Non posso buttare un dono tanto grande

Di seguito una testimonianza a mio parere meravigliosa. Meravigliosa anche se colma di sofferenza. Alessandra è una donna che ha deciso di amare davvero. Ha deciso di continuare ad affidarsi a Gesù e al dono del matrimonio che ha ricevuto. Anche se suo marito ha un’altra vita e un’altra donna. Io non so se il suo matrimonio fosse nullo. Sarebbe stato molto difficile appurarlo, visto i tanti anni di matrimonio già alle spalle e la presenza dei figli. La sua resta comunque una scelta di sacrificio e d’amore che non può non essere luce per tutti.

Buongiorno Antonio, ti seguo sempre con piacere e condivido molti dei tuoi post con qualcuno della mia parrocchia. Non so se ti ricordi di me, un giorno ti ho scritto che sentivo fortemente il peso del mio matrimonio fallito e che avrei voluto strapparmi di dosso questo matrimonio. Sai, ho intrapreso la strada per verificare la nullità del mio matrimonio, ho parlato con un sacerdote e con un avvocato, ma nel frattempo, parlavo soprattutto con Dio. Arrivò il giorno in cui l’avvocato mi fece sapere che era tutto pronto per iniziare l’iter di nullità matrimoniale. L’indomani mi disse che avrebbe presentato i documenti al tribunale. Lì, ebbi un ripensamento. Le dissi di aspettare ancora qualche giorno, non ero più sicura.

Ebbene, la domenica successiva, mentre eravamo in parrocchia a fare le prove del coro, fra una messa e l’altra, entrò in chiesa una coppia di sposi. Nella messa successiva avrebbero festeggiato il loro cinquantesimo anniversario di matrimonio. Ci chiesero di cantare per loro. Vuoi sapere cosa è successo? Il sacerdote durante l’omelia parlò loro del “dono” del matrimonio ricevuto dal Signore e che loro di questo dono, insieme a Dio, ne avevano fatto cose grandi.

Ecco, io ho sentito forte dentro di me la parola “dono”. Il Signore mi aveva accontentata donandomi il matrimonio, la famiglia, i figli e tanto altro ancora. Ed io cosa volevo fare? Volevo far finta che mai nulla fosse accaduto? Mi venne in mente un piccolo pensiero parallelo: sarebbe stato come se io avessi fatto un regalo prezioso a mio figlio e lui lo avesse buttato! Io mi sarei dispiaciuta molto!

Ebbene, non ho mai più telefonato all’avvocato, i miei documenti non sono mai stati presentati, mio marito continua a vivere la sua vita, io continuo a pregare il Signore che riempia con il Suo Amore questo vuoto che sento. Parliamoci chiaro, il vuoto c’è, l’amore è necessario per vivere, forse non sono pronta a “sentire” l’Amore del Signore (quell’Amore che tutto avvolge), per fortuna ci sono i miei figli, ma loro andranno via ed io mi farò “grande”.

Chissà se mai sarò “amata” su questa terra, di un amore vero e completo! Ma sai, sono felice di aver preso questa “croce” e avere la consapevolezza che non è poi così pesante, se non in alcuni momenti. So che c’è un motivo per tutto questo perché “tutto concorre al bene di coloro che amano il Signore” (San Paolo – Romani) , ma spero sempre in un miracolo.

Antonio e Luisa

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Chi è Gesù per noi?

Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno.
Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai».
Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l’uomo potrà dare in cambio della propria anima?
Poiché il Figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni.

Matteo 16, 21-27

Qui casca l’asino! Pietro pensa e dice esattamente quello che diremmo tutti noi (dai quasi tutti). Pietro pensa che Gesù, essendo figlio di Dio, sarà sicuramente protetto da ogni male e da ogni dolore. Pietro pensa così di manifestare la sua grande fede in Gesù. Gesù lo stronca immediatamente. Non lo stronca perchè vuole ferirlo ma per metterlo in guardia. Perchè vuole bene a Pietro e sa che dietro quei pensieri si nasconde un grande pericolo. Pietro potrebbe credere di essere lui stesso al riparo da ogni male in quanto discepolo di Gesù, per la sua fede. E succederà proprio così. Lo dimostra il comportamento di Pietro che poco tempo dopo rinnegherà per ben tre volte Gesù.

Pietro siamo noi. Anche noi ci siamo sposati con un’idea che ci frullava nella testa. Con l’idea che la nostra fede e il sacramento del matrimonio ci avrebbero protetto da ogni male. Che il nostro matrimonio ci avrebbe donato sempre gioia e pace. Invece non è così.

Gesù è categorico. Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.

Gesù non ci promette nulla di tutto questo. Anzi ci ricorda che la croce prima poi arriverà per tutti. Come è inevitabile che sia. Credere che Gesù ci preserverà da ogni male equivale a ridurre la nostra fede a pura scaramanzia. Significa dare alla croce che portiamo al collo lo stesso significato del gobbo e del cornetto rosso che vendono a Napoli.

Invece quella croce che abbiamo al collo significa altro. Significa dono totale. Portare quella croce al collo significa voler amare come Gesù. Gesù che su quella croce è morto e attraverso quella croce ha fatto ad ognuno di noi il dono più grande di tutti. Ha donato se stesso per donare a noi la salvezza. Ecco questo è quello che Gesù sta cercando di far comprendere a Pietro e ad ognuno di noi.

Se saremo capaci di rinnegare noi stessi per non rinnegare Cristo. Per non rinnegare il suo sacrificio e il suo modo di amare, se saremo capaci di questo non solo non perderemo la nostra vita ma la acquisteremo. Già perchè la nostra vita sarà finalmente libera, e noi saremo capaci di accogliere ogni cosa ci capiterà, non con la paura di chi non vuole perdere il poco che possiede, ma con affidamento a Colui che dà senso ad ogni cosa e che apre il nostro orizzonte alla vita eterna.

Antonio e Luisa

Torniamo alle origini del nostro matrimonio!

I sacramenti sono uno strumento dirompente che abbiamo a disposizione e, in molti casi, ne facciamo scarso uso. Perchè questo? Perchè in fondo non ci crediamo tanto. Mi ci metto anche io che faccio una gran fatica ad entrare nella realtà trascendente dei sacramenti. Eppure, se ci pensiamo un attimo, essi sono davvero un dono immenso che Gesù ci ha dato. Traggono forza da Lui direttamente, dal Suo sacrificio sulla croce, dove ha pagato per tutti. Ha pagato per salvarci. Cosa significa salvarci? Significa ridonarci lo sguardo delle origini. In tutta la nostra vita. Lo sguardo di chi era in armonia con Dio Padre e con i fratelli. Ecco, Gesù è morto in croce per restituirci quello sguardo.

Questo è vero in ogni ambito della nostra vita. Lo è ancor di più nel matrimonio, perchè la relazione sponsale stessa è sacramento perenne dove Gesù è presente in modo reale e misterioso, in modo simile all’Eucarestia. Due sposi hanno questa grande possibilità di tornare ad avere l’uno per l’altra lo sguardo di Dio.

Ecco che quando ci sono problemi in famiglia o nella coppia spesso non torniamo alla fonte del nostro amore redento, che sono appunto i sacramenti. Spesso ci sentiamo soli nella nostra sofferenza. Quando c’è qualche problema più grave ricorriamo a psicologi o psicoterapeuti. Che va benissimo. E’ importante capire la causa psicologica delle nostre fragilità per poterle conoscere, limitare e curare. Ma non basta.

Come prima cosa dovremmo tornare alle origini della nostra relazione, che sono proprio i sacramenti. Accostarci all’Eucarestia per essere uno con Gesù, riconciliarci con Lui attraverso la confessione e quando possibile fare l’amore tra noi sposi, perchè quello è il nostro rito sacramentale specifico del matrimonio. Sono tutti modi per ritrovare quello sguardo delle origini indispensabile per vedere l’altro/a con lo stesso sguardo di Gesù, che nonostante il male subito ha continuato ad amare i suoi carnefici chiedendo a Dio di perdonarli. Fino all’ultimo.

Certo a volte sembra non servire. Ho in mente tanti amici che nonostante questo si sono separati. Un caro saluto a Giuseppe, Francesco, Ettore, Anna. Eppure ha funzionato anche per loro. Sì, perchè, attraverso i sacramenti, hanno riacquistato quello sguardo che ha permesso loro di trovare la pace nella sofferenza dell’abbandono (che c’è e resta) e sono riusciti ad amare nonostante tutto il loro coniuge che li ha abbandonati, offrendo la loro sofferenza per lui/lei. Non è un miracolo questo?

Antonio e Luisa

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Il Corpus Domini. Lo Sposo ama così tanto da farsi mangiare.

Oggi è la solennità del Corpo e Sangue di Cristo. Arriva subito dopo quella in cui si ricorda la Trinità. Domenica scorsa abbiamo ricordato Dio amore, Dio tre persone, ma un’unica sostanza, un unico amore. Dio come relazione intima e perfetta tra tre persone. Dio che non potrebbe essere che così. Dio è amore e l’amore può esistere solo nella relazione. Dopo aver approfondito tutto questo, oggi ricordiamo che una di quelle Persone si è incarnata, che Dio si è fatto uomo. Non solo 2000 anni fa, ma si rende presente anche oggi in ogni consacrazione. Nell’ostia e nel vino consacrati c’è la reale presenza di Cristo. Cristo che si fa carne. Cristo ci ha amato così tanto da scegliere questa modalità particolare per rendersi presente. Gesù desidera così tanto essere uno con noi che ha scelto di farsi mangiare.

Fedeli di altre religioni non comprendono tutto questo. Ci deridono e forse ci biasimano. Per loro è inconcepibile un Dio così, che si fa piccolo, che si fa carne, che muore per noi e che addirittura si lascia mangiare. Noi abbiamo la grazia di averlo incontrato. Crediamo che tutto questo sia possibile perchè ci siamo sentiti amati e desiderati da Lui. Abbiamo incontrato un Dio che non ci ha imposto la sua signoria. Gesù è mio Signore perchè desidero con tutto il cuore che lo sia. Mi ha conquistato con il suo amore. Mi ha conquistato dando tutto per me. Mi ha conquistato quando non ha mai smesso di aspettarmi, anche quando io rivolgevo lo sguardo ad altro. Lui è il mio Signore perchè gli ho donato il mio cuore dopo che lui mi ha dato tutto senza chiedere nulla in cambio.

Gesù stava celebrando un matrimonio in quell’ultima cena. Stava sposando la sua Chiesa nascente.  Matrimonio che si è concluso sulla croce. Matrimonio che ci consentirà di risorgere. Stava sposando ogni persona battezzata. Anche me e anche voi che leggete. Gesù ci ha mostrato come ama uno sposo. Così dobbiamo essere noi. Amare l’altro/a fino a farci mangiare da lui o da lei. Farci mangiare nel senso che noi abiteremo in lui/lei, saremo parte di lui/lei. Le sue preoccupazioni saranno le nostre preoccupazioni. La sua gioia sarà la nostra gioia. Il suo dolore sarà il nostro. La sua vita sarà anche la nostra. Saremo una carne sola e un cuore solo.

Non ci dicono questo? Beato quello sposo (quella sposa) che riesce a vivere questo amore, con questa attenzione, questa dedizione e questa cura verso l’altro. Chi riesce è una persona che ha capito cosa davvero conta nella vita, ha capito cosa sia il matrimonio e si sta preparando al meglio ad incontrare quel Gesù che non desidera altro che accoglierlo in un abbraccio nuziale che durerà per sempre.

Matrimonio ed Eucarestia sono due realtà imprescindibili una dall’altra. Almeno per noi cattolici. Sono sacramenti dell’alleanza. Attingendo all’Eucarestia, all’alleanza d’amore tra Gesù e noi, possiamo trovare forza, vita e amore per realizzare al meglio la nostra relazione sponsale. Guardando a come noi sposi ci amiamo (o dovremmo amarci), all’alleanza nuziale  tra un uomo e una donna, il mondo può capire qualcosa di più del mistero dell’Eucarestia. La festa del Corpus Domini è, in fin dei conti, un anniversario di nozze.

Antonio e Luisa

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Gli sposi fedeli evangelizzano un mondo assetato di amore e fedeltà.

La famiglia attraversa una crisi culturale profonda, come tutte le comunità e i legami sociali. Nel caso della famiglia, la fragilità dei legami diventa particolarmente grave perché si tratta della cellula fondamentale della società, del luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri e dove i genitori trasmettono la fede ai figli. Il matrimonio tende ad essere visto come una mera forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno. Ma il contributo indispensabile del matrimonio alla società supera il livello dell’emotività e delle necessità contingenti della coppia. Come insegnano i Vescovi francesi, non nasce «dal sentimento amoroso, effimero per definizione, ma dalla profondità dell’impegno assunto dagli sposi che accettano di entrare in una comunione di vita totale (Esortazione Apostolica EVANGELII GAUDIUM di Papa Francesco)

Cosa significa questo punto affrontato dal Santo Padre nella sua esortazione apostolica dedicata alla gioia del Vangelo, alla nuova evangelizzazione, nuova nei modi e nella prospettiva? Come trasmettere la fede oggi? Papa Francesco dedica una riflessione anche al matrimonio. Esattamente al punto 66. Il Papa ci sta dicendo che il matrimonio è una testimonianza meravigliosa. Non solo quando le cosa vanno bene. In questo caso la coppia di sposi cristiani, paradossalmente, non si differenzia molto da chi non è sposato sacramentalmente. Soprattutto quando le cose diventano difficili. E’ lì che la coppia di sposi in Cristo può dare una testimonianza meravigliosa. Può mostrare la grandezza e la profezia della fedeltà, può rendere nuovamente attuale la fedeltà di Cristo, può rendere concreto il sacrificio della croce, che è stato il massimo dono d’amore di Gesù per ognuno di noi. La croce è fuori moda. La croce è scandalosa. Il mondo di oggi la respinge. La croce ci ricorda che amare significa anche, a volte, abbracciarla. La croce appesa al muro ci mette con le spalle a quel muro. Ci ricorda un Dio che ne ha fatto il suo trono d’amore. Ci ricorda che l’amore è fatica, che l’amore è una scelta, che l’amore ci chiede tutto. Ci chiede di morire a noi stessi. Ci chiede di perdonare tutto. La croce è segno dell’amore di Gesù. Ho letto da qualche parte che l’amore non ha la forma del cuore, ma della croce. Il cuore segno del sentimento e la croce segno della volontà. Gesù non sarebbe mai salito su quella croce per sentimento. Lo ha fatto per volontà. Per fare la volontà del Padre e per salvare tutti noi. Allora non è amore il suo? Oppure è l’Amore? Cosa ci insegna la croce? Ho pensato di mettere a confronto l’idea del mondo con l’idea di Dio sull’amore e sul matrimonio. Due concetti molto distanti tra loro.

Il mondo dice che l’amore è solo passione e sentimento. Dio dice che passione e sentimento sono cosa buona, ma l’amore diventa pieno e autentico quando riesce ad andare oltre ed è capace di sacrificio.

Il mondo dice che il sesso è sempre positivo se desiderato da entrambi. Dio dice che il sesso è benedetto quando è espressione di un’unione sponsale. Una sola carne segno di un cuore solo.

Il mondo dice che basta l’amore e non serve sposarsi. Dio ti dice che solo nel matrimonio troverai la forza per amare sempre.

Il mondo dice che il peccato non esiste. Dio ti dice che se vivi nel peccato sei già morto anche nel matrimonio.

Il mondo ti dice che lui/lei deve meritarsi il tuo amore. Dio ti dice che è davvero amore solo quando è gratuito ed immeritato.

Il mondo ti dice che la legge di Dio ti rende schiavo e ti impedisce di essere felice. Dio ti dice che solo accogliendo la Sua legge potrai essere libero anche d’amare.

Il mondo ti dice che sarai felice se farai di te il centro. Dio ti chiede di fare dell’altro il centro del tuo amore e solo se ti spenderai per gli altri potrai trovare anche il centro della tua gioia.

Il mondo dice che l’amore per sempre non esiste. Dio vi dice: “Cari sposi: mostrate al mondo che si sbaglia. Mostrate che amarsi per sempre è possibile ed è anche un’esperienza meravigliosa”

Questa è la gioia del Vangelo. Testimoniare questo senza moralismo, con la nostra vita, diventa l’evangelizzazione più potente che ci possa essere perchè ogni persona desidera amare ed essere amata così, anche se non ci crede, anche se non lo sa, anche se è ormai disillusa e si accontenta delle briciole d’amore che trova nel mondo.

Antonio e Luisa

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L’amore è più croce o più cuore?

La croce non piace. Sempre più persone vorrebbero eliminarla dai luoghi pubblici. Non è vero che non piace perchè non è rispettosa di chi crede in un altro dio. La croce dà fastidio anche a tanti cristiani. Non lo ammetteranno, ma è così. La croce è fuori moda. La croce è scandalosa. La croce ci ricorda che amare significa anche, a volte, abbracciarla. La croce appesa al muro ci mette con le spalle a quel muro. Ci ricorda un Dio che ne ha fatto il suo trono d’amore. Ci ricorda che l’amore è fatica, che l’amore è una scelta, che l’amore ci chiede tutto. Ci chiede di morire a noi stessi. Ci chiede di perdonare tutto. La croce è segno dell’amore di Gesù. Ho letto da qualche parte che l’amore non ha la forma del cuore, ma della croce. Il cuore segno del sentimento e la croce segno della volontà. Gesù non sarebbe mai salito su quella croce per sentimento. Lo ha fatto per volontà. Per fare la volontà del Padre e per salvare tutti noi. Allora non è amore il suo? Oppure è l’Amore? Cosa ci insegna la croce? Ho pensato di mettere a confronto l’idea del mondo con l’idea di Dio sull’amore e sul matrimonio. Due concetti molto distanti tra loro.

Il mondo dice che l’amore è solo passione e sentimento. Dio dice che passione e sentimento sono cosa buona, ma l’amore diventa pieno e autentico  quando riesce ad andare oltre ed è capace di sacrificio.

Il mondo dice che il sesso è sempre positivo se desiderato da entrambi. Dio dice che il sesso è benedetto quando è espressione di un’unione sponsale. Una sola carne segno di un cuore solo.

Il mondo dice che  basta l’amore e non serve sposarsi. Dio ti dice che solo nel matrimonio troverai la forza per amare sempre.

Il mondo dice che il peccato non esiste. Dio ti dice che se vivi nel peccato sei già morto anche nel matrimonio.

Il mondo ti dice che lui/lei deve meritarsi il tuo amore. Dio ti dice che è davvero amore solo quando è gratuito ed immeritato.

Il mondo ti dice che la legge di Dio ti rende schiavo e ti impedisce di essere felice. Dio ti dice che solo accogliendo la Sua legge potrai essere libero anche d’amare.

Il mondo ti dice che sarai felice se farai di te il centro. Dio ti chiede di fare dell’altro il centro del tuo amore e solo se ti spenderai per gli altri potrai trovare anche il centro della tua gioia.

Il mondo dice che l’amore per sempre non esiste. Dio vi dice: “Cari sposi: mostrate al mondo che si sbaglia. Mostrate che amarsi per sempre è possibile ed è anche un’esperienza meravigliosa”

 

Antonio e Luisa

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Gesù sommo sacerdote del nostro matrimonio.

La seconda lettura del Venerdì Santo ha introdotto  una verità della nostra fede: Gesù è il sommo sacerdote. L’unico vero sacerdote che si rende mediatore tra Dio e l’uomo. L’unico vero sacerdote attraverso cui il nostro matrimonio è reso sacro ed ogni nostro gesto di dono e di accoglienza reciproca diventa dono a Dio e accoglienza di Dio nella nostra relazione sponsale.

Fratelli, poiché dunque abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede.
Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato.
Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno.
Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà;
pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì
e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono. (Lettera agli Ebrei)

Ne approfitto per farvi dono di un capitolo del nostro prossimo libro (mio e di Luisa) dove affrontiamo proprio questa importante dinamica che si instaura tra Dio e gli sposi cristiani.

Come gli sposi vivono e esprimono il loro essere sacerdoti?  Gesù, abbiamo visto, è l’unico ed eterno sacerdote. La sua dimensione sacerdotale si concretizza nel dono di sè. Dona tutto se stesso. Dove? Sulla croce. Sulla croce Gesù fa offerta di tutto se stesso. E’ offerente, ma è anche offerta.  E’ mediatore presso Dio: dà tutta la sua vita per la nostra salvezza. L’offerta di Cristo non deve essere vista solo in senso negativo, come espiazione. Prende su di sè tutto il peccato per riscattare la nostra salvezza. Cerchiamo di scorgere in questo momento un estremo e bellissimo gesto d’amore. Gesù ci sta amando. Dietro il significato di espiazione c’è un altissimo e supremo amore. Un amore incondizionato e totale. Non c’è gesto più grande, che Dio ci abbia donato per esprimere il suo amore, della croce. In quel momento Dio nel Figlio ci sta amando fino alla fine. Nel Vangelo troviamo scritto Non c’è Amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Gesù sta facendo esattamente questo.

Che caratteristiche ha l’amore di Gesù? E’ un amore totale. Quindi è un amore sponsale. In quel momento Gesù manifesta la sua sponsalità, il suo desiderio di unirsi sponsalmente, in modo totale, definitivo e per sempre, ad ognuno di noi. La nuova ed eterna alleanza. Vi invito, da adesso in poi, a meditare le prossime parole che dirò guardando alla croce, a Gesù che è lo sposo divino che, attraverso il suo sacrificio, vuole unire a sè la Chiesa, ognuno di noi, in un patto d’amore eterno, in un patto sponsale. Sta a noi accogliere questo dono e dire il nostro sì. Capite ora come la nostra sponsalità, il sacramento del matrimonio sia molto legato al sacerdozio di Cristo e al mistero della croce? San Paolo esprime esattamente questa realtà di Dio, questo patto sponsale tra Gesù sposo e la sua Chiesa sposa:

E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei.

Proseguiamo e aggiungiamo un tassello. Noi, abbiamo visto, facciamo parte del sacerdozio di Cristo attraverso il battesimo. Cosa significa? Tutti i gesti che possiamo compiere nella nostra vita da battezzati, offrendoli come gesti d’amore a Gesù, sono gesti sacerdotali. In quel momento stiamo esercitando il nostro sacerdozio. Il nostro lavoro, il nostro impegno, le nostre difficoltà, le nostre parole, le nostre opere e tutto quello che facciamo, se fatto con amore autentico e offerto a Gesù, esprime il nostro sacerdozio.

Chiara Corbella, a questo proposito, non riuscendo a curare la preghiera come avrebbe voluto, trovò una modalità bellissima per vivere il suo sacerdozio:

Le giornate volavano via senza riuscire a pregare molto; in generale sembrava di combinare poco. (…) Un giorno Cristiana trovò su una rivista cattolica un articolo intitolato Il cantico della cucina. Vi lesse che il matrimonio consacra tutto nell’amore e che ogni cosa che si fa per amore dello sposo è dono di sè, più importante di mille preghiere. <“Pulisco per terra in ringraziamento di…. Rifaccio il letto in offerta per questa situazione….” e cose così. Lo girò immediatamente a Chiara, a cui piacque molto. Da quel giorno occuparsi della casa diventò preghiera. Incredibilmente questo tipo di preghiera funzionava.

Avete capite cosa intendo? Non sono concetti campati in aria, ma molto terreni e concreti. Il nostro ruolo sacerdotale è il nostro rispondere al desiderio di Dio. Attraverso i gesti d’amore compiuti verso il prossimo dovremmo (poi la realtà spesso è un’altra) portare l’amore di Dio al mondo e portare il mondo a Dio. Il battesimo ci abilita ad essere sposi di Cristo, cioè a vivere il nostro rapporto con lui come quello che possiamo sperimentare e osservare nell’amore di un uomo e una donna.

Antonio e Luisa

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Il Triduo Pasquale, le tre tonalità dell’amore di coppia.

Un bellissimo articolo di fra Andrea, esperto di studi biblici e Terra Santa.

Il triduo di passione morte, sepoltura, e risurrezione è il centro dell’anno liturgico, della vita cristiana e, se lo scandagliamo nella sua profondità, anche il centro della vita di coppia. Questo fulcro raccoglie in se un trittico di particolarità che segnano il mistero eucaristico celato nella coppia. “L’Eucaristia, sacramento della carità, mostra un particolare rapporto con l’amore tra l’uomo e la donna, uniti in matrimonio. Approfondire questo legame è una necessità propria del nostro tempo (Sacramentum Caritatis 27). Partendo da queste parole del magistero riflettiamo sul vivere eucaristico come sorgente dei tre misteri in uno, che celebrano il tempo, il rapporto, l’amore della coppia.

Il tempo: Nel Venerdì Santo si inizia la liturgia con una prostrazione e un silenzio introitale che assurge alla solennità laconica della celebrazione della passione. Questo silenzio è il preambolo di ogni sacrificio, di ogni momento che precede qualcosa di difficile da affrontare o da dover scegliere. Secondo la narrazione di Giovanni evangelista la crocifissione avveniva proprio mentre gli agnelli venivano sgozzati per la Pasqua, e tale rito ci rimanda agli echi vetero testamentari del sacrifico di Isacco, il quale Dio chiese a suo padre Abraham. La notte che precede quel sacrificio è una notte silenziosa di cui la scrittura non dice nulla, non parla, non dona dettagli se non quello di poter immaginare e capire il dramma di un padre, il dubbio di un credente, la forza di un giusto che raccoglie tutte le sue energie per compiere ciò che Dio chiede, ma che è sicurò Dio non vuole: Il Signore provvederà per il sacrificio. La passione croce e morte è il mistero dell’uomo e della donna che sanno vivere l’uno nel tempo dell’altro con lo stile del silenzio, un silenzio che sa comprendere oltre le parole, di sguardi che si sanno intendere, di una notte dove l’altro non può essere lasciato solo nel decidere, nel suo dubbio e nel suo dolore. In Gn 1,27 Dio crea l’adamo maschio e femmina, la parola maschio-zacar e affine alla parola zicaron-memoriale di Es 12,14. Tutto ciò dice come il tempo e il ricordo sono il maschile della coppia, ma perché il tempo e il ricordo non siano rimpianto e rancore questo maschile ha bisogno del femminile-nekevah da nakav-porre in risalto, dare fiducia alla fede, dare vigore alla forza. La croce per essere amore è fatta sempre di un maschile e di un femminile, Abraham in quella notte ha avuto bisogno di Sarah, Gesù su quel patibolo ha avuto bisogno di Maria.

Il Rapporto: Secondo mistero e sacramento di amore è quello della sepoltura. Gesù è morto, quel sepolcro freddo, spigoloso, umido e austero, ha trovato prematuramente un ospite. Quelle bende e quel sudario sono ormai adagiate su un corpo trafitto dal rigor mortis. I vangeli narrano ancora dei piccoli sforzi umani per esorcizzare l’avvenuto, le donne che vanno sul posto quando ancora era buio, la Maddalena che piange perché non capiva ancora cosa era successo, Giuseppe d’Arimatea che precedentemente aveva offerto la sua influente competenza, dà ospitalità al cadavere del Signore e da ultimi gli apostoli che corrono vedono, credono ma non capiscono. Nella iconografia vediamo spesso il mistero della sepoltura legato alla discesa negli inferi da parte di Cristo, il quale libera per prima la coppia originaria Adamo ed Eva. La sepoltura con il suo mistero freddo, silenzioso, dove il Verbo della vita parla attraverso la sua funebre loquacità, indica che il rapporto nella coppia viene salvato, diventa mistero, quando i piccoli sforzi di ogni giorno hanno il coraggio di non pretendere nulla ma di essere gratuiti; quando hai il coraggio di accogliere che davanti a te hai una persona fredda e resa tale dal suo dolore, dalle trafitture ricevute al lavoro, dalle percosse del malessere che prova verso se stesso. Relazione è gratuità, il mistero della sepoltura è il coraggio di questa gratuità.

L’amore: Nessuno ha visto la risurrezione, nessuno è stato spettatore di essa, ci sono stati testimoni del risorto lo hanno visto, toccato, mangiato con lui. Così è l’amore tra uomo e donna, nessuno l’ha visto ma ciò che si può vedere sono i gesti, i segni di questo amore che fanno sentire l’altro amato e rendono visibile l’invisibile, concreta l’astrazione. I vangeli ci raccontano di alcuni incontri fatti che recitano la sinfonia di questo amore. Davanti al sepolcro Maria Maddalena pronuncia quelle parole: Hanno portato via il mio Signore. La consistenza dell’amore si rivela in gesti che dicono, e fanno dire: allora io sono veramente suo, sono veramente sua. Nella coppia si è veramente l’uno dell’altra quando lo si è liberamente l’uno dell’altra. Gesù dona la tonalità di questa libertà: pronuncia il nome “Maria”.

La risurrezione esplode nell’amore di coppia quando il sepolcro di un dolore condiviso, consapevole che peggiore della morte è il dolore che la precede, dona la forza di pronunciare il nome dell’altro con quella dolcezza che liberà l’altro perché in esso si libera l’amore di Dio. Chi ama pronunciando il nome dell’altro con l’intenzione di amarlo come Dio lo ama, sta donando a chi ama, non più se stesso, ma l’Amore in persona: Gesù morto e risorto per noi!

fra Andrea Valori

L’amore è anche pagare per l’altro

Ieri durante la Messa ho ascoltato il Vangelo. Non l’avevo letto prima come di solito faccio, anche per preparare i miei articoli. E’ stata quindi una sorpresa. Il sacerdote ha proclamato la parabola del buon samaritano. Ascoltata decine se non centinaia di volte. La Parola è però meravigliosa perchè ti parla sempre in modo diverso. Ti dice quello di cui hai bisogno in quel momento. Oggi ho colto qualcosa su cui non mi ero mai soffermato prima.

Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione.
Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui.
Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno.

Quello che mi ha colpito è tutto l’agire del samaritano, ma in modo particolare l’ultima parte. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno.

Sappiamo che il prossimo più prossimo per noi sposi è la persona che abbiamo accanto. Prima ancora dei figli stessi. Queste parole di Gesù sono una potenza. Mi hanno svelato d’improvviso qualcosa che già sapevo, ma non con questa chiarezza e senza possibilità di fraintendere. Quando l’altro/a non può pagare, non ne è capace, non è pronto, non è in grado di farsi dono dobbiamo pagare noi per lui. Questo è la forza e lo scandalo dell’amore. Scandalo perchè risulta indigesto e ingiusto, non è facile da accettare e digerire. Forza perchè chi riesce ad amare in questo modo diventa davvero luce per il mondo. Questo vale per le piccole divisioni come per le grandi. Nel mio matrimonio non ho mai dovuto pagare molto per la mia sposa. E viceversa naturalmente. Non ci sono mai stati grandi dolori o sofferenze che ci siamo procurati l’un l’altra. C’è chi, però, è stato chiamato a pagare davvero tanto. Chi abbandonato continua ad offrire la sua vita nella fedeltà ad una persona che, oggettivamente, non merita un dono tanto grande. Eppure, per la Grazia di Cristo, lo fa. Per carità! Io non voglio giudicare che fa scelte diverse e cerca nuove relazioni. Io stesso sinceramente non so come mi comporterei. In certe situazioni ti devi trovare. Se mi permetto di scrivere queste righe è perchè ho in mente diverse persone, reali, che stanno pagando giornalmente per l’altro, per le ferite e l’egoismo dell’altro che causano dolore a tutti. Giulia, Anna, Paola, Francesco e tanti altri. Tutti volti di uno stesso amore grande. Tutti volti che si somigliano. Somigliano a quel volto del crocefisso, al volto di chi ha dato la vita per gli altri. Per questo sono bellissimi.

Stanno pagando non solo per loro, ma affinché, fosse anche all’ultimo respiro, la persona che Dio gli affidato per prepararsi alla vita eterna, possa trovare la forza e la volontà di dire finalmente il suo sì a Gesù. Stanno pagando per la salvezza di entrambi. Questo genera scandalo, ma questa è la grandezza del matrimonio cristiano, questa è la grandezza di una fede che crede in un Dio che si fa uccidere per pagare ogni nostro misero errore. Senza nessun nostro merito, ma solo per sacrificio d’amore.

Voglio concludere con le parole del Papa a Santa Marta:

«Ma c’è un’altra cosa — ha proseguito il Pontefice — che forse si può spiegare più avanti, in altre occasioni: alcuni teologi antichi dicevano che in questo passo è racchiuso tutto il Vangelo. Ognuno di noi è l’uomo lì, ferito, e il samaritano è Gesù. E ci ha guarito le ferite. Si è fatto vicino. Si è preso cura di noi. Ha pagato per noi. E ha detto alla sua Chiesa: “Ma se c’è bisogno di più, paga tu, che io tornerò e pagherò”». È importante dunque pensarci bene, ha ripetuto il Papa, perché «in questo brano c’è tutto il Vangelo».

Io concludo affermando che ogni volta che paghiamo per il nostro sposo o la nostra sposa, in quel gesto c’è tutto il Vangelo.

Antonio e Luisa

Una continua scelta tra ciò che è giusto e ciò che è bene.

Ho ricevuto e pubblico volentieri questa lettera. Una lettera che vuole essere una  risposta alla precedente testimonianza di una sposa abbandonata che ho pubblicato alcuni giorni fa (per leggerla cliccate qui)
Cara Sorella (si proprio Sorella perché capisco e vivo la tua stessa esperienza), ho 33 anni, sposata da 6 e separata da 9 mesi.
Capisco in profondità e in radicalità ciò che stai vivendo:  il giorno in cui l’uomo che hai sposato consapevolmente ti dice: “amo un’altra donna, me ne vado di casa” il mondo ti crolla addosso nel vero senso della parola. In tutta la mia vita non ho mai provato un dolore così grande e così lacerante come questo: tutti i miei sogni di famiglia felice, di “amore per sempre” distrutti e calpestati in una frazione di secondo, ma la cosa peggiore è che l’autore di tutto questo è stato l’uomo (e forse lo è ancora) che amo più della mia stessa vita. Per settimane ho pianto tutte le lacrime che avevo, sono arrivata al punto di piangere senza lacrime, sì le avevo finite.
Ma arriva un giorno che devi fare i conti con tutto questo dolore, in qualche modo lo devi “esorcizzare”, non ti può fagocitare, hai una vita meravigliosa da mandare avanti, e aspetta solo te per essere vissuta.
Io da subito ho avuto chiara la scelta di rimanere fedele al mio Sacramento, è stata così forte e così chiara che non ha mai (per ora) vacillato. Per me sono state importanti le parole sentite da un Santo Sacerdote: “Quando celebrate il vostro Sacramento siete sempre in 3: sposo, sposa e Cristo. E anche se entrambi gli sposi vanno in direzioni opposte, Lui resta, resta fedele PER SEMPRE”. Gesù avrebbe potuto scendere dalla Croce, ma non l’ha fatto, ha scelto di morire PER ME, per il mio Matrimonio, per la mia Salvezza, e quindi, chi sono io per scendere dalla mia croce?
Questo non vuol dire che io sono felice di stare sulla croce o che gioisco di questa sofferenza, ma se portata PER Cristo, CON Cristo e IN Cristo davvero la sua promessa del “giogo dolce e il peso leggero” si concretizza. Che cosa voglio dire: nell’ottica della mia resurrezione e della resurrezione del mio matrimonio io sono chiamata a restare su questa croce (STACCE! come dice Costanza Miriano), con i miei limiti, le mie cadute, le mie arrabbiature con Dio (si, cara sorella è “terapeutico” anche arrabbiarsi con Dio).
Il dolore con il tempo cambia colore. La sofferenza rimane, chiaro, ma assume contorni diversi, diventa parte di te, ma no ti sovrasta, non ti “guida”, diventa offerta per gli altri (per la malattia di qualche persona, per i sacerdoti in crisi, per le altre coppie in crisi, per chiunque si affida alla tua preghiera). Il tuo dolore rimane, non te lo toglie nessuno, ma vissuto nella prospettiva della resurrezione (si torniamo sempre lì) anche questa cosa così disumana diventa vivibile.
Ovvio i momenti di sconforto ci sono, sono molti e fanno male e anche dentro di me risuona quel desiderio di “sentirmi amata e rispettata da un uomo” ed è lì e rimane anche quando incontri qualcuno di “interessante”, qualcuno che ti fa dire “però dai, non male questo ragazzo”, ed è lì che inizia la battaglia, il vero discernimento tra ciò che è giusto e sacrosanto (sentirsi amata) e ciò che è bene (amare fino a dare la vita per il mio sposo, anche se lui non mi ama, anzi mi odia con tutto se stesso).
Oggi la strada della fedeltà non è una strada semplice, non è una strada “del mondo”: quante amiche che mi dicono: “ma si sei giovane, trovati un ragazzo che ti ami e che ti rispetti”, ma io in questo non mi ci sento, non mi ci vedo, mi sento di mancarmi di rispetto e se non mi amo e mi rispetto io, come posso pretenderlo dagli altri?
Non ho la ricetta per come rimanere fedeli, io so solo che ogni giorno all’Eucarestia chiedo di rinnovare la mia fedeltà al mio Sacramento, e, per ora, funziona.
Tutto quello che vivo è solo per Grazia di Dio. Io so che Gesù sta soffrendo con e più di me per questa situazione, ma Lui mi ci fa stare perché deve insegnarmi qualcosa, deve guidarmi verso quel progetto meraviglioso che Lui ha su di me e sulla mia vita.
Mio marito tornerà? Nessuno può rispondere a questa domanda. Forse non tornerà mai ma io sento forte che sono chiamata a pregare per lui e per la sua salvezza.
Io non sono una santa, non sono illuminata, sono solo una povera donna peccatrice che vuole fidarsi del suo Signore, di Colui che tutto può.
Grazie
G.M.

La Trinità nella coppia di sposi

Domenica abbiamo festeggiato la solennità della Trinità. Non a caso ricorrenza liturgica che arriva esattamente una settimana dopo un’altra importantissima festa: la Pentecoste. Come ad evidenziare che solo la Pentecoste, la discesa dello Spirito Santo sulla Chiesa e su ognuno di noi battezzati possa aiutarci ed abilitarci ad accogliere la Trinità. Dio Trinità, Dio in tre persone ma in un’unica sostanza. Tre persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Un’unica sostanza: l’amore. Dio è amore. Dio è amore in quanto relazione. Dio non avrebbe mai potuto essere un’unica persona, una solitudine. Non ci sarebbe stata relazione e quindi non ci sarebbe stato amore. La Trinità è una parola ostica, spesso concetto oscuro e incomprensibile, teologicamente affrontato, dibattuto e portato a tema di Concili e Sinodi. La Trinità è impossibile da descrivere con le parole dell’uomo. La Trinità non può essere chiusa nella limitatezza del pensiero umano, per quanto possa uscire da persone sante ed intellettualmente sublimi. Semplicemente non è possibile. L’amore non si può raccontare. Ogni tentativo è destinato a fallire. L’amore è un’esperienza da vivere. Il più riuscito sonetto di Shakespeare non vale quanto un attimo di amore vissuto. Così Dio. Dio non si può raccontare. La mia esperienza personale, per quanto povera e limitata, non può che confermare tutto questo. Ho frequentato catechismo, Messa e sacramenti. Mi hanno raccontato di Dio, ma non l’ho mai capito. L’ho capito quando l’ho incontrato concretamente nell’amore disinteressato e gratuito di un frate cappuccino. Non sapeva nulla di me, ma mi ha accolto come il più amato dei suoi figli. Così faceva con tutti. Come si fa allora a raccontare la Trinità. Si può vederla e farne esperienza. Dio ci ha regalato un’immagine che concretizza la Trinità in una esperienza reale di vita. La coppia di sposi. Un uomo e una donna che si amano in modo totale, per sempre, senza risparmiarsi e senza limiti. Un uomo e una donna che si amano così tanto da dare vita al loro amore generando nuove creature. L’amore che prende carne e vita. Questa è la Trinità. Sant’Agostino, fine teologo, raccontava così la Trinità: L’amante (il Padre). l’amato (il Figlio) e l’amore (lo Spirito Santo). Questa è forse la descrizione più bella della Trinità. La più bella e la meno astratta. Descrizione che prende vita in tutte le famiglie che si sposano sacramentalmente. Tre persone distinte, ma che hanno un’unica sostanza. Se il matrimonio è vissuto in pienezza l’uomo e la donna diventano una cosa sola con quell’amore che li ha uniti. Due persone, ma un solo amore. Un solo amore che genera una terza persona che è l’amore stesso. Il figlio è figlio dell’amore prima che di papà e mamma. Il figlio è il noi che diventa carne. La famiglia può essere tutto questo solo quando ha fatto esperienza della Pentecoste. Quando uomo e donna si sono immersi nell’acqua del battesimo per risorgere a vita nuova, e quando sono stati plasmati dal fuoco dello Spirito nel sacramento del matrimonio. Possono essere immagine della Trinità quando la Trinità abita la loro vita e la loro unione. E’ così che il segno della croce che abitualmente compiamo con la mano destra durante le nostre preghiera è segno della Trinità e della nostra vita in comunione con Dio. Ed’è così che poggiamo la mano sulla fronte. In alto nei cieli c’è il Padre, poi scendiamo al cuore, in basso, lì c’è il Figlio che si è incarnato ed è sceso sulla terra.Il Padre che conosciamo con la ragione e con lo studio. Il Figlio che incontriamo nel cuore in un rapporto personale d’amore. Infine ci sono i bracci della croce: lo Spirito Santo. L’amore orizzontale. Lo Spirito Santo che ci rende uno. Io e la mia sposa siamo un cuore e un’anima sola grazie allo Spirito Santo che ci ha saldato con il suo fuoco consacratorio. Questa comunione orizzontale tra me è la mia sposa è possibile solo quando è posta al centro della comunione verticale tra il Padre e il Figlio. Se davvero riusciamo ad entrare in questa dinamica possiamo portare sulla terra un’immagine di Trinità. Un’immagine sicuramente pallida, ma che può essere una fiaccola di luce in un mondo di tenebra. Come hanno già fatto tanti sposi santi. E’ sempre più urgente che anche ognuno di noi faccia la sua parte. Il mondo ha bisogno della nostra luce.

Papa Francesco conferma tutto ciò, ora possiamo comprendere le sue parole quando, durante un’udienza del 2014, disse:

L’immagine di Dio è la coppia matrimoniale: l’uomo e la donna; non soltanto l’uomo, non soltanto la donna, ma tutti e due. Questa è l’immagine di Dio: l’amore, l’alleanza di Dio con noi è rappresentata in quell’alleanza fra l’uomo e la donna. E questo è molto bello! Siamo creati per amare, come riflesso di Dio e del suo amore. E nell’unione coniugale l’uomo e la donna realizzano questa vocazione nel segno della reciprocità e della comunione di vita piena e definitiva.1. Quando un uomo e una donna celebrano il sacramento del Matrimonio, Dio, per così dire, si “rispecchia” in essi, imprime in loro i propri lineamenti e il carattere indelebile del suo amore. Il matrimonio è l’icona dell’amore di Dio per noi. Anche Dio, infatti, è comunione: le tre Persone del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo vivono da sempre e per sempre in unità perfetta. Ed è proprio questo il mistero del Matrimonio: Dio fa dei due sposi una sola esistenza. La Bibbia usa un’espressione forte e dice «un’unica carne», tanto intima è l’unione tra l’uomo e la donna nel matrimonio. Ed è proprio questo il mistero del matrimonio: l’amore di Dio che si rispecchia nella coppia che decide di vivere insieme. Per questo l’uomo lascia la sua casa, la casa dei suoi genitori e va a vivere con sua moglie e si unisce tanto fortemente a lei che i due diventano – dice la Bibbia – una sola carne. Ma voi, sposi, vi ricordate di questo? Siete consapevoli del grande regalo che il Signore vi ha fatto? Il vero “regalo di nozze” è questo! Nella vostra unione c’è il riflesso della Santissima Trinità, e con la grazia di Cristo voi siete un’icona viva e credibile di Dio e del suo amore.

Antonio e Luisa

Sposi sacerdoti. Un’offerta d’amore. (4 articolo)

Ricordando tutti i precedenti articoli aggiungiamo un ulteriore tassello. Entriamo molto lentamente nel mistero sponsale. Nel sacramento del matrimonio lo Spirito Santo agisce sul nostro battesimo, sui doni che abbiamo ricevuto e sulla realtà che stiamo vivendo. Anche, di conseguenza, sul nostro sacerdozio comune. Vivremo la nostra dimensione sacerdotale con finalità nuove, non più come singole persone, ma come sposi. Il nostro sacerdozio avrà caratteristiche nuove.  Nel momento in cui noi ci sposiamo, attraverso la  promessa espressa con le parole e sigillata nel primo rapporto fisico ecologico, stiamo offrendo tutto noi stessi alla nostra sposa o al nostro sposo. Stiamo esercitando il nostro sacerdozio comune. Per questo possiamo essere ministri del nostro matrimonio. Il sacerdote è solo un testimone. Attraverso la promessa, mi faccio mediatore tra Dio e l’uomo. E’ Dio che mi sta donando alla mia sposa e viceversa.  Eccomi. Sono tuo. Offro la mia vita per te e a te. Come sono chiamato a farlo? Come Gesù! Non ci deve essere niente nella mia vita che io sottraggo a questo dono. La mia vocazione e santità matrimoniale si gioca prevalentemente su questo aspetto. Devo impegnarmi affinché riesca a donarmi in modo sempre più completo e perfetto alla mia sposa e, naturalmente, ad accogliere il suo dono per me. Tanto più progrediamo in questo è tanto più diventiamo santi perchè rispondiamo alla nostra chiamata. Chiamata all’amore. Questo vivere e condividere questa dinamica d’amore tra gli sposi diventa una luce meravigliosa per i figli e, a seguire, per tutte le persone. Possiamo essere luce. Una coppia di sposi che si ama davvero, in modo autentico, suscita stupore e nostalgia di vivere un  amore così, in tutti, che siano credenti o no. Non fa differenza. Suscita speranza. In un mondo che irride il per sempre e che vive nel disincanto,  una coppia che si ama davvero suscita speranza. Allora è possibile. 

Antonio e Luisa.

La Grazia non è magia.

Perchè tanti divorzi e separazioni anche tra chi si sposa in Chiesa davanti a Gesù? Il Papa ci ha ricordato come tanti matrimoni siano in realtà nulli, ma è solo questo? Perchè la Grazia di Dio non ci salva da noi stessi e dai nostri errori? La Grazia non è una magia. Lo Spirito Santo per poter entrare in noi e cambiare le nostre debolezze e fragilità ha bisogno di noi. Lo Spirito Santo ha bisogno che  noi apriamo il nostro cuore alla Sua azione. Dobbiamo volere che Gesù abiti in noi e nella nostra unione. Il sacramento del matrimonio non ci assicura nulla senza il nostro impegno. Il sacramento del matrimonio è come una fonte di acqua pura che disseta ma se noi abbiamo un bicchiere bucato non riusciremo nè a bere nè a dissetarci. Questo è il nostro cuore, che se reso bucato dal peccato e dal nostro egoismo, non riuscirà a riempirsi di Dio. Diventa così tutto un’illusione e se le cose non vanno ce la prendiamo con Dio che non ci ha preservato dal fallimento.  Mi viene in mente un’affermazione di Tarcisio Mezzetti, una persona di Dio che si è spesa fino alla fine per fidanzati e sposi. Tarciso, sulla base di una ricerca statistica americana, aveva evidenziato come un matrimonio su tre finiva in divorzio (questo alcuni anni fa, oggi è ancora peggio). L’incidenza scendeva a uno su cinquanta se il matrimonio era stato celebrato in Chiesa e se la coppia partecipava regolarmente alla Santa Messa. La statistica sorprendentemente mostrava come l’incidenza crollava vertiginosamente quando la coppia oltre a essersi sposata in chiesa e partecipare alla Messa, pregava regolarmente unita. L’incidenza in questo caso scendeva a addirittura uno su millecento. Incredibile?

No non è incredibile. Semplicemente la coppia ha tenuto fede alla sua promessa matrimoniale, non escludendo Cristo dalla propria vita e dalle proprie scelte. Sempre qualche mese fa, lessi su un sito cattolico la storia di Siroki­Brijeg. Siroki­Brijeg è una città bosniaca di alcune migliaia di persone dove non si sono verificati mai divorzi. Sembra che la motivazione di questo incredibile risultato sia nella fede dei suoi abitanti e nel rito del matrimonio che la chiesa locale segue.

Quando i fidanzati vanno in chiesa per sposarsi, portano con sé un crocifisso. Il sacerdote lo benedice, e invece di dire che i fidanzati hanno trovato il partner ideale con cui condivideranno la vita dice: “Avete trovato la sua croce! È una croce da amare, da prendere su di voi. Una croce che non è da scartare, ma da custodire nel cuore”.

Quando la coppia pronuncia i voti matrimoniali, la sposa mette la mano destra sul crocifisso, e lo sposo la mano destra sopra quella di lei. Sono uniti tra sé e uniti alla croce. Il sacerdote copre le mani degli sposi con la stola, mentre loro promettono di amarsi a vicenda nella gioia e nel dolore, proclamando fedelmente i propri voti in base ai riti della Chiesa.

Poi i due baciano la croce. Se uno abbandona l’altro, abbandona Cristo sulla croce. Perde Gesù! Dopo la cerimonia, i neosposi attraversano la porta di casa per collocare il crocifisso in un posto d’onore. Diventa il punto di riferimento della loro vita, e il luogo di preghiera della famiglia. La giovane coppia crede fermamente che la famiglia nasca dalla croce.

Nei momenti di difficoltà e incomprensione, che sorgono in tutti i rapporti umani, non si ricorre non all’avvocato, al terapeuta o all’astrologo, ma alla croce. Gli sposi si inginocchiano, piangono lacrime di pentimento e aprono il proprio cuore, chiedendo la forza di perdonarsi a vicenda e implorando l’aiuto del Signore. Queste pratiche pie sono state imparate fin dall’infanzia.

Ai bambini viene infatti insegnato a baciare con reverenza il crocifisso tutti i giorni e a ringraziare il Signore per la giornata trascorsa prima di andare a letto. I bambini vanno a dormire sapendo che Gesù li tiene tra le braccia e che non c’è nulla da temere. Le loro paure e le loro differenze scompaiono quando baciano Gesù sulla croce.

Termino con un insegnamento di don Dino Foglio, tra i fondatori del Rinnovamento nello Spirito in Italia e sacerdote che abbiamo avuto la fortuna di incontrare e ascoltare per alcuni anni:

Con la sola volontà non si fa nulla. con la sola Grazia non si fa nulla, con la volontà e la Grazia si fa tutto.

Se il nostro matrimonio è in crisi o siamo noi ad essere in crisi, non accusiamo Dio ma cerchiamo di capire come aprire il nostro cuore alla Sua Grazia.

Antonio e Luisa

Piccoli passi possibili (La profezia del matrimonio 10 puntata)

L’articolo sulla fedeltà ha generato non pochi commenti. Poche critiche, ma tanta paura e senso di inadeguatezza. La fedeltà implica a volte di abbracciare la croce e non ci sentiamo in grado, non vogliamo, c’è la nostra umanità che si ribella. Perchè soffrire? Perchè l’amore ci chiede questo? Non è giusto? L’amore non è giusto, chiede tutto, ma è ciò a cui siamo chiamati, per essere nella pace e nella verità. Dio ha dato tutto per noi, ha dato se stesso e noi abbiamo il desiderio intimo di rispondere a quell’amore così grande. E’ questo che ci dona il senso di tutto come abbiamo visto in precedenza. Amare per primi e amare sempre. Così come Dio fa con noi. Amare Dio attraverso nostro marito e nostra moglie. Amarlo in modo gratuito e incondizionato. Amarlo/a anche quando lei/lui è infedele perchè amando lui/lei sto ricambiando e restituendo l’amore di Dio che ho ricevuto e sperimentato in tante occasioni. Non è facile, non è umano. E’ un modo di amare divino e che solo Dio può sostenerci ed aiutarci per realizzarlo nella nostra vita. Abbiamo la Grazia sacramentale che ricordo è un dono di nozze. E’ l’impegno di Dio che ha promesso di sostenerci e di darci tutti gli aiuti necessari per vivere il nostro matrimonio. C’è la Grazia santificante che ci permette di sperimentare la vera gioia, un anticipo di paradiso e di relazione intima con il nostro Dio. Dobbiamo chiederle questi aiuti. Dobbiamo arrabbiarci con Dio, gridare il nostro dolore, la nostra impreparazione, la nostra paura e la nostra rabbia. Dio ci vuole vivi, ci vuole aperti alla sua Grazia e non chiusi in una rassegnazione senza speranza. Sono importanti le parole di Papa Francesco in Amoris Laetitia. Al punto 122 parla di gradualità:

Tuttavia, non è bene confondere piani differenti: non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio come segno implica «un processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio»

C’è una gradualità, si arriva a queste vette a piccoli passi. Piccoli passi possibili, citando un concetto caro a Chiara Corbella. Dobbiamo innanzittutto essere coscienti di essere chiamati a questo e poi impegnarci in una vita di dono e accoglienza dell’uno verso l’altra. Dobbiamo lasciare agire lo Spirito Santo che è maestro. Non dobbiamo spaventarci, anche se vediamo la povertà del nostro amore. Gradualmente continueremo a crescere e se mai dovessimo affrontare situazioni complicate e cariche di sofferenza dobbiamo avere la certezza che se metteremo la nostra forza e la nostra volontà, Dio farà miracoli con quel poco che potremo dare. Non siamo soli, Gesù è con noi nei momenti belli e a maggior ragione in quelli dolorosi perchè abbiamo più bisogno del suo aiuto. Non vergognamoci di dare i nostri pochi pani e pochi pesci. Attraverso quella miseria Gesù ha già sfamato una moltitudine di persone. A noi non chiede più di ciò che possiamo dare, il di più lo mette lui. Si è fatto uccidere perchè il suo sacrificio potesse alleggerire le nostre sofferenze e le nostre croci. Ha già portato una croce pesante per essere con noi e con le nostre croci ogni giorno.  Voglio terminare con una parola di Chiara  che spiega così il significato di piccoli passi possibili:

Per arrivare al Signore non devi correre né camminare troppo piano: devi avere un passo costante, continuo e soprattutto sul presente; perché la stanchezza viene se pensi al passato e al futuro, mentre se cammini pensando soltanto al piccolo passo possibile che tu ora puoi fare, a un certo punto arrivi alla meta e dici: “Sono già arrivata! Incredibile, Signore, ti ringrazio!”

Antonio e Luisa

1 puntata Chi è il profeta 2 puntata Gli sposi rivelano che Dio è amore 3 puntata L’amore di Dio: per primo, per sempre e per tutti 4 puntata Missionari dell’amore 5 puntata Lo Spirito: comandamento ed impulso. 6 puntata Un aquilone che vola alto nel cielo 7 puntata Sposi profezia della vita intima di Dio 8 puntata Come Gesù sulla croce 9 puntata Fedeli fino alla morte

 

Come Gesù sulla croce (La profezia del matrimonio 8 puntata)

La seconda profezia di cui noi sposi siamo portatori è l’amore di Cristo per la sua Chiesa. C’è un passo di San Paolo nel capitolo cinque della lettera agli Efsini che afferma:

E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei. […] Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne.32Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!

C’è una chiara analogia tra l’amore di Gesù che ha dato tutto di sè e l’amore degli sposi, in questo caso il marito, ma il riferimento vale anche per la moglie. Un’analogia tanto incredibile e difficile da portare Paolo ad esclamare con meraviglia che si tratta di un mistero grande. E’ una realtà che possiamo comprendere solo in piccola parte, ma è nel progetto di Dio che noi sposi possiamo riprodurre, rendere attuale e visibile ciò che è accaduto sulla croce.  Croce dove Gesù ha dato la sua vita, dove si è donato fino a versare il suo sangue e a sacrificare il suo corpo per la sua amata, la sua sposa: la Chiesa. Chiesa che comprende ognuno di noi singolarmente e tutta la comunità. Questa seconda profezia è davvero qualcosa di troppo grande, che ci fa sentire piccoli e ci fa tremare i polsi. Questo tipo di profezia a cui siamo chiamati e abilitati, resi capaci dallo Spirito, davvero si solleva dal piano terra e comincia ad andare verso l’alto, le vette divine dell’amore. Questo amore esigente, probabilmente, ci spaventa, perchè sembra chiederci troppo, eppure se ci pensate bene, e magari lo avete sperimentato, è meraviglioso. Pensiamo subito a gesti eroici. Non servono gesti eroici per vivere questo tipo di amore che dà la vita. Penso alla mia sposa quando dopo un giorno di lavoro torna a casa e trova una famiglia da curare. Penso a quando torno a casa e lei mi accoglie con il sorriso, un sorriso che mi riempie il cuore e mi fa sentire a casa, in famiglia. Sapete quando la mia sposa mi appare bellissima? Quando, come torno a casa, è lei, distrutta da una giornata di lavoro, ancora riesce a mantenere una dolcezza che mi lascia senza parole. Mi piace guardarla , perchè è davvero bella nonostante la stanchezza che le si legge in volto. Una bellezza che forse posso percepire solo io perchè conosco la fatica che le costa dover fare tutto ciò che fa. Questo è l’amore di Gesù per la sua Chiesa. E’ come una candela. Mi tornano in mente le parole del Papa che durante il suo viaggio in Messico espresse benissimo questo concetto dicendo: ” preferisco una famiglia con la faccia stanca per i sacrifici ai volti imbellettati che non sanno di tenerezza e compassione”. E’ esattamente così. La bellezza più assoluta e autentica è questa. La bellezza è essere capaci di non perdere la tenerezza e la compassione anche nella fatica di ogni giorno, anche negli impegni che sono così tanti che fatichi a ricordarli tutti. Questa bellezza non teme il tempo che passa, non teme le rughe o le smagliature. E’ bellissima una persona che si consuma d’amore, è affascinante e irradia qualcosa che non viene solo da lei, una luce particolare nello sguardo e nel viso che è riverbero della luce di Dio. Mi torna in mente quanto diceva Chiara Corbella:

Lo scopo della nostra vita è amare ed essere sempre pronti ad imparare ad amare gli altri come solo Dio può insegnarti. L’amore ti consuma ma è bello morire consumati proprio come una candela che si spegne solo quando ha raggiunto il suo scopo. Qualsiasi cosa farai avrà senso solo se la vedrai in funzione della vita eterna.

La candela è un’immagine bellissima e concreta di ciò che siamo. Una candela nuova e spenta non si consuma ma non fa luce e non scalda. Una candela accesa, piano piano si fa piccola e si consuma perdendo la propria perfezione, coprendosi di strisce si colata di cera, che ricordano tanto le rughe di un viso consumato dalla vita. Ma qui accade il miracolo. Consumandosi la candela illumina e scalda chi è vicino e quella candela accesa appare molto più bella di una candela nuova e spenta. Questa è la bellezza degli sposi che si amano e si donano mettendo se stessi dopo l’altro/a. Essendo felici di spendersi e consumarsi per la gioia dell’altro/a. La mia sposa è magnifica ogni giorno di più perchè la sua luce illumina la mia vita e il suo calore scalda il mio cuore ed è vero che esistono tante candele più nuove e perfette di lei ma non potranno mai sprigionare il fascino e la bellezza che riesce a sprigionare lei quando non si risparmia, spendendo tutto di sè, cuore, corpo e spirito, per la mia gioia e la mia pace.

Concludendo Gesù afferma che non c’è un amore più grande che dare la vita per i propri amici e l’amica più importante che io ho è Luisa, come io lo sono per lei. E allora se Luisa è la mia compagna, la mia amica, la mia sposa e mia sorella (come viene chiamata nel Cantico dei Cantici), non posso fermarmi al romanticismo, che va bene, ma devo trasformare il mio amore in dono e in vita. Devo essere pronto a dare la mia vita per lei, perchè lei possa essere santificata e giungere alle nozze eterne. Se riusciamo ad amarci così diventiamo una luce incredibile. Gli sposi che si amano con questa qualità di amore divino irradiano e irraggiano luce intorno a loro, nei figli. E’ una coppia che profuma di amore e di Dio.

Antonio e Luisa

1 puntata Chi è il profeta 2 puntata Gli sposi rivelano che Dio è amore 3 puntata L’amore di Dio: per primo, per sempre e per tutti 4 puntata Missionari dell’amore 5 puntata Lo Spirito: comandamento ed impulso. 6 puntata Un aquilone che vola alto nel cielo 7 puntata Sposi profezia della vita intima di Dio

Un aquilone che vola alto nel cielo. (La profezia del matrimonio 6 puntata)

Siamo come un aquilone. Un aquilone ha una struttura molto semplice. Ha due bracci, uno più lungo e uno più corto messi perpendicolarmente l’uno nei confronti dell’altro. Formano una croce. L’aquilone non è bello quando resta a terra, ma lo diventa quando si libra nel cielo. Possiamo apprezzarne la forma e i colori, ma ne godiamo appieno, diventa affascinante e attraente quando vola leggero nel cielo sospinto e sostenuto dal vento. Già perché un aquilone non prende il volo per forza propria, ma ha bisogno del vento. Al tempo stesso l’aquilone ha necessità di restare ancorato a terra. Senza una fune, una cordina che lo tiene a terra sarebbe spazzato via dalle correnti e lo perderemmo. Questa immagine molto semplice può rappresentare bene la nostra realtà, il nostro essere sposi, la nostra coppia, la nostra famiglia. L’aquilone è la famiglia. La tela che ricopre i due bracci sono i legami che intercorrono tra di noi. La tela ricopre tutto l’aquilone, lo tiene unito. E’ la nostra comunità familiare. Ma è nel segno della croce, composta dai due bracci, che trova fondamento e sostegno la nostra comunità familiare. Croce intesa non in modo negativo, come spesso la intendiamo, ma come potenzialità, capacità di dono, di farsi dono. Gesù sulla croce si è donato totalmente. Questo è il fondamento, ma non basta. Per volare ha bisogno del vento, del soffio dello Spirito Santo. Senza Grazia la nostra famiglia rimarrebbe a terra, non si alzerebbe di un centimetro. Rimarrebbe una realtà terrena. Anche una bella realtà, colorata e gioiosa, ma non sarebbe una famiglia capace di realizzare la profezia per cui è stata generata. La profezia deve essere visibile a tutti quindi abbiamo bisogno dello Spirito Santo. E’ lo Spirito Santo che ci dà la forza per andare in alto, per volare alti. Noi costituiamo la base, la tela, ci impegniamo a tenerla insieme, poi lasciamo però agire lo Spirito Santo. Perché l’aquilone non si disperda, non sia sbattuto qua e là, bisogna resti con i piedi per terra. Il filo che lo tiene ancorato a terra è fondamentale. Rappresenta la base naturale del nostro amore, le relazioni, la tenerezza, l’intimità, la cura dell’uno per l’altra. Lo Spirito Santo è il soprannaturale che giunge, ma non è una magia, ha bisogno dell’amore naturale dei due sposi che viene elevato e arricchito di doni, finalità e significato. L’amore dei due sposi è la base che tiene ancorato l’aquilone è fa si che non si disperda, che non voli troppo in alto. Permette che l’amore resti concreto e fatto anche di carne, e non che si distrugga in dannosi spiritualismi. Se riusciamo ad essere così, un aquilone che resta alto nel cielo e stabilmente ancorato a terra, ecco che diventiamo profezia. Le persone alzeranno lo sguardo per guardarci e vedranno Dio. Volgeranno lo sguardo verso il cielo. Perché questo è il grande miracolo della famiglia cristiana quando vive ciò che è. Contagia. Innamora all’amore. Parla di Dio senza dirlo. Fa rifiorire la speranza.

Antonio e Luisa.

1 puntata Chi è il profeta 2 puntata Gli sposi rivelano che Dio è amore 3 puntata L’amore di Dio: per primo, per sempre e per tutti 4 puntata Missionari dell’amore 5 puntata Lo Spirito: comandamento ed impulso.

Ho portato la croce, come Lui.

Amoris Laetitia, l’esortazione apostolica di Papa Francesco è uscita ormai da un anno. Era il mese di aprile del 2016 quando è stata resa pubblica. Il risultato di due sinodi sulla famiglia, un vero dono per il nostro tempo e bussola di navigazione per le famiglie cristiane.  Sebbene Papa Francesco abbia più volte ribadito che non è il documento che autorizza i divorziati risposati a riaccostarsi all’Eucarestia (anche se apre alla valutazione caso per caso) i media ne hanno fatto il centro di tutto il documento. Cori di approvazione e di gioia si sono alzati dalla società civile e politica, perché finalmente la Chiesa ha cancellato questa discriminazione insopportabile, questo retaggio di una morale stantia e non al passo con i tempi. D’altronde oggi tutto è fluido, il lavoro, la casa, gli interessi e anche la famiglia non fa eccezione. Il divorzio breve, da poco approvato anche in Italia è la prova che lo stato non ha interessa a mantenere stabilità ma piuttosto ad accontentare questa schizofrenia globale. Sembra tutto bello, basta lacci e catene. L’amore finalmente può essere libero di guidare la nostra vita e il cuore può divenire la nostra bussola. Ma, se vai oltre le statistiche e le leggi, e incontri e conosci le persone che vivono tutto questo disastro, trovi tanta povertà, insoddisfazione e sofferenza. Ferite aperte che si continuano a curare con medicine sbagliate. Non va tutto bene. Mi viene un’immagine forte. E’ come se gli uomini come Adamo ed Eva avessero mangiato dell’albero del bene e del male e si fossero scoperti nudi, si fossero scoperti fragili e incompleti. Come se volessero continuare a ritrovare la pienezza dell’origine, restare nellEden, nascondendosi da Dio. Una continua ricerca del paradiso perduto che però sbaglia il bersaglio e non può che comportare ulteriore sofferenza e dolore.

Ho trovato invece pace, consapevolezza e speranza, seppur vissute nella sofferenza dell’abbandono, proprio in quelle persone che hanno subito la separazione, hanno visto colui o colei che ha promesso di amarle per sempre calpestare quella promessa senza vergogna. Ne ho incontrata una. Si tratta di una giovane donna che non avrebbe difficoltà a trovare una nuova famiglia. Ma è quello che vuole?

Provo a capirlo con lei, ponendole alcune domande. Lei è siciliana e la chiameremo Giusy visto che vuole restare anonima.

Giusy, raccontaci brevemente della tua storia con lui. Del matrimonio.

La nostra è una storia pulita nata tra due ventenni, cresciuti insieme nel rispetto e sulla fiducia reciproca. Complici e rispettosi l’uno delle idee e dei valori dell’altro, dopo anni di fidanzamento abbiamo deciso di sposarci ma la vita è stata caina con noi, quello che sarebbe dovuto essere il periodo più felice della nostra vita, è stato caratterizzato da lutti che evidentemente, piuttosto che avvicinarci, ci hanno allontanato. Probabilmente il dolore ci aveva cambiati e mentre io chiedevo del tempo per guarire…lui si sentiva sempre più solo…lui gridava il suo bisogno d’amore…io presa dal mio dolore non ho capito.

Quando lui se ne è andato come ti sei sentita? Quale è stata la tua prima reazione?

Ero incredula, non pensavo che sarebbe potuto accadere a noi due, che quei ragazzi pieni aspettative, di vita e d’amore si fossero persi per davvero. Pensavo che tutto si sarebbe risolto, che fosse preso dalla rabbia, dalla delusione e invece, aveva tutto chiaro, come mi disse un prete, nessun uomo lascia la propria moglie per tornare dalla madre…c’era già l’altra, ed io non mi ero accorta di nulla.

Quanto è stato importante per te credere nel sacramento del matrimonio nonostante tutto?

I lutti precedenti avevano fatto si che mi allontanassi da Dio…la separazione mi ha riportato a Lui e messa da parte la fede nuziale (che ahimè, a malincuore ho dovuto sfilare dal dito), ho ritrovato la fede in Dio, quelle parole pronunciate sull’altare, nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, mi rimbombano nella mente…ho scoperto cosa significa vivere nella cattiva sorte, l’ho promesso a Dio che ci sarei stata…e non me la sento di venir meno alle mie promesse.

La tua fede in questi anni di prova come è cambiata? E’ maturata?

La mia fede è cresciuta, in Dio trovo la forza per affrontare i momenti bui di cui è piena la mia vita. Dicono che la separazione sia un lutto a tutti gli effetti, io di lutti gravi ne ho vissuti nella mia vita e posso smentire questa affermazione…un lutto lo elabori, trovi la pace perchè ad un certo punto accetti che chi non c’è più è tra le braccia di Dio, una separazione no…è molto più laboriosa, chi non c’è più, chi ti ha abbandonato, ferito, rinnegato, umiliato, diffamato lo ha fatto perchè ha deciso di farlo, perchè non ha saputo dir di no al peccato, perchè preso dalla sua debolezza, non ha saputo dir di no al male.

Come hai fatto a trovare la forza per perdonare tuo marito?

Perdonare? è un parolone…non credo di odiare chi mi ha fatto del male, ho molta rabbia, sono profondamente delusa perchè, chi mi avrebbe dovuto difendere, in realtà mi ha ucciso…e lo ha fatto con le parole, con le umiliazioni, rinnegando quel noi che Dio aveva sigillato. Sto lavorando sul perdono, più che altro, provo profonda pena nei confronti di chi, non ha capito cosa è il vero amore, nei confronti di chi, è andato via venendo meno alle sue promesse, solo per del sesso. Prego continuamente per la conversione di questo uomo e seppur con difficoltà, cerco di pregare per lei, affinchè riconosca che quello non è il suo ruolo, vada via, lasciando in pace la mia famiglia, restituendomi la mia casa

Perché pensi che non sia possibile per te stare con un altro uomo?

Provo amore per il mio “carnefice”, non riesco neanche ad immaginarmi con un altro uomo, chiedo a Dio discernimento, di aiutarmi a capire, non credo ci saranno altri uomini dopo lui, ho tolto la fede al dito, ma io sento che quel legame va al di là della presenza fisica…c’è un filo sottile che ci unisce, il sigillo di Dio sento non spezzerà mai ciò che è stato.

Cosa ti senti di dire a chi come te non vuole mollare e crede ancora nel suo sacramento nonostante tutti, amici, colleghi e parenti non capiscono questa scelta?

Credo fermamente che chi non si trovi in una situazione simile, non possa capire. Non è facile seguire la croce e non sono nessuno per dire alla gente ciò che è giusto e ciò che non lo è, sento però di dire che, chi sente di dover seguire gli insegnamenti di Dio, chi si sente fedele nonostante l’infedeltà del proprio coniuge, non stia ad ascoltare nessuno se non il proprio cuore. Siamo saliti in croce con Gesù Cristo, in realtà mi sento onorata di poter dire, anche io, in minima parte, ho portato la croce, come Lui.

Le persone come Giusy sono una pietra d’inciampo. Meglio ignorarle o considerarle delle sfigate. Dicono alla nostra povera società malata ed individualista che si può essere fedeli a una promessa fatta a una persona, senza porre condizioni. Dicono alla nostra società che l’amore non è solo un cuore che batte ma anche sofferenza e forza di volontà. Dicono alla nostra società che Gesù non è morto invano, che ci si può fidare di Lui e che dopotutto quella croce è sempre meglio della incapacità di rispondere alla vocazione all’amore che ognuno di noi ha. Quelle persone, che portano la croce come Gesù,  che mostrano al mondo che la fedeltà nella sofferenza non solo è possibile, con la grazia di Dio, ma può incredibilmente donare pace e senso. Queste persone sono esempio e fonte di meraviglia e speranza per tutto il popolo di Dio

Antonio e Luisa

Uniti tra sé e uniti alla croce.

Perchè tanti divorzi e separazioni anche tra chi si sposa in Chiesa davanti a Gesù? Il Papa ci ha ricordato come tanti matrimoni siano in realtà nulli, ma è solo questo? Perchè la Grazia di Dio non ci salva da noi stessi e dai nostri errori? La Grazia non è una magia. Lo Spirito Santo per poter entrare in noi e cambiare le nostre debolezze e fragilità ha bisogno di noi. Lo Spirito Santo ha bisogno che  noi apriamo il nostro cuore alla Sua azione. Dobbiamo volere che Gesù abiti in noi e nella nostra unione. Il sacramento del matrimonio non ci assicura nulla senza il nostro impegno. Il sacramento del matrimonio è come una fonte di acqua pura che disseta ma se noi abbiamo un bicchiere bucato non riusciremo nè a bere nè a dissetarci. Questo è il nostro cuore, che se reso bucato dal peccato e dal nostro egoismo, non riuscirà a riempirsi di Dio. Diventa così tutto un’illusione e se le cose non vanno ce la prendiamo con Dio che non ci ha preservato dal fallimento.  Mi viene in mente un’affermazione di Tarcisio Mezzetti, una persona di Dio che si è spesa fino alla fine per fidanzati e sposi. Tarciso, sulla base di una ricerca statistica americana, aveva evidenziato come un matrimonio su tre finiva in divorzio (questo alcuni anni fa, oggi è ancora peggio). L’incidenza scendeva a uno su cinquanta se il matrimonio era stato celebrato in Chiesa e se la coppia partecipava regolarmente alla Santa Messa. La statistica sorprendentemente mostrava come l’incidenza crollava vertiginosamente quando la coppia oltre a essersi sposata in chiesa e partecipare alla Messa, pregava regolarmente unita. L’incidenza in questo caso scendeva a addirittura uno su millecento. Incredibile?

No non è incredibile. Semplicemente la coppia ha tenuto fede alla sua promessa matrimoniale, non escludendo Cristo dalla propria vita e dalle proprie scelte. Sempre qualche mese fa, lessi su un sito cattolico la storia di Siroki­Brijeg. Siroki­Brijeg è una città bosniaca di alcune migliaia di persone dove non si sono verificati mai divorzi. Sembra che la motivazione di questo incredibile risultato sia nella fede dei suoi abitanti e nel rito del matrimonio che la chiesa locale segue.

Quando i fidanzati vanno in chiesa per sposarsi, portano con sé un crocifisso. Il sacerdote lo benedice, e invece di dire che i fidanzati hanno trovato il partner ideale con cui condivideranno la vita dice: “Avete trovato la sua croce! È una croce da amare, da prendere su di voi. Una croce che non è da scartare, ma da custodire nel cuore”.

Quando la coppia pronuncia i voti matrimoniali, la sposa mette la mano destra sul crocifisso, e lo sposo la mano destra sopra quella di lei. Sono uniti tra sé e uniti alla croce. Il sacerdote copre le mani degli sposi con la stola, mentre loro promettono di amarsi a vicenda nella gioia e nel dolore, proclamando fedelmente i propri voti in base ai riti della Chiesa.

Poi i due baciano la croce. Se uno abbandona l’altro, abbandona Cristo sulla croce. Perde Gesù! Dopo la cerimonia, i neosposi attraversano la porta di casa per collocare il crocifisso in un posto d’onore. Diventa il punto di riferimento della loro vita, e il luogo di preghiera della famiglia. La giovane coppia crede fermamente che la famiglia nasca dalla croce.

Nei momenti di difficoltà e incomprensione, che sorgono in tutti i rapporti umani, non si ricorre non all’avvocato, al terapeuta o all’astrologo, ma alla croce. Gli sposi si inginocchiano, piangono lacrime di pentimento e aprono il proprio cuore, chiedendo la forza di perdonarsi a vicenda e implorando l’aiuto del Signore. Queste pratiche pie sono state imparate fin dall’infanzia.

Ai bambini viene infatti insegnato a baciare con reverenza il crocifisso tutti i giorni e a ringraziare il Signore per la giornata trascorsa prima di andare a letto. I bambini vanno a dormire sapendo che Gesù li tiene tra le braccia e che non c’è nulla da temere. Le loro paure e le loro differenze scompaiono quando baciano Gesù sulla croce.

Termino con un insegnamento di don Dino Foglio, tra i fondatori del Rinnovamento nello Spirito in Italia e sacerdote che abbiamo avuto la fortuna di incontrare e ascoltare per alcuni anni:

Con la sola volontà non si fa nulla. con la sola Grazia non si fa nulla, con la volontà e la Grazia si fa tutto.

Se il nostro matrimonio è in crisi o siamo noi ad essere in crisi, non accusiamo Dio ma cerchiamo di capire come aprire il nostro cuore alla Sua Grazia.

Antonio e Luisa