E se l’attesa del piacere fosse essa stessa (parte del piacere)?

E se l’attesa del piacere fosse essa stessa (parte del piacere)?

L’estate andiamo sempre al mare. Due settimane, quando va proprio bene tre. Aspetto quel momento tutto l’anno. Riuscite a immaginarlo? Cinquanta settimane ad aspettare quei quindici giorni di mare. E Natale? Vogliamo parlare di Natale? Adoro Natale. Lo aspetto tutto l’anno. Trecentosessanta quattro giorni di attesa. Trecentosessanta cinque, negli anni bisestili. Eppure, è un’attesa ampiamente ricompensata. E del matrimonio non ne parliamo? Il giorno tanto sognato, magari dopo anni di fidanzamento. E finalmente arriva. Il giorno del coronamento. Quello in cui ci giuriamo amore eterno.

E il sesso? No, col sesso no. Per quello non si può attendere, dice il mondo. Quello va consumato il più presto possibile. Magari già al primo appuntamento. Comunque, entro il terzo. Così recitano le regole non scritte del galateo amoroso, nel mondo moderno. Anche se questo tizio qua tu lo conosci appena. Non hai idea se ci sarà un altro appuntamento. Se avrai voglia di vederlo di nuovo. Perché mica hai ancora deciso se ti piace o no. Ma intanto, già che ci sei, potresti andarci a letto. Che male c’è? E poi, lui un po’ se lo aspetta. Così fan tutte, direbbe Mozart. E tu? Perché vuoi fare quella stramba? Non sarai mica vergine? Cioè, non di segno zodiacale. Proprio vergine-vergine. Vergine che non ha mai… Vergine che non ha ancora… no dai, non è possibile. E invece.

Diciamo subito una cosa: una volta era più semplice. Esisteva un confine netto, quasi invalicabile, fra castità e sessualità. Il confine, il fotofinish della verginità, era il matrimonio. Tagliato quel traguardo, si cominciava a esplorare anche l’intimità fisica. D’altro canto, a quel punto era anche la cosa più naturale del mondo: si era una carne sola. Poi è arrivata la modernità. Sinonimo di rivoluzione sessuale. Sinonimo di proposte indecenti a cui non puoi dire di no. Perché sennò sei bigotta. Sei frigida. Sei un po’ bacata. Aggiungete pure aggettivi spregevoli a piacere.

Credetemi, le donne sessualmente più libere sono le cattoliche. Non è una provocazione. Se la libertà vuol dire poter scegliere, le uniche rimaste a scegliere sono loro. Quelle che non hanno paura di dire di no. La castità è una cosa incomprensibile per i più. E molto fraintesa. Viene dipinta come una innaturale e crudele rinuncia. Una sofferenza inutile. Perché l’istinto è buono per definizione. E va sempre soddisfatto. La nostra è una cultura bulimica, che fa scorpacciate di tutto. Di cibo, di droga, di oggetti. E, naturalmente, di sesso. La gente ne consuma così tanto, così spesso, che ogni tanto ne fa indigestione. Lo chiamano “calo del desiderio”. Metà degli psicologi che conosco ci si paga il mutuo, col calo del desiderio dei suoi pazienti. Non c’è niente di male nel sesso. Questa idea che ai cattolici il sesso non interessi, che addirittura ci faccia un po’ schifo, è una bugia. Una delle tante, inventate dalla propaganda del nemico (l’altra è che siamo gente noiosa, invece ho amici credenti, con cui mi faccio un mare di risate).

I cattolici non condannano il sesso, non ne hanno paura. Sanno, come diceva Fulton Sheen, che il corpo non può donarsi, se l’anima non si dona. Che il sesso, fuori da una relazione di vero e profondo amore, è solo ginnastica. (del suo bellissimo libro sul matrimonio, ho parlato qui: https://annaporchetti.it/2022/11/10/lamore-cose/) La castità non è privazione ma attesa. Come col Natale. E’ consapevolezza che non ogni momento è quello giusto. Che arriva il tempo per ogni cosa. La verità è che, oggi, non vogliamo più attendere. Lo facciamo mal volentieri, vorremmo tutto e subito. Desideriamo soddisfare i nostri desideri, appena si presentano. Ogni lasciata è persa. E se invece l’attesa del piacere, fosse essa stessa (una parte) del piacere? Basterebbe capire che, in fondo, l’attesa delle cose belle non ci ammazza.

Attendiamo con trepidazione il nostro compleanno per essere festeggiati, la finale di Champions per vedere la nostra squadra vincere o il concerto del gruppo preferito, che non abbiamo mai ascoltato dal vero. Tutta la vita è fatta di traguardi, intervallati da lunghe, talvolta lunghissime attese. La castità è l’attesa che precede il piacere, acuisce il desiderio. Lo rende più puro, più consapevole. L’amore frutto di attesa non è solo un istinto da soddisfare, è una scelta, una decisione, un gesto che mette insieme la parte razionale e quella emotiva, il cuore e la testa, l’anima e il corpo. Richiede disciplina ed è per questo che forma la volontà. La castità ci protegge da noi stessi, dall’istinto animale ed egoistico che ci porterebbe a usare l’altro come mezzo per soddisfare i nostri desideri e non come fine per crescere umanamente e spiritualmente. Il sesso coniugale è un frutto dell’amore. Quello vero. Come ogni frutto, va colto al momento opportuno, quando è maturo. Un frutto acerbo ci lascerebbe un sapore aspro. Per questo l’attesa è essenziale, è preparazione a cogliere il meglio. Gabriel Garcia Marquez, premio Nobel per la letteratura (mica una mezza calza con all’attivo un manualetto e un blog, come me), racconta che Florentino Ariza attese Fermina, la donna che amava, per cinquantun anni, nove mesi e quattro giorni. Per questo il suo romanzo: “l’amore ai tempi del colera” è una grande storia d’amore e non una lettera strappalacrime a una qualunque posta del cuore, scritta da una donna sedotta e abbandonata.

Chi ama davvero, non teme l’attesa del piacere… sa che essa stessa ne è parte!

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La castità ha bisogno di una meta

Sto scrivendo con Luisa il nuovo libro. Un testo dove cercheremo di approfondire il matrimonio nella sua dimensione regale. Come ho già più volte scritto il matrimonio è un sacramento che si fonda sul nostro battesimo, come del resto tutti i sacramenti. Il battesimo ci permette di essere re, sacerdoti e profeti con Gesù. In due libri già pubblicati, Luisa ed io abbiamo approfondito il nostro essere profeti e sacerdoti ed ora stiamo completando l’analisi con l’ultima dimensione. Noi siamo re. Siamo re quando sappiamo alzare lo sguardo e smettere di essere ripiegati su noi stessi.

E’ sbagliato quindi cercare di essere felici? No nient’affatto. E’ sbagliato legare la nostra felicità ai nostri sentimenti. Lo dice benissimo don Luigi Maria Epicoco in un suo libricino L’amore che decide. Noi abbiamo un oceano dentro. Un oceano fatto di sentimenti, emozioni e, don Luigi aggiunge giustamente, anche le nostre personali ferite che cercano di influenzarci. Corriamo il rischio di restare ripiegati su tutto questo bagaglio perdendo di vista quello che davvero conta per la nostra felicità e per dare senso a tutto: la destinazione. A volte viviamo come non ci fosse una destinazione. Viviamo alla giornata cercando di trovare la gioia in quei piaceri, spesso illusori ed effimeri, che possiamo avere nel dare soddisfazione alle nostre emozioni e ai nostri sentimenti. A volte, se parliamo di sesso, ai nostri semplici impulsi ormonali. Una dimensione davvero basica. Che povertà! Poi però non cerchiamo la nostra meta e se non la cerchiamo non la trovaremo mai. Capite la sofferenza dei nostri tempi? Il card. Biffi aveva descritto benissimo tutto questo apostrofando la sua Bologna come sazia e disperata. Siamo così. Cerchiamo di saziarci di piacere ma poi siamo disperati perchè non troviamo il senso della nostra esistenza. E più non troviamo senso e più abbiamo bisogno di cercare un anestetico fatto di piaceri. Diventa un circolo vizioso.

Da tutto questo ci può salvare la nostra vocazione. Prendere quindi coscienza che abbiamo un destino. Non intendo certo il fato cioè qualcosa di ineluttabile che dobbiamo accettare, ma un progetto su di noi che dobbiamo scoprire ed accogliere. Solo questa ricerca può aiutare a trovare un senso a questa vita. Vasco Rossi nella sua famosissima canzone Un senso diceva: Voglio trovare un senso a questa vita anche se questa vita un senso non ce l’ha. Solo prendere coscienza di avere una vocazione, cioè una meta può aiutarci a vivere la castità in ogni stato di vita. Io sono cresciuto con le canzoni di Vasco perchè ero disperato come lui. Poi ho trovato Luisa e la mia vocazione. Avere una meta può aiutare tutti. Può aiutare i fidanzati, i consacrati, le persone che hanno orientamento omosessuale. Tutti! La castità indica che abbiamo compreso che vale la pena scegliere di agire per il bene, e se necessario in modo diverso da ciò che ci spinge a fare il nostro mondo emotivo.

Alla fine è tutto qui. La nostra vita è fatta di scelte. La mia storia con Luisa è fatta di scelte. Non sempre scelte grandi, ma anche continue piccole scelte. Il fatto di non avere rapporti prima del matrimonio. Pensate che non ne avessi voglia? E’ stata una fatica enorme per me. Eppure Luisa ed io abbiamo scelto di aspettare. Il fatto di non guardare pornografia dicendo di no quando ne avevo voglia. Il fatto di non uscire durante la pausa pranzo con quella collega che mi piaceva. Il fatto di smettere di usare gli anticoncezionali. Per me è stato faticoso rinunciare ad avere rapporti in certi giorni, avevo voglia di usare il preservativo ma ho scelto di fare altro, ho scelto con Luisa quello che faceva bene alla relazione e non quello che volevo.

Se ho avuto la forza di fare tutte queste piccole ma costanti scelte è perchè avevo una meta. Luisa ed io abbiamo sempre cercato di costruire la nostra relazione affinché fosse nella gioia in questa vita e ci aiutasse entrambi ad arrivare pronti alla vita eterna, all’incontro con Cristo.

Ora, sul secondo punto non posso metterci la mano sul fuoco, anzi so di avere ancora tanto da cambiare in me, ma sul primo punto ho sperimentato di aver fatto la scelta giusta. Luisa ed io siamo sposati da vent’anni e la nostra relazione è più viva che mai. La desidero immensamente, la nostra intimità è bellissima, molto più di quando ci siamo sposati. Questo non perchè siamo particolarmente bravi o abbiamo talenti particolari. Tutt’altro. Questo perchè abbiamo fatto la nostra scelta e, ogni volta che abbiamo scelto per il bene e non per la voglia del momento, abbiamo aggiunto un tassello in più alla nostra relazione. Siamo cresciuto un po’ di più. L’amore, come ho già avuto modo di scrivere, è una scelta. Con questo articolo ho cercato di spiegare come questa scelta sia fatta di tante piccole scelte quotidiane. Non è un concetto astratto ma molto concreto ed ordinario. Per questo il nostro essere re passa dal controllo delle nostre emozioni. La libertà non è abbandonarci a tutto ciò che vogliamo fare. Quella è piuttosto una schiavitù. La libertà, quella del re, è fare la cosa giusta. Se sarà piacevole bene, se ci costerà fatica meglio, perchè ci aiuterà a diventare sempre più quell’uomo o quella donna che siamo.

Antonio e Luisa

La castità non toglie ma dà (2 parte)

Riprendiamo la nostra riflessione da dove l’abbiamo interrotta ieri (clicca per leggere la prima parte)

Antonio e Luisa: cosa abbiamo imparato da questa nostra esperienza? Uomo e donna sono diversi. La castità dipende soprattutto dalle donne. Non sempre è così ci sono certamente delle eccezioni. Spesso è così. Costitutivamente gli uomini sono portati a pensare spesso al sesso. Hanno in testa solo quella cosa lì? Certamente no ma ci pensano molto più delle donne. Lo dice la scienza. L’uomo dal momento della pubertà cresce nel desiderio sessuale di 20 volte, la donna solo di due. L’uomo pensa al sesso in media 19 volte al giorno. La donna molte di meno. Questo secondo una recente ricerca americana. E questo è normale. Questa evidente differenza sessuale tra uomo e donna ci dice due realtà:

  • La vera prova d’amore non è quando l’uomo chiede di fare sesso, ma è esattamente l’opposto. E’ quella che la donna può chiedere al suo amato. Una donna è molto affascinata e si sente amata e rispettata quando il suo uomo è capace di controllare la parte più istintiva che c’è in lui. Desidera ardentemente l’incontro fisico, ma è capace di dire con le parole e con l’atteggiamento: ti voglio così bene che sono disposto ad aspettare perché tu lo desideri. Se capisse poi che vivere quel gesto prima del matrimonio sarebbe una menzogna, sarebbe il top. Ma ci può arrivare per gradi. Per Antonio, come abbiamo raccontato ieri, è stato così. L’ha compreso dopo.
  • La castità dipende soprattutto dalla donna. E’ la donna che deve contenere l’uomo. Lo dice come siamo fatti. Venti volte contro due; ricordate? Molte donne hanno paura di non essere accettate se dicono di no. Credono che in fin dei conti vada bene così, vi ripetiamo che non vogliamo giudicare chi fa scelte diverse, ma raccontiamo la nostra testimonianza, di come Luisa mi ha conquistato. Dicendomi di no mi ha fatto comprendere il suo valore e gliene sono grato La fatica è rimasta, continuavo ad essere attratto da lei e a desiderarla, ma ero sempre più affascinato da questa scelta. Per la prima volta sperimentavo con una donna una profondità, una consapevolezza e una ricchezza che fino ad allora non credevo fosse possibile. Per la prima volta comprendevo quanto preziosa fosse lei per me e quale significato avesse l’amplesso nella relazione tra un uomo e una donna. Non sono arrivato a comprenderlo da solo. Devo ringraziare padre Raimondo Bardelli che mi ha aiutato a capire come la castità non fosse una frustrazione da subire, ma al contrario fosse la consapevole preparazione del terreno. Attraverso la castità io e Luisa ci stavamo preparando a cogliere i frutti del nostro amore il giorno delle nozze. Ha cambiato la mia prospettiva. Non stavo rinunciando a qualcosa che avrei potuto avere subito, ma stavo rinunciando a un piacere immediato per averne, al tempo giusto, il centuplo. E così è stato.

Quindi nel fidanzamento casto non c’è contatto fisico? Cosa è giusto fare nel fidanzamento? Parlare la tenerezza. Tenerezza che si concretizza nei baci, negli abbracci, nelle carezze e in tutte le manifestazioni caste che ci possono essere. Parlare quindi il linguaggio proprio della stato in cui i due amanti si trovano. Uno stato provvisorio che non contempla ancora il dono totale del corpo. E’ pazzesco come le nostre relazioni siano costruite sbagliate. Fin dall’inizio. Nel fidanzamento si sperimenta il sesso in tutte le sue manifestazioni e poi, nel matrimonio, non si è più capaci di desiderarlo e di viverlo. Per tanti, dopo alcuni anni, si aprono le porte del deserto sessuale. Cosa succede? Semplice. Si è capaci di parlare un linguaggio solo. Quello dell’amplesso e dell’incontro intimo. Non si è usato questo periodo di conoscenza, il fidanzamento, per perfezionare tutti gli altri linguaggi. Anche quando ci sono, baci, carezze, abbracci e attenzioni sono sempre finalizzati a concludersi nell’amplesso. Nel matrimonio non c’è tutto il tempo, la voglia e il desiderio per queste manifestazioni di amore tenero e concreto. C’è tanto altro a cui pensare e che ci occupa il tempo. Nel fidanzamento invece, almeno di solito, c’è molto più tempo. Nel matrimonio serve impegnarsi. Serve parlare il linguaggio della tenerezza anche quando per tanti motivi non è possibile arrivare all’amplesso. Figli, gravidanze, metodi naturali, mancanza di tempo e di forze, rendono l’incontro intimo non più così semplice da cercare e desiderare. Qui bisogna attingere a quanto imparato nel fidanzamento. Solo se nel fidanzamento ci si è educati a parlare diversi linguaggi d’amore, trovando gratificazione e piacere in quelle stesse manifestazioni, senza quindi renderle finalizzate e usate al solo fine di raggiungere il piacere sessuale, si potrà affrontare con i giusti strumenti il matrimonio. Solo così i momenti di astinenza non saranno momenti di aridità e di distanza tra gli sposi, ma saranno periodi di corteggiamento e di tenerezza. Periodi altrettanto dolci e belli e, cosa più importante, fecondi. Utili a mantenere e ad alimentare la fiamma del desiderio. E’ fondamentale educarsi a questo modo di vivere l’amore. Se non si impara poi è difficile. Quando verrà per tanti motivi a mancare l’incontro sessuale si perderà il desiderio di vivere altre modalità e tutto diventerà povero e senza gioia. Un circolo vizioso che porterà sempre più in basso fino alla completa distanza emotiva, affettiva e sessuale tra gli sposi. Capite l’importanza di imparare la tenerezza nel fidanzamento. Non è una richiesta assurda, ma una base necessaria sulla quale costruire tutta la casa del nostro matrimonio. Se volete un matrimonio santo imparate a vivere questi gesti come parte meravigliosa del vostro rapporto. A volte condurranno all’amplesso e altre volte no. Saranno comunque momenti di meravigliosa e feconda unità. Lo saranno però solo se avrete imparato a viverli in modo autentico. Il fidanzamento è la prima scuola per educarsi a questo atteggiamento importantissimo.

Antonio e Luisa

La castità degli sposi è meravigliosa (1 parte)

Questo vuole essere un articolo di sintesi. Dove metto insieme tante riflessioni già fatte. Quando ci capita nei nostri interventi di parlare di castità iniziano spesso i mugugni. Castità è una parola che non piace. Evoca sinonimi quali frustrazione e castrazione. Il contrario della libertà. La castità sembra poi essere qualcosa che riguardi solo la vita di alcuni giovani cristiani, i più bigotti e complessati, gente chiusa e incapace di aprirsi alla gioia. Il cristianesimo è gioia, e cosa c’è di più bello che fare l’amore quando ci si vuole bene. Questa è l’idea che serpeggia un po’ nel pensiero della maggioranza dei cristiani, che hanno smesso da un pezzo di ascoltare la Chiesa su questi temi. Alla fine che male c’è a seguire le nostre pulsioni? Se siamo entrambi d’accordo naturalmente. Sembra un atteggiamento saggio e rispettoso ma stanno davvero così le cose? Vedendo la sofferenza che c’è nelle relazioni affettive di oggi e il numero di separazioni anche tra chi si sposa sacramentalmente in chiesa forse non è tutto oro quello che luccica. Non è forse vera libertà.

Ora senza voler tornare alla dialettica del passato dove si esagerava nell’approccio verso il sesso e la sessualità, ricordiamo però che erano altri tempi, c’è da parlarne comunque. Non certo quindi evocando l’inferno, il peccato mortale e il demonio. Non ce n’è bisogno. Spesso l’inferno ce lo creiamo da soli con le nostre mani nel matrimonio. Bisogna cambiare approccio. Voglio parlare al vostro cuore. Esattamente come hanno fatto a suo tempo con me e Luisa. Io non avrei mai ascoltato un discorso moralista. Ho invece ascoltato chi mi ha proposto una meraviglia che poteva essere anche per noi. Un modo di vivere la relazione affettiva e sessuale in modo più bello, soddisfacente e pieno. La castità alla fine è questo. Nulla di castrante, ma al contrario è il solo atteggiamento che libera la nostra persona per aprirsi completamente all’altro nella fiducia e nella verità. Non me ne sono mai pentito.

In questo articolo non voglio parlare della castità prematrimoniale, ma della nostra di sposi cristiani. Già perchè la castità non riguarda solo i fidanzati che non possono lasciarsi andare alle gioie del sesso. Riguarda anche noi sposi che magari abbiamo 4 figli e vent’anni di matrimonio alle e sulle spalle. Che bello quando crescendo negli anni di matrimonio riusciamo a crescere anche nel saperci donare attraverso il corpo. Quando c’è sempre più aderenza tra quanto abbiamo nel cuore e quanto manifestiamo ed esprimiamo con il nostro corpo. Per noi sposi la castità significa saper far bene l’amore. Che bello quando il nostro dono reciproco diventa sempre più comunione di anima e corpo.

Come vivere concretamente la castità nel nostro matrimonio? Ho pensato di elencare alcuni punti che sono, a mio parere, fondamentali per vivere nella verità le nostre espressioni corporee dell’amore e quindi anche l’amplesso fisico.

  1. Corte continua. È importante che il nostro amore cresca e che sia vissuto in un contesto di corte continua. Corte continua significa collocare l’intimità sessuale in uno stile di vita fondato sull’amore reciproco visibilmente manifestato. Corte continua significa preparare il terreno alla nostra pianta. Continui gesti di tenerezza, di servizio, e di cura l’uno per l’altra durante tutto l’arco della giornata. Basta poco, una carezza, una parola dolce, uno sguardo, una telefonata e cose così. In passato non lo praticavo con costanza e la mia sposa ne soffriva. Capiva benissimo quando desideravo un rapporto intimo con lei. Bastava osservare il mio comportamento. Diventavo servizievole e tenero. Questo la faceva sentire usata. I miei, infatti, non erano gesti sinceri, ma finalizzati ad ottenere la mia soddisfazione. Ho dovuto impegnarmi ed educarmi per migliorare questa mia insensibilità. Avere cura di questa dinamica significa trasformare il piacere da semplice orgasmo a culmine di un dialogo d’amore parlato al modo degli sposi: con la tenerezza. Il piacere viene arricchito di comunione di cuore e corpo. Tutta un’altra cosa. Questa è castità perchè il desiderio nasce da una vita di dono reciproco. Cuore e corpo sono allineati!
  2. Fedeltà. Credo sia importante dirlo perchè la fedeltà è molto più che non avere rapporti con altre donne o altri uomini. Questa è la base. La fedeltà è accogliere tutto dell’altro. Significa accogliere la persona nella sua interezza. Non c’è nulla che rifiuto di lei. Sto affermando che l’ho conosciuta e sono pronto ad accoglierla con tutte le sue virtù, ma anche tutte le sue fragilità. Sto dicendo che non voglio escludere o cambiare nulla di lei. Semmai voglio intraprendere con lei un cammino di perfezionamento e di crescita. Essere fedele  significa non rimangiarsi questa promessa. Quante coppie si distruggono perchè non hanno riflettuto abbastanza su questo? Quante donne si illudono di cambiare il marito nel matrimonio o viceversa? No, non funziona così. Voi vi state prendendo il pacchetto intero. Se non avete valutato bene la persona con cui vi legate per la vita non potete poi accusare lui di non essere quello che voi pensavate fosse o volevate che lui diventasse. Solo così quello che staremo dicendo con il corpo, voglio tutto di te, avrà un’aderenza con il nostro cuore. Solo così sarà casto!
  3. No alla pornografia. Che male c’è a guardare video pornografici? Il male purtroppo c’è, e non solo per chi ne diventa dipendente. Cambia il nostro sguardo sull’altro. Non siamo più capaci di vedere tutta la persona ma solo parte di essa. E’ un problema che colpisce maggiormente l’uomo ma ultimamente sono sempre più coivolte anche le donne. Parlo quindi al marito ma non è solo per lui. L’uomo non è più capace di avere rapporti teneri con la propria donna. Il marito non riesce ad avere più rapporti teneri con la propria moglie. In genere vale per tutti. Questo accade perchè la donna è vista come un oggetto per il proprio appagamento sessuale. Perché ricercare la tenerezza (è il linguaggio dell’amore ndr) quando l’unico scopo è trarre un piacere sessuale? La donna viene usata. Se avete avuto modo di vederne, nei video pornografici la donna non è una persona che ha pensieri o sentimenti. E’ una che ha solo desiderio di fare sesso. Quindi l’uomo la usa per questo. Tra l’altro, è importante metterlo in evidenza, non c’è bisogno di una relazione. Guardando la pornografia questa dinamica è molto evidente. Quindi il sesso è un qualcosa che si può avere in qualsiasi momento e in qualsiasi modo, senza bisogno di relazione. E’ come far ginnastica. Qualcosa di piacevole da fare lì per lì e poi venirne fuori. Qualcosa da consumare. Si dice, non a caso, consumare pornografia. Qualcosa che provoca una tensione, una agitazione, che deve essere consumata nel più breve tempo possibile. Quello è ciò che conta. Non la relazione, non la tenerezza, non l’amore. Questo non accade solo tra i giovani, ma anche tra coppie mature, già formate da tempo. Coppie che hanno nel cuore il desiderio di avere una sessualità normale e bella. Questo però non accade. Nella sessualità non si può mentire. E’ dove il corpo si incontra con il cuore. Se la persona che hai di fronte la vedi come oggetto, si capisce da come la tratti. Se invece vedi in quella persona l’occasione che il Signore ti ha dato per arrivare a Lui, allora cambia tutto. Allora sì che c’è la tenerezza. Allora sì che c’è il dono. Accogli il suo dono e ti dai totalmente a lei. Allora c’è una reciprocità, non c’è soltano uno sfruttamento dell’altro per il soddisfacimento di un impulso sessuale. C’è bisogno davvero di passare dal consumare pornografia a consumare il matrimonio. da consumare nella sua accezione latina cumsumere (usare/logorare) a quella di consummare (portare a compimento). La castità non logora il rapporto ma lo porta a compimento.

Domani proseguieremo con ulteriori tre caratteristiche. Non mancate!

Antonio e Luisa

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L’amore va educato e preparato.

Abbiamo già raccontato in altri articoli che la castità prematrimoniale dipende (non è sempre così ma lo è in grandissima maggioranza) dalla donna.

Non vogliamo dare delle responsabilità eccessive solo ad una delle due parti. Non vogliamo giustificare l’uomo. Vogliamo cercare di mettere in evidenza come uomo e donna siano diversi. Sono diversi anche nel modo in cui si approcciano ad una relazione.

Siamo davvero diversi. Non sono solo stereotipi o luoghi comuni. Non è solo una convenzione culturale che spinge l’uomo ad essere cacciatore. Si forse un po’ c’è anche quello, ma non è solo quello. E’ qualcosa di molto più profondo. Si sente spesso dire che l’uomo pensa solo al sesso. In realtà non è così. Un uomo quando inizia una relazione con una donna non pensa solo al sesso. Pensa all’amore. Desidera, che ne sia consapevole o meno, sperimentare l’amore dato e ricevuto. L’uomo desidera l’amore quanto la donna. Il problema, se di problema si tratta, è che per l’uomo questo passa immediatamente dal sesso. L’uomo sente il bisogno di passare dal sesso per aprire poi il cuore all’emotività e all’amore.

La donna no! La donna sente il bisogno inverso. Sente il desiderio di essere appagata emotivamente per poi sentirsi pronta per aprirsi alla sessualità con il partner. Arriviamo ora ad una coppia di fidanzati cristiani che desidera vivere un fidanzamento nella verità, e nell’attesa di donarsi nel corpo solo quando si saranno donati nel cuore con la promessa matrimoniale.

La dinamica è chiara. Tanto più il fidanzato si sentirà attratto e innamorato e tanto più vorrà fare esperienza d’amore con lei, e per lui esperienza d’amore significa esperienza sessuale. Per cui una prima considerazione importante. Care fidanzate non considerate il vostro lui come rozzo e superficiale se ha questo tipo di impulsi e se prova a concretizzarli. Per lui cercare un rapporto sessuale è sinceramente il suo modo di amare. Sinceramente ma non nella verità.

Perchè allora non accontentarlo? Sappiamo bene che la sincerità delle intenzioni non significa sempre verità dei gesti poi compiuti. C’è un esempio che mi pare molto calzante. I nostri figli credono sinceramente di non poter fare a meno di quello smartphone o di avere Fifa 21 (videogioco di calcio) non appena viene messo in commercio. Ne sentono sinceramente il bisogno. Ma è vero? Non è forse meglio farli attendere un po’ di tempo per far capire loro che i veri bisogni sono altri e che possono benissimo vivere senza Fifa 21? Non è forse vero che, se devono sudarsi l’agognato oggetto del desiderio e attendere un po’, lo apprezzano poi molto di più?

Abbiamo semplificato molto, ma le dinamiche non sono tanto diverse. L’uomo sente fortissimo questo desiderio di intimità fisica. Diventa quindi fondamentale che la fidanzata sappia dire di no. Alcune donne potrebbero obiettare che anche loro ne hanno desiderio. Certo è vero. E’ diverso però. Il primo desiderio per la donna non è il sesso ma sentirsi al centro dell’amore e delle attenzioni dell’amato. Il desiderio sessuale nasce da questo. Per l’uomo invece tutto parte dal desiderio sessuale. Quindi per lui è molto più difficile attendere. Non basta quindi che la donna sappia dire di no. L’uomo potrebbe sentirsi non amato. L’incontro sessuale per l’uomo ha anche un grande valore psicologico. Serve a farlo sentire apprezzato e degno di fiducia. Per lui questo è importantissimo. L’uomo pensa: se lei fa sesso con me significa che sono importante per lei. Quindi se non fa sesso con me significa che non le piaccio abbastanza.

Una situazione quindi non positiva. Una situazione che potrebbe frustrarlo, scoraggiarlo e allontanarlo. Come fare quindi? Care fidanzate amatelo teneramente. Ci sono tanti modi per far sentire la vostra vicinanza e il vostro desiderio per lui. Castità non significa aridità e anaffettività. Tutt’altro. La castità è preparazione del terreno. La relazione è al centro sempre e il dono di sè può avvenire in tanti modi diversi senza arrivare al sesso. Fatelo sentire importante per voi in tanti altri modi. Al centro delle vostre attenzioni. Questo, piano piano, dovrebbe spingerlo ad aprirsi a parlare altri linguaggi dell’amore non finalizzati al solo sesso. Capite come il tutto diventa così più vero e più ricco? Come anche il desiderio sessuale non viene frustrato ma custodito, accresciuto e perfezionato? Come si possa davvero cominciare a considerare l’incontro sessuale come il più meraviglioso e grande dei gesti con cui gli sposi possono farsi dono vicendevole e non come un semplice modo di provare piacere ed emozioni forti?

Il fidanzamento diventa così una vera educazione reciproca all’amore. Non solo ci si conosce meglio e si riescono ad affrontare diverse situazioni di conflitto, che con il sesso potrebbero essere anestetizzate e messe in secondo piano (poi tranquilli che nel matrimonio saltano fuori), ma si impara a vivere l’amore in tutte le sue manifestazioni. Per l’uomo diventano belli e appaganti anche gesti che non siano l’amplesso fisico e per questo si impegnerà a parlare il linguaggio della tenerezza sempre. Per lei invece sarà più comprensibile il mondo maschile, che non è fatto di animali assetati di sesso, ma di persone costituite in modo diverso che cercano di amare ed essere amate esattamente come lo cerca lei. Per questo sarà anche più empatica e comprensiva a concedersi quando non ne avrà tutto il desiderio, ma comprenderà che per lui può essere il modo giusto per sentire l’amore della sposa e ricaricarsi emotivamente e psicologicamente.

Quando ci si conosce e si cerca di far funzionare le cose diventa tutto più semplice e più bello. Il fidanzamento è servito ad educare i due sposi a spostare lo sguardo dai propri bisogni al bene dell’altro e di tutta la relazione. A volte sarà lui che farà un passo in più verso la sensibilità femminile altre volte sarà lei a farlo. Questo è il gioco meraviglioso di due persone che cercano di rendere la vita dell’altro più bella e piena. Tutto questo diventa evidente in un matrimonio maturo. Non diciamo certo che due sposi possano vivere di rendita, perchè la relazione va nutrita ogni giorno, ma possono trarre tanta forza e bellezza proprio dal modo in cui si sono educati nel fidanzamento. Un’educazione che si può poi recuperare anche nel matrimonio, ma dove sarà tutto più difficile.

Antonio e Luisa

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Quando l’intimità guarisce le ferite

C’è una testimonianza che abbiamo raccolto e pubblicato sul nostro blog che racconta benissimo come il matrimonio possa essere un luogo di guarigione. Guarigione della persona, di tutta la persona. Del suo corpo, della sua psiche e del suo spirito. Una guarigione che avviene attraverso il sacerdozio e che apre alla profezia. Una coppia che vivendo bene l’intimità si è trasfigurata ed ora è pronta a farsi prossima partendo in missione in Brasile. Di seguito la testimonianza di Maria e Silvio.

La sessualità è importante in una coppia di sposi? Oppure è importante solo per la procreazione? Collegandomi con l’argomento del blog matrimonio cristiano sulla sessualità nel matrimonio, volevo condividere con voi la mia storia che, nelle mani di Dio, è stata trasformata, proprio grazie al sacramento del matrimonio.

Sono cresciuta in una famiglia cristiana caratterizzata da un grande senso del pudore e della riservatezza in ambito sessuale, tant’è che cambiavamo canale anche solo per un bacio trasmesso in TV. I miei genitori mi hanno insegnato la bellezza della preghiera, l’importanza della castità prematrimoniale e del rispetto per il mio corpo. Avevo compreso l’importanza di aspettare la persona giusta, lasciando la mia intimità tutta e solo per il mio sposo.

Quando avevo 14 anni nacque mia sorella Chiara. Poco tenmpo dopo, quando Chiara era ancora molto piccola, si scopri che era affetta da una trombosi al rene e i dottori ci dissero che sarebbe morta. Quel giorno andai in chiesa e, davanti alla Madonna, le affidai la mia vita in cambio della vita di mia sorella. Fu così che Chiara, dopo un mese in terapia intensiva, uscì dall’ospedale Sant’Anna guarita. Dopo tante lacrime e preghiere dei miei genitori. I dottori e le infermiere erano scioccati per il miracolo avvenuto. Passò del tempo e per me tutto fu diverso. Non riuscivo a vivere come le altre adolescenti. Ogni argomento mi sembrava così stupido in confronto a quello che avevamo passato in famiglia. Iniziai le superiori. Una sera d’estate io e una mia amica andammo a salutare degli amici. (Entrambe eravamo prese da due ragazzi belli come il sole). Tra una chiacchiera e l’altra la mia amica si allontanò con Giovanni e io rimasi con Filippo (I nomi sono di fantasia).

Filippo, con la scusa di farmi vedere il suo paese,mi invitò a fare un giro in macchina. Mi accorsi troppo tardi che la strada era ben lontana dal centro. Lontana dalla mia amica. Lontana dai miei genitori. La strada divenne sterrata. Si trasformò in un bosco. Finì in una strada chiusa sotto un cavalcavia. Quella sera Filippo fece tutto quello che un uomo può fare su una ragazza. Peccato che io avevo 15 anni e non volevo arrivare a fare quelle cose. Avevo appena scoperto il primo bacio. Lui era un po’ più grande di me. Molto più alto. Molto più forte. Quel luogo era casa sua. Non ebbi la forza né di urlare né di scappare. Avevo paura. Paura di ciò che i miei avrebbero pensato di me. Pensai a mio padre che qualche giorno prima mi aveva fatto ballare una canzone dei Pink Floyd con il rumore della pioggia. Provai vergogna perché avevo permesso a quel ragazzo di toccarmi. Vergogna perché ero salita su quella macchina. Vergogna perché non ero scappata.

Da quel momento è come se Filippo mi avesse strappato l’anima, come se avesse strappato tutto quello che di bello c’era in me. Quello che era successo era come un tatuaggio sul viso che bruciava su tutto il corpo. Odiavo la mia codardia. Odiavo il mio corpo e odiavo la vita. Entrai in un grande buco. Cercai di farla finita e quando lo stavo per fare sentii una voce: “E SE NON FOSSE PER SEMPRE COSÌ?” Ebbi una visione. Vidi una capanna e un ragazzo che mi sorrideva con un amore immenso che mi diceva: “Un altro giorno comincia”. Aprii la tenda e vidi molti bambini e famiglie tutte insieme. FELICI. Finì la “visione” e io piansi tanto.

Perché ve lo racconto? Perché il Signore ha trasformato questo cumulo di macerie in una casa colorata. Passai 5 anni senza dire nulla a nessuno, finché un sacerdote (che aiutava povere ragazze di strada ad avere un lavoro dignitoso) nella confessione capì cosa stavo vivendo e mi disse: “Ma cara, cosa potevi fare? Avevi 15 anni, avevi paura, quel ragazzo non doveva nemmeno cominciare senza il tuo consenso. Sei una ragazza STUPRATA.

Lo disse ad alta voce. E divenne REALE. Provai un grande sollievo. Da quel momento passavo dalla chiusura, al voler usare i ragazzi prima che loro usassero me. Vivevo il sesso come arma. Vivevo la mia femminilità come arma. E in tutto quel gran caos l’unico pensiero era quella capanna, quel ragazzo, quelle famiglie. Dopo tanto cammino, fatto di alti e bassi, cadute, salite, discese, amori infranti, progetti allontanati, e anche la separazione dei miei genitori, non riuscivo ad accontentarmi. Non mi bastava una vita uguale alle altre. Non mi bastava lo stipendio le bollette, la carriera. Non mi bastava il ragazzo simpatico, il ragazzo buono, il ragazzo di chiesa. Cercavo quel ragazzo, quello della capanna. Un ragazzo che, come me, voleva vivere della provvidenza, nel donarsi, nella missione, nella famiglia aperta. Mi nascondevo, nelle vicende del Signore degli Anelli dove l’amicizia era sincera, l’amore era puro e si lasciavano tutti i confort per distruggere il nemico e rendere migliore la terra.

Quando incontrai Silvio faccia a faccia nella fila al confessionale della Festa della Vita, era una domenica. Parlare con lui fu naturale come bere dell’acqua. Poi non lo vidi per un mese. Era però rimasto nel mio cuore. Ed ebbi molta paura. Avevo 28 anni. Era lui il ragazzo della capanna. Era lui che aspettava la sua sposa nella castità, che voleva la missione, la famiglia aperta. Avevo paura di non essere all’altezza. Paura di ferirlo. Paura di me stessa. Avevo paura che avrei trasmesso anche a lui quel senso di schifo che mi sentivo addosso, come un virus. Avevo paura che dopo il matrimonio non sarei mai stata capace di donarmi completamente. Conoscevo la sua “fama” di grande ragazzo lavoratore, di sincero amico, sapevo che era stato in missione, che aveva passato metà della sua vita in Comunità Cenacolo per scelta di vita.

Negli anni avevo seguito il suo percorso tramite i passaparola, ma mai avrei pensato che il mio ragazzo della capanna fosse proprio lui. Cercai in ogni modo di allontanarlo, spaventandolo con le mie storie, con il mio passato, cercando di essere fredda, distaccata. Volgare. Nulla. Lui era lì. Aveva capito il mio gioco. Ed io ero senza più riserve davanti a lui che mi amava così come ero. A Medjugorje ebbi la risposta dalla Mamma che più mi conosce. “Questa è la strada, Percorrila.” Dissi il mio “Eccomi” e fu solo una grande gioia e una grande pace. Il giorno delle nostre nozze fu il giorno più bello della nostra vita. Come tutti i giorni a seguire.

Nel Sacramento del Matrimonio il Signore ha guarito ogni ferita inferta quella brutta sera di 14 anni prima, e anche tutte quelle che io stessa mi ero inferta da sola negli anni successivi per punirmi. Ogni volta che mio marito ed io entriamo in paradiso, vivendo la nostra intimità in modo pieno, tenero, nel dono reciproco, è come un balsamo che chiude sempre più quegli squarci. Il Signore è stato crocifisso, ed io con lui. Nella sua Risurrezione i buchi dei chiodi sono rimasti ma non c’è più sangue ma Luce, Vita, Perdono, Grazia, Salvezza come nelle mie ferite. Lui passa attraverso mio marito ed io guarisco, mi salvo, trovo pace. Spero davvero che ogni coppia di sposi capisca il dono che hanno nelle mani e nella loro relazione. Nella loro intimità. Che grande vocazione! Che grande avventura! Questa vita va celebrata. Una Chiesa che si muove, una Chiesa che crea vita. E voi giovani abbiate il coraggio di non accontentarvi, ma seguite quella voce. C’è solo questa vita per trasmettere, a chiunque ci conosca, che in Lui tutto è possibile se lo lasciamo agire su di noi. È già un piccolo anticipo di Paradiso. Vi saluto di grande cuore. Mio marito ed io siamo prossimi alla partenza per la tanto sudata Missione in Brasile e la nostra amata capanna tra i bambini. Pregate per noi. Noi pregheremo per voi.

Maria e Silvio

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La beata Karolina sapeva di essere preziosa!

Durante l’udienza generale di mercoledì scorso (18/11/2020) il Santo Padre Francesco ha rivolto un saluto ai pellegrini di lingua polacca ricordando loro, e a tutti i cristiani del mondo, la bellezza della purezza,della castità e l’importanza del pudore:

Saluto cordialmente tutti i Polacchi. Oggi in Polonia ricorre la memoria liturgica della Beata Karolina Kόzka, vergine e martire. A sedici anni subì la morte per martirio in difesa della virtù della castità. Con il suo esempio, ancora oggi indica, specialmente ai giovani, il valore della purezza, il rispetto per il corpo umano e la dignità della donna. Affidatevi alla sua intercessione, perché vi aiuti a testimoniare con coraggio le virtù cristiane e i valori evangelici. Vi benedico di cuore.

Karolina Kόzka è, potremmo dire, la Maria Goretti di Polonia. Anche lei ha preferito la morte alla violenza sessuale. Credo che figure come Karolina e Maria possano aiutarci a riflettere sull’importanza del nostro corpo. Così importante che queste due ragazze hanno dato la vita pur di non cedere a chi voleva usare violenza sessuale su di loro. Perchè avevano ben chiara la consapevolezza di essere anche il loro corpo. Avevano la consapevolezza che violare il loro corpo significava violare tutta la loro persona. Il Papa, con il suo messaggio, lo sottolinea e ricorda, ad una società che tende a sottovalutare le conseguenze della banalizzazione del corpo e della sessualità, quanto sia importante per la stessa dignità dela donna (ma vale anche per l’uomo) riappropriarsi di valori come purezza, rispetto e castità. In sintesi il Papa ci vuole dire che la giovane Karolina ha avuto la forza di opporsi a quella violenza perchè conosceva quanto lei fosse bella e preziosa. Quanto la sua dignità di donna si manifestasse anche attraverso il suo corpo e da come lei considerava il suo corpo. Non qualcosa da svendere o da usare ma una parte di lei preziosa da custodire e proteggere.

Purtroppo oggi non è così per tante ragazze e per tanti ragazzi. Il corpo è usato per avere qualcosa in cambio. Di solito per avere un po’ di considerazione. Tanti usano il proprio corpo illudendosi di non avere conseguenze e invece questo modo di agire provoca in loro delle ferite profonde che poi impedisce loro di vivere relazioni autentiche e sane. Dovremmo aiutare i nostri figli a riscoprire l’importanza del pudore e della castità.

Il pudore non è da confondere con la vergogna. Avere pudore ci dice che siamo consapevoli dell’importanza del nostro corpo. Avere pudore ci dice che siamo persone gelose del nostro mistero. Il pudore è protezione della nostra ricchezza, della nostra intimità che non è qualcosa da svendere e rendere disponibile per tutti, ma qualcosa da preservare e custodire solo per una persona disposta a legarsi a noi per la vita. Un ragazzo o una ragazza che ha pudore sa quanto vale e sa quanto vale il suo corpo. Sa che il suo corpo è parte integrante della persona che è e che la sua dignità non può prescindere da come lo custodisce.

La castità esprime a sua volta la dignità della persona. Della propria persona e anche di quella con cui ci relazioniamo. Il nostro corpo è un’opportunità straordinaria che noi abbiamo per fare un’esperienza unica nell’incontro profondo e completo con un’alterità. Attenzione però! C’è verità solo quando cuore e corpo esprimono entrambi lo stesso amore. Non basta sentire di amare l’altro/a per rendere puri e autentici gesti che non lo possono essere. Il sesso non è sempre buono, non è sempre amore, anche se desiderato da entrambi. Il cuore parla attraverso il corpo. Nel sesso dice sono tua/o, siamo una cosa sola, tu sei l’unico/a per me. Capite bene che il cuore sta dicendo la verità, attraverso quel gesto del corpo, solo se si tratta di un uomo e di una donna che si sono promessi amore per sempre nel matrimonio.

Quindi il Papa fa bene a ricordare ogni tanto quanto la nostra dignità e la verità delle nostre relazioni d’amore passino attraverso pudore, purezza e castità. Senza non riusciremo a vivere un amore vero nella nostra vita e anche tutta il nostro amore verso Cristo ne sarà inesorabilmente compromesso. Non si tratta di moralismo ma di imparare ad amare.

Antonio e Luisa

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L’amore appassionato è casto!

Oggi mi fa davvero piacere poter presentare una breve recensione di un libro. E’ scritto da un ragazzo del 1998. Un libro che è una testimonianza forte dove si racconta una storia d’amore. Più precisamente Filippo racconta come ha deciso di vivere il suo fidanzamento con Giulia. Voglio citare anche lei perchè se Filippo ha scritto certe cose è perchè lei le ha condivise con lui. Già perchè questo libro parla di castità.

Castità è una parola che spesso è usata con un’accezione negativa. Castità significa per tanti, non poter fare, non essere liberi di amare, non lasciarsi trasportare dal sentimento e dalle emozioni. Ancor di più la castità può essere avvertita come castrante dai giovani come Filippo e Giulia, che provano emozioni e sentimenti fortissimi sopratutto quando si tratta di amore e di essere innamorati.

Mi sento di ringraziare Filippo proprio per questo. La sua testimonianza è dirompente perchè riesce a trasmettere bellezza in ogni pagina che ho letto. Nel suo libro non ho mai letto un’accusa verso chi sceglie altri stili di vita. Non ho mai letto parole di condanna o di biasimo. Non si è mai posto al di sopra di nessuno. Con la gioia di una vita vissuta nella verità e nella fede, ha semplicemte raccontato la sua scelta, dandone le ragioni.

Credo che tutto il libro sia davvero affascinante. A partire dalla copertina dove sono raffigurati Filippo e Giulia. Sono belli, bellissimi. Certo tutti i giovani lo sono, ma loro hanno qualcosa in più. Il loro sorriso parla. Il loro sorriso ci conferma che ciò che Filippo ha raccontato è davvero una scelta di pienezza e di gioia vera.

Non è un cammino semplice. L’autore non lo nasconde. Se fosse facile vivere un fidanzamento casto significherebbe che qualcosa non va. Come si fa a non desiderare di vivere un gesto meraviglioso come l’amplesso con la persona che più desideriamo e che più amiamo? Filippo non nega di avere questo desiderio. Vuole però che quel gesto tanto bello diventi un’esperienza di completezza, di purezza e di verità. Non vuole rovinare quel momento che tanto desidera rendendelo qualcosa di falso, dove non c’è armonia tra cuore e corpo. Per questo serve però tanta preghiera e una vita abitata da Gesù.

Mi sono appassionato così tanto a questo libro forse perchè Filippo ha scritto il libro che avrei scritto anche io. Lui lo ha fatto però a 22 anni. Ha dimostrato una maturità e un dono dell’intelletto (dono dello Spirito Santo che permette di comprendere la volontà di Dio) non comuni. Condivido ogni parola che ha scritto. Alla sua età ero molto più indietro. Se ho mantenuto la castità è solo merito di Luisa che mi ha sempre respinto. Ho vissuto la castità un po’ come una scelta obbligata. L’ho fatto per lei. Piano piano, però, ho compreso l’importanza di questa scelta e oggi le sono grato di avermi detto di no.

Ecco, oggi dopo 18 anni di matrimonio, mi sento di dire a Filippo che non si sta illudendo. Ciò che sta costruendo oggi nel suo fidanzamento sarà un tesoro che si porterà nel matrimonio e che permetterà a lui e Giulia di vivere una relazione matrimoniale che sarà meravigliosa, anche nel loro incontro intimo. Non si stancheranno mai, come avviene purtroppo per tante coppie, perchè avranno saputo educarsi a vivere la tenerezza e la loro sessualità come un vero incontro d’amore, dove donarsi ed accogliersi nella verità e nella reciprocità. Usando le parole con cui Filippo termina il libro:

La purezza se ben intesa non toglie il desiderio di fare sesso con chi amiamo, ma anzi lo accende se la nostra vocazione è quella di condividere tutta la vita con lui

Credo che questo libro vada fatto leggere ai nostri ragazzi, regalato ad amici con figli adolescenti e ai nostri sacerdoti. I giovani vogliono qualcosa di grande, forse leggendo questo libro potranno comprendere quale sia la strada da intraprendere in un mondo che banalizza il sesso e punta sempre ad accontentarsi del minimo per paura di rischiare.

Ragazzi abbiate coraggio! Come Filippo e Giulia decidete di essere trasgressivi. La vera rivoluzione è la castità.

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Antonio e Luisa

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Dirette 3 coppie 2.0. La castità (terza parte)

Dopo aver ascoltato le riflessioni di Pietro e Filomena e le nostre passiamo all’ultima coppia: Claudia e Roberto, che hanno impostato l’argomento da un punto di vista più psicologico.

La sessualità è l’energia più potente che abbiamo dentro ed è, per questo, la cartina al tornasole di tutti gli aspetti della nostra personalità. Essendo l’energia più potente, la Chiesa ha pensato bene di farci un regalo. Un regalo di libertà. Non è facile comprenderlo. Anche io Claudia ci sono arrivata dopo una serie di esperienze come i 10 comandamenti o i corsi ad Assisi, ma soprattutto dopo una serie di esperienze andate male. Ho capito che la Chiesa con la castità ci offre un modo per scegliersi nella libertà e non la schiavitù di legarsi.

La sessualità può essere usata per sfogarsi. Viene spesso usata, anche nel fidanzamento, come sfogo emotivo. Sei arrabbiato, frustrato, hai paura, sei teso e butti tutto nel sesso. Puoi usare la sessualità per coprire i problemi. Come anestetico. Qual è il problema? Il fidanzamento è un periodo di verifica, per comprendere se l’altro/a può essere quello giusto per costruire un matrimonio. E’ FONDAMENTALE che i problemi vengano alla luce e affrontati. Ogni anestetico, e il sesso è il più potente, può essere molto deleterio.

Attenzione però! La castità può essere una coperta per nascondere dei problemi personali e relazionali. Spesso capita che una persona abbia paura di entrare in intimità con un’altra. Fa fatica ad essere toccata dall’amato. La castità usata per coprire la frigidità. Invece è bene comprendere, e riguarda soprattutto le donne, che la mancanza di reattività di una donna attraverso il suo corpo è un problema. Va affrontato o sarà causa di grandi problemi e sofferenze poi nel matrimonio dove non ci sarà più la coperta della castità. La castità matrimoniale non sarà più astinenza, ma al contrario richiederà un abbandono completo anche nell’intimità fisica.

Infine la castità è l’opposto del possesso. E’ bene ricordarlo. Spesso una donna usa la sessualità per legare l’altro a sè. Crede che attraverso il sesso lui non se ne andrà. Poi naturalmente tutto ciò si rivela un’illusione. Se ci sono problemi, e il sesso spesso li copre, lui se ne andrà comunque. Dopo averla usata.

Il nostro rapporto con la sessualità è molto influenzato dalla nostra storia, dalla nostra famiglia di origine. Abbiamo avuto genitori freddi che non ci trasmettevano calore e tenerezza anche con gesti e carezze. Avremo difficoltà a vivere un’intimità con un’altra persona. Questo è solo un esempio. Quante ferite che ci portiamo dentro. Quindi, prima che nel rapporto con l’altro, dobbiamo aver chiaro che tutte queste ferite influenzano il rapporto che noi abbiamo con il nostro corpo e che, di conseguenza, influenza anche il rapporto intimo con l’amato.

E’ importante vivere la castità nella sua dimensione della libertà. Comprendere il rapporto che abbiamo anche con il nostro piacere. Con la nostra capacità di godere. Perchè nel fidanzamento, tutti quei gesti di piacere, diventano poi quelli che nel matrimonio possono salvare la relazione. La forza della sessualità incanalata in gesti di libertà, non di possesso, non di sfogo, non volti a legare a sè, ma gesti autentici di dono e di tenerezza può davvero fare la differenza dopo. Gesti come baci, carezze, abbracci. La castità come modo per imparare a guardarsi. Sguardo che diventa contemplazione, capace di godere della bellezza dell’altra persona. La castità come capacità di dialogo. Dialogo profondo dove veramente attraverso le parole si impara a raccontare il proprio cuore e quello che c’è dentro. Sintetizzando la castità permette di portare il rapporto ad un piano superiore. Tutto questo bagaglio ci ha permesso di superare i momenti peggiori di crisi dove la sola corporeità e passione sessuale non avrebbero potuto nulla per riavvicinarci, semplicemente perchè nella crisi la passione e l’istinto non ci sono. Non c’è desiderio di incontrare intimamente l’altro.

Quindi cari fidanzati non bruciate le tappe, non abbiate fretta. C’è una regola fondamentale nell’amore: l’intimità deve andare di pari passo con la responsabilità. Se non si rispetta questa verità accadono i casini. Magari non subito. All’inizio può sembrare anche bello ma poi nel matrimonio prima o poi arrivano. Nel rapporto fisico ci stiamo dicendo attraverso il corpo che ci apparteniamo completamente. Io sono completamente tuo. Io sono completamente tua. Nel fidanzamento diciamo una menzogna se viviamo l’intimità fisica. Ciò è vero solo nel matrimonio cristiano dove davanti a Dio, e con la sua Grazia, promettiamo di donarci ed accoglierci di un amore totale, indissolubile e fedele.

Antonio e Luisa

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Dirette 3 coppie 2.0. La castità (prima parte)

Oggi presenteremo attraverso questo blog quanto scaturito dalla diretta che noi di Matrimonio Cristiano, con le altre due coppie di Amati per Amare e Sposi&Spose di Cristo, abbiamo dedicato ad un altro tema fondamentale: la castità. Prevalentemente vissuta nel fidanzamento ma non solo.

I primi ad intervenire sono Pietro e Filomena. Loro hanno sicuramente un punto di vista originale. Un punto di vista formatosi dalla loro storia spiritualmente travagliata. Hanno pensato entrambi alla consacrazione reliosa prima di indirizzarsi verso il matrimonio e la loro vocazione autentica.

In particolare Filomena ha vissuto 13 anni di castità come religiosa. Filomena ha capito di aver compreso cosa davvero fosse la castità dopo il matrimonio, quando è diventata madre per la prima volta. La castità del cuore si riflette molto ed è evidente nel rapporto tra madre e figlio. Castità è verità. Ciò influenza moltissimo i rapporti con i nostri figli. Avere un atteggiamento possessivo verso i figli non è casto. Impedisce loro di imparare ad amare. Questo accade spesso. Addirittura nella mia esperienza mi capita di incontrare madri che fanno fatica ad accettare che i loro figli amino il padre e viceversa. Sono gelose. Lo vorrebbero tutto per sè.

Amare nella verità il proprio figlio significa non solo accettare, ma essere felici che il figlio senta la necessità di staccarsi da lei. Di essere una persona diversa da lei, che non è completamente fagocitato e dipendente. Ne va della felicità del bambino e del futuro adulto. Per la madre si tratta di un sacrificio a volte, ma un sacrificio necessario per farsi piccola e lasciare spazio all’uomo o alla donna che sta prendendo forma in quel bambino o in quella bambina.

Non si tratta di un distacco fisico naturalmente, ma soprattutto emotivo e affettivo. Accettare che il figlio possa amare altre persone senza coinvolgerla in quella relazione. Se la madre ha un rapporto casto la madre è felice di non essere più la protagonista della vita del figlio, ma facendosi da parte permette a lui di diventare protagonista della propria vita. Un protagonista libero, maturo e per questo capace di amare.

La castità non è quindi solo un atteggiamento e una modalità che riguarda i fidanzati, ma riguarda tutte le relazioni affettive. Per tutti la castità non è il rifiuto dell’altro, che nel fidanzamento si concretizza nel rifiutare l’altro nell’incontro intimo, ma piuttosto consentire all’altro di creare quello spazio mentale e spirituale con il quale riesca ad amare davvero nella verità e nella libertà. Perchè ciò possa avvenire serve anche un rispetto fisico, un rispetto del corpo dell’altro. Non esiste nulla che sia solo spirituale quando si parla di uomo. Noi siamo si spirito ma anche corpo e quanto succede ad una parte di noi ha conseguenze anche sull’altra.

Pietro e Filomena hanno deciso di partire dal rapporto madre-figlio, una relazione da cui tutti siamo passati e di cui abbiamo fatto esperienza proprio per evidenziare come la castità non sia qualcosa che riguarda solo l’ambito sessuale ma è molto di più. Il cuore della castità è proprio nel cuore dell’uomo. Un atteggiamento che ci accompagna tutta la vita. Un atteggiamento che ci apre ad una vita felice, perchè una vita felice non può prescindere dalla castità. Essere casti, lasciare uno spazio di libertà all’altro non solo consente all’altro di fare esperienza di Dio ma lo permette anche a noi, che facendoci da parte, rispettando la sacralità dell’altra persona, sappiamo non farci dio ma comprendiamo di avere noi stessi bisogno di Dio.

Nel prossimo articolo ci sarà modo si addentrarci maggiormente nell’aspetto sessuale. Questa premessa è stata però una meravigliosa introduzione.

Antonio e Luisa

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Amare l’altro/a significa dire anche di no.

Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi». Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».

Lo Spirito Santo scende sugli apostoli. Cosa è lo Spirito Santo? Anzi, chi è lo Spirito Santo? Sappiamo essere la terza persona della Santissima Trinità. Lo Spirito Santo è Dio ma, a differenza di Gesù, non ha un corpo. Qui è un soffio di Dio. Lo Spirito Santo abita il nostro corpo e la nostra persona, quando noi apriamo il cuore a Dio. Fra Andrea ci rammenta l’episodio di Giona, quello della balena.

Lo Spirito Santo compare due volte. La prima mentre Giona scappa da Dio, dalla presenza di Dio. Dio gli ha chiesto di recarsi a Ninive per ammonire gli abitanti di quella città, dediti al peccato. Giona non lo fa e scappa in direzione opposta. Giona ha paura. Dio manda allora, un forte vento, una tempesta per fermarlo. Giona forse non vuole farsi carico di salvare la vita a qualcuno. Perchè per salvare la vita a qualcuno devi magari dire che sta sbagliando. Correre quindi il rischio che quel qualcuno abbia qualcosa contro di te. Poi da lì Giona viene gettato in mare, mangiato da un grande pesce ecc ecc. Non è importante ora il proseguo. Fermiamoci qui.

Questa spiegazione di fra Andrea è davvero molto concreta. Posso facilmente associarla a qualcosa che mi è successo in questi giorni. In questa settimana ho ricevuto ben due confidenze da persone che vorrebbero vivere la castità nel fidanzamento, ma l’altra persona non comprende e, per questo, hanno paura di litigare. Magari addirittura di perdere quella persona. La risposta è semplice. Dio sta chiedendo a quelle due persone di dargli voce per dire qualcosa di bello e prezioso al loro fidanzato o fidanzata. Lo Spirito Santo è così. Il soffio dello Spirito ha due caratteristiche. Uccide la paura e permette, a chi lo accoglie, di parlare la lingua nativa delle persone. E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? (Atti 2, 8).

Parlare la lingua nativa significa parlare al cuore dell’altro/a. Parlare alla sua nostalgia di una relazione che sia autentica. Ad un amore pieno. La castità è proprio questo. Vivere in pienezza e verità l’amore. L’altro può rifiutare, è vero. Il mondo dice tutt’altro e probabilmente è stato educato a tutt’altro. Può però ascoltare il cuore e cominciare a scorgere la bellezza della persona che ha accanto. Per me è stato così. Luisa mi ha fatto comprendere tante cose attraverso i suoi no. Certo per essere credibile Luisa ha cercato di attingere più possibile alla fonte. Allo Spirito Santo. Preghiera e sacramenti. Ha cercato di amarmi con tutta la tenerezza e la dolcezza di cui era capace. Ha vinto. Anzi, abbiamo vinto. Ho scorto in lei una bellezza mai vista prima e mi ha conquistato.

La castità è solo un esempio. Ci sono tantissime occasioni in una relazione in cui possiamo essere voce di Dio l’uno per l’altra. Amare significa scegliere sempre il bene per sè e per l’altro. Mai scendere a compromessi solo perchè l’altro/a ce lo chiede. Anche a costo di litigare. Solo così potremo essere via di salvezza l’uno per l’altra e amarci nella libertà che solo il bene e fare la volontà di Dio possono dare.

Antonio e Luisa

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La castità ci ha preparato al matrimonio (2 parte)

Se volete leggere la prima parte cliccate qui

Antonio e Luisa: cosa abbiamo imparato da questa nostra esperienza? Uomo e donna sono diversi. La castità dipende soprattutto dalle donne. Non sempre è così ci sono certamente delle eccezioni. Fisicamente gli uomini sono portati a pensare spesso al sesso. Hanno in testa solo quella cosa lì? Ebbene sì. Lo dice la scienza. L’uomo dal momento della pubertà cresce nel desiderio sessuale di 20 volte, la donna solo di due. L’uomo pensa al sesso in media 19 volte al giorno. La donna molte di meno. Questo secondo una recente ricerca americana. E questo è normale. Questa evidente differenza sessuale tra uomo e donna ci dice due realtà:

  • La vera prova d’amore non è l’uomo che può chiederla alla donna, ma è la donna che non solo può ma deve chiederla al suo amato. Una donna è molto affascinata e si sente amata e rispettata quando il suo uomo è capace di controllare la bestia che c’è in lui. Desidera ardentemente l’incontro fisico, ma è capace di dire con le parole e con l’atteggiamento: ti voglio così bene che sono disposto ad aspettare perché tu lo desideri. Se capisse anche che vivere quel gesto prima del matrimonio sarebbe una menzogna, sarebbe il top. Ma ci può arrivare per gradi. Per Antonio è stato così. L’ha compreso dopo.
  • La castità dipende soprattutto dalla donna. E’ la donna che deve contenere l’uomo. Lo dice come siamo fatti. Venti volte contro una; ricordate? Molte donne hanno paura di non essere accettate se dicono di no. Credono che in fin dei conti vada bene così, vi ripetiamo che non vogliamo giudicare chi fa scelte diverse, ma raccontiamo la nostra testimonianza, di come Luisa mi ha conquistato. Dicendomi di no mi ha fatto comprendere il suo valore e gliene sono grato La fatica è rimasta, continuavo ad essere attratto da lei e a desiderarla, ma ero sempre più affascinato da questa scelta. Per la prima volta sperimentavo con una donna una profondità, una consapevolezza e una ricchezza che fino ad allora non credevo fosse possibile. Per la prima volta comprendevo quanto preziosa fosse lei per me e quale significato avesse l’amplesso nella relazione tra un uomo e una donna. Non sono arrivato a comprenderlo da solo. Devo ringraziare padre Raimondo Bardelli che mi ha aiutato a capire come la castità non fosse una frustrazione da subire, ma al contrario fosse la consapevole preparazione del terreno. Attraverso la castità io e Luisa ci stavamo preparando a cogliere i frutti del nostro amore il giorno delle nozze. Ha cambiato la mia prospettiva. Non stavo rinunciando a qualcosa che avrei potuto avere subito, ma stavo rinunciando a un piacere immediato per averne, al tempo giusto, il centuplo. E così è stato.

Quindi nel fidanzamento casto non c’è contatto fisico? Cosa è giusto fare nel fidanzamento? Parlare la tenerezza. Tenerezza che si concretizza nei baci, negli abbracci, nelle carezze e in tutte le manifestazioni caste che ci possono essere. Parlare quindi il linguaggio proprio della stato in cui i due amanti si trovano. Uno stato provvisorio che non contempla ancora il dono totale del corpo. E’ pazzesco come le nostre relazioni siano costruite sbagliate. Fin dall’inizio. Nel fidanzamento si sperimenta il sesso in tutte le sue manifestazioni e poi, nel matrimonio, non si è più capaci di desiderarlo e di viverlo. Per tanti, dopo alcuni anni, si aprono le porte del deserto sessuale. Cosa succede? Semplice. Si è capaci di parlare un linguaggio solo. Quello dell’amplesso e dell’incontro intimo. Non si è usato questo periodo di conoscenza, il fidanzamento, per perfezionare tutti gli altri linguaggi. Anche quando ci sono, baci, carezze, abbracci e attenzioni sono sempre finalizzati a concludersi nell’amplesso. Nel matrimonio non c’è tutto il tempo, la voglia e il desiderio per queste manifestazioni di amore tenero e concreto. C’è tanto altro a cui pensare e che ci occupa il tempo. Nel fidanzamento invece, almeno di solito, c’è molto più tempo. Nel matrimonio serve impegnarsi. Serve parlare il linguaggio della tenerezza anche quando per tanti motivi non è possibile arrivare all’amplesso. Figli, gravidanze, metodi naturali, mancanza di tempo e di forze, rendono l’incontro intimo non più così semplice da cercare e desiderare. Qui bisogna attingere a quanto imparato nel fidanzamento. Solo se nel fidanzamento ci si è educati a parlare diversi linguaggi d’amore, trovando gratificazione e piacere in quelle stesse manifestazioni, senza quindi renderle finalizzate e usate al solo fine di raggiungere il piacere sessuale, si potrà affrontare con i giusti strumenti il matrimonio. Solo così i momenti di astinenza non saranno momenti di aridità e di distanza tra gli sposi, ma saranno periodi di corteggiamento e di tenerezza. Periodi altrettanto dolci e belli e, cosa più importante, fecondi. Utili a mantenere e ad alimentare la fiamma del desiderio. E’ fondamentale educarsi a questo modo di vivere l’amore. Se non si impara poi è difficile. Quando verrà per tanti motivi a mancare l’incontro sessuale si perderà il desiderio di vivere altre modalità e tutto diventerà povero e senza gioia. Un circolo vizioso che porterà sempre più in basso fino alla completa distanza emotiva, affettiva e sessuale tra gli sposi. Capite l’importanza di imparare la tenerezza nel fidanzamento. Non è una richiesta assurda, ma una base necessaria sulla quale costruire tutta la casa del nostro matrimonio. Se volete un matrimonio santo imparate a vivere questi gesti come parte meravigliosa del vostro rapporto. A volte condurranno all’amplesso e altre volte no. Saranno comunque momenti di meravigliosa e feconda unità. Lo saranno però solo se avrete imparato a viverli in modo autentico. Il fidanzamento è la prima scuola per educarsi a questo atteggiamento importantissimo.

Antonio e Luisa

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La castità ci ha preparato al matrimonio. (Prima parte)

Antonio: avevo 25 anni. Torno con i ricordi a quell’ottobre del 2000 e mi rivedo. Da pochi giorni stavo con Luisa. Ero un ragazzo ferito, incapace di amare, con tante idee sbagliate in testa e una voragine nel cuore. Lei era il mio strumento per cercare di colmare quel vuoto affettivo e sessuale che provavo. La stavo usando. Avevo un grande desiderio e impulso di vivere subito tutto con lei. Di vivere anche l’aspetto sessuale. Credevo di amarla, sinceramente. Volevo amarla, ma non ne ero capace. Ero travolto da questi sentimenti molto forti. Da un pensiero che era costantemente per lei. Insomma ero innamorato come capita a tutti nella vita. Ero innamorato e quello credevo fosse l’amore. Amare era, secondo ciò che pensavo, abbandonarmi a quel sentimento grande e a quella passione così travolgente e totalizzante. Luisa credo provasse le stesse cose, ma le viveva in modo diverso, più maturo e forse con un po’ di paura. Lei credeva che il rapporto intimo non fosse qualcosa da svendere e da vivere con tutti, ma da riservare ad una persona sola. Devo dire che questo suo atteggiamento mi ha sorpreso e irritato. Non mi era mai successo di incontrare una donna con idee così vecchie e sorpassate. Ho creduto fosse un suo capriccio e non me ne sono curato più di tanto. E’ diventata una sfida. L’avrei fatta cadere. Avrebbe ceduto. Abitavo da solo già da qualche anno e le occasioni per restare in intimità con lei erano tante. Eppure lei non cedeva. Sono passati i giorni, poi le settimane. Lei non solo non cedeva, ma il mio non curarmi della sua sensibilità la amareggiava sempre più. Si sentiva violata e non rispettata. Non capivo. Più insistevo e più lei si chiudeva. In realtà chi stava cedendo non era lei ma ero io. L’irritazione verso il suo continuo negarsi stava lasciando posto all’ammirazione verso una creatura che era consapevole del suo valore. Non voleva svendere se stessa e il suo corpo a chi non lo meritava. Non faceva la preziosa ma era preziosa. Tante donne sono mendicanti, lei no.  Non perchè fosse meglio delle altre. Lei si sentiva amata. Amata da Dio. Questa è la differenza. Lei era consapevole di essere regina. Di essere figlia di Re. Di essere stata pagata a caro prezzo da Gesù. Io in quel momento non ero degno di avere quel dono. Il mio comportamento irrispettoso ci stava allontanando. Per un periodo siamo stati separati. Lì ho davvero capito quanto ci tenessi a lei e sono stato pronto alla vera prova d’amore. Quella che costa. Quella che chiede sacrificio. Che rende sacra la mia fatica. Ho deciso di vivere la relazione con lei nella castità.

Luisa: Prima di sposarmi, un’amica mi chiese: Come fai a sposare un uomo che non conosci sessualmente? E se non andasse bene per te? E se non ti piacesse come fa l’amore? E se ci fossero brutte sorprese? Questa obiezione alla castità prematrimoniale sembra ragionevole. In realtà, si basa su un presupposto sbagliato. Il presupposto sbagliato è questo: ogni individuo avrebbe determinate caratteristiche immutabili anche per quanto riguarda il comportamento sessuale. Invece, il rapporto sessuale è il frutto, appunto, di un rapporto, di una relazione; si procede insieme, s’impara insieme, ci si mette in ascolto dell’altro/a, si rispetta la sensibilità dell’altro/a, ci si accoglie e ci si dona. Mi ricordo di un film di successo “Il favoloso mondo di Amélie”, una commedia romantica. Attenzione ai film romantici: fanno un sacco di danni! Insomma, Amélie ha alcuni rapporti sessuali con uomini diversi e non prova alcun piacere. Finalmente arriva l’uomo giusto e, come d’incanto, anche il rapporto fisico è perfetto. Non è così! Anche con l’uomo giusto, quello che si sposa, quello con cui si passa tutta la vita, s’intraprende un cammino, non va sempre tutto bene. La cosa bella è che il matrimonio è indissolubile: si può provare, sbagliare, migliorare, regredire, progredire, nella certezza che quell’uomo resterà per sempre. Purtroppo per le ragazze di oggi, i ragazzi, chi più chi meno (anche indirettamente) sono andati a scuola di pornografia e (quasi) tutti, ragazzi e ragazze, sono convinti che l’amore si debba fare più o meno come nei video pornografici. Quindi, anche le ragazze si adeguano, pensando che non ci sia altro da fare se non consumare rapporti veloci e violenti senza dolcezza, tenerezza e sentimento. Dolcezza, tenerezza e sentimento si sprecano invece nei nomignoli, nei regalini, nelle frasi tratte dai Baci Perugina. Al contrario, la castità prematrimoniale è proprio diventare esperti di dolcezza, tenerezza e sentimento, tramite sguardi, baci e carezze. Sono le ragazze che devono insistere su baci e carezze dal collo in su. Il ragazzo se ne andrà? Siete proprio sicure? Se ne andrà il ragazzo sbagliato, ma quello giusto no.

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Un’astinenza feconda!

Oggi parliamo di astinenza. Già, perché questa epidemia sta modificando anche le nostre relazioni intime. Non è un aspetto secondario del matrimonio. E’ una situazione che riguarda moltissime coppie di sposi. Persone che sono malate, che sono state malate come me, che sono entrate in contatto con persone malate, infermieri e medici. Insomma l’astinenza non riguarda solo me e Luisa, ma un numero elevato di coppie di sposi.

Oggi è un mese che non ho rapporti intimi con la mia sposa e per alcune settimane ancora non potrò averne. Per noi è un tempo molto lungo, lunghissimo. Dio ci sta dando un’opportunità anche adesso, nell’emergenza, nell’impossibilità di avere una vita sessuale normale. Ci sta, anzi mi sta (riguarda soprattutto me), dando l’opportunità di esercitare il mio amore, il mio desiderio verso la mia sposa in modo diverso. Di essere capace di slegarlo dal piacere sessuale. Troppe volte gli uomini sono teneri verso la propria sposa in modo condizionato e non gratuito. In vista dell’incontro sessuale. Questo fa sentire l’amata, che non è cretina, usata. Quella tenerezza appare finta e strumentalizzata. Questi giorni sono un’opportunità grande che Dio mi sta dando per esercitare la vera tenerezza. Senza secondi fini. Per il piacere che il semplice gesto tenero può regalare a me e alla mia amata. Ed è così che quando ci incrociamo in casa, e capita spesso, ci scambiamo uno sguardo, una carezza, una breve parola buona. Ci ascoltiamo. Siamo al servizio l’uno dell’altra. La tenerezza diventa vero linguaggio d’amore che scalda la casa, che scalda noi e i nostri figli.

Non solo! Queste settimane passate e quelle che ancora passerò senza potermi unire alla mia sposa non saranno settimane aride. Al contrario saranno feconde d’amore e di desiderio. Quando potremo di nuovo unirci nel corpo sarà un momento meraviglioso, un momento preparato da un tempo di astinenza ma non povero, ricchissimo di tenerezza e di amore. Sarà come entrare in giardino dove assaporerò i frutti migliori. Mi sentirò come Salomone che nel Cantico sente la sua amata esclamare:

Venga il mio diletto, entri nel suo giardino, e ne mangi i frutti squisiti.

Antonio e Luisa

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Nella castità ho compreso il suo valore.

San Valentino è passato da pochi giorni. Per me è Luisa non è solo la ricorrenza della festa degli innamorati. Per noi è una data importante anche per la nostra personale storia d’amore. Ne approfitto per condividere la nostra testiminianza. Questa volta non da sposi, ma da fidanzati. Il giorno di san Valentino del 2001 chiesi a Luisa di sposarmi. Come ai vecchi tempi. In modo ufficiale, con anello di rito. Anello che lei ancora porta al dito, come una seconda fede. Eravamo fidanzati dall’ottobre del 2000. Da pochi mesi, quindi. Avevo 25 anni. Torno con i ricordi a quell’ottobre del 2000 e mi rivedo. Ero un ragazzo ferito, incapace di amare, con tante idee sbagliate in testa e una voragine nel cuore. Lei era il mio strumento per cercare di colmare quel vuoto affettivo e sessuale che provavo. La stavo usando. Avevo un grande desiderio e impulso di vivere subito tutto con lei. Di vivere anche l’aspetto sessuale. Credevo di amarla, sinceramente. Volevo amarla ma non ne ero capace. Ero travolto da questi sentimenti molto forti. Da un pensiero che era costantemente per lei. Insomma ero innamorato come capita a tutti nella vita. Ero innamorato e quello credevo fosse l’amore. Amare era, secondo ciò che pensavo, abbandonarmi a quel sentimeto grande e a quella passione così travolgente e totalizzante. Luisa credo provasse le stesse cose ma le viveva in modo diverso, più maturo e forse con un po’ di paura. Lei credeva che il rapporto intimo non fosse qualcosa da svendere e da vivere con tutti, ma da riservare ad una persona sola. Devo dire che questo suo atteggiamento mi ha sorpreso e irritato. Non mi era mai successo di incontrare una donna con idee così vecchie e sorpassate. Ho creduto fosse un suo “capriccio” e non me ne sono curato più di tanto. E’ diventata una sfida. L’avrei fatta cadere. Avrebbe ceduto. Abitavo da solo già da qualche anno e le occasioni per restare in intimità con lei erano tante. Eppure lei non cedeva. Sono passati i giorni, poi le settimane. Lei non solo non cedeva ma il mio non curarmi della sua sensibilità la amareggiava sempre più. Si sentiva violata e non rispettata. Non capivo. Più insistevo e più lei si chiudeva. In realtà chi stava cedendo non era lei ma ero io. L’irratizione verso il suo continuo negarsi stava lasciando posto all’ammirazione verso una creatura che era consapevole del suo valore. Non voleva svendere se stessa e il suo corpo a chi non lo meritava. Non faceva la preziosa ma era preziosa. Tante donne sono mendicanti, lei no. Lei era consapevole di essere regina. Di essere figlia di Re. Di essere stata pagata a caro prezzo da Gesù. Io in quel momento non ero degno di avere quel dono. Il mio comportamento irrispettoso ci stava allontanando. Per un periodo siamo stati separati. Lì ho davvero capito quanto ci tenessi a lei e sono stato pronto alla vera prova d’amore. Quella che costa. Quella che chiede sacrificio. Che rende sacra la mia fatica. Ho deciso di vivere la relazione con lei nella castità. La fatica è rimasta, continuavo ad essere attratto da lei e a desiderarla ma ero sempre più affascinato da questa scelta. Per la prima volta sperimentavo con una donna una profondità, una consapevolezza e una ricchezza che fino ad allora non credevo fosse possibile. Per la prima volta comprendevo quanto preziosa fosse lei per me e quale significato avesse l’amplesso nella relazione tra un uomo e una donna. Non sono arrivato a comprenderlo da solo. Devo ringraziare padre Raimondo Bardelli che mi ha aiutato a capire come la castità non fosse un frustrazione da subire, ma al contrario fosse la consapevole preparazione del terreno. Attraverso la castità io e Luisa ci stavamo preparando a cogliere i frutti del nostro amore il giorno delle nozze. Ha cambiato la mia prospettiva. Non stavo rinunciando a qualcosa che avrei potuto avere subito, ma stavo rinunciando a un piacere immediato per averne, al tempo giusto, il centuplo. E così è stato. In quel san Valentino di 19 anni fa io e Luisa abbiamo posto la prima grande pietra di una storia che ogni giorno è più bella perchè vissuta nella castità. Castità che è astinenza prima del matrimonio. Castità che è vivere sempre meglio il rapporto fisico, dopo il matrimonio. La castità ci ha salvato, ci ha educato a mettere l’altro/a al centro, a saper aspettare per accogliere l’altro nella verità e in pienezza. E’ stata una via per imparare ad amare sempre meglio. Una via che stiamo ancora percorrendo. Se ci sono riuscito io che davvero ero pieno di fragiità e ferite, alcune delle quali mi porto ancora dietro. Se ci sono riuscito io possono farlo tutti. Basta volerlo e conoscere che c’è anche questa strada. Una strada forse desueta e sconosciuta ai più, ma può ancora fare la differenza tra un matrimonio che funziona e uno che si perde. L’educazione all’amore casto che ci siamo donati nel fidanzamento è stata molto utile nel matrimonio. Solo se nel fidanzamento ci si è educati a parlare diversi linguaggi d’amore, trovando gratificazione e piacere in quelle stesse manifestazioni, senza quindi renderle finalizzate e usate al solo fine di raggiungere il piacere sessuale, si potrà affrontare con i giusti strumenti il matrimonio. Solo così i momenti di astinenza non saranno momenti di aridità e di distanza tra gli sposi, ma saranno periodi di corteggiamento e di tenerezza. Periodi altrettanto dolci e belli e, cosa più importante, fecondi. Utili a mantenere e ad alimentare la fiamma del desiderio. E’ fondamentale educarsi a questo modo di vivere l’amore. Se non si impara poi è difficile. Quando verrà, per tanti motivi, a mancare l’incontro sessuale per periodi più o meno lunghi si perderà il desiderio di vivere altre modalità e tutto diventerà povero e senza gioia. Un circolo vizioso che porterà sempre più in basso fino alla completa distanza emotiva, affettiva e sessuale tra gli sposi. Capite l’importanza di imparare la tenerezza nel fidanzamento. Non è una richiesta assurda, ma una base necessaria sulla quale costruire tutta la casa del nostro matrimonio. Se volete un matrimonio santo imparate a vivere questi gesti come parte meravigliosa del vostro rapporto. A volte condurranno all’amplesso e altre volte no. Saranno comunque momenti di meravigliosa e feconda unità. Lo saranno però solo se avrete imparato a viverli in modo autentico. Il fidanzamento è la prima scuola per educarsi a questo atteggiamento importantissimo. Per noi è stato così.

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Cosa siamo disposti a sacrificare (rendere sacro)?

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Quanto ci costa la nostra fede? Cosa e quanto siamo disposti a sacrificare per Dio? Sacrificare nel vera accezione del termine. Cosa siamo disposti a rendere sacro? E’ vero, ci sono cristiani che arrivano a dare la vita in tante parti del mondo, ma non noi in occidente (almeno per ora). Ci sono musulmani che accettano tanti precetti e divieti. Che non mangiano determinati cibi, che non bevono alcolici, che digiunano durante il mese di Ramadan. Noi non siamo spesso capaci neanche di rispettare il digiuno quaresimale. Luisa racconta come sia rimasta edificata da una sua alunna marocchina che in estate, durante l’esame di terza media, non ha bevuto e mangiato e non si è mai lamentata di nulla. Noi non ne siamo più capaci. Neanche di queste piccole rinunce. Ci siamo rammolliti. Certo c’è sempre il rischio che una religiosità fatta di regole e precetti si trasformi in qualcosa di solo esteriore, qualcosa da fare per sentirsi a posto senza cambiare il cuore. Resta la domanda che ho fatto all’inizio: noi che fatica siamo disposti a fare per Dio? Siamo capaci di “pagare” qualcosa o vogliamo una fede a costo zero? Una fede a costo zero probabilmente vale ciò che costa, cioè nulla. Anche la nostra fede in realtà, se ci pensiamo bene, ci “impone” delle rinunce. Non le ricordiamo perchè non le vogliamo ricordare, ma ci sono. Me ne vengono in mente due in particolare. Due rinunce che toccano due ambiti molto simili. Una, l’ho già accennata, è il il digiuno quaresimale. L’altra riguarda il sesso. La castità! Aiuto che parola fuori moda! Castità prima del matrimonio (astinenza) e castità dopo il matrimonio (vivere l’amplesso nella verità dell’amore). Vivere cioè una sessualità che sia espressione di amore autentico e non di una semplice pulsione da soddisfare, che magari imbellettiamo di amore. Due rinunce, il cibo e il sesso, che non sono fini a se stesse. Attraverso queste richieste Dio Padre e Madre Chiesa vogliono educare i suoi figli, ognuno di noi. Educarci per farci persone consapevoli, pienamente umane e capaci di essere re e regine della nostra vita e delle nostre pulsioni. Come possiamo donarci se non ci possediamo? Come possiamo donare la nostra sessualità e il nostro corpo, se noi stessi non li governiamo ma li subiamo? Dio non ci chiede di rinunciare a qualcosa per Lui, ma di sacrificare qualcosa, cioè di renderla sua. La nostra sessualità sacrificata diventa qualcosa di davvero meraviglioso, perchè vissuta alla luce dell’amore pieno e vero. Così la castità non sarà qualcosa di castrante ma diventerà educante. Facendo fatica possiamo davvero imparare a mettere al centro l’altro/a e il suo bene e non il nostro ego e le nostre voglie. Allora l’astinenza dai rapporti prima del matrimonio diventerà canale per esprimere tutto il nostro desiderio e l’attrazione verso l’altro/a in gesti di tenerezza disinteressati e gratuiti, che diventeranno poi importantissimi durante il matrimonio. L’uomo (riguarda più l’uomo questo pericolo) che non si abitua ad esercitare la tenerezza fuori dal contesto sessuale poi nel matrimonio farà altrettanto, facendo presto sentire la sua sposa usata. Il deserto sessuale fa presto ad arrivare (come accade per tante coppie sposate). La castità prematrimoniale è la vera prova d’amore. Tanti giovani chiedono la prova d’amore: se mi ami davvero dimostramelo, facciamo l’amore. La mia sposa mi ha chiesto un’altra prova d’amore: se mi ami davvero dimostramelo, aspettiamo il matrimonio. Vi assicuro che mi è costato tantissimo, ma non me ne sono mai pentito. Chi pratica la castità è disposto a rinunciare al suo desiderio fortissimo di unirsi sessualmente all’altro/a per qualcosa di più grande. Sta dicendo all’altro io ti voglio tutto/a, non voglio solo il tuo corpo. O tutto o niente. L’amore è così. Almeno quello vero. Quando saremo uno nel cuore, quando ti avrò dato tutta la mia vita nel per sempre del matrimonio allora vorrò anche il tuo corpo perchè solo allora sarò degno di un dono tanto prezioso. Solo allora entrerò nel mio giardino come un re, come una regina e non come un ladro che prende qualcosa che non gli appartiene. Dio non ci chiede una fatica sterile, se lui chiede per sè qualche cosa di nostro è per restituircela ancora più grande e più bella. Così è la castità. Prende la nostra sessualità e la rende un modo per sentirci persone piene, per sentirci completamente amati e per fare esperienza di paradiso. Molti fanno sesso, pochi fanno l’amore, gli sposi cristiani riattualizzano un sacramento. Non è la stessa cosa. Fidatevi.

Antonio e Luisa

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Raccolgo la mia mirra e il mio balsamo

Oggi vi regalo un estratto dal nostro libro in uscita tra pochi giorni (25 ottobre). Si tratta della testimonianza di Piergiorgio e Valeria. Lui è medico di pronto soccorso che ha ottenuto un master in fertilità e sessualità all’Istituto Giovanni Paolo II. Una persona preparata. Collabora anche con il nostro blog dando consigli via mail a chi ha dubbi e problemi nella sfera sessuale.

Quando Patrick, ricco venditore di auto canadese convertito al cattolicesimo e trasferitosi a Medjugorje con la moglie Nancy, affermò durante una testimonianza pubblica nel settembre 2012 che il momento più bello della sua vita era quel “I FORGIVE YOU” (IO TI PERDONO) che un sacerdote gli aveva annunciato dopo una vita fatta di matrimoni e divorzi, io che ero lì ad ascoltare sentii una fitta nel mio cuore. Dopo la loro testimonianza tutti andarono a colloquiare con Nancy che parla un ottimo italiano mentre io, sfruttando il mio inglese incerto, mi recai dritto verso Patrick che era solitario in un angolo. Gli dissi tutto il dolore che provavo: nessun sacerdote avrebbe MAI potuto dirmi “IO TI PERDONO”. Ero un divorziato, una persona “non in regola” secondo i dettami della Chiesa Cattolica. Patrick fu di poche parole, mi disse: “You said never! You can’t say never, ask Jesus” (“Sei tu a dire mai! Tu non puoi dire mai, devi domandarlo a Gesù”). Era proprio così, lo capii nel tempo a venire, non potevo essere io a dire MAI, dovevo domandarlo a Gesù!
Sono Piergiorgio, 54 anni, medico di Pronto Soccorso e Sessuologo Clinico, mia moglie si chiama Valeria ed è infermiera, come da tradizione consolidata nella sanità italiana. Alle spalle ho il fallimento di un matrimonio contratto all’età di 23 anni che ha dato due stupende figlie come frutto: Anastasia ormai quasi trentenne e Natalia Maria di qualche anno più giovane. Dopo aver annaspato nei meandri di una vita fatta di roboanti motociclette, avventure subacquee e divertimento spinto sempre aldilà di ogni limite, la Madonna decise di portarmi con tutti i miei peccati, durante un pellegrinaggio a Lourdes, dinanzi a Suo Figlio che nella Sua immensa Misericordia tolse tutta la melma che mi avvolgeva per farmi tornare ad essere una perla preziosa.
A guardare indietro tutta la mia storia devo riconoscere al Padre Eterno tanta fantasia: ha utilizzato un’infermiera dal sorriso splendente, dal cuore immenso e dalle eccelse abilità culinarie per ricondurmi “a casa”. Nella casa che io e Valeria ci eravamo costruiti non mancava nulla: sposati civilmente nel 2009, un buon lavoro, una bella dimora, un’adorabile bambina di nome Karola Maria, dono prezioso del Signore, nata nel 2011 nonostante Valeria fosse ufficialmente sterile (ma questa è un’altra storia), ma in fondo mancava qualcosa, anzi Qualcuno in tutta la sua pienezza. Il fatto che io fossi divorziato non ci permetteva una pienezza di rapporto con Dio e con la Sua presenza viva e reale nel mistero eucaristico. Anche la nostra sessualità, vissuta come momento unitivo per la coppia, era come se fosse incompleta, perché mancante di questo rapporto con l’Infinito: l’unione era tra noi, ma non rimandava ad Altro. Fu durante un altro pellegrinaggio a Medjugorje nel maggio 2013 che la Madonna, da madre buona, diede risposta a questa nostra inquietudine: scendendo dal monte Krizevac don Ermanno, un sacerdote mai visto prima ed incontrato lì casualmente, ascoltò la mia storia e mi indicò la strada della nullità del matrimonio, mi consigliò di andare a parlare con il mio Vescovo (egli non sapeva né di dove fossi né cosa facessi) e di raccontargli la mia storia, perché secondo lui il matrimonio, contratto a 23 anni in condizioni molto particolari, poteva essere dichiarato nullo. Conobbi così un santo pastore, l’allora Vescovo della Diocesi di Teramo-Atri don Michele Seccia, che con paterna bontà ascoltò la nostra storia e mi condusse per mano verso il lungo e faticoso percorso del riconoscimento della nullità matrimoniale, iniziata nell’ottobre 2013 attraverso il Tribunale Ecclesiastico regionale.
Fino a quel momento pensavo che un processo di nullità matrimoniale fosse una specie di farsa dall’esito scontato che necessitava soltanto di essere lubrificato a suon di migliaia di euro. Ho sperimentato sulla mia pelle la falsità di quel mio pregiudizio: grande è stata la sofferenza vissuta nel sottoporsi a giudizio in questo processo vero e proprio, che va a mettere in luce tutto il peccato e tutte le mancanze e le leggerezze con cui si vive questo sacramento fondamentale per la salvezza di ognuno. È come fare, scusate il macabro esempio medico, l’autopsia ad una persona cara: si analizza ogni minimo dettaglio dal momento in cui si è detto dinanzi a Dio un per sempre sapendo di mentire a se stessi, alla propria moglie (o marito) ma soprattutto a Lui.
Fu durante questo periodo che io e Valeria maturammo la decisione di ricominciare dal principio. Come due bravi giardinieri di Dio volevamo estirpare le erbacce che rendevano brutto “il nostro giardino” e preparare la terra, per piantare nuove piante e poi goderne il frutto. Tutto ciò era possibile solo chiudendo il giardino per renderlo più bello e profumato, così nessuno avrebbe più profanato quel luogo sacro.
Accadde quindi che, ormai sposati da diversi anni civilmente con una piccola bimba ad allietarci l’esistenza, decidemmo di vivere in castità e continenza la nostra vita di coppia, aiutati e supportati con la preghiera e la vicinanza umana dal nostro Vescovo don Michele Seccia, ora Arcivescovo metropolita di Lecce. Questo periodo vissuto “come fratello e sorella” ci ha permesso di recuperare il senso pieno ed il valore del nostro corpo. La sessualità della nostra coppia non era sminuita ma sacrificata in senso etimologico, ovvero resa sacra! Ogni reciproco gesto di affetto era vissuto nel pieno rispetto dell’altro, non solo con la a minuscola ma anche con la A maiuscola. Inoltre si faceva sempre più chiara in noi la certezza che la sessualità è un dono di Dio, che racchiude in sé un grande Mistero in relazione con l’Infinito. Anche il desiderio reciproco era condotto alla sua giusta dimensione espressa dall’etimologia della parola de-sidera: che ha a che fare con le stelle, con il Tutto!
Con questa consapevolezza, quando tengo degli incontri nei Corsi di accompagnamento al sacramento del matrimonio, dove ormai le coppie sono conviventi e con figli, mi piace proporre a tutti questa sfida: Vivete in continenza fino al giorno in cui celebrerete il vostro matrimonio! Non vivetela, però, come una proibizione che vi toglie qualcosa, bensì come un dono prezioso reciproco tra voi sposi che nasconde una ricchezza impensabile. Troverete questo tesoro la prima notte di nozze, quando vi donerete completamente e totalmente l’uno all’altra, divenendo così una sola carne, per sempre!
Non ci sono pesati gli anni di continenza, tutt’altro: ci hanno permesso di rendere nuovo e splendente il nostro giardino per poi poterne gustare per sempre i suoi frutti più buoni e succulenti.
Per concludere la nostra storia: abbiamo celebrato il Sacramento del matrimonio il giorno dell’Immacolata, l’8 dicembre 2016. Per mezzo di Maria lo Spirito Santo mi ha consegnato le chiavi di quel giardino chiuso e messo a nuovo, che durante questo tempo Valeria ha custodito per me, ed ora “raccolgo la mia mirra e il mio balsamo, mangio il mio favo ed il mio miele, bevo il mio vino e il mio latte”.
Lode al Signore.

Piergiorgio e Valeria

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La nostra testimonianza a Fidenza

Vi proponiamo di seguito la testimonianza che abbiamo condiviso non più di dieci giorni fa con un gruppo di famiglie di Fidenza.

Luisa

Siamo sposati da 17 anni e abbiamo 5 figli (Pietro di 16 anni, Tommaso di 14, Maria di 12, Francesco di 10 e Giò, vissuto poche settimane dal concepimento). La nostra coppia è partita male, talmente male che qualcuno, dopo aver ascoltato la nostra testimonianza, ci ha detto: «Se ce l’avete fatta voi, ce la può fare chiunque». Ed ecco perché siamo qui, oggi: se ce l’abbiamo fatta noi, ce la può fare chiunque.

Che cosa ci ha salvato da noi stessi, dalla nostra miseria? Ci ha salvato il sesto comandamento, il sesto comandamento inteso BENE. Invece di dire NON COMMETTERE ATTI IMPURI, si può dire: SII CASTO! Tutti siamo chiamati alla castità. I coniugi, ovviamente, sono chiamati alla castità coniugale. Che cos’è la CASTITÀ CONIUGALE? Non è astinenza dai rapporti sessuali. Ripeto, non è astinenza dai rapporti sessuali. Castità coniugale significa vivere bene il rapporto sessuale, ma non solo, significa anche migliorarlo.

Vivere bene il rapporto sessuale e migliorarlo significa innanzitutto conoscere l’anatomia e la fisiologia dell’apparato riproduttore maschile e femminile. A grandi linee, ovviamente, niente di approfondito. Qualcuno potrebbe obiettare: mio nonno e mia nonna non conoscevano l’anatomia e la fisiologia, però, hanno fatto diversi figli e sono stati insieme una vita felicemente. Certo! Però, loro non erano andati a scuola di pornografia. Noi e i nostri figli, invece, sì. Questo non vuol dire che tutti guardiamo video pornografici. Però, è vero che le informazioni sul sesso che circolano provengono dalla pornografia. Nel libro facciamo alcuni esempi al riguardo.

Vivere bene il rapporto sessuale e migliorarlo significa, inoltre, accogliere il marito o la moglie nella sua totalità. Mi riferisco ai metodi naturali o di regolazione della fertilità. La fertilità viene spesso vista come un problema, sia quando non funziona sia quando funziona. In realtà è un dono prezioso, un talento. Escludere questo dono prezioso dal rapporto sessuale, usando metodi contraccettivi, significa che marito e moglie si donano e si accolgono, ma non completamente, non integralmente. Quando è nato il nostro quarto figlio, il primo aveva cinque anni e mezzo e frequentava l’ultimo anno dell’asilo. Non era il momento di avere un quinto figlio, io non sono mai stata tanto brava leggere i segni della fertilità e Antonio soffriva un po’ per la mia eccessiva prudenza.

Antonio

Diciamo pure che i metodi naturali li ho sempre digeriti poco. Anche prima. Però poi dopo Francesco il nostro quarto la situazione è peggiorata molto. Luisa non è mai stata molto sicura nel capire i messaggi che il suo corpo le inviava. Talmente insicura che prima del picco, dell’ovulazione era quasi impossibile avere rapporti. Sembrava tutto ok. Mi ero fatto il mio programma per la sera poi d’improvviso quando io ero già nel letto mi chiamava dal bagno. Avevo già capito. Addio progetti per quella sera. Doccia fredda e a nanna. Magari voltato dall’altra parte senza guardarla. Insomma Io mi sono innervosito e ho iniziato ad accusarla e  ad essere anche un po’ rancoroso verso di lei. Lei ne soffriva. In realtà avrei dovuto supportarla e invece la accusavo come fosse un problema suo e non nostro. Non l’avevo mai amata davvero. Sembra brutto da dirsi ma era così. L’amavo perché da lei avevo qualcosa. Lei riempiva i miei bisogni affettivi e sessuali. Il mio non era un amore gratuito e incondizionato ma altrochè se era condizionato. Condizionato a ciò che potevo avere da lei. C’è un pericolo grande che ha toccato soprattutto me all’interno della nostra storia matrimoniale. Io ho avuto sempre una fede debole prima di incontrare Luisa. Andavo a Messa qualche volta ma senza avere una vera relazione con Gesù. Riconoscevo alcune cose belle della Chiesa e ne ignoravo altre. Quando Luisa è arrivata con tutto il suo bagaglio di esperienze e di storia personale fatto di una fede molto più salda e consapevole della mia io mi sono innamorato, mi sono innamorato di lei e anche del suo Gesù. Ma mi sono davvero innamorato di Gesù? Chi era il mio dio? Era Gesù o era Luisa? Credevo nel Dio eterno e perfetto o stavo costruendo la mia vita e la mia felicita su una creatura finita e fallibile, piena di fragilità e imperfezioni come tutti. Se non cerco la sorgente del mio amore e della mia vita in Cristo non sarò capace di amare la mia sposa. Non posso essere capace di amare incondizionatamente se la mia felicità, senso e pienezza è riposta in una persona. Gesù sembra guardarmi con tenerezza e con pazienza. Mi dice: Non puoi farcela senza di me. Non vedi la tua sposa? E’ una creatura bellissima, ma piena di ferite, fragilità e incompiutezze, come lo sei tu. Non illuderti che lei possa colmare quel desiderio di tutto e di eternità che hai dentro. Quello posso farlo solo io. Non chiedo altro che questo. Tu fai però la scelta giusta. Deve essere una tua libera scelta. Non ti posso forzare, non sarebbe amore. Non mettere la tua sposa al mio posto, prima di me. Non farne un idolo. Fallo per te e per lei. Se ne farai il tuo idolo le metterai sulle spalle un peso enorme. Non riuscirà mai a darti tutto quello che cerchi perchè nessun essere umano può farlo. Vieni da me e poi con la mia forza, la mia presenza e la mia tenerezza amala. Solo allora la amerai davvero, la amerai senza condizioni e senza pretese.

Luisa

Due sacerdoti ci hanno autorizzato a usare il profilattico e l’abbiamo usato per circa due anni nei periodi a rischio di gravidanza. Un terzo sacerdote, al quale ci siamo rivolti, ci ha detto che nessun sacerdote può dare un’autorizzazione del genere. Non sapevamo che cosa fare. Nel frattempo, due amici dell’Intercomunione, Giancarlo e Maria, ci hanno chiesto di affiancarli nella conduzione di un corso per fidanzati, affidandoci l’argomento della castità, che per i fidanzati significa astinenza dai rapporti sessuali. Ci siamo sentiti ipocriti a invitare qualcuno a far fatica, quando noi non eravamo disposti a fare fatica. Giancarlo e Maria ci hanno aiutato a tornare ai metodi naturali e di questo gli siamo molto grati.

Antonio

Alla fine l’ha spuntata lei. O meglio l’abbiamo spuntata insieme. Lei non avrebbe mai voluto usare il preservativo ma ha accettato per me. Mi vedeva troppo arrabbiato. E io ci ho dovuto sbattere il muso. Ho sperimentato come davvero fosse arido il rapporto, come io non la rendessi felice. Sono cose che si percepiscono. Possiamo forse fare finta ma sappiamo bene quando il rapporto è stato una vera unione e comunione, un incontro di anima e corpo. Li non c’era tutto questo, Il piacere c’era ma mancava molto del resto. Così anche io ho capito. Ho capito come lei si sentisse usata de non amata. Tutto il nostro percorso ci ha portato pian piano, un passo dopo l’altro verso una scelta sempre più consapevole e aderente alla verità dell’amore

Luisa

Che differenza c’è, quindi, tra metodi contraccettivi e metodi naturali, concretamente? Noi abbiamo sentito distanza tra di noi, una certa aridità e, tornado ai metodi naturali, ci siamo ritrovati più vicini, più intimi, più solidali, più disponibili l’uno verso l’altra, più aperti alla vita. Quindi ci siamo aperti alla vita e sono rimasta incinta, ma Giò non ce l’ha fatta. Io avevo già 47 anni, per cui il concepimento di Giò è stato miracoloso. È vero che lui o lei non è qui con noi, ma c’è, la sua anima è in Cielo e speriamo di abbracciarlo un giorno. Siamo cristiani e crediamo nel Dio vivente che resusciterà i nostri corpi alla fine dei tempi.

Prima ho detto che la castità coniugale ci ha salvati da noi stessi, dalla nostra miseria. Io avevo una visione spiritualista del matrimonio, della vita di coppia. Pensavo, cioè, che nel rapporto di coppia fosse importante soprattutto andare d’accordo, armonizzare i caratteri, condividere gli interessi e i progetti. Ritenevo che il rapporto sessuale fosse sì importante, ma fino ad un certo punto, non lo consideravo certo la manifestazione più alta dell’amore sensibile tra marito e moglie. Se mi avessero chiesto se era più importante l’anima oppure il corpo, avrei risposto immediatamente: l’anima! Se ad Antonio avessero fatto la stessa domanda, avrebbe risposto altrettanto immediatamente: il corpo! Queste due posizioni ci avrebbero portato ben presto a un conflitto che forse sarebbe finito con una separazione. Il Signore ha visto che eravamo entrambi completamente fuori strada e ci ha condotto da Padre Raimondo Bardelli, il quale ci ha fatto capire che entrambi avevamo bisogno di conversione, di purificazione, di intraprendere un serio cammino di castità. Io dovevo lentamente scoprire la gioia dell’abbandonarmi a mio marito. Una donna si abbandona solo quando si fida completamente di un uomo, quando sa che quell’uomo che ha promesso davanti a Dio e a tutti di non lasciarla, davvero non la lascerà mai. Il matrimonio è bello proprio perché è indissolubile. L’indissolubilità ci libera dalla trappola della performance, permette di sbagliare e di riprovare, nella certezza che non è importante il risultato, ma è importante cercarsi, avvicinarsi, guardarsi, toccarsi, accarezzarsi, desiderarsi, abbracciarsi, accogliersi. Siamo sempre di fretta, di corsa, viviamo tutti una vita piena di impegni che ci separano fisicamente ed emotivamente dal marito o dalla moglie. Per questo è importante creare le occasioni per incontrarsi, un po’ come fanno gli amanti che devono organizzarsi, programmare gli incontri, scegliere il momento più opportuno.

Inoltre, spiritualisti e materialisti dimenticano che il rapporto sessuale è un gesto sacro, scelto da Dio Padre per creare nuovi figli, pensato da Dio Padre perché gli sposi sperimentino, assaporino, gustino la gioia di donarsi. Il rapporto sessuale non va né sporcato con la lussuria e l’egoismo né sottovaluto o addirittura disprezzato. Il sogno di Dio è che noi ci amiamo come gli sposi del Cantico dei Cantici.

Infine, all’interno del matrimonio ogni rapporto sessuale vissuto castamente riattualizza il sacramento del matrimonio

Antonio e Luisa

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Sposi re e regine 5) Il corpo esprime l’amore.

Entriamo ancora più nel concreto. In che modo si esercita la castità coniugale? In due modi specifici. Il primo è attraverso il dominio di sè. Esercitando tutte quelle capacità umane per impedire che la parte negativa di me stesso prenda il sopravvento sulle mie azioni,  e che quindi io non riesca a vivere l’amore in pienezza e come vorrei. Frenando e contrastando in sintesi tutte le pulsioni negative contrarie all’amore. Se io sono una persona tendenzialmente irosa e non mi applico a frenare la lingua e magari anche le mani, non posso essere casto nella mia relazione. Non sto vivendo l’amore, ma sto seguendo una pulsione che è contraria all’amore. Se sono una persona particolarmente sensibile al richiamo sessuale e vedo passare una donna particolarmente scoperta, non posso essere casto se comincio a fantasticare e protraggo lo sguardo su quella donna. Anche in questo caso mi sto abbandonando ad una pulsione contraria all’amore verso la mia sposa. E’ importante capire che non è la pulsione in se stessa ad essere un male. Il male è assecondare quella pulsione e non metterle un freno con la forza di volontà che abbiamo e che dobbiamo usare. Questo è il primo aspetto della castità, l’aspetto negativo. Ci viene chiesto di mettere un freno a qualcosa. C’è un secondo aspetto. Questa volta positivo. Un aspetto propositivo che ci vede impegnati a far crescere l’amore. Dobbiamo impegnarci fattivamente e quotidianamente ad esprimere con il corpo (in modo che sia trasmesso e manifestato all’altro/a) l’amore che è presente nel nostro cuore. Il corpo è il mezzo espressivo dell’amore. Molti non hanno ben chiara l’importanza del corpo e pensano all’amore più bello e puro come qualcosa di prevalentemente spirituale. Non è così. Nel matrimonio lo è ancora meno. Vi porto un semplice esempio. Se siete una coppia mettetevi in piedi vicini e di spalle, ma senza toccarvi ed ora senza parlare provate ad esprimervi amore. Riuscite a trasmettere amore all’altro e a sentire l’amore dell’altro? Sicuramente no. Il corpo è importante tanto quanto lo spirito. L’amare certamente prende energia dal cuore, nel nostro mondo interiore, negli affetti e nella volontà, ma se poi non è manifestato attraverso un corpo, rimane lettera morta, rimane desiderio di amore, ma non amore. E’ un’illusione.Un amore senza il corpo non è un amore che si possa dimostrare e rendere concreto. La castità non è altro che l’armonia che costruiamo tra il nostro cuore e il nostro corpo per esprimere in maniera autentica, bella e convincente l’amore all’altro/a.

Antonio e Luisa

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Introduzione  Gesù ci rende liberi e degni Avevi fame e ti ho sfamato

Per gli sposi la castità non è astinenza

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Sposi re e regine 4) Per gli sposi la castità non è astinenza

Dopo tre articoli introduttivi e generali possiamo ora cominciare ad entrare maggiormente in profondità nel significato della nostra regalità all’interno del matrimonio. Iniziamo a trattare la dimensione regale del sacramento del matrimonio. Abbiamo visto che regnare al modo di Gesù è principalmente servire. Nel matrimonio questo si concretizza nel servire l’amore sponsale. Tanto più noi sposi saremo capaci di amarci l’un l’altra come Gesù ci ama tanto più saremo re e regina del nostro matrimonio, della nostra famiglia e della nostra casa. A questo riguardo è giunto il momento di dare una prima concretezza alla nostra regalità nel matrimonio. Possiamo essere re e regina della nostra unione se siamo casti. Solo la castità vissuta può renderci liberi e degni nella nostra relazione e quindi rivestirci di regalità. La castità non è nulla di castrante o frustrante e nel matrimonio non si traduce nell’astinenza. La castità è tutt’altro.  La castità è crescere nell’amore in una relazione che sia sempre più vera, in una relazione dove le espressioni del corpo siano sempre più aderenti e rappresentanti quello che è lo stato del cuore. Nel matrimonio, per essere più chiari, significa non astenersi dall’amplesso fisico, ma al contrario impegnarsi a fondo perchè questo gesto diventi sempre più espressione d’amore. Cercherò di spiegarmi meglio. Quali sono le caratteristiche specifiche dell’amore coniugale che lo rendono diverso da ogni altro tipo di relazione e rendono l’amplesso fisico un gesto vero e casto? L’amore sponsale è un amore definitivo (dura per sempre), esclusivo (un uomo e una donna, tutti gli altri sono esclusi), totale (non coinvolge solo una parte di me, ma coinvolge tutta la mia persona in anima e corpo e tutta la mia vita) ed è fecondo (genera nuovo amore e nuova vita). Per me sposo, vivere in modo casto non significa altro che perfezionare sempre più queste caratteristiche. Significa quindi rinnovare la mia promessa ogni giorno (amore definitivo), significa non spostare il centro delle mie attenzioni da lei ad altra o ad altro (esclusivo), significa liberarmi dall’egoismo e dal peccato per donarmi sempre più completamente a lei in anima e corpo (totale) e significa avere uno sguardo, verso di lei e verso la relazione, aperto alla vita (fecondo). Essere casti non significa quindi rinunciare a qualcosa, ma al contrario significa vivere pienamente e in modo vero l’amore nella sua integrità e purezza. Tirando le conclusioni comprendete bene come la castità nel matrimonio non possa concretizzarsi con l’astinenza. E’ nell’amplesso fisico che gli sposi possono vivere in verità e in modo casto la loro relazione. L’amplesso è infatti espressione corporea di un dono totale, esclusivo, definitivo e fecondo.

Antonio e Luisa

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Nel bacio di Giuda non c’è verità. Come nei rapporti prematrimoniali.

Nei miei articoli ho spesso affrontato il tema dell’ecologia umana. E’ ecologico un gesto che ci rende pienamente umani. C’è ecologia quando il corpo esprime la verità che abbiamo nel cuore. Quando c’è armonia tra ciò che esprime il corpo e quello che sorge e alberga nel nostro cuore. Esprimere con il corpo ciò che non crediamo e che non è autenticamente presente nel nostro cuore,  è uno degli atteggiamenti più odiosi che possiamo avere nei confronti delle persone che ci stanno vicino. Quante volte ci sentiamo feriti da persone che dicono di volerci bene, o anche solo di apprezzarci, e poi parlano male di noi dietro le spalle. Più sono persone vicine e più ci fanno del male. Ci sentiamo offesi, più che dalle parole che possono aver detto quelle persone, proprio dal loro atteggiamento falso. Il loro corpo, la loro voce, la loro espressione non sono coerenti con quanto hanno nel cuore. Ogni gesto, che sappiamo essere falso, ci disgusta e ci provoca sdegno. Perchè vi scrivo questo. Perchè la liturgia di questo martedì della settimana santa ci racconta di Giuda. E Giuda si comporta con Gesù esattamente in quel modo odioso che ho descritto sopra. Gesù ha sempre amato Giuda. Era un prescelto. Era uno degli apostoli. Era una delle persone più vicine a Lui. Eppure Giuda  lo tradisce e lo tradisce con un bacio. Si avvicina e lo bacia come si fa con gli amici, quelli veri.

Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?

Gesù non lo dice con rabbia. Lo dice con tristezza. Con il cuore spezzato dal tradimento subito. Lui, uomo vero, non sopporta quel gesto così falso. Non riesce a non chiedere a Giuda il motivo di tanta falsità.

Perchè vi porto questo esempio? Perchè il bacio di Giuda è una degli atteggiamenti più lontani dal concetto di castità che ci possa essere. Questa parolina tanto incompresa, derisa e rifiutata forse è un po’ più comprensibile attraverso proprio il bacio di Giuda. La Chiesa ci insegna che solo nel matrimonio c’è una autentica e indissolubile unione dei cuori. La Chiesa non inventa nulla, ci aiuta solo a comprendere chi siamo. Dal momento in cui un uomo e una donna si dicono si, i loro cuori si appartengono, sono uno nell’altro, nell’uno c’è l’immagine dell’altro. Nei cuori degli sposi si è generato un noi. Un noi che ha bisogno di divenire concreto, di divenire carne. Ha bisogno di manifestarsi.  Ed ecco il meraviglioso dono del creatore: l’unione dei corpi. L’amplesso fisico permette agli sposi, sessuati maschio e femmina, di concretizzare nella carne ciò che è l’esperienza intima dei loro cuori. Nell’intima unione dei corpi, che si compenetrano, c’è l’immagine più vera ed autentica di ciò che i due sposi vivono nella loro relazione sponsale. Tanto è vero quello che dico, che non basta la promessa che i due sposi si scambiano in chiesa per fare un matrimonio valido. Serve il primo amplesso fisico. Solo dopo i due saranno sposi. Questo gesto non ha nulla di vergognoso. E’ un gesto bellissimo e altissimo d’amore. Come lo è un bacio. Torniamo all’inizio, al bacio. Un bacio non è sempre però un gesto d’amore. Abbiamo visto Giuda. Un bacio, può nascondere, tradimento, falsità, egoismo, invidia. Così lo è anche  l’intimità fisica. Quando non è vissuta nella verità di ciò che è e significa,  diventa come il bacio di Giuda. Un gesto che dovrebbe esprimere unione, nasconde, invece, l’egoismo e l’egocentrismo. Un gesto che non racchiude amore, ma al contrario, la volontà di usare l’altro/a per il piacere personale. Col corpo si comunica l’opposto di ciò che c’è nel cuore. Non importa se due persone credono davvero di amarsi e credono sinceramente di amarsi attraverso quel gesto. Non sono nella verità.  Stanno dicendo con il corpo di essere uno quando oggettivamente non lo sono. Un rapporto intimo fuori dal matrimonio non potrà mai essere casto ed esprimere verità ed autenticità. Diventa un gesto che non fa bene. Un gesto che dovrebbe essere vita diventa un gesto di menzogna. Un gesto che chiude il cuore e non permette una relazione vissuta in pienezza. Un gesto falso che induce a fondare la relazione solo sui sentimenti, sulle passioni e su quanto l’altro/a mi da. Una relazione, quindi, molto fragile e che quindi può crollare al primo soffio di vento. Purtroppo la maggior parte dei giovani vivono un fidanzamento non casto e gli effetti sono sotto gli occhi di tutti.

Papa Francesco lo ha urlato ai giovani nel 2015 a Torino

Ma l’amore è molto rispettoso delle persone, non usa le persone e cioè l’amore è casto. E a voi giovani in questo mondo, in questo mondo edonista, in questo mondo dove soltanto ha pubblicità il piacere, passarla bene, fare bene la vita, io vi dico: siate casti, siate casti

Papa Francesco non vuole ragazzi tristi, frustrati e repressi. Per questo raccomanda la castità. Solo nella verità del gesto si può trovare gioia, senso, luce e amore autentico.

Antonio e Luisa

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Santa Lucia martire per custodire la sua vocazione. Cosa può insegnare a noi sposi?

Ieri la Chiesa ha fatto memoria di una santa molto amata, soprattutto dai bambini. Si tratta naturalmente di santa Lucia, giovane martire di Siracusa vissuta nell’impero romano del III secolo d.c.

Non voglio raccontare tutta la sua vicenda, ma voglio soffermarmi su un particolare della sua scelta: l’importanza del corpo.

Una delle novità più sconvolgenti di Cristo è l’incarnazione. Il corpo viene finalmente riconosciuto come  parte della persona. Non è poca cosa. La persona non possiede più solo un corpo, ma è anche il suo corpo. La cultura e la filosofia  greco-latina tendevano a separare nettamente la parte spirituale, invisibile  da quella corporale e tangibile. Cristo no! Cristo porta questa grande novità. Novità già peraltro presente nella tradizione ebraica. Per l’ebreo del tempo di Gesù la persona era l’insieme di anima e corpo. Ricordiamo Genesi dove Ish, l’uomo,  è stato modellato da Dio con della polvere e del fango e poi riempito dello spirito con il  soffio divino. Anima e corpo due dimensioni strettamente legate e parte di una stessa entità: l’essere umano. Gesù è amore e il corpo è la porta attraverso la quale lui ama. Gesù ama con lo sguardo, con le parole, con il pianto, con la gioia, con le carezze e con gli abbracci. Gesù è tradito con un bacio. Sempre attraverso il corpo. Il trono d’amore di Gesù è la croce. Croce dove offre se stesso attraverso il corpo, offrendo la sua carne e il suo sangue. Lucia da Siracusa conosceva bene questa verità. Lucia da Siracusa voleva donarsi totalmente a Cristo. Lucia sapeva che avrebbe potuto farlo solo attraverso anche il suo corpo. Per questo Lucia si è opposta ad un matrimonio combinato. Per questo Lucia ha preferito l’arresto e poi il martirio piuttosto che dare il suo corpo ad una persona che non fosse Cristo. Chissà quanti l’hanno considerata folle, non comprendendo le motivazioni profonde della sua scelta. Perchè non sposarsi e dedicarsi comunque al suo Dio? – avranno pensato. Qui entra in gioco la vocazione di ogni persona. La vocazione ci chiede di mettere tutto ciò che siamo per essere autentica.  Qualcuno, come Lucia, comprende come la sua risposta all’amore di Dio possa essere autentica e completa solo nel dono totale a Dio stesso. Solo così infatti potrà sentirsi libero di amare il suo sposo Gesù in ogni persona incontri. Noi sposi sentiamo invece un’altra esigenza. Sentiamo il desiderio di rispondere a quell’amore amando Dio in una creatura diversa e complementare a noi. Da questo amore esclusivo dovrebbe scaturire la forza per amare tutti i fratelli. Questo vale nel cuore e nello spirito, ma vale anche nel corpo. Questo Lucia lo avvertiva benissimo. Sapeva di poter amare completamente Gesù solo nella verginità consacrata. Questo io lo avverto benissimo. So benissimo, nel profondo di me, che posso amare davvero la mia sposa, che posso crescere nella gioia e nell’unità dei cuori con lei, solo se anche il mio corpo è solo per lei. Solo se il dono totale del mio corpo nell’amplesso è solo con lei e per lei. Questa è l’unica strada. In un mondo che disprezza il corpo e lo svaluta fino a farne merce e mero strumento di piacere santa Lucia ci ricorda che il nostro corpo è parte di noi, è prezioso, è tempio dello Spirito Santo. Lucia ci ricorda che il nostro corpo è così prezioso da cercare di preservarlo e custodirlo ad ogni costo, fino a dare la vita. per poi poterne fare dono alla persona a cui abbiamo promesso amore eterno. Questa è la castità cristiana. Questo è l’amore vero e possibile.

Antonio e Luisa

Non sapere amare è la povertà più grande.

Chi sono i poveri? Chi sono i sofferenti? Nella nostra Chiesa occidentale c’è un grande pericolo. Quello di occuparsi solo di una povertà. Quello di occuparsi di chi ha materialmente poco o nulla. La Chiesa si occupa di migranti, di emarginazione, di fornire pasti e vestiario. A volte di fornire qualche aiuto per le bollette e per la casa. Tutto bello! Ci mancherebbe che la Chiesa non lo facesse. Ma…. C’è un ma. E’ questa la missione primaria della Chiesa? Si riduce ad un’attività di sostegno sociale ed economico? Come una ONLUS qualsiasi? Non dovrebbe occuparsi anche delle povertà spirituali ed affettive? Non sono poveri tanti nostri giovani che fanno del sesso un mezzo come un altro di piacere, di possesso e di uso sull’altro? Non sono povere tutte quelle coppie che non riescono a mantenere un matrimonio vivo e vanno incontro al fallimento? Non sono poveri quelli che non si sposano perchè non vedono differenza tra un’unione sacramentale ed una convivenza? Non sono poveri quelli che non hanno il coraggio delle scelte definitive, di investire tutta la vita e ciò che sono in una relazione che possa essere totale e quindi autentica?

Per carità ci sono sacerdoti, esperienze e realtà ecclesiali che si occupano di queste povertà. Sono però realtà insufficienti e marginali.

Nella maggior parte del clero e dei laici impegnati vedo un altro atteggiamento. Un atteggiamento sbagliato. Come padri di famiglia che non sono capaci di educare e che per togliersi di impiccio dicono sempre si. Come se io con i miei figli non educassi ma li assecondassi in tutte le loro richieste. Starei facendo il loro bene? Oppure starei fallendo il mio ruolo di educatore che prepara il figlio ad una vita buona?

Un esempio su tutti. La diocesi di Cremona ha organizzato alcuni giorni fa un incontro con le realtà LGBT che si definiscono credenti. Ebbene hanno proposto la via cristiana per queste persone? Hanno indicato la castità come unica via per vivere relazioni vere e sane? Che io sappia no. Non hanno saputo dire che non è l’amore (che magari tante persone LGBT sentono e vivono) a rendere santo un atto sessuale, ma che è l’atto sessuale che se non è vissuto nella verità di un desiderio di unione e fecondità va a sporcare anche l’amore che due persone dicono di sentire nel cuore. La sessualità nella Chiesa è sempre più sottovalutata. Come se non fosse più riconosciuta la valenza del corpo. Noi siamo spiriti incarnati. L’amore va vissuto attraverso il nostro corpo. Noi siamo anche il nostro corpo. Non possiamo illuderci di usare il nostro corpo in modo egoistico e sbagliato e non avere conseguenze su tutta la persona. Non posso pensare che avere rapporti anali sia un modo come un altro per vivere l’amore. Non è mai amore. Non posso credere che utilizzare o meno anticoncezionali per due sposi sia indifferente e che questa scelta non condizioni tutto il matrimonio. Non posso credere che per due fidanzati sia la stessa cosa vivere la loro relazione nella castità oppure viverla nell’esperienza completa dell’amplesso.

Il Papa sta cercando di correre ai ripari. Tante volte lo ha detto e scritto. Nessuno lo ascolta. Tutti concentrati sulla comunione ai divorziati risposati. Quella può essere una cura per chi è già malato. Il Papa ha espressamente chiesto di rivedere i corsi di preparazione al matrimonio. Il Papa ha chiesto di favorire il nascere di gruppi familiari dove trovare sostegno ed aiuto. Il Papa vuole che la verità venga annunciata con forza. Quanti lo ascoltano? Tanti preti pensano all’amore come qualcosa di romantico. Credono che il cuore sia più importante del corpo. Quale illusione. Quanti danni questo modo di pensare. Poi quando si deve scendere nel fango, affrontare la vita reale fatta di una sessualità vissuta male non sanno come intervenire. Allora tutto va bene. asta che ci sia amore nel cuore. Ma quale amore? Non va tutto bene. Prima o poi i nodi vengono al pettine. Quanta sofferenza inutile causata da pastori incapaci e impreparati. Ringrazio Dio di avermi fatto incontrare padre Raimondo Bardelli quando ero ancora un ragazzo. Un padre che è sceso nel mio fango. Senza di lui ora sarei un mendicante d’amore. Ne sono certo. Non tutti hanno avuto la mia fortuna di un incontro tanto importante. Per questo ora mi sento in dovere di restituire qualcosa del tanto che ho ricevuto.

Sta a noi coppie di sposi riappropriarci di questa importante attività educativa e di evangelizzazione. Sta a noi mostrare che esiste una Verità e che non è uguale e indifferente avere un comportamento rispetto ad un altro. Tutti noi genitori siamo chiamati a farlo prima di tutto con i nostri figli e poi, perchè no, mettersi in gioco anche nella nostra parrocchia e comunità. E’ urgente darsi da fare, è urgente mostrare la bellezza di una scelta d’amore nella Verità e nella castità.

Antonio e Luisa

Il fidanzamento. Metodi naturali vs contraccezione.

Una delle contestazioni più frequenti che vengono mosse all’uso dei metodi naturali è l’ipocrisia di fondo della scelta. Che differenza c’è tra metodi naturali e contraccezione? Non servono entrambe le soluzioni per non avere figli? In realtà non è così. Cercherò di spiegarmi meglio. So che è un discorso complicato. Inizio con il dire un’evidenza. I ragazzi che vivono il sesso già nel fidanzamento si indirizzano molto più facilmente e frequentemente verso gli anticoncezionali. Il motivo è semplice. Nel fidanzamento non è previsto il concepimento di un figlio (almeno di solito). Quindi chi vuole vivere l’amplesso fin da subito non può che scegliere di usare gli anticoncezionali. Scelta che poi si porterà dietro anche nell’eventuale matrimonio. Per chi, invece, decide di vivere la castità la strada verso i metodi naturali è più agevole e spesso quasi automatica.

Perchè c’è una grande differenza tra queste due scelte?

L’anticoncezionale interviene impedendo o rendendo sterile l’incontro tra il gamete maschile e quello femminile. Crea una divisione arbitraria e artificiale tra l’atto fisico e la sua capacità generativa. Illude di poter mantenere la forza unitiva dell’atto cancellandone la capacità generativa. Un’illusione per l’appunto. Quando voglio modificare e menomare (seppur temporaneamente) il corpo dell’altra/o per assoggettarlo al mio desiderio di ricercare l’amplesso e il piacere fisico non sto cercando una vera unione ed unità con l’amata/o. Sto rispondendo soltanto al mio egoismo e alle pulsioni erotiche. Posso mascherare il tutto di romanticismo di tenerume (non tenerezza perchè la tenerezza presuppone un’autenticità dell’amore) e posso chiamarlo amore. Ma sono tutte balle. Dietro c’è il mio egoismo. C’è l’uso dell’altro. Non ci può essere vera unità se non si accoglie completamente il corpo dell’altro e non ci si dona completamente all’altro. Per questo la Chiesa non può disgiungere la valenza unitiva da quella generativa. L’anticoncezionale piega il noi della coppia all’io dell’individuo. L’anticoncezionale forma con il tempo una mentalità sempre più egoistica e proietta la persona a concentrarsi su di sè e a valutare il rapporto dal grado di soddisfazione personale. Spesso chiude il cuore all’apertura alla vita. Quante ne ho sentite di persone che non sono più capaci di aprirsi alla vita per questa mentalità. Partiti bene, ma poi con il tempo, come in un piano inclinato sempre meno capaci di vivere una relazione autentica.

Il metodo naturale è completamente diverso. Imparare un metodo naturale significa innanzitutto crescita personale per la donna. Significa conoscere il suo corpo ed essere per questo consapevole e in grado di governarlo. Dio ci ha reso padroni del creato. Anche del nostro corpo. Ci chiede di governarlo rispettando la sua natura. Per farlo si deve, però,  conoscere. La fertilità femminile non è più vista come un problema da risolvere, ma come un meraviglioso talento da governare. Solo così, conoscendo, accettando e governando la sua fertilità, la donna si potrà donare completamente, e senza sentirsi usata per questo, al suo sposo. Il suo sposo potrà sperimentare un’unione che in nessun altro modo potrà ritrovare. Il metodo naturale aiuta gli sposi, l’uomo in particolare, a mettere il bene dell’altro prima del suo. Lo educa al sacrificio e alla rinuncia per un bene più grande. Il metodo naturale è una scuola che educa al dono di sè e aiuta a combattere l’egoismo. Molto più semplice mettere un preservativo e avere rapporti quando lo si desidera piuttosto che avere la forza e l’amore di ritardarlo di alcuni giorni perchè in quel momento non si può accogliere la donna in tutta la sua femminilità e quindi anche nella sua fecondità. Una situazione che sembra frustrante a volte. E’ vero. Lo dico per esperienza personale. E’ capitato diverse volte di essere pronto a vivere un bel momento di incontro con la mia sposa e all’ultimo avere una doccia fredda perchè il muco filante e trasparente che mi mostrava indicava un probabile periodo fertile. Difficile accettarlo all’inizio, ma poi anche questi  momenti diventano occasioni per amare. Per imparare ad amare e per smettere di usare l’altra persona. Con il tempo posso dire che questa scuola mi ha educato davvero ed ora sono molto più attento alla mia sposa. Gli anticoncezionali dividono mentre questa modalità unisce tantissimo. La qualità differente di un amore così si percepisce con il tempo. Oggi, dopo sedici anni di matrimonio, l’incontro intimo con la mia sposa è ogni volta più bello. Questo non sarebbe mai stato possibile, ne sono sicuro, se avessimo scelto un’altra modalità di vivere questo momento.

Ne parlo ai fidanzati perchè questi  metodi vanno imparati e scelti prima del matrimonio. La donna deve imparare prima del matrimonio a governare il suo corpo in modo da poterlo fare al meglio quando, nel matrimonio, vivrà l’abbraccio dell’amplesso.

E’ importante che anche il fidanzato impari insieme alla sua amata, in modo che la scelta sia condivisa, e che quando si dovrà rinunciare all’incontro lui non sarà la parte che subisce passivamente, ma parte attiva nella scelta. Solo così le cose potranno andare bene. Solo così non si vivrà in modo frustrante ma costruttivo. Solo così l’astinenza temporanea diventerà occasione di unità e di ricercare in altri modi la tenerezza per prepararsi con ancor più desiderio all’incontro intimo solo rimandato di qualche giorno.

Antonio e Luisa

Pillole già pubblicate

Castità non è aridità

2 Educatevi al sesso

Il fidanzamento. Castità non è aridità (1 pillola)

Mi ha scritto un ragazzo chiedendomi di trattare un po’ anche le manifestazioni affettive dei fidanzati. Cosa è meglio fare? Cosa non fare?

Mi permetto di dare alcuni consigli. Consigli che non pretendo essere verità assoluta, consigli di qualcuno che ci è passato e che ha fatto i suoi errori. Consigli di chi ha ascoltato un po’ di testimonianze. Consigli di chi ha trattato questi temi in diverse circostanze e ha cercato di documentarsi. Cercherò di affrontare diverse riflessioni, senza un discorso organico e strutturato, ma sotto la forma di brevi pillole argomentative. Pillole che vi sottoporranno diversi spunti, non per forza connessi l’uno all’altro. Ecco il primo. Ci tengo ad iniziare con questo perchè spesso la sessualità non è un problema solo per chi non vive la castità nel fidanzamento, ma anche per chi crede di viverla. Attenzione a come coinvolgete il corpo. Vale per i materialisti, ma anche per gli spiritualisti. Entrambi gli atteggiamenti sono sbagliati. Ve lo dico da materialista che ha sposato una spiritualista. Rischiavamo di rovinare tutto.

Castità non significa aridità

Il fidanzamento non è un periodo di sola conoscenza caratteriale e spirituale. Il fidanzamento implica il coinvolgimento di tutta la persona. Persona fatta di anima e corpo. Il fidanzamento è una relazione provvisoria non ancora definitiva. Serve a comprendere se l’altro può essere adatto a una relazione stabile. Se c’è compatibilità di intenti e caratteri. Questo è ovvio, ma non basta. Bisogna scoprire se c’è però anche affinità e vera attrazione fisica. L’attrazione fisica è importante che ci sia. E’ bene che ci sia. E’ necessario che ci sia. Ciò non significa che l’altro deve essere una persona oggettivamente bella. Bella secondo i canoni sociali di bellezza. Deve possedere però una bellezza soggettiva. Deve apparirci bella. Altrimenti non ha senso continuare. Dobbiamo quindi conoscerla in tutta la sua persona per poter vivere un fidanzamento vero ed innamorarci davvero e profondamente. Impossibile senza le manifestazioni del corpo. L’attrazione è una forza impetuosa e per certi versi trascinante. E’ però un fuoco di paglia se non alimentata. E’ importante quindi parlare con l’altro il linguaggio dell’amore. Parlare la tenerezza. Tenerezza che si concretizza nei baci, negli abbracci, nelle carezze e in tutte le manifestazioni caste che ci possono essere.  Parlare il linguaggio proprio della stato in cui i due amanti si trovano. Uno stato provvisorio che non contempla ancora il dono totale del corpo. E’ pazzesco come le nostre relazioni siano costruite sbagliate. Fin dall’inizio. Nel fidanzamento si sperimenta il sesso in tutte le sue manifestazioni e poi, nel matrimonio, non si è più capaci di desiderarlo e di viverlo. Per tanti, dopo alcuni anni, si aprono le porte del deserto sessuale.  Cosa succede? Semplice. Si è capaci di parlare un linguaggio solo. Quello dell’amplesso e dell’incontro intimo. Non si è usato questo periodo di conoscenza per perfezionare tutti gli altri linguaggi. Anche quando ci sono, baci, carezze, abbracci e attenzioni sono finalizzati a concludersi nell’amplesso. Nel matrimonio non c’è tutto il tempo, la voglia e il desiderio per queste manifestazioni di amore tenero e concreto. C’è tanto altro a cui pensare e che ci occupa il tempo. Nel fidanzamento invece, almeno di solito, c’è molto più tempo. Nel matrimonio serve impegnarsi. Serve parlare il linguaggio della tenerezza anche quando per tanti motivi non è possibile arrivare all’amplesso. Figli, gravidanze, metodi naturali, mancanza di tempo e di forze, rendono l’incontro intimo non più così semplice da cercare e desiderare. Qui bisogna attingere a quanto imparato nel fidanzamento. Solo se nel fidanzamento ci si è educati a parlare diversi linguaggi d’amore, trovando gratificazione e piacere in quelle stesse manifestazioni, senza quindi renderle finalizzate e usate al solo fine di raggiungere il piacere sessuale, si potrà affrontare con i giusti strumenti il matrimonio. Solo così i momenti di astinenza non saranno momenti di aridità e di distanza tra gli sposi, ma saranno periodi di corteggiamento e di tenerezza. Periodi altrettanto dolci e belli e, cosa più importante, fecondi. Utili a mantenere e ad alimentare la fiamma del desiderio. E’ fondamentale educarsi a questo modo di vivere l’amore. Se non si impara poi è difficile. Quando verrà per tanti motivi a mancare l’incontro sessuale si perderà il desiderio di vivere altre modalità e tutto diventerà povero e senza gioia. Un circolo vizioso che porterà sempre più in basso fino alla completa distanza emotiva, affettiva e sessuale tra gli sposi. Capite l’importanza di imparare la tenerezza nel fidanzamento. Non è una richiesta assurda, ma una base necessaria sulla quale costruire tutta la casa del nostro matrimonio. Se volete un matrimonio santo imparate a vivere questi gesti come parte meravigliosa del vostro rapporto. A volte condurranno all’amplesso e altre volte no. Saranno comunque momenti di meravigliosa e feconda unità. Lo saranno però solo se avrete imparato a viverli in modo autentico. Il fidanzamento è la prima scuola per educarsi a questo atteggiamento importantissimo.

Concludo con la poesia di Alda Merini Abbiamo fame di tenerezza che mi piace tanto e che trovo profondamente vera.

Abbiamo fame di tenerezza,
in un mondo dove tutto abbonda
siamo poveri di questo sentimento
che è come una carezza
per il nostro cuore
abbiamo bisogno di questi piccoli gesti
che ci fanno stare bene,
la tenerezza
è un amore disinteressato e generoso,
che non chiede nient’altro
che essere compreso e apprezzato.

Alda Merini

Antonio e Luisa

Il bacio di Giuda non è casto.

Nei miei articoli ho spesso affrontato il tema dell’ecologia umana. E’ ecologico un gesto che ci rende pienamente umani. C’è ecologia quando il corpo esprime la verità che abbiamo nel cuore. Quando c’è armonia tra ciò che esprime il corpo e quello che sorge e alberga nel nostro cuore. Esprimere con il corpo ciò che non crediamo e che non è autenticamente presente nel nostro cuore,  è uno degli atteggiamenti più odiosi che possiamo avere nei confronti delle persone che ci stanno vicino. Quante volte ci sentiamo feriti da persone che dicono di volerci bene, o anche solo di apprezzarci, e poi parlano male di noi dietro le spalle. Più sono persone vicine e più ci fanno del male. Ci sentiamo offesi, più che dalle parole che possono aver detto quelle persone, proprio dal loro atteggiamento falso. Il loro corpo, la loro voce, la loro espressione non sono coerenti con quanto hanno nel cuore. Ogni gesto, che sappiamo essere falso, ci disgusta e ci provoca sdegno. Come non pensare a Giuda. Gesù ha sempre amato Giuda. Era un prescelto. Era uno degli apostoli. Era una delle persone più vicine a Lui. Eppure Giuda  lo tradisce e lo tradisce con un bacio. Si avvicina e lo bacia come si fa con gli amici, quelli veri.

Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?

Gesù non lo dice con rabbia. Lo dice con tristezza. Con il cuore spezzato dal tradimento subito. Lui, uomo vero, non sopporta quel gesto così falso. Non riesce a non chiedere a Giuda il motivo di tanta falsità.

Perchè vi porto questo esempio? Perchè il bacio di Giuda è una degli atteggiamenti più lontani dal concetto di castità che ci possa essere. Questa parolina tanto incompresa, derisa e rifiutata forse è un po’ più comprensibile attraverso proprio il bacio di Giuda. La Chiesa ci insegna che solo nel matrimonio c’è una autentica e indissolubile unione dei cuori. La Chiesa non inventa nulla, ci aiuta solo a comprendere chi siamo. Dal momento in cui un uomo e una donna si dicono si, i loro cuori si appartengono, sono uno nell’altro, nell’uno c’è l’immagine dell’altro. Nei cuori degli sposi si è generato un noi. Un noi che ha bisogno di divenire concreto, di divenire carne. Ha bisogno di manifestarsi.  Ed ecco il meraviglioso dono del creatore: l’unione dei corpi. L’amplesso fisico permette agli sposi, sessuati maschio e femmina, di concretizzare nella carne ciò che è l’esperienza intima dei loro cuori. Nell’intima unione dei corpi, che si compenetrano, c’è l’immagine più vera ed autentica di ciò che i due sposi vivono nella loro relazione sponsale. Tanto è vero quello che dico, che non basta la promessa che i due sposi si scambiano in chiesa per fare un matrimonio valido. Serve il primo amplesso fisico. Solo dopo i due saranno sposi. Questo gesto non ha nulla di vergognoso. E’ un gesto bellissimo e altissimo d’amore. Come lo è un bacio. Torniamo all’inizio, al bacio. Un bacio non è sempre però un gesto d’amore. Abbiamo visto Giuda. Un bacio, può nascondere, tradimento, falsità, egoismo, invidia. Così lo è anche  l’intimità fisica. Quando non è vissuta nella verità di ciò che è e significa,  diventa come il bacio di Giuda. Un gesto che dovrebbe esprimere unione, nasconde, invece, l’egoismo e l’egocentrismo. Un gesto che non racchiude amore, ma al contrario, la volontà di usare l’altro/a per il piacere personale. Col corpo si comunica l’opposto di ciò che c’è nel cuore. Non importa se due persone credono davvero di amarsi e credono sinceramente di amarsi attraverso quel gesto. Non sono nella verità.  Stanno dicendo con il corpo di essere uno quando oggettivamente non lo sono. Un rapporto intimo fuori dal matrimonio non potrà mai essere casto ed esprimere verità ed autenticità. Diventa un gesto che non fa bene. Un gesto che dovrebbe essere vita diventa un gesto di menzogna. Un gesto che chiude il cuore e non permette una relazione vissuta in pienezza. Un gesto falso che induce a fondare la relazione solo sui sentimenti, sulle passioni e su quanto l’altro/a mi da. Una relazione, quindi, molto fragile e che quindi può crollare al primo soffio di vento. Purtroppo la maggior parte dei giovani vivono un fidanzamento non casto e gli effetti sono sotto gli occhi di tutti.

Papa Francesco lo ha urlato ai giovani nel 2015 a Torino

Ma l’amore è molto rispettoso delle persone, non usa le persone e cioè l’amore è casto. E a voi giovani in questo mondo, in questo mondo edonista, in questo mondo dove soltanto ha pubblicità il piacere, passarla bene, fare bene la vita, io vi dico: siate casti, siate casti

Papa Francesco non vuole ragazzi tristi, frustrati e repressi. Per questo raccomanda la castità. Solo nella verità del gesto si può trovare gioia, senso, luce e amore autentico.

Antonio e Luisa

 

Sposi sacerdoti. Armonia tra anima e corpo. (13 articolo)

Prima di continuare è d’obbligo una precisazione. Abbiamo,nei precedenti articoli, accennato all’importanza del rapporto fisico all’interno di una relazione sponsale. Amplesso come il gesto sacerdotale più alto e significativo che può essere vissuto tra due sposi. L’amplesso non è quindi un optional di un matrimonio, ma qualcosa di estremamente importante. Attraverso la verità di questo gesto passa la verità di tutta la relazione. Il matrimonio autentico necessita di castità. La castità cosa esprime in sostanza? La castità è stata definita in tantissimi modi. Molto spesso in modi sbagliati. La castità non è altro che perseguire e vivere un’armonia e una verità nella manifestazione dell’amore presente nel cuore attraverso i gesti del corpo. La castità presuppone un’aderenza autentica tra quanto esprime il corpo e quello che è il nostro cuore. La castità è tale quando esprimiamo nel corpo la verità del nostro essere uomo o donna, e la capacità di amare in modo autentico facendoci dono per l’altro/a. Comprendete bene come debba esistere una corresponsione tra l’amore del cuore e l’amore espresso con il corpo. Tra due sposi ciò si manifesta in particolare con l’amplesso. Esistono quindi due grandi pericoli. Uno che riguarda maggiormente il mondo femminile e l’altro invece quello maschile. Naturalmente esistono le eccezioni, e il mio è solo un discorso generale che può essere smentito nelle dinamiche di alcune specifiche coppie. A cosa deve stare attenta una sposa?  Se è sicura di amare profondamente il suo sposo, se si impegna a fondo per lui, si mette al suo servizio,  e poi non è capace di esprimergli amore attraverso il suo corpo, e non è capace di donarsi completamente a lui nell’intimità, non sta vivendo un matrimonio in pienezza e in verità. Se con il corpo non riesce a trasmettere quell’amore che cerca di coltivare nel cuore, non è nell’armonia di un dono totale che presuppone anima e corpo. Il suo sposo non si sentirà amato in modo pieno e soffrirà per questo.

A cosa devono invece prestare attenzione gli uomini? Devono prestare attenzione al rischio inverso. Se con il corpo esprimono un amore che non viene coltivato nel cuore, stanno esprimendo una disarmonia e una menzogna. Cosa di cui una donna si rende benissimo conto. Questo desiderio di cercare l’intimità senza impegnarsi a nutrire e perfezionare una modalità di amare la propria sposa sempre, in una sorta di corte continua, insinuerà nella sposa il dubbio di essere usata e non amata, con il risultato di generare sofferenza e anche freddezza e allontanamento in lei.

In entrambe queste situazioni non c’è verità e non c’è castità. A lungo andare la disaffezione, le rivendicazioni  e spesso anche il rancore, si faranno sempre più forti con il rischio di dividere la coppia.  Dio si è fatto maestro per noi. Conosce le nostre debolezze e fragilità. Per questo ci ha donato un intero libro della Bibbia che tratta la modalità autentica di amare che due sposi devono cercare, trovare, vivere nel loro matrimonio per essere felici ed avere una relazione casta che sia piena ed autentica.  Mi riferisco al Cantico dei Cantici. Nei prossimi articoli andremo ad approfondire alcuni passaggi di questo bellissimo testo.

Antonio e Luisa

Sposi sacerdoti. Amplesso gesto sacerdotale. (7 articolo)

L’essere sacerdoti degli sposi è condizione necessaria per instaurare il sacramento del matrimonio stesso. E’ condizione fondante per essere sposi in Cristo. Dal 72 al punto 75 di Amoris Laetitia il Papa ci dice questo. Gli sposi esercitano il loro sacerdozio durante tutto il rito del matrimonio. E’ gesto sacerdotale quando si promettono amore incondizionato, fedele e per sempre ed è altrettanto gesto sacerdotale quando confermano la promessa con l’unione dei corpi durante il primo amplesso fisico dopo il matrimonio. Se non si comprende questa realtà non si può comprendere neanche perchè la Chiesa ammetta l’unione fisica solo nel matrimonio. Non perchè la Chiesa sia sessuofoba, come tanti pensano. Al contrario. La Chiesa ha un’altissima considerazione dell’intimità fisica. Ne riconosce un gesto sacro, un gesto sacramentale nel quale gli sposi donandosi totalmente in anima e corpo si fanno mediatori l’uno dell’altro dell’amore di Cristo che ha dato tutto se stesso per noi. Chi conosce queste realtà e le ha sperimentate non può ritenere innocue e giuste pratiche come rapporti prematrimoniali, pornografia, masturbazione, adulterio e tutte queste belle cose che la società odierna cerca di normalizzare. Il fatto che lo facciano tanti non rende questi gesti buoni, ma evidenzia solo la povertà in cui viviamo. Realtà come Cuori Puri, Purex o altre esperienze simili non sono una pittoresca manifestazione di giovani strani. Sono giovani che rifiutano questa nuova banalizzazione del corpo e del sesso e vogliono recuperare la bellezza di una relazione autentica. Torniamo ora a noi sposi. Facciamo un passaggio ulteriore. Conseguenza logica di quello che abbiamo scritto fino ad ora cos’è? Se l’amplesso è gesto sacerdotale per confermare il matrimonio durante il rito, poi non lo è più? Lo è ancora! Eccome se lo è! Ricordiamolo! Ogni volta che ci doniamo l’uno all’altra nell’intimità fisica stiamo esercitando il nostro sacerdozio. Ogni volta che viviamo l’intimità fisica rendiamo presente nuovamente quella realtà che ha instaurato il nostro sacramento.  Rendiamo nuovamente attuale e presente l’offerta totale che ci siamo fatti l’uno all’altra. Non vi ricorda nulla tutto questo? Ricordate che noi siamo immagine e ricordiamo l’amore totale di Gesù sulla croce? Come si riattualizza quella realtà? Nell’Eucarestia. Ogni Eucarestia si rende di nuovo attuale e presente quel sacrificio di Cristo. Cristo morto sulla croce una volta sola, ma il cui sacrificio è reso attuale e reale nuovamente in ogni Messa. Così noi sposi, ogni volta che ci uniamo totalmente in cuore, anima e corpo riattualizziamo il nostro matrimonio. Capite ora perchè Eucarestia e matrimonio sono spesso accostati e messi in relazione? L’uno ci spiega l’altro e viceversa. Come nell’Eucarestia lo Spirito Santo entra in noi, così nell’amplesso fisico degli sposi c’è una nuova effusione dello Spirito che rinnova e perfeziona i dono di Grazia che abbiamo ricevuto il giorno del nostro matrimonio. Non solo il rapporto fisico è gesto sacerdotale per noi sposi. E’ il gesto che più lo esprime. Ricordiamo però, che seppur l’amplesso fisico è il vertice sensibile del dono vicendevole, ogni gesto, parola o atteggiamento di dono verso l’altro è gesto sacerdotale.

Antonio e Luisa

 

L’alfabeto degli sposi. La lettera H.

Trovare una parola con la lettera H non è stato facile. Ancora più arduo trovare una parola che avesse un significato profondo e fosse luce per noi sposi. Ho trovato Habitus.

Habitus, nella lingua latina, può indicare il modo di vestirsi e abbigliarsi. E’ molto più di questo. Indica un modo di essere, indica il carattere, l’atteggiamento, lo spirito e la disposizione d’animo.

Qualcosa di molto più profondo ed importante di un semplice abito da indossare, ma l’abito che rappresenta ciò che siamo e che vogliamo essere.

Arriviamo così alla riflessione che questo termine latino mi ha provocato. In realtà è una riflessione di alcuni mesi fa e già pubblicata, ma è perfetta per entrare nella realtà sponsale che voglio approfondire con questa parola chiave.

Per tante donne l’abito nuziale è qualcosa di sacro. Certo non per tutte, ma per tante lo è. Per chi desidera nel cuore un matrimonio con Dio spesso non è solo un abito. L’abito per la sposa, molto più che per lo sposo, ha un significato grande e profondo. Parto da lontano, dalla Bibbia e dalle origini. Adamo ed Eva quando si accorsero di essere nudi? Quando, con il peccato originale, non ebbero più uno sguardo d’amore, ma l’egoismo e la concupiscenza cominciarono a prendere possesso del loro cuore. Non che prima fossero vestiti, ma avevano un altro sguardo,erano rivestiti dello sguardo di Dio l’uno verso l’altra. L’abito da sposa, non sempre in modo consapevole, esprime un desiderio del cuore della donna(e anche dell’uomo). Vuole dire: Voglio tornare ad avere questo sguardo, voglio essere rivestita di Dio, voglio essere bellissima per te.

Il bianco è naturalmente segno di purezza, che un tempo indicava la verginità della sposa. Oggi è certamente sempre più raro riscontrare questo significato, ma indica comunque la grandezza del matrimonio sacramento. Attraverso il sacramento del matrimonio gli sposi, se lo vogliono e in virtù della redenzione di Cristo, possono ricominciare e vivere un amore casto (nel matrimonio la castità non è astinenza!) e una relazione pura e autentica. Il vestito bianco esprime questo desiderio di un amore grande, unico e santo (perfetto). Ma non solo, il bianco indica anche qualcos’altro. Il bianco è la trasfigurazione di Cristo. Vestirsi di bianco è voler mostrarsi al proprio sposo in una bellezza trasfigurata. Significa chiedere al proprio sposo di essere guardata, da quel giorno, non più con lo sguardo del mondo, ma con lo sguardo di Dio, guardarsi con la bellezza dei figli di Dio, una bellezza percepibile non a tutti, ma che è solo degli sposi e che rimarra un tesoro da custodire e proteggere. Ultimo appunto, ma non meno importante, che voglio fare è la relazione con il battesimo. Il giorno del battesimo ognuno di noi è stato rivestito con una vestina bianca. Vestina che simboleggia la rinascita a vita nuova con Gesù. La vestina bianca simboleggia la nostra nuova dignità regale. Il battesimo ci ha reso figli di re. Il matrimonio è molto simile in questo senso. Il matrimonio è un rinascere nuovamente in una nuova creazione dove lo sposo e la sposa acquisiscono una nuova identità, concretizzata dalla loro unione indissolubile, unica, fedele e feconda. Pur restando due persone da quel giorno diverranno uno e in quell’uno potranno dire al mondo chi è Dio e come Dio si ama e ci ama.

Il vestito bianco non è solo una tradizione, ma racchiude in sè il mistero del matrimonio e di un’unione umana che diventa divina. Ecco perchè tante (purtroppo sempre meno) donne custodiscono gelosamente quell’abito, e dopo tanti anni di matrimonio è ancora lì nell’armadio, nonostante rubi spazio ad altri abiti più utili. Ecco perchè il sogno di tante mamme è quello di poterlo donare alle figlie. Inconsciamente la mamma trasmette alla figlia ciò che ha vissuto, o che ha cercato di vivere, in tutti gli anni di matrimonio. Consegnando quel vestito sta passando un testimone e una testimonianza di vita e di amore.

Antonio e Luisa

L’alfabeto degli sposi. La lettera C (2 parte)

La seconda parola chiave che reputo importante più di altre è castità. Cosa significa castità? Meglio, cosa significa castità nel matrimonio? Questa parola, probabilmente con responsabilità anche di uomini di chiesa, è associata al divieto, alla frustrazione del desiderio e del piacere. E’ proprio così?

Per cercare di comprendere meglio questa parola ho deciso di avvalermi del Cantico dei Cantici. Il Cantico è il libro della Bibbia che racconta l’amore erotico, l’amore sensibile e carnale, ma non per questo impuro ed egoista. Tutt’altro un amore autentico e casto.

[12]Giardino chiuso tu sei,
sorella mia, sposa,
giardino chiuso, fontana sigillata.
[13]I tuoi germogli sono un giardino di melagrane,
con i frutti più squisiti,
alberi di cipro con nardo,
[14]nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo
con ogni specie d’alberi da incenso;
mirra e aloe
con tutti i migliori aromi.
[15]Fontana che irrora i giardini,
pozzo d’acque vive
e ruscelli sgorganti dal Libano.

LA SPOSA

[16]Lèvati, aquilone, e tu, austro, vieni,
soffia nel mio giardino
si effondano i suoi aromi.
Venga il mio diletto nel suo giardino
e ne mangi i frutti squisiti.

LO SPOSO

[1]Son venuto nel mio giardino, sorella mia, sposa,
e raccolgo la mia mirra e il mio balsamo;
mangio il mio favo e il mio miele,
bevo il mio vino e il mio latte.
Mangiate, amici, bevete;
inebriatevi, o cari.

 

Siamo nel terzo canto, e il Cantico si fa sempre più audace e non ci si limita più agli sguardi, ma è imminente il momento dell’incontro con l’amata. Ormai i due sposi si sono preparati al meglio per questo momento e tutto il desiderio, che si sono scambiati e comunicati attraverso lo sguardo, sta per avere il suo soddisfacimento e il suo culmine nell’abbraccio dell’amplesso.

E’ bellissimo il simbolismo che il Cantico propone. Giardino chiuso e fontana sigillata. Il giardino è l’amata stessa, giardino chiuso perchè sarà aperto solo da chi ne ha la chiave. La chiave non si può ottenere se non con l’amore e la promessa del per sempre. Solo in quel momento lo sposo otterrà la chiave per accedere al giardino, un giardino dove potrà sperimentare la gioia piena, la contemplazione del corpo, l’abbandono totale nelle sensazioni totalizzanti dell’amplesso fisico Quel giardino è chiuso e solo lo sposo, il Re, ha potuto accedervi e questo lo rende pazzo di una gioia incontenibile. Non è perchè vuole possedere la sposa ma, al contrario, vuole darsi totalmente a lei. Provate a chiudere gli occhi e a immergervi in questo momento di meravigliosa pienezza. Non esistono che loro e, se guardate bene, non vedrete qualcosa di volgare e banale ma, al contrario, vedrete il trionfo della bellezza, la bellezza che oltrepassa il corpo e si compie nel cuore dei due sposi. Ciò che avviene nel corpo è segno di ciò che l’anima vive e trasmette in quell’unione d’amore.

Pensate che bello vivere la propria sessualità in questo modo. Questo è l’elogio della castità: la donna e l’uomo si preparano a quell’incontro e difendono la purezza di quel giardino, preparato per un solo uomo e per nessun altro. Che bello arrivare all’amplesso fisico solo dopo che ci si è promessi per la vita e si è entrati in possesso di quella chiave che dà accesso al giardino! Che bello non entrare come ladro che ruba ciò che è destinato ad altri, ma come Re. Che bello poter entrare al culmine del desiderio dopo che ci si è preparati con sguardi e gesti d’amore e di dolcezza! Solo così la donna non sentirà violentato il suo giardino, ma curato e desiderato. Questa è la via casta che permetterà all’uomo di non perdere mai la chiave di quel giardino che tanto ama e che quindi gli permetterà di non violare ma amare la propria sposa.

Concludendo, cosa ci insegnano gli sposi del Cantico? Come realizzare un amore tanto bello e casto nella vita concreta matrimoniale? Gli sposi vivono pienamente e concretamente la castità quando s’impegnano con tutto loro stessi nella crescita del loro amore, realizzando in modo sempre più perfetto la riattualizzazione del sacramento del matrimonio (amplesso fisico), estendendone i frutti alla seduzione continua (corte continua tra gli sposi).

Gli sposati vivono quindi la castità nell’esercizio amoroso delle varie manifestazioni fisiche, compreso il rapporto sessuale. La loro castità non consiste, come molti cristiani pensano, nell’astenersi dal rapporto sessuale. Questa è la castità dei non sposati.

L’astinenza dall’intimità fisica può essere praticata dagli sposi come una rinuncia temporanea per purificare il proprio cuore e crescere nell’amore di Dio, favorendo così in loro una pratica più perfetta della castità. Questa astinenza, infatti, essendo  una particolare preghiera del corpo, loda il Signore ed ottiene dallo Spirito una maggiore disponibilità ad ottenere e vivere gli aiuti divini legati al sacramento del matrimonio.

Occorre però sempre ricordare quanto S. Paolo dice, nel nome del Signore, agli sposi: “Astenetevi tra voi di comune accordo e temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perchè satana non vi tenti nei momenti di passione.

L’astinenza è cara al Signore quando gli sposi, pur desiderando ardentemente il rapporto sessuale, vi rinunciano per crescere nella comunione con Lui.. E’ invece semplice pigrizia quando vi rinunciano per una normale stanchezza.

Gli sposi comprendono pienamente e praticamente questa differenza solo scoprendo e vivendo  il valore sacramentale dell’unione fisica. Tante coppie si sentono sempre stressate e quindi rinunciano al rapporto fisico e quelle poche volte che lo fanno  lo vivono con un amore fiacco, perchè non ne hanno assimilato il valore umano e spirituale per la vita di coppia.

Gli sposi se vogliono tendere alla santità, devono, con l’aiuto dello Spirito, recuperare tutta la bellezza del rapporto fisico vissuto come riattualizzazione rinnovazione del sacramento del matrimonio.

Solo così diventeranno evangelizzatori di un sesso sano, ecologico e sacralizzato.

Antonio e Luisa