conduce l’uomo, maschio-femmina, nel Sacramento del Matrimonio, cioè la via della”redenzione del corpo”, deve consistere nel ricuperare questa dignità in cui si compie, simultaneamente, il vero significato del corpo umano, il suo significato personale e “di comunione”?

Il Papa ci chiede un cambio di prospettiva. Non chiedetevi, come i farisei, se sia lecito ripudiare la persona che avete sposato. Dovete farvi un’altra domanda. Farla ogni giorno, in ogni momento. Ho fatto di tutto per cercare la comunione con il mio sposo o la mia sposa? Solo così, con la Grazia del sacramento, si potrà tornare all’amore delle origini e alla gioia dell’unione vera dei cuori e dei corpi. Non ci sarà spazio per la divisione e il divorzio.

Antonio e Luisa

Molte cose ho ancora da dirvi

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà.
Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà».

Quello che Gesù dice ai discepoli in questo passo del Vangelo, che ci viene offerto dalla liturgia odierna, ci riguarda tantissimo. Noi sposi siamo così. Ogni tanto ci penso. Quanta consapevolezza avevo il giorno delle mie nozze? Molto poca. Il matrimonio non può lasciarti uguale. Quando sento frasi del tipo Ti amo come il giorno in cui ti ho sposato/a, non posso che pensare che non sia possibile. Nel matrimonio sacramento non c’è lo stallo. Si sale o si scende. Si cresce o ci si indebolisce. Si perfeziona o si distrugge. Non si può restare gli stessi. Io, e lo dico con convinzione e certezza, amo molto di più la mia sposa oggi, dopo quasi 16 anni di vita insieme. Capitemi bene! Non è un crescere costante. Non è una retta che non ha mai cambi di direzione. Nel matrimonio si cade, si litiga, ci si allontana. Ci sono momenti difficili e di crisi. Guai a negarlo e a pensare che la famiglia perfetta va sempre d’accordo. La famiglia così è solo negli spot in tv, non nella vita reale. C’è qualcosa, però, che accade. Quando si cade e si riesce a vivere l’amore misericordioso anche in quei momenti di flessione, la caduta diventa una spinta. Una spinta per risalire più in alto di prima. Vivere il perdono, l’amore gratuito e incondizionato nei momenti difficili accresce l’amore e non lo distrugge. Questa è la differenza tra una coppia che regge e una che crolla. Nella prima si va oltre le miserie dell’altro e si ama sempre e comunque. Nell’altra, invece, la famiglia diventa luogo delle rivendicazioni, dei rancori che crescono, del rinfacciare e del non sapersi perdonare. Non servono grandi fratture per scoppiare. Bastano tante piccole scosse non affrontate nel modo giusto. Ed è così che lo Spirito Santo si manifesta e ci mostra la grandezza della nostra unione e relazione. In questi anni, in diversi corsi e ritiri, ci è capitato diverse volte di rinnovare le nostre promesse davanti al sacerdote. Ogni volta è più bella di quella precedente. Perchè c’è più amore e più consapevolezza. C’è una storia di esperienze di perdono e di accoglienza reciproca. Ci sono gesti che ci siamo donati impressi a fuoco nel cuore. Tutto questo mi permette oggi di comprendere l’importanza del mio si. Mentre il giorno delle nozze ero spaventato dalla promessa del per sempre oggi ne sono affascinato perchè ho visto pian piano svelarsi il disegno di Dio e la presenza dello Spirito Santo nel nostro amore sponsale. Ogni mattina ringrazio Dio per ciò che ha fatto nella nostra vita. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quante cose ci hai detto in questi anni di matrimonio insieme.

Antonio e Luisa

Rimanete nel mio amore

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.
Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando.
Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.
Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri».

Sul Vangelo di questa domenica si potrebbe scrivere un libro. E’ un sunto del messaggio evangelico. E’ la buona novella.

Vediamo punto per punto.

Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 

Per amare bisogna aver sperimentato l’amore. Gesù stesso non fa lo spaccone. Non si mette sul trono e non dice amatevi come io vi amo. Dice altro. Io vi amo in questo modo perchè io stesso sono stato amato dal Padre. L’amore non è qualcosa che ci diamo da soli. Saremo capaci di amare in profondità la nostra sposa o il nostro sposo solo quando  per primi avremo sperimentato un amore gratuito, incondizionato e senza fine. Quante persone dicono di amarsi e in realtà si stanno solo usando? Si stanno usando per colmare quel bisogno che hanno nel cuore? Per tante persone l’amore è prendere. Ti amo perchè mi fai stare bene. Non è questo il primo pensiero di tanti sposi? Poi facilmente tutto crolla, perchè l’altra persona non potrà mai soddisfare i nostri bisogni fino in fondo. Chi ha sperimentato l’amore gratuito di Dio sa abbeverarsi alla sorgente. E allora tutto cambia. La nostra attenzione non sarà più centrata su quanto l’altro ci fa stare bene, ma su quanto noi possiamo fare per far star bene l’altro. Vi rendete conto che tutto cambia? La prospettiva cambia. L’atteggiamento cambia. Vi assicuro che avviene un miracolo. Più io mi impegno a rendermi bello e accogliente per la mia sposa e più sarò gratificato dalla sua gioia. Questo amore che nasce nella relazione con Gesù, che esonda nella relazione con il tuo sposo o la tua sposa e che ritorna nell’argine del tuo cuore arricchito e perfezionato dal dono gratuito che sei stato capace di fare. Questo è l’amore che Gesù ci insegna. Questo è l’amore che Gesù ha portato nel mondo e nella storia con la sua vita. Un amore che più dai e quasi prechi per l’altro e più ti riempie. Un amore che più vuoi trattenere gelosamente e più perdi come se fosse in un secchio bucato.

Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 
Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». 

Gesù è molto più esigente di quanto può sembrare. Ha perfezionato il decalogo consegnato a Mosè rendendolo ancora più difficile. Gesù, infatti, ha detto anche: “Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento.”  Il comandamento nuovo di Gesù è molto più esigente di tutta la Legge conosciuta fino a quel momento. Gesù ha incarnato l’amore pieno e autentico nella sua vita. Le altre religioni si basano su una serie di precetti e regole da rispettare formalmente. La nostra no, la nostra è prima di tutto l’incontro con il Cristo, e da lì tutto cambia, perché quando ti senti perdonato, amato, desiderato, cercato, voluto e servito in quel modo dal tuo Dio, non sei più lo stesso, e rispondere a quell’amore diventa un’esigenza del cuore e l’unica via per vivere in pienezza. Ed è così che i comandamenti acquistano un valore positivo, diventano una bussola e un libretto delle istruzioni per non sprecare la vita e comprendere come rispondere a quell’Amore. E’ più facile dire non uccidere o amerai il prossimo tuo come te stesso? Sinceramente il primo mi è molto facile, non ho mai ucciso nessuno. Quante volte invece ho infranto il secondo uccidendo i fratelli con le mie parole, con un giudizio affrettato, con una condanna, con il mio disprezzo. Quante volte ho ucciso la mia sposa con una parola di troppo? Lo stesso gioco si può provare a pensare per tutti i comandamenti. Le richieste di Gesù sono molto più alte della Legge di Mosè,  ma riempiono la vita e il cuore. I farisei, spesso criticati da Gesù, non sbagliavano ad applicare le leggi, ma si fermavano all’applicazione senza capirne la finalità. Rispettare una legge, pur giusta, senza che questo porti ad una conversione all’amore autentico non serve a nulla, se non a sentirsi migliore di altri e giustificato e quindi superbo e sprezzante verso gli altri. Sepolcri imbiancati ed ipocriti. Vorrei fermarmi ora sul sesto comandamento. Cosa cambia, come si perfeziona il non commettere atti impuri con Amerai il prossimo tuo come te stesso? Cambia tutto. Si passa dalla forma al contenuto. Nel matrimonio l’amplesso fisico è un atto lecito anzi voluto e reso sacro da Dio. La forma quindi è salva ma lo è anche il contenuto, la sostanza, il cuore? Quel gesto è sempre frutto dell’amore? La legge dell’amore di Gesù non si accontenta, vuole di più. Vuole che in quel gesto ci sia tutto il nostro amore. Esige una purificazione del cuore e della mente, esige una lotta continua con l’egoismo e la lussuria. Esige che quel gesto non sia l’appagamento di due egoismi, ma l’incontro di due persone che nell’amore desiderano donarsi ed accogliersi reciprocamente. Capite la differenza? Quante volte nell’amplesso gli sposi hanno fantasie da realizzare usando l’altro/a e non desiderio di essere uno con l’altro. Questi sono tutti adulteri del cuore.

Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.
Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. 

Mettendo insieme i primi due punti che abbiamo affrontato possiamo comprendere questo passaggio.

Amare come Cristo significa dare tutto di noi. Dare tutta la nostra vita. Il matrimonio è questo. Solo il matrimonio esprime in pienezza questo. Io ho dato tutto alla mia sposa. La mia vita è sua e la sua è mia. Non come qualcosa da possedere, ma come un dono gratuito da accogliere con gratitudine e meraviglia ogni giorno della nostra vita insieme.

Qui mi fermo perchè ci sarebbe tanto da dire anche sul proseguo del Vangelo, ma non voglio dilungarmi

Antonio e Luisa

 

 

Nel mondo ma non del mondo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me.
Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia.
Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra.
Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».

Per tanti cristiani è così. Sono odiati, perseguitati e uccisi in nome di quel Gesù che è Signore della loro e della nostra vita. Anche noi, qui in Italia, siamo odiati. Anche in famiglia! Anche con gli amici! Il significato di quell’odiare può prendere mille sfaccettature. A seconda del contesto e delle traduzioni. In questo caso odiare sta per amare meno. Cosa voglio dire? Io, l’incomprensione, la commiserazione, a volte la rabbia di parenti e amici l’ho sperimentata sulla mia pelle. Essere cristiani e cercare di vivere in modo radicale l’abbandono a Gesù nella totalità del suo messaggio significa diventare dei marziani. In famiglia non capiscono le tue scelte e il tuo stile di vita. Ricordo benissimo quando abbiamo comunicato il concepimento dei nostri figli. Pietro, il primo, è stato accolto con gioia e festa da tutti. Tutti si sono complimentati con noi. Sposi novelli e in un anno già genitori. Il secondo, Tommaso, è stato concepito pochi mesi dopo la nascita di Pietro. In famiglia l’hanno presa, tutto sommato, bene. Due figli è ancora nella norma. Qualcuno ci ha tenuto a rilevare come questo secondo bimbo poteva aspettare un po’ di più ad arrivare. E via con i consigli. Quali metodi usate? Fai prendere la pillola a Luisa. Metti comunque il preservativo! Come? Usate i metodi naturali? Siete pazzi! Non funzionano. Vi dovremo regalare un pulmino. Poi, esattamente 15 mesi dopo Tommaso, concepiamo Maria. Apriti cielo! Siete pazzi! Come farete ora? Dovrete cambiare casa e auto! Ci avete pensato? Siete senza cervello. Non avete pensato alle conseguenze! Prendetevi un cane piuttosto!

Ne abbiamo sentite di ogni. Abbiamo incassato e portato a casa. Sicuri che la nostra scelta di vita fosse incomprensibile a tanti, ma fosse ciò che Dio voleva da noi. Tutti erano sinceramente preoccupati per noi. Poi arriva Francesco. Una tragedia, Un lutto. Musi lunghi tra tanti parenti. Ci guardavano come quelli che si erano scavati la fossa.

Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia.

Chi sceglie Gesù non è più del mondo. Fa scelte diverse. Scelte spesso incomprensibili e sbagliate anche per chi ci sta più vicino.

In un altro passo del Vangelo è scritto:

Non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a metter pace, ma spada. 35 Perché sono venuto a dividere il figlio da suo padre, la figlia da sua madre, la nuora dalla suocera;

Quanto è vero! Non a caso abbiamo avuto bisogno di unirci ad altre famiglie che potessero capire le nostre scelte e la nostra vita. L’intercomunione delle famiglie nasce per questo. Cristo divide. Almeno all’inizio. Dare testimonianza è questo. Dire, attraverso la vita, qualcosa che il mondo non dice. Significa essere incompresi e biasimati. Significa però mostrare al mondo qualcosa di bello. Ora nessuno critica più la nostra scelta. Hanno visto la gioia di una famiglia aperta alla vita e siamo spesso ammirati. Non siamo meglio degli altri. Semplicemente abbiamo scelto il meglio. Non abbiamo scelto il mondo con le sue scelte povere e ipocrite, ma abbiamo scelto Cristo.

Antonio e Luisa

 

Chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi.

In quel tempo, Gesù disse a Tommaso: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre?
Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere.
Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre».
Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio.
Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.»

Il Vangelo di ieri ci riporta al nocciolo del matrimonio sacramento. Gesù ci dice, tra le altre, due verità:

  • Chi ha visto me ha visto il Padre.
  • anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre.

Noi sposi siamo interpellati in modo particolare. Uno dei doni del matrimonio è l’azione consacratoria della Spirito Santo. Attraverso questo dono noi siamo abilitati ad amarci come Dio. Diventiamo profeti dell’amore di Dio. Siamo abilitati ad essere presenza e immagine dell’amore di Dio nel mondo. Guardando noi si dovrebbe comprendere qualcosa di Dio. Con tutti i nostri limiti creaturali. Voi ci credete? Credete in questa verità che ci insegna la nostra Chiesa? Oppure pensate che sia una bella favola?

Certo vi guardate e cosa vedete? Due persone piene di difetti, di fragilità, e anche di peccati. Le nostre case non sono sempre un paradiso. Eppure abbiamo questo in germe, in potenza. Dio ci ha dato tutto per essere profeti del suo amore, nonostante tutti i nostri limiti. San Giovanni Paolo II, consapevole della grandezza che si nasconde in noi sposi, scriveva, anzi urlava in Familiaris Consortio: Famiglia, diventa ciò che sei!

Papa Francesco, in Amoris Laetitia, integra questa affermazione. Non toglie nulla, ma aggiunge un passaggio fondamentale:

Tuttavia, non è bene confondere piani differenti: non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio come segno implica «un processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio

Qui, il Papa attuale fa una puntualizzazione importantissima: nonostante la Grazia, non si può gettare sopra i due sposi, che sono  fragili e limitati,  questo grandissimo e difficilissimo compito. Il Papa afferma che gli sposi iniziano, con la celebrazione del matrimonio, un cammino che li porterà sempre a una maggiore integrazione e apertura ai doni di Dio, alla Grazia. Ciò significa che la Grazia di Dio è in grado di riempire interamente  il nostro cuore, ma tutto dipende da quanto esso  è aperto all’azione divina e quanto è grande. Più si cresce nella capacità di amare e più la Grazia sarà abbondante e visibile in noi. Per rendere chiaro questo concetto Padre Raimondo Bardelli faceva un esempio. Ricordate le pellicole fotografiche di qualche anno fa? Credo di si. La fotografia non si imprimeva sulla pellicola con le immagini nitide e colorate, ma in negativo. Il chiaro appariva scuro e viceversa, tanto da rendere poco comprensibile il tutto. Ecco gli sposi il giorno delle nozze sono esattamente questo. Un negativo da sviluppare. Nella vita di ogni giorno, nel servizio, nel dono, nell’apertura all’altro/a, alla vita e al mistero di Dio, nell’intimità, nella fatica e nella gioia, il negativo si sviluppa e il nostro amore, la nostra unione, diviene sempre più chiaramente immagine di Dio. In noi e nella nostra vita si potrà scorgere qualcosa di meraviglioso. Pensiamo  ai tanti sposi santi che la Chiesa ci ha donato e sarà evidente la trasformazione da negativo a immagine verace di Dio. Pensiamo a Santa Gianna, i coniugi Quattrocchi o a Chiara ed Enrico Petrillo e tutto sarà evidente. Guardiamo il nostro sposo e la nostra sposa con questo sguardo, e cerchiamo di sviluppare sempre più il nostro matrimonio e la nostra vita insieme alla luce di tutto questo.

Antonio e Luisa

Il tralcio ha bisogno della vite.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo.
Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.
Voi siete gia mondi, per la parola che vi ho annunziato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me.
Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.
Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato.
In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Il Vangelo di oggi ci tocca particolarmente. Si, lo so. Lo dico sempre di tutti i Vangeli che commento. Il Vangelo è così. Non ti può lasciare indifferente. Se lo fa, significa che lo avete letto solo con gli occhi e non con il cuore.

Non abbiamo scampo! Cosa ci dice? Che se non portiamo frutto saremo tagliati. Che anche se portiamo frutto saremo comunque potati, per portarne di più. Ci dice che siamo puri per la Parola che Gesù ci ha donato. La Parola è lui stesso. Per finire, giusto per rafforzare il concetto, Gesù afferma: Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.

Quanto è vero!! Cerchiamo di capirci, però. Quando una famiglia, una coppia, si accorge se il tralcio a cui è legato il proprio matrimonio è vivo o è, invece, seccato?

Quando le cose vanno bene? No! Quando tutto fila liscio non ci rendiamo conto di nulla. Basta la nostra miseria, la nostra umanità fragile e ferita. Ci bastiamo, si sosteniamo spinti dalla forza dei sentimenti, delle sensazioni, delle emozioni. Ci sentiamo, per certi versi, onnipotenti. Siamo padroni della nostra vita, del nostro matrimonio. Abbiamo tutto sotto controllo. In questi momenti, in cui l’amore prende la forma di un cuore pulsante, tutto sembra facile. Non ci serve la vite. Il tralcio si basta. Crede di poter vivere staccato dalla sorgente della sua vita.

Poi, presto o tardi, arrivano le carestie, i temporali, le gelate. Quel tralcio, che pensava di bastarsi, non riesce più a nutrirsi e a proteggersi da solo. Le tempeste della vita ci toccano tutti. Sofferenze, crisi, lutti, divisioni e abbandoni, possono minare il nostro matrimonio. Ogni coppia di sposi ha le sue cadute, ha colpi della vita che appesantiscono la relazione e la rendono difficile da condurre in salvo. L’amore smette di essere un cuore pulsante e prende la forma di una croce. La coppia non si basta più. I pesi sono troppo gravosi per sostenerli. Serve la forza, il sostegno della vite. Bisogna tornare alla sorgente, alle radici della nostra unione e attingere lì. Bisogna tornare a Gesù Cristo che è salvezza e vita.

Non tutti sono capaci di tornare alla sorgente purtroppo. Chi ha vissuto un matrimonio lontano da Cristo e dalla Sua Legge, donataci dalla sua Chiesa, inevitabilmente seccherà. Non perchè un Dio cattivo lo punisce, ma perchè non si è educato a vivere alla presenza di Cristo e a chiedere il suo aiuto.

Chi, invece, ha aperto sempre più il cuore a Gesù, allo Spirito Santo, cercando di vivere un matrimonio nella verità degli insegnamenti della Chiesa e nutrendo la sua relazione dell’amicizia con Gesù nella preghiera e nei sacramenti, in quei momenti di forte difficoltà non perirà. Al contrario, porterà più frutto. Penso ai tanti sposi lasciati e comunque fedeli alla promessa. Che esempio e testimonianza grande! Penso agli sposi che accudiscono e accompagnano il coniuge all’incontro con Cristo nella malattia. Quanta tenerezza e cura! Penso agli sposi che accolgono un figlio diverso, malato o disabile. Quanta fecondità nella loro vita. Ci sono tanti esempi che potrei fare. Gesù non trasforma tutto in un cuore, in qualcosa di bello e desiderabile. La malattia, la sofferenza e i colpi della vita, nessuno li vuole. Gesù la croce non la toglie. Ti dà, però, la forza di portarla e di testimoniare, così, un amore che salva e che attira. Quante persone sono state affascinate e avvicinate a Gesù dalla storia di Chiara ed Enrico. Chiara Corbella non desiderava soffrire e morire. Desiderava una vita normale con suo marito. Chiara ha però accolto la croce e l’ha vissuta sostenuta da una pace e una forza non umane. Chiara ed Enrico avrebbero dovuto seccare per il colpo ricevuto. Invece stanno portando tantissimo frutto perchè erano una cosa sola con la vite. Gesù era in loro e con loro.

Pensiamoci e contempliamo la meraviglia della forza delle famiglie che sanno abbandonarsi a Gesù!!

Antonio e Luisa

Eravamo dei tralci secchi

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo.
Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.
Voi siete gia mondi, per la parola che vi ho annunziato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me.
Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.
Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato.
In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

In tutto il Vangelo, ogni versetto è da vivere, da sperimentare  nella nostra vita e nella nostra storia. Il Vangelo di questa domenica lo è in modo particolare, è più diretto ed evidente di altri passaggi.  Ci spiega come non ci sia nulla di più importante per noi sposi, tralci intrecciati che si nutrono dalla stessa sorgente, di restare aggrappati alla vite, Gesù.

Finchè abbiamo voluto fare di testa nostra, abbiamo sbagliato tutto,  ognuno di noi portava la propria esperienza, la propria personalità, la propria fragilità e inadeguatezza.  Avevamo un’idea di amore molto diversa, i nostri pensieri non coincidevano, anzi erano all’opposto.

La mia sposa era tutta Agape, amore spirituale e di sacrificio, io ero tutto Eros, amore passionale e carnale. Ognuno di noi si è scontrato con l’idea dell’altro e il nostro rapporto è stato spesso messo in discussione e in crisi.

Abbiamo capito, non so come, penso per Grazia, che entrambi stavamo sbagliando, e che senza un cambiamento presto ci saremmo separati. Abbiamo quindi deciso di affidarci a Gesù.

Non abbiamo fatto chissà quale esperienza mistica, nulla di tutto questo. Non abbiamo consultato veggenti, non abbiamo avuto apparizioni o chissà quale manifestazione sconvolgente. Ci siamo fidati e abbiamo capito che Gesù l’avremmo trovato nella sua Chiesa.

Scoprire la verità della Chiesa sull’amore umano, ci ha confermato che entrambi eravamo in torto, ci ha dato la forza di cominciare un cammino di vera conversione, personale e di coppia e da allora, da quando abbiamo deciso di rimanere incollati alla nostra vite, tutto è cambiato, noi tralci, prima secchi, abbiamo cominciato a dare frutto.

Da quel momento il nostro matrimonio si è trasformato in una storia stupenda,  perchè Gesù fa tutto nuovo e meraviglioso.

Antonio e Luisa.

Il nostro matrimonio come Cafarnao

In quel tempo, i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.
Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao.

Voglio iniziare dalla fine. Gesù disse questi insegnamenti a Cafarnao. Cafarnao città della Galilea, dove Gesù passo un po’ di tempo, iniziò la predicazione e fece numerosi miracoli. Cafarnao, in ebraico Kefar Nahum, ossia ‘villaggio della consolazione’, era una città della Galilea, affacciata sul lago di Tiberiade. Qui si tramanda che Cristo abbia iniziato le sue predicazioni: e se già Cafarnao era una città movimentata, con le folle da lui attratte pare sia diventata eccezionalmente caotica. Di qui scaturiscono i significati figurati.
Cafarnao rimanda a due diversi significati: consolazione e confusione.

Torniamo ora alla nostra relazione sponsale. Non è spesso paragonabile ad una Cafarnao? Non abbiamo tanta confusione in noi? Non abbiamo tanta insicurezza e tanti dubbi che ci portiamo dentro?  Gesù ci dice che Lui è la consolazione. In Lui possiamo trovare le risposte. In Lui possiamo affidare il nostro matrimonio e custodire il nostro amore. Tutto cambia con Lui. Per poterlo accogliere dobbiamo sfamarci e dissetarci con la Sua carne e il Suo sangue. Un rimando molto esplicito all’Eucarestia come nutrimento del nostro amore sponsale. Certo questo è vero. Io ci leggo, però,  qualcosa di più profondo ancora. L’Eucarestia senza consapevolezza non penso possa cambiare le cose. Se mi accosto all’Eucarestia senza un cuore affamato e assetato di quella carne e di quel sangue, lo Spirito Santo troverà la porta chiusa e resterà fuori. Come sentire questa fame? Sentendosi poveri. Se io sono pieno di me, se credo di bastarmi e di non aver bisogno di Gesù, quel sacrificio non mi tocca il cuore, e l’Eucarestia diventa cibo superfluo. Questo è il rischio di tanti sposi. Bastarsi e credere di non aver bisogno di nessuno, neanche di Dio. Quando, invece, hai la Grazia di riconoscerti povero, Dio può agire. Tu singolo/a puoi fare esperienza di Cristo. Voi coppia potete fare esperienza di Cristo. Potete stupirvi come nella pochezza di ciò che siete Gesù veda tanta bellezza. Tanto da morire per tirar fuori da voi ciò che lui vede nelle vostre grandissime potenzialità di uomini, di donne,  di sposi. Solo così mangiare la sua carne e bere il suo sangue sarà cibo e bevanda di salvezza e, io aggiungerei, di bellezza.

Dio può davvero portare la pace nella confusione della nostra Cafarnao, ma noi dobbiamo essere capaci di accoglierlo nella nostra vita, dobbiamo avere vera fame e vera sete di Lui.

Antonio e Luisa