Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente… ma non me ne sono accorto subito!

Dopotutto sono tutt’altro che immacolato, e sono pure condizionato dal quel cinismo necessario che fa andare avanti nel mondo ma che mi costringe a soffocare la parte più autentica di me, quindi quando qualcuno mi ha ricordato quali potevano essere queste cose grandi non gli ho creduto.

Quando ho frequentato le settimane di ritiro con Padre Raimondo Bardelli ho ricordato tante cose che avevo soffocato, ma grazie agli insegnamenti i valori importanti che avevo reso lontani e indefiniti sono tornati a fuoco e sono diventati basi solide sulle quali abbiamo costruito il nostro matrimonio. La natura dell’amore e le sue dinamiche, la vera sessualità, la castità nella sessualità, sono state bellissime riscoperte, sono diventate per me esigenze profonde e vive, avevo finalmente una consapevolezza nuova, ma non su tutto quanto. Gli argomenti più spirituali erano nuovi e non mi furono chiari; certo, erano spiegati in modo impeccabile, il loro significato era veramente qualcosa di affascinante e desiderabile, ma mentre quelli più materiali mi facevano esclamare “Wow! Ecco com’era! Così ho sempre desiderato amare!” questi altri mi lasciavano perplesso e non credevo davvero che fossero autentici. Era dura accettare il fatto che Dio agisse spiritualmente in me e che questo cambiasse la mia vita, non lo sentivo a livello di intuito. Il problema non è che non capissi o che mi venisse spiegato male, quando si parla di trascendente e non si hanno esperienze già fatte puoi essere anche Stephen Hawking e il tuo maestro potrebbe avere le capacità di Maria Montessori, di Don Lorenzo Milani e del prof. Keating de “L’attimo fuggente” messi insieme, ma non puoi capire, puoi solo accettare o no, quindi come prima reazione, non accettai.

Dopotutto si parlava di cose davvero incredibili, una in particolare era stupefacente e mi sembrò quasi un superpotere ( l’argomento è ad altissimo contenuto teologico, materia a me per lo più sconosciuta, quindi perdonatemi, la spiego “con parole mie”): con il sacramento del matrimonio, grazie all’azione trasformante dello Spirito Santo, gli sposi ricevono molti doni meravigliosi, che tutti insieme provocano un perfezionamento ed un aumento della capacità di amare così grande… da farla somigliare a quella di Dio!

Ecco, come avrei potuto crederci davvero? Cosa mi sarebbe mai successo se questo fosse stato vero? Avrei potuto superare le correnti gravitazionali, il tempo e lo spazio per non farci invecchiare? Avrei potuto scacciare tutte le inquietudini della mia sposa semplicemente con uno sguardo amorevole? (magari!!) Avrei addirittura avuto la facoltà di CAPIRE le donne? (questo sì che sarebbe incredibile!). Non ci credevo, io mi sentivo già al massimo: ero innamorato perso, capivo e sentivo mia ogni esigenza dell’amore autentico, compresa la castità prematrimoniale, volevo sposarmi con tutto il cuore, il corpo e l’anima ed ero certo che Dio ci avrebbe uniti grazie alla nostra scelta libera per vivere insieme tutta la vita qualunque cosa fosse successa. Non potevo concepire di amare più di così! … mi sbagliavo, e l’ho capito molto tempo dopo.

L’episodio: Valeria, a seguito di esami standard di prevenzione del tumore al seno, dovette fare una biopsia e nel periodo che passò tra le prime notizie preoccupanti ed il momento di ricevere i risultati entrò in una comprensibile angoscia; in questo tempo, diverse settimane, feci del mio meglio per consolarla. Dal punto di vista razionale avevo statistiche ci davano un quadro piuttosto confortante per casi come il suo e questo a parer mio avrebbe dovuto tranquillizzarla ma non era così, quindi aggiungevo tutto l’amorevole supporto che potevo, con tanti piccoli gesti e atteggiamenti, cercando di calibrare con delicatezza ogni parola, sguardo, gesto. Non potevo fare di più e mi struggevo vedendo che tutto questo non bastava.

Il giorno dei risultati andammo all’ospedale, attraversammo il giardino pieno di magnolie fiorite in un bel giorno di sole ma quando entrammo in sala d’aspetto trovammo l’ambiente freddo, asettico e silenzioso. Intorno c’erano altre donne, ferme e con lo sguardo basso, era chiaro che tutte quante stavano aspettando con lo stesso stato d’animo di Valeria, quello di chi aspetta una sentenza. Mi accorsi ancora che non contavano tutte le mie imperfette attenzioni, in quel momento sembrava che fossimo divisi e che una tragedia incombesse su di noi. Guardai fuori attraverso una finestra alta, si vedeva il giardino, illuminato dal sole, una bellissima magnolia con le foglie scure e lucidissime e in quel momento si attivò un “superpotere”: guardando al di là della finestra ebbi la netta sensazione che quella scena piena di vita fosse appunto “al di là”, io invece ero qui, in questa sala d’aspetto che sembrava l’anticamera della morte e capii che forse non avrei più rivisto una magnolia in fiore. Non “Valeria non avrebbe…” ma me stesso, Ranieri; tutto ciò che ero stato fino a quel momento avrebbe potuto morire lì, forse io non sarei uscito davvero da quella stanza.

Non mi resi conto subito che quello era un dono: avevo ricevuto la capacità di vivere la stessa identica angoscia della mia sposa, ben diversa da quella del marito angosciato all’idea di affrontare la tragica scomparsa della moglie, tutt’altro: la mia vita era quella della mia sposa e in quel momento condividevo tutto con lei, fino alla mia stessa vita. Avevo la prova che la mia capacità d’amare era stata trasformata ed elevata, ciò che sperimentavo era certo più grande di me, era inimmaginabile, era vera compassione, cioè partecipazione diretta alla passione della persona amata, e somigliava, in modo piccolo e imperfetto a quell’amore che ci ha creati e redenti tutti quanti.

È stato solo dopo aver riflettuto su questo episodio che ho compreso quanto fossero veri gli insegnamenti ricevuti, ed inoltre ho imparato che questo super dono, che ci consente di partecipare ai momenti di angoscia, ci permette ancor di più di partecipare ai momenti di gioia del nostro coniuge, in modo diretto e vivo. La cosa però che ho capito con maggior meraviglia è quanto siano meravigliosi e straordinari quei momenti in cui gli sposi, preparandosi con impegno, si ritirano nella loro intimità e con cura e tenerezza fanno a gara a donarsi gioia l’un l’altra, straordinari davvero, perché partecipando direttamente a ciò che donano moltiplicano la gioia del corpo e del cuore. Sono momenti preziosi, donati, in cui si può toccare per un attimo una scintilla di paradiso.

Per la cronaca: siamo tornati a passeggiare sotto le magnolie in fiore, vivi; in seguito ne abbiamo passate molte altre, altrettanto angoscianti e anche di più, ma la nostra vita continua ad essere partecipazione diretta alla vita dell’altro, e insieme, anche se in piccolo ed in modo imperfetto, a quella dell’Onnipotente.

Ranieri e Valeria

Cliccate qui per entrare nel gruppo whatsapp

Per acquistare il libro Sposi sacerdoti dell’amore cliccate qui

Per acquistare il libro L’ecologia dell’amore cliccate qui

Iscrivetevi al canale Telegram

Iscrivetevi alla nostra pagina facebook

Iscrivetevi alla pagina facebook dell’intercomunione delle famiglie

Un amore eterno. Ma in paradiso?

To read in English

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda:
«Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello.
C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli.
Allora la prese il secondo
e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli.
Da ultimo anche la donna morì.
Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito;
ma quelli che sono giudicati degni dell’altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito;
e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio.
Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe.
Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui». (Luca 20,27-38.)

Cerchiamo di contestualizzare questo Vangelo. Chi erano i sadducei? I sadducei erano l’elitè della società ebraico-palestinese del tempo di Gesù. Da loro proveniva quella classe dirigente e sacerdotale che spesso rappresentava gli ebrei di fronte ai romani. Erano pochi ma molto influenti. Non credevano, ed è quello che più ci interessa, nella vita eterna e nella resurrezione dai morti. Gesù, attraverso questa parola, ha voluto mettere in evidenza come su questo punto i sadducei sbagliano e conferma che siamo invece fatti per vivere in eterno. Dio non è il Dio dei morti, ma dei vivi. Questo blog aiuta a riflettere sulla nostra chiamata all’amore sponsale e questo Vangelo pone una questione importante. Come sarà la nostra vita nell’eterno di Dio? Come sarà la relazione tra gli sposi?

Non lo sappiamo come non sappiamo quasi nulla della vita eterna. E’ qualcosa che non ci appartiene ancora e che non possiamo comprendere. Ci sono però alcune riflessioni che possiamo fare assumendo alcune realtà e verità che conosciamo.

Il matrimonio è una vocazione. Attraverso il matrimonio possiamo rispondere all’amore di Dio. L’altro/a diventa mediatore tra noi e Dio. Amando l’altro/a possiamo amare Dio. Amando il fratello/la sorella che vediamo e che tocchiamo possiamo riamare Dio che non vediamo. Il matrimonio è un sacramento del corpo. Il corpo è parte integrante del matrimonio. Noi possiamo vivere il nostro matrimonio solo attraverso il corpo. Non basta la nostra parte più profonda e spirituale (la volontà, l’anima, il cuore) ma serve che l’amore che nasce nella nostra parte più profonda ed intima possa diventare visibile e concreto attraverso il corpo. Non c’è infatti matrimonio senza il primo rapporto fisico.

Da queste verità della nostra fede è chiaro che il matrimonio cessa con la morte. In paradiso potremo amare Dio direttamente senza più nessuna mediazione. Viene meno quindi lo scopo principale del matrimonio. Anche il nostro corpo sarà diverso, sarà trasfigurato, non sappiamo come ma sappiamo che sarà diverso. E’ quindi poco sensato e plausibile credere che la nostra sessualità possa essere vissuta come la viviamo ora.

Quindi non ci sarà più matrimonio, lo conferma anche Gesù, ma davvero possiamo pensare che i coniugi Quattrocchi, i coniugi Martin, Pietro e Gianna Beretta Molla, e tante altre coppie che hanno incarnato un amore matrimoniale stupendo poi non ne portino i segni anche nella vita eterna? Non ci credo. Di sicuro, più che una certezza è una speranza, resterà un’amicizia particolare. Sono sicuro che Luisa avrà un posto speciale nel mio cuore anche in Paradiso. Tutto quello che ho costruito con lei in questa vita non si cancella, non si resetta. Tutti i gesti di tenerezza, di cura, di intimità, di perdono, di ascolto, di presenza, di condivisione di gioie e dolori, tutte queste esperienze restano impresse in modo indelebile nel mio cuore. Il giorno della mia morte lascerò tutto qui in questa vita. Nella mia valigia porterò solo il mio cuore, l’amore dato e ricevuto e lei ne è parte integrante. Sono sicuro che il giorno del nostro matrimonio, il 29 giugno 2002, è iniziata una relazione che durerà per sempre. Nella vita eterna sarà sicuramente diversa e trasfigurata, ma ancora più bella e meravigliosa perchè vissuta nella luce e alla presenza di Dio.

Papa Francesco in Amoris Laetitia cita un’affermazione di Tommaso D’Aquino che potete leggere nella Summa contra Gentiles. Una frase che spiega in modo preciso tutto il senso di questo articolo: Dopo l’amore che ci unisce a Dio, l’amore coniugale è la «più grande amicizia». Credo che questo sarà vero  per sempre. Questa amicizia non ci verrà mai tolta.

Antonio e Luisa

Cliccate qui per entrare nel gruppo whatsapp

Per acquistare il libro Sposi sacerdoti dell’amore cliccate qui

Per acquistare il libro L’ecologia dell’amore cliccate qui

Iscrivetevi al canale Telegram

Iscrivetevi alla nostra pagina facebook

Iscrivetevi alla pagina facebook dell’intercomunione delle famiglie

Incontri in Paradiso nel giorno di ferragosto

…E’ appena terminata questa giornata.

Per alcuni è stata la festa di ferragosto, per altri è stata la Solennità dell’Assunzione al Cielo in Anima e Corpo della Beata Vergine Maria.

Abbiamo cercato di mettere insieme questi elementi…ed ecco pronta una storiella fatta di pura sogno. Buona lettura e, se volete, sognate insieme a noi!

Pietro e Filomena, “Sposi&Spose di Cristo”

+++

Siamo al 15 di agosto intorno all’anno 70 dopo Cristo.

Immagina…anche oggi è ferragosto. Alcuni sono andati al mare e altri hanno preferito fare una grigliata in montagna.

Altri…i più poveri in spirito…come spesso accade sono rimasti a casa a sognare.

Ed hanno fatto questo sogno: l’Assunzione di Maria.

Ed eccola Maria che fa il Suo ingresso trionfale al cospetto di Dio tra schiere infinite di Angeli che inneggiano e santi che esultano…si respira tanta santa euforia tra le pieghe dei cieli dei cieli.

C’è gioia ovunque e il Paradiso, se questo fosse possibile, non è mai stato così bello!

Poi, verso sera, quando la festa si fa più mite e i cherubini cantano i vespri a Dio Altissimo…ecco che lì, in un angolo di Paradiso la Beata Vergine Maria e il suo sposo Giuseppe si rincontrano e si guardano.

Sanno bene che in Cielo non ci sono più vincoli matrimoniali, infatti lì nessuno prende moglie o marito…ma Maria e Giuseppe si vogliono ancora tanto, tanto bene.

L’incontro è carico di dolcezza nei ricordi di quanto hanno condiviso nella vita terrena e carico di attese per tutto quello che ancora vivranno insieme per l’eternità.

Una lacrima calda di profonda Gioia e Pace scende sul viso corporeo di Maria.
L’anima di Giuseppe la raccoglie e le dà un bacio, in attesa di risorgere anche lui per poter stringere tra le sue braccia la sua Sposa dolce e bella come sempre.

+++

Spesso immaginiamo il Paradiso come una realtà statica, in cui tutto è compiuto nella pienezza della Gioia.

Noi ci chiediamo: nell’eternità ci sarà ancora posto per le piccole gioie? …perché no!

Un abbraccio a tutti voi e che Maria e Giuseppe custodiscano tutte le famiglie 

+++

Se ti è piaciuto quanto hai letto, condividilo sui tuoi social!

Se vuoi conoscerci meglio:

Puoi visitare il nostro Blog cliccando qui: Blog “Sposi&Spose di Cristo”

Puoi visitare la nostra pagina Facebook cliccando qui:Facebook “Sposi&Spose di Cristo”

Puoi iscriverti al nostro canale Telegram cliccando qui:Telegram “Sposi&Spose di Cristo”

+++

Grazie, “Il Signore ti dia Pace!”

Cos’è il paradiso? L’abbraccio degli sposi.

Cosa è il paradiso? Come è? Domanda difficilissima. Tanti mistici e veggenti dicono di esserci stati. Non so se sia vero oppure no. Non è importante adesso. Certo è che quando lo hanno descritto hanno usato immagini molto terrene. L’unico modo per rendere l’idea di cui potevano avvalersi. Noi sposi non abbiamo bisogno di ascoltare i racconti di queste persone. Noi sposi possiamo fare esperienza reale del paradiso. Per pochi secondi, ma esperienza di vero paradiso. Dice il mio parroco che questa terra non è il luogo della pienezza, la pienezza appartiene solo al Cielo, ma possiamo farne esperienza. Sono d’accordo. Possiamo trattenere la gioia piena per un attimo prima di vederla scivolare via. Come? Possiamo farne esperienza nell’incontro intimo. Credete che stia esagerando? Seguitemi nel discorso. L’unione sessuale nel racconto jahwista della Genesi è identificata con la conoscenza. Non a caso Maria quando risponde all’angelo dell’annunciazione, avendo questa consapevolezza nella tradizione del suo popolo, dice Come è possibile? Non conosco uomo. Conoscenza come incontro intimo tra un uomo e una donna. Don Carlo Rocchetta ci insegna che, secondo la tradizione semitica, questa conoscenza è collegata direttamente a Dio Creatore. Sicuramente perchè in quella concezione di conoscenza c’è la possibilità di partecipare alla creazione del Dio della vita attraverso il concepimento, ma non è solo questo. L’incontro intimo tra un uomo e una donna. uniti sacramentalmente in matrimonio, apre al trascendente. Cosa significa? Che nel dono totale dei cuori  e dei corpi i due sposi fanno un’esperienza, del tutto unica e specifica del loro stato, di Dio. Incontrano Dio nella loro relazione. Quindi fanno esperienza di paradiso. Paradiso che sappiamo essere la visione beatifica di Dio. Stare alla presenza di Dio. Sembra un concetto molto astratto. Mi rendo conto che è così. E’ difficilissimo raccontarlo. Sono altrettanto convinto però che gli sposi cristiani possano capire bene quello che ho cercato di dire. Se noi sposi siamo capaci di donarci completamente l’uno all’altra, in modo ecologico (umano), casto e rispettoso delle nostre sensibilità. Se riusciamo a vivere in questo modo il nostro rapporto intimo potremo fare una vera esperienza di Dio in quel dono reciproco. Quando? Quando una volta finito il rapporto  ci abbandoniamo all’abbraccio finale. Abbraccio che significa comunione profonda e condivisione perfetta del piacere e dell’unione appena sperimentati. In quell’abbraccio abbiamo tutto, facciamo esperienza della pienezza, non ci manca nulla. Per un attimo abbiamo tutto. C’è Dio tra noi e lo sentiamo in modo molto concreto e sensibile. Tanto che spesso scende anche qualche lacrima. Un’esperienza di cielo sulla terra. Poi si torna sulla terra, ma permangono i frutti di quell’incontro d’amore. Frutti che resteranno nel nostro cuore e ci doneranno  forza e nutrimento per affrontare al meglio le sfide della vita e per amarci meglio e di più.

Antonio e Luisa

Cliccate qui per entrare nel gruppo whatsapp

Iscrivetevi al canale Telegram

Iscrivetevi alla nostra pagina facebook

Iscrivetevi alla pagina facebook dell’intercomunione delle famiglie

Sotto il melo ti ho svegliata

Sotto il melo ti ho svegliata;
là, dove ti concepì tua madre,
là, dove la tua genitrice ti partorì.

Questi versetti sono un meraviglioso inno alla donna. Un inno alla sua femminilità. Perché affermo questo? Il melo è segno dell’albero dell’amore. Capite ora perché il frutto proibito di Adamo ed Eva nell’iconografia e nell’arte è spesso rappresentato come una mela. Ci sono varie ipotesi. Questa è una delle tante. Sotto il melo ti ho svegliata. Nel segno dell’amore, amata mia, nella nostra intimità d’amore, tu hai preso coscienza di chi sei. Nella relazione intima e profonda con me, una creatura complementare e diversa, con un uomo. Nel momento dell’intimità, vissuta in un abbandono autentico d’amore, la donna è pienamente se stessa. E’ libera di essere se stessa e di lasciarsi abbracciare dallo sguardo di meraviglia dell’uomo che la fa sentire bella per quello che è e per come è fatta. Attraverso il suo corpo la donna esprime tutta la sua capacità di accoglienza. La donna nell’intimità vissuta nella verità d’amore scopre che l’essere accogliente non la rende vulnerabile, ma la rende pienamente se stessa. Là, dove ti concepì tua madre. Un altro rimando meraviglioso alla grandezza della donna che nello scoprire la sua piena identità, nel generare se stessa, diventa generatrice di nuova vita. La vita si forma nel grembo della donna. L’utero diventa luogo santo e luogo di creazione. Oggi, che la maternità è vista come un intralcio alla realizzazione della donna, il Cantico richiama fortemente su questo punto. Donna se vuoi essere realizzata, se vuoi essere pienamente te stessa, riscopri la tua capacità di farti accogliente per l’uomo e per la vita. Là, dove la tua genitrice ti partorì. Come momento conclusivo c’è la nascita. La vita che vede la luce e diventa luce per il mondo. Ogni nuova vita è motivo di speranza per il mondo. Quindi tre immagini fortissime. Tre valori fortissimi legati tra loro e alla femminilità della donna. L’atto sessuale come momento d’amore e come risveglio della persona stessa. La donna come luogo dove si concepisce la vita. Infine la donna come luogo dove si annuncia la nascita. Questo è l’uomo che lo canta alla donna con meraviglia e stupore. Come per dire: Tu sei questo amata mia. Lo dice con grande ammirazione. Vede nella donna una grandezza che lui non ha. E la canta. Ne è affascinato e attratto irresistibilmente. In te amata mia cara c’è il luogo dell’amore e la sorgente della vita. Non a caso la creatura più bella e più grande è Maria, una donna, una donna pienamente donna. Come scrive Dante nel Paradiso: la più umile e la più alta di tutte le creature. Già! E’ la più grande proprio per essere stata donna fino in fondo. Ha accolto la vita in sè. Si è fatta grembo per dare alla luce il Figlio di Dio. Di nuovo un richiamo a Genesi. Di nuovo una nuova redenzione e guarigione del peccato originale. In Genesi tra le conseguenze che Dio preannuncia alla donna c’è anche: Partorirai con dolore. Qui non è più così. Qui non è più qualcosa da temere, ma da accogliere con gratitudine e gioia per riscoprirsi pienamente donna. Per riscoprirsi la creatura più bella che ci sia. Come ebbe a dire Papa Francesco nel 2017:

La donna è l’armonia del creato. La donna è il grande dono di Dio, capace di portare armonia nel creato. Mi piace pensare che Dio abbia creato la donna perchè noi tutti avessimo una madre. E’ la donna che ci insegna ad accarezzare, ad amare con tenerezza, che fa del mondo una cosa bella.

Capitemi bene! Non voglio certo dire che la donna deve stare solo in casa tra fornelli e panni da lavare. Sia chiaro! Non deve però sacrificare ciò che è per qualcosa che conta e vale di meno. Ci sono tante professioniste donne nel mondo del lavoro che sono anche mogli e madri. Proprio perchè sono mogli e madri portano una ricchezza nella società in cui vivono e nella loro professione che solo loro possono portare in quanto pienamente donne.

Giovanni Paolo II spiegava benissimo questa verità nella sua Lettera alle donne del 1995:

Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l’indispensabile contributo che dai all’elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del « mistero », alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità.

Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani.

Antonio e Luisa

Clicca qui per entrare nel gruppo whatsapp del blog

Iscrivetevi al canale Telegram del blog

Un istante che sia eterno

In quel tempo, vennero a Gesù dei sadducei, i quali dicono che non c’è risurrezione, e lo interrogarono dicendo:
«Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che se muore il fratello di uno e lascia la moglie senza figli, il fratello ne prenda la moglie per dare discendenti al fratello.
C’erano sette fratelli: il primo prese moglie e morì senza lasciare discendenza;
allora la prese il secondo, ma morì senza lasciare discendenza; e il terzo egualmente,
e nessuno dei sette lasciò discendenza. Infine, dopo tutti, morì anche la donna.
Nella risurrezione, quando risorgeranno, a chi di loro apparterrà la donna? Poiché in sette l’hanno avuta come moglie».
Rispose loro Gesù: «Non siete voi forse in errore dal momento che non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio?
Quando risusciteranno dai morti, infatti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli.
A riguardo poi dei morti che devono risorgere, non avete letto nel libro di Mosè, a proposito del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe?
Non è un Dio dei morti ma dei viventi! Voi siete in grande errore».

Questo Vangelo mi mette in crisi. Come tutte le crisi è un’opportunità per andare più a fondo. Per entrare in profondità della mia vocazione matrimoniale. Ho un desiderio dentro di me, desiderio costitutivo di ogni essere umano. Il desiderio del per sempre. Di vivere per sempre. Di amare per sempre. La morte è uno scandalo. Non siamo fatti per morire. Siamo fatti da Colui che è vita, amore, pienezza. Siamo fatti a sua immagine. Anche nel matrimonio sento questa chiamata al per sempre. Leggere queste parole di Gesù mi provoca disagio. Vorrei che la mia relazione con Luisa riuscisse ad andare oltre questa vita, avesse un orizzonte eterno. Gesù ci dice che non è così. Saremo come gli angeli. Gli angeli che sono puri spiriti. Cosa significa questo? Che avremo un corpo. Su questo non c’è dubbio. Non sarà più necessario, però, un matrimonio. Non sarà più necessaria una mediazione tra me e Gesù. Lo potrò amare direttamente. Questa riflessione ci permette di comprendere ancora di più quanto sia importante, invece, il nostro sposo e la nostra sposa in questa vita. In questa vita possiamo vivere e sperimentare momenti di eternità e di paradiso attraverso la persona che abbiamo al nostro fianco. Quando due sposi si amano in modo autentico e si manifestano in modo sensibile questo amore stanno facendo esperienza vera dell’amore di Dio. Quando io abbraccio la mia sposa è l’abbraccio di Gesù per lei. Quando io bacio e carezzo la mia sposa è il bacio e la carezza di Gesù per lei. Quando io l’accolgo si sente accolta da Gesù. Così in tutto. Non perchè io sia come Gesù, sia chiaro. Non ho questa superbia. Non mi sento un superuomo. Sono sicuro di questo perchè sto scoprendo sempre più cosa sia il matrimonio, e quali realtà naturali e soprannaturali comporti. Certo, in modo molto limitato, per quanto un uomo possa comprendere la grandezza di Dio, ma già resto a bocca aperta così. Nella nostra relazione c’è la presenza reale di Gesù che si manifesta all’uno attraverso l’altra, e viceversa. Bellissimo. Ecco perchè l’amplesso fisico tra due sposi è santo.  Perchè è il momento più alto e più bello con il quale gli sposi possono fare esperienza sensibile, non astratta, della gioia e della pienezza, nel dono totale del corpo. La Chiesa ha sempre compreso la potenza di questo gesto, ma solo ora, dopo un cammino di secoli sta arrivando a comprenderne anche la santità e il significato profondo. Chi ne ha fatto esperienza davvero lo sa. Gli sposi che lo hanno vissuto autenticamente hanno fatto un’esperienza di cielo. Hanno provato per qualche istante quella pienezza che ci sarà solo nei cieli. Un assaggio di cielo.  Per qualche istante non hanno avuto altro desiderio che quel momento non finisse mai, perchè erano immersi nell’amore. Questo è il paradiso. Un istante che sia eterno. Tornando alla Parola come posso concludere? Sicuramente non esisterà più lo stesso rapporto tra la mia sposa e me. Non avremo più bisogno di amarci come ci amiamo qui, nel modo che abbiamo ora. Saremo immersi nell’abbraccio di Cristo. Ho però una sicurezza! Luisa continuerà ad essere una persona speciale per me. Il cammino che abbiamo affrontato insieme e l’amore che ci siamo dati non sarà cancellato e vederla nella gioia con Cristo mi darà ancora più felicità e bellezza.

Antonio e Luisa

L’inferno è dentro di noi, non fuori

Una bellissima storia, molto conosciuta, con la quale spiegare ai nostri figli cosa significa inferno e paradiso. Penso sia di Bruno Ferrero anche se non ne sono sicuro.

Ha il pregio di far comprendere ai bambini che inferno e paradiso non sono un luogo, ma sono piuttosto uno stato. Basta, dire che l’inferno è un luogo di tormenti e di sofferenza. Dio è un Padre buono e lo ha dimostrato quando Gesù è morto in croce per ognuno di noi. Dio ci vorrebbe tutti salvi, ma non può. Dio è onnipotente, ma non ci può salvare tutti. Un ossimoro. Già, perchè l’inferno è una nostra decisione. Una vita che pian piano è scesa verso la corruzione non sopporta l’amore di Dio e lo rifiuta. Questo è l’inferno, non sopportare la presenza di Dio e, di conseguenza, la presenza delle altre persone. Ecco la storia:

Un sant’uomo ebbe un giorno da conversare con Dio e gli chiese:

Signore, mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e l’Inferno“.

Dio condusse il sant’uomo verso due porte. Ne aprì una e gli permise di guardare all’interno. C’era una grandissima tavola rotonda. Al centro della tavola si trovava un grandissimo recipiente contenente cibo dal profumo delizioso. Il sant’uomo sentì l’acquolina in bocca.

Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall’aspetto livido e malato. Avevano tutti l’aria affamata. Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi, attaccati alle loro braccia. Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un po’, ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio non potevano accostare il cibo alla bocca.

Il sant’uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze.

Dio disse: “Hai appena visto l’Inferno“.

Dio e l’uomo si diressero verso la seconda porta. Dio l’aprì. La scena che l’uomo vide era identica alla precedente. C’era la grande tavola rotonda ed il recipiente che gli fece venire l’acquolina in bocca. Le persone intorno alla tavola avevano anch’esse i cucchiai dai lunghi manici. Questa volta però erano ben nutrite e conversavano felici tra di loro, sorridendo.

Il sant’uomo disse a Dio: “Non capisco!

È semplice” – rispose Dio – “essi hanno imparato a nutrirsi reciprocamente, gli uni con gli altri. I primi invece pensano solo a loro stessi.

Morale: Inferno e Paradiso sono uguali nella struttura. La differenza la portiamo dentro di noi.

Per concludere riporto l’immagine che mi ha raccontato mia figlia Maria. I bambini a volte riescono a sorprenderci e a vedere più chiaramente di quanto riusciamo a fare noi adulti.

L’inferno è un luogo brutto, rosso, dove c’è sempre la pioggia e le persone sono tristi e si arrabbiano sempre. Non si guardano ma si danno le spalle perché non si sopportano e sono sole.

Il paradiso è bellissimo. C’è sempre il sole tranne qualche volta che nevica per poter giocare con la neve. Tutti si vogliono bene e tutti vogliono bene a Gesù che è lì con loro. Tutti si aiutano, il più grande aiuta il più piccolo, e tutti sono sorridenti. Quando qualcuno prega un santo, tutti pregano insieme a lui per aiutarlo ad aiutare chi lo ha pregato.

E’ come una famiglia.

Per quanto mi riguarda è una delle più belle descrizioni che abbia mai sentito. Maria la mia piccola principessa, oggi mi ha sorpreso e insegnato qualcosa.

Antonio, Luisa e oggi anche Maria.

E’ come una famiglia.

Oggi scrivo per condividere con voi, l’idea di inferno e paradiso che Maria, la mia terza figlia di 9 anni mi ha espresso, senza un motivo o una richiesta particolare. Stavamo tornando a casa da scuola e lei l’ha detta come per rendermi partecipe della conclusione di un suo ragionamento.

L’inferno è un luogo brutto, rosso, dove c’è sempre la pioggia e le persone sono tristi e si arrabbiano sempre. Non si guardano ma si danno le spalle perché non si sopportano e sono sole.

Il paradiso è bellissimo. C’è sempre il sole tranne qualche volta che nevica per poter giocare con la neve. Tutti si vogliono bene e tutti vogliono bene a Gesù che è lì con loro. Tutti si aiutano, il più grande aiuta il più piccolo, e tutti sono sorridenti. Quando qualcuno prega un santo, tutti pregano insieme a lui per aiutarlo ad aiutare chi lo ha pregato.

E’ come una famiglia.

Per quanto mi riguarda è una delle più belle descrizioni che abbia mai sentito. Maria la mia piccola principessa, oggi mi ha sorpreso e insegnato qualcosa.

Antonio e Luisa