Quando ci sentiamo traditi dagli uomini di Chiesa, pensiamo alla passione di Cristo

Oggi il mondo e la Chiesa stanno vivendo una grande crisi di fede, ogni giorno ascoltiamo notizie che stridono con la Verità. Quanti uomini di Chiesa che tradiscono la loro madre Chiesa, che la rinnegano per seguire le luci del mondo.

Capisco quanto ci possa far male, a chi ha cuore veramente la Chiesa di Dio, la Chiesa che Cristo ha fondato, i tradimenti e i rinnegamenti di chi dovrebbe pascere le pecorelle affidategli, sono lame che ci colpiscono nel cuore, spine pungenti che ci trafiggono il capo, chiodi che ci perforano le mani, corde che ci lacerano la pelle.

Ma è proprio questo, fratelli cari, che Cristo ha subito per la sua Chiesa, per noi, nella sua Santa Passione. E le pene peggiori le ha sofferte proprio in prospettiva di tutti i tradimenti e rinnegamenti dei suoi figli prediletti, quei pastori di anime, che invece di essere guide e pastori a difesa delle pecorelle, si sono trasformati in mercenari, che hanno disperso e lasciato sbranare il Suo gregge.

Quanto dolore avrà provato Cristo davanti al tradimento di Giuda. Immaginate in mezzo alla notte, un suo figlio prediletto, un pastore di anime, che lo ha tradito con un bacio. Quale colpo al cuore, e pure da lui non è uscita una sola parola di giudizio o di condanna, figuriamoci di odio.

“Giuda con un bacio tradisci il figlio dell’uomo”

Con lo stesso bacio, che tante volte hai usato per confidarmi il tuo amore, ora vieni qui in mezzo alla notte, come usano fare i ladri, e mi tradisci. Con un gesto di amore, mandi a morte l’Amore, Cristo il figlio del Dio vivente. Quale sofferenza brutale può aver colpito Gesù? In quel tradimento son racchiusi tutti i tradimenti della storia millenaria della Sua Chiesa.

Ma ancora, amici, pensate al rinnegamento di Pietro, quel Pietro che voleva seguirlo fino alla morte, che avrebbe dato la vita per lui, ecco nel momento in cui Gesù è abbandonato da tutti, sta per essere giustiziato dal suo popolo, sta per essere mandato a morte… con lo sguardo cerca un volto amico, un volto dove rifugiarsi, dove cercare coraggio e conforto, e invece trova il volto di Pietro, e viene trafitto dalle sue parole.

Per tre volte lo rinnegherà, per tre volte lo trafiggerà. In quel rinnegamento son racchiusi tutti i rinnegamenti della storia millenaria della Sua Chiesa.

E ancora dall’alto della sua Croce, quando ogni cosa si sta compiendo, quando il peso della fatica del calvario lo porta a chiedere acqua, ecco che dal basso, dal suo popolo, si levano insulti e bestemmie. E nel suo ultimo atto, chiede al Padre “perdonali, perché non sanno quello che fanno”.

Sì fratelli cari, fa tanto, troppo male, essere traditi e rinnegati da chi doveva ergersi a difesa del Corpo di Cristo, la sua Chiesa… e pure, e pure… Gesù ha perdonato e amato, soprattutto costoro.

Pensiamo ai nostri piccoli tradimenti e rinnegamenti quotidiani, alle nostre parti più buie, e pensiamo quanto Cristo le ami e se ne prende cura, senza nessun giudizio. E pensando a questo, amiamo e preghiamo, soprattutto per questi pastori e fratelli, che stanno trafiggendo, più di tutti, il corpo già martoriato del nostro Gesù.

Solo così, solo così, ancor prima di annunciare la Verità con la nostra parola e la nostra testimonianza di vita, potremo guarire le tante ferite dei tradimenti e rinnegamenti di questo periodo, in cui siamo chiamati a vivere. Da queste ferite che grondano sangue e acqua, scaturirà la misericordia di Dio, che laverà i peccati, anche i più orrendi della Sua Chiesa.

Cos’è la vocazione? Come si può definire una vita: pienamente realizzata?

Nell’affannosa ricerca del proprio posto su questa Terra, della vocazione, delle strada da percorre, tante volte si sbatte la testa, fino a perderla… Ma cos’è la vocazione?

C’è solo un’unica vera vocazione a cui è indirizzato l’uomo, ed è quella dell’amore:

«Il primo è: “Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi»

Amare gli altri e l’Altro, con i mezzi che Dio ci mette a disposizione.

Il matrimonio, la vita consacrata per cui non sono la vocazione, ma diventano MEZZI per raggiungere la vocazione dell’amore. Ogni giorno ci è data la possibilità di far della nostra vita un capolavoro, ogni minuto ogni istante speso su questa Terra deve essere la nostra vocazione da realizzare in pienezza. Non ci sono vite a metà, non realizzate: se non ti sposi, se non ti consacri, se non hai figli, se non ti laurei, se non diventi nonno, se non hai un lavoro, e tanti altri “se non…”.

Ogni vita vissuta nell’AMORE, È UNA VITA PIENA. Puoi essere sposato, consacrato, avere un lavoro, avere una laurea, avere figli, essere realizzato in ogni ambito della tua vita e non vivere neanche un secondo nella pienezza dell’amore.

Purtroppo l’uomo è troppo riduttivo e ingabbia tutto nei suoi limiti, che non sono quelli di Dio.
Pensiamo alla vita come a un ricetta preconfezionata: a 19 anni inizi l’università, a 25 ti laurei, a 28 ti fidanzi, a 30 ti sposi, ti trovi un lavoro stabile (posto fisso possibilmente), poi inizi a sfornare figli, poi ti sistemi in una casa tua, poi inizi a invecchiare, pretendi i nipoti, poi muori…
Probabilmente la vita ti porterà proprio a questo, ma che addirittura sia una pretesa e una regola prefissata da seguire e se non ci si riesce addirittura ci si dispera, è pazzia, pazzia tutta umana.

IL VENTO SOFFIA…

“Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito”

Ma oggi lo Spirito Santo è solo la somma di due parole, un gingillo, da inserire magari nelle omelie domenicali, ma quanti di noi viviamo trasportati e abbandonati al suo soffio?
C’è troppo timore di lasciar le redini a chi non vediamo, ma forse non vediamo perché poco preghiamo, perché poco ci relazioniamo con l’Altro. Non una preghiera fatta solo di parole, messe una di seguito all’altra, ma una preghiera che sia DIALOGO con Dio.
Pregare è un sinonimo di dialogo, quando si prega si dialoga con Dio, e Dio ci risponde, ci guida, ci indica… SOFFIA.
Non siamo disposti a dialogare con Dio, perché non lo conosciamo, non lo vediamo come un padre, un fratello, un amico, con cui confidarsi e aprirsi. Ma allora chiediamolo di conoscerlo, di fare esperienza di questa amicizia.

Amici apriamoci al soffio dello Spirito, non temiamolo, non ingabbiamolo nei nostri preconcetti e regole umane. Solo così la nostra vita sarà una VITA PIENA.

VIENI E SEGUIMI…

“Tu vieni e seguimi” Gesù non usa molte parole, forse ci aspetteremmo che ci dicesse “Vieni, seguimi, ti troverò una donna, poi un lavoro, poi ti farò prendere casa, poi ti darò dei bambini, poi ti farò perdere il lavoro, te ne darò un altro, ecc.”

NOO, “TU VIENI E SEGUIMI”, È L’ABBANONDONO IL SEGRETO. È l’abbandono alla DIVINA VOLONTÀ. È questa la vocazione cristiana, abbandonarsi a ciò che Dio mi proporrà, passo dopo passo, istante dopo istante, mettendoci tutto l’amore che lui ci donerà. Se capiamo questo, se lo iniziamo a vivere giorno dopo giorno, istante dopo istante, saremo SANTI, saremo REALIZZATI, vivremo DI UNA GIOIA PIENA. La santità sta tutta qui, non cerchiamola altrove. 

Daniele Chierico

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La Chiesa ha bisogno di cristiani innamorati

In questi giorni non avevo volutamente scritto nulla, non trovavo le parole giuste per descrivere il beato Carlo, ma poi un’amica mi ha chiesto di commentare un articolo su di lui e questo mi ha spinto a farlo…

Come descrivere la vita di Carlo conoscendolo poco, non avendo vissuto a contatto con lui? L’unica fonte reale sono le parole di chi l’ha vissuto. E tutte queste testimonianze riconducano semplicemente a un giovane innamorato. Carlo ha vissuto la sua breve, ma intensa vita, da innamorato!

Carlo era innamorato di Cristo, così come un giovane innamorato della sua amata. La sua testimonianza è molto semplice, Carlo non è beato perché faceva rosari, perché ha raccolto le testimonianze sui miracoli eucaristici, perché era un figlio modello, perché andava bene a scuola, non faceva uso di droghe o di pornografia e altro ancora… No, Carlo è beato perché era prima di tutto INNAMORATO!

La Chiesa non ha bisogno di eroi, di gran fighi, di influencer all’ultima moda, ma ha bisogno di CRISTIANI INNAMORATI! Innamorati di quel Cristo in Croce che ha dato veramente tutto per noi, senza chiedere nulla in cambio, senza pretendere che cambiassimo, senza pretendere che diventassimo i primi della classe. Amici, Lui ci ha amato così, sozzi e nudi, senza dignità, con il peccato attaccato alle nostre viscere, con le nostre fragilità, i limiti, le nostre mancanze di fede. Questo Cristo che ci AMA, che ci AMA FOLLEMENTE è il Cristo di cui era follemente innamorato anche il fratello Carlo.

Perché i giovani dovrebbero emulare Carlo? Don Giussani diceva sempre che la formula cristiana è semplice “Venite e vedete”. Miei cari amici ci complichiamo tanto la vita cercando formule astruse di pastorale, facendo i saltimbanchi in Chiesa, ma lo sapete perché? Perché pensiamo che Cristo sia uno sfigato! Come può un uomo penzolante su quella “maledetta Croce”, attirare i giovani?

La mia conversione (risalente al 2015) è nata grazie alla Croce di Cristo, grazie alla sua passione ho capito che il mondo difficile che vivevo, era stato crocifisso, quel giorno di 2000 anni fa, su quella “maledetta Croce”. Ho capito che le mie ferite erano state crocifisse con Lui. Solo attraverso Cristo e la maledizione della Croce possiamo risorgere.

I giovani hanno un desiderio di essere amati che nessuna delle nostre “pagliacciate” che proponiamo potrà mai dissetare. La fonte, diamogli la fonte, che è CRISTO! Lo dico con il cuore amici cari, riponiamo CRISTO al centro delle nostre pastorali! E’ questa la testimonianza che mi ha lasciato Carlo: oggi più che mai abbiamo bisogno di sentirci amati da Gesù! Abbiamo bisogno di questo Amore più grande. Più grande dei nostri limiti, delle nostre ferite, del mondo!

Sei solo, sei in coppia, sei un sacerdote, sei una religiosa, sei donna o uomo, hai tendenze omosessuali, sei sposato o divorziato, sei un politico o un impiegato, sei un bambino o un anziano, ecc.? Tutto, ma proprio tutto è solo un mezzo per arrivare a Cristo e al suo Amore. Se sei in coppia questo non è un limite, anzi sarete in due ad amare follemente Cristo. Tutto ciò che farete sarà in Cristo, per Cristo e con Cristo. L’Amore per Cristo e di Cristo per voi, plasmerà la vostra coppia, la riempirà, la colmerà di ogni benedizione. E’ Cristo che vivrà in voi, per voi, con voi. Passate del tempo insieme con Cristo, più di quanto non lo passiate da soli, perché è lì la fonte del vostro amore.

Se capiamo questo, se iniziamo a vivere Cristo, allora potremo dire Carlo è proprio beato, cioè pienamente felice, pienamente realizzato! #MeteoDiCoppia#BeatoCarlo

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PER UN SANTO DISCERNIMENTO ALLA LUCE DELLO SPIRITO

Quando un popolo o uomo passa nel fuoco della prova, è lì che viene provata anche la sua fede, è lì che viene svelato il suo cuore. Una luce se è vera luce brilla più nelle tenebre; così un cristiano, se è vero discepolo di Cristo, brilla più nel momento della prova.

Oggi assistiamo a tanti profeti e “saggi teologi”, ma pochi sono quelli che annunciano la Verità del Cristo. Oggi le emozioni sono diventate il criterio fondamentale del discernimento. A ogni emozione corrisponde un pensiero, che si tramuta in decisione. Questo porta alla confusione e allo smarrimento, perché il nostro cuore è bombardato da emozioni durante l’arco di tutta la giornata.

Il discernimento delle emozioni si fa alla luce della Parola, del Vangelo. Si fa alla luce dell’insegnamento che Cristo ci ha donato tramite la millenaria storia della Chiesa e dei Santi. Si fa alla luce della nostra coscienza illuminata dallo Spirito Santo. Tutti e tre i criteri sono fondamentali per un sano discernimento e valutazione delle nostre emozioni. Le emozioni non sono negative in sé, ma le decisioni che possiamo prendere in base a esse possono portarci fuori strada.

Come dicevo in apertura, se il cuore del cristiano è illuminato dalla luce dello Spirito, si vede veramente durante una prova, e questa epidemia sta svelando molto dei nostri cuori. Ci facciamo prendere dalle emozioni? Diciamo e scriviamo la prima cosa che queste emozioni ci suscitano? O facciamo decantare tutto alla luce dello Spirito Santo?

Il proliferare di falsi profeti è frutto di una preghiera e una meditazione sempre più rada e di una sempre meno presenza dello Spirito Santo. Oggi si “studia molto”, ma si prega poco e questo non permette allo Spirito di illuminare e soffiare dove lui vuole.

Una preghiera rada e un bombardamento continuo di emozioni porta il proliferare di due tipi di cancri del cristianesimo: il fideismo e il materialismo. Il fideismo dove si pensa che tutto si possa risolvere con la preghiera e con l’intervento di Dio, il materialismo che invece si affida alle soluzioni puramente umane per risolvere qualsiasi problema.

Se leggiamo il Vangelo troviamo Gesù che richiede sempre il nostro piccolo intervento. A Pietro e agli altri discepoli dice di gettare le reti, e subito dopo permette il miracolo della pesca miracolosa. In un altro episodio famoso, Gesù chiede di mettere ai discepoli i loro 5 pani e 2 pesci, che subito dopo moltiplicherà sfamando 5000 persone. Per pagare le tasse dice a Pietro di andare a pescare un grosso pesce, di aprirlo e prendere la moneta che troverà al suo interno. L’uomo viene reso partecipe nel piano di salvezza. Il fideismo e il materialismo sono due facce della stessa moneta, che portano fuori strada e al proliferare di falsi profeti nella Chiesa.

Così anche sul tema delle messe sospese durante questa Epidemia assistiamo a tanti pensieri contrapposti. C’è la fazione del “tanto si prega anche da casa, non serve l’eucarestia” (atteggiamento materialista), poi c’è la fazione “ma riapriamo tutto senza nessun criterio, tanto Dio ci proteggerà” (pensiero fideistico), poi c’è la fazione del “sarà la preghiera a liberarci dal coronavirus, aspettiamo che questa accada e poi riapriamo le chiese” (anche questo un atteggiamento fideistico). La prudenza è una virtù cristiana, ci dobbiamo impegnare per assicurare le dovute disposizioni di sicurezza per la riapertura delle chiese (i nostri 5 pani e 2 pesci) e poi mettere tutto nelle mani del Padre, che agirà dove noi non riusciamo. Perché ricordiamoci che neanche le massime disposizioni di sicurezza possono azzerare il pericolo di contagio. Un atteggiamento materialista, senza una disposizione di affidamento a Dio è controproducente umanamente e spiritualmente parlando.

Sperando e pregando che chi ha potere decisionale venga illuminato dalla luce dello Spirito Santo, affidiamoci in questo primo giorno di Maggio alla santa protezione di Maria, tabernacolo della Trinità e guida sicura verso un santo discernimento.

Concludo con una parola che oggi dopo la preghiera mattutina lo Spirito Santo ha ispirato: Siracide 10 (1,5)

“Un politico saggio educa il suo popolo

e governa in modo intelligente e costruttivo.

Come è il capo di stato, tali sono i suoi ministri,

e come è chi comanda una città, tali saranno

tutti i cittadini.

Un sovrano ignorante porta il popolo alla rovina;

e una comunità per fare progressi ha bisogno di

governanti intelligenti.

Ora il Signore ha potere su tutta la terra,

e quando vuole fa sorgere l’uomo adatto.

Il successo di un uomo dipende dal Signore.

Egli fa risplendere la sua gloria nel legislatore”

De-siderare Gesù, non solo riceverlo: le grazie nascoste della quarantena

In questa quarantena stiamo vivendo un digiuno diverso dal solito che è quello spirituale, il digiuno eucaristico. Si è parlato molto sulla chiusura delle chiese, sull’ordine di non celebrare le messe: c’è chi l’ha colto con indifferenza, chi l’ha accettato con somma sofferenza, chi si è ribellato…

Ma il periodo di digiuno eucaristico, volente o nolente, c’è stato. Ma se Dio ha permesso questo, perché allora non andiamo più in profondità, non cerchiamo di cogliere un insegnamento?

Il tabernacolo è esposto sempre nelle nostre chiese, l’Eucarestia si può ricevere tutti i giorni, ma in “tempi di pace” ne abbiamo veramente approfittato di una così grande grazia? In “tempi di pace” ci siamo mai chiesti o fermati a pensare quale grazia era concessa da Dio a noi poveri peccatori? In “tempi di pace” prima di ricevere l’Eucarestia ci siamo resi conto realmente di cosa stessimo per ricevere? In “tempi di pace” dopo aver ricevuto l’Eucarestia ci siamo mai fermati in Chiesa a lodare e ringraziare Dio per un così grande dono?

Lascio queste domande aperte, dove ognuno di noi potrà rispondere nel proprio cuore, e vi lascio la mia piccola esperienza in questo periodo di quarantena e digiuno spirituale:

Prima della chiusura delle messe ai fedeli, cercavo (quando mi era possibile) di andare giornalmente a messa. La pratica della messa giornaliera, quando è possibile, trasforma la tua giornata, se vissuta con fede e desiderio.

Desiderio, cosa significa desiderare qualcosa? De-sidero viene dal latino e significa “mancanza di stelle”, cioè sentire la mancanza di qualcosa che è posto al di sopra di noi, qualcosa di meraviglioso, qualcosa di ineguagliabile. Desiderare significa quindi sentire una mancanza di qualcosa di grande e pertanto cercarla con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutto te stesso. Ecco che allora si realizza il primo comandamento “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Desiderare è un esercizio non solo del cuore, non solo della mente, ma di tutto te stesso. Desiderare è più di voler solo una cosa, desiderare è metterci ogni parte di te nel cercare quella cosa amata.

Insieme ad alcuni ragazzi della mia parrocchia in questi giorni ci siamo occupati della diretta streaming delle messe, per cui ho avuto la grande grazia di poter ricevere l’Eucarestia il giorno domenicale. La mancanza dell’Eucarestia giornaliera, non solo non ha spento il desiderio, ma l’ha fatto crescere nel mio cuore e quando ho avuto il dono di ricevere Cristo in queste domeniche, ho sentito quel desiderio esplodere letteralmente.

Desiderare l’Eucarestia è tanto importante quanto riceverla. Ricevere l’Eucarestia senza questo grande desiderio nel cuore, impoverisce il dono eucaristico. Gesù si dona tanto più, quanto più lo desideriamo. E qui si avverano le parole di Gesù a Simone: «Vedi questa donna? Io sono entrato in casa tua, e tu non mi hai dato dell’acqua per i piedi; ma lei mi ha rigato i piedi di lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45 Tu non mi hai dato un bacio; ma lei, da quando sono entrato, non ha smesso di baciarmi i piedi. 46 Tu non mi hai versato l’olio sul capo; ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. 47 Perciò, io ti dico: i suoi molti peccati le sono perdonati, perché ha molto amato”

Che bello ricevere Gesù nel nostro cuore, nello stesso modo in cui questa donna peccatrice ha bagnato, profumato e asciugato i piedi a Gesù. Noi a volte pensiamo di essere giusti, di stare dalla parte dei giusti, ma se sapessimo quanti peccati Dio ci perdona, se avessimo la visione della nostra anima, ogni volta prima di riceverlo sotto forma di pane eucaristico, faremmo la stessa cosa della donna nel Vangelo.

E allora non sarà servito proprio a nulla questo digiuno eucaristico, non sarà stata una disgrazia ma una grande grazia, se nel nostro cuore avrà acceso una “tale mancanza di Dio” da bramarlo sopra ogni cosa.

Daniele

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La mediocrità: vivere tanto per…

Peggiore di chi fa il male è colui che fa le cose con mediocrità. È Il tiepido, quello che non è né caldo, né freddo. Quello che si impegna in una cosa ma cercando di non dare né troppo, né troppo poco, quello del 50%. Se dovessimo fare una classifica, non la vincerebbe né il male né il bene, la mediocrità sarebbe al primo posto. Il danno maggiore non viene tanto da chi fa il male convinto al 100%, ma da chi fa il bene a metà. È bello farlo, ci voglio essere, ma fino a un certo punto, cioè poi ho le mie cose, i mie interessi, la mia vita, cioè capisci mica sto senza far niente…

È il ragazzo del Vangelo che arriva a seguire tutti i comandamenti, ma quando Gesù gli chiede di seguirlo in un impegno al 100%, si ritira, perché sì, questo “maestro è buono”, ma è anche “esigente”!

Il mediocre è colui che fa, ma tanto per farlo. Vado a messa? “Ma tanto per…” E se chiedi perché? Perché sono nato cristiano, perché ho sempre frequentato la parrocchia, perché i miei genitori lo facevano, ecc. Non sono “cattolici praticanti”, ma i “cattolici tanto per”.
E così nella vita ogni cosa si finisce per farla “tanto per”. Se tu moglie stai cucinando per tuo marito, o tu marito stai cucinando per tua moglie, non farlo “tanto per”, ma mettici tutta/o te stessa/o, mettici amore, gioia, passione, determinazione. Se fai un lavoro fallo con tutto te stesso! Se fai sport, fallo con tutto te stesso! Qualsiasi cosa tu faccia, se veramente vuoi farla, mettici il cuore, mettici l’anima! Altrimenti meglio non farla, il “tanto per” è dannoso, deleterio, molto peggio del “non lo voglio fare”.

Cristianamente parlando, Gesù ha dato la vita per noi, e allora giochiamocela questa vita! Non sprechiamo il sacrificio di Cristo, il suo sangue, per vivere una vita “tanto per”. Facciamo le cose al 110%, al meglio di noi, e quando non basterà, sarà Lui ad agire, a rendere fruttuosi i nostri sforzi. Parafrasando il Signore degli Anelli, mettiamo da parte il ramingo… diventiamo ciò che siamo nati per essere, cioè Re e Regine.

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I cattolici ai tempi di Nerone: la vita socio-politica dei nostri tempi

Ma un cattolico chi deve votare? Una domanda da un milione di dollari. C’è chi sostiene quel partito, chi quell’altro per svariate ragioni, c’è il sacerdote che fa politica spiccia e chi la fa in modo velato. Ma l’universalità e l’unità del cattolicesimo allora  va a farsi benedire?

E’ il pericolo di chi confonde Cesare con Dio. A Gesù per metterlo in difficoltà gli fanno una domanda ingannevole: “E’ giusto pagare i contributi ai romani?” che velatamente voleva dire “E’ giusto che Israele sia sottomesso alle leggi dei romani?” E guardate bene che i romani non erano questo popolo civile che c’è tanto nell’immaginario popolare. L’impero romano era una dittatura, esisteva la schiavitù e leggi ingiuste da un punto di vista “civile” e dei “diritti democratici”, e qualsiasi richiesta “democratica” veniva soffocata nel sangue. Allora tutti, proprio tutti si aspettavano che Gesù si sarebbe schierato apertamente contro l’impero romano, contro le ingiustizie, il messia che il popolo ebreo aspettava era un messia guerriero, non “questo coso” che andava in giro a dire “amate i vostri nemici” e sciocchezze varie su “beati i poveri” e “beati i perseguitati”.

Gesù non si schiera a favore dei romani, ne contro, ma risponde: “Date a Cesare, ciò che è di Cesare, a Dio ciò che è di Dio”.

La storia dell’impero romano, Gesù l’attraversa, così come Dio ha sempre fatto nella storia umana. Esistevano i sacrifici umani un tempo, ma Dio pian piano fa comprendere che non è quel genere di divinità che vuole sacrifici umani. Dio è paziente, è un Dio che non va per strappi, ma per gradi. E’ un Dio che non taglia l’albero, ma è un Padre che pota i rami, aspettando che porti frutto l’anno dopo.

Il cristianesimo ha attraversato l’impero romano, ha compreso cosa c’era di buono in esso e l’ha fecondato. E’ stato il sale che ha dato sapore alla minestra, è stato il lievito che ha fatto lievitare il pane buono. I primi cristiani hanno potato con la pazienza del contadino i rami secchi, per permettere anche a una realtà così terrena e barbara di portar frutto.

Oggi la situazione è difficile, il marcio che c’era nella democrazia cristiana ha mostrato che le cose di questo mondo sono decadenti, il seme della zizzania (la corruzione) è ovunque, anche nelle cose più sante che l’uomo riesca a fare. E’ la nostra natura decaduta che non ci permette di rendere pienamente pure le cose. La grazia ci aiuta, ma l’uomo è fragile, la sua natura fragile rimane, e la grazia non può andare oltre il nostro libero arbitrio.

Concretamente non c’è nessun partito che un cattolico può votare, mi fanno sorridere i sacerdoti/cattolici che dicono questo è votabile, quello no. Basterebbe leggersi la Dottrina Sociale della Chiesa per capire che non c’è nessun partito votabile e che dire questo no e quello si non fa altro che mettere ancora più confusione in tanti cattolici già confusi.

Allora il cattolico non può esercitare il voto democratico? Non può partecipare attivamente alla vita politica? Ci sono santi papi che hanno scritto largamente su questo, per cui dirò solamente alcune cose.

Partiamo dalla storia presente:

  1. Viviamo in un periodo storico molto particolare, il mondo si sta scristianizzando, i valori cristiani si stanno perdendo: fratellanza, solidarietà, rispetto della vita umana (qualsiasi essa sia). Dall’avvento del cristianesimo mai il mondo ha provato cosa significhi vivere senza Dio.
  2. L’avvento di nuovi diritti che si rifanno al concetto di libertà, una parola importante quanto pericolosa, perché la libertà è un concetto astratto e relativo, ciò che per me è libertà, può essere coercizione per l’altro. Ma anche senza scomodare i diritti degli altri, la libertà se non si rifà a delle leggi che sono scritte nel cuore dell’uomo, diventa la peggior schiavitù (ad esempio un tossicodipendente può essere libero di far uso di sostanze, quella che chiamerà libertà non è altro che una forma peggiore di schiavitù).

In questo particolare periodo, diventa difficile per un cattolico votare per un partito, perché tutti i partiti rispecchiano alcuni valori, ma mancano in altri. Ancora più difficile se debbo esercitare un’attività politica.

Al cattolico oggi è richiesto coraggio, posso votare per uno o per l’altro, ma denunciando apertamente dove questi valori non coincidono con i valori evangelici. Voto per la Lega? Va bene, ma non posso difendere una politica dell’immigrazione totalmente cieca davanti al bisogno del fratello. L’immigrato non è un numero, ma è una persona (rispetto della vita in ogni sua forma). Posso votare PD e M5S? Va bene, ma non posso difendere politiche che vanno contro la vita, come l’eutanasia e l’aborto (rispetto della vita in ogni sua forma), politiche per la liberazione delle droghe, ecc.

Se il cattolico vuole fare attività politica in un partito, deve difendere, anche contro il partito stesso, i valori cristiani. Se non lo fa, il sale che è chiamato a gettare perderà sapore e chi allora salerà la minestra?

E purtroppo qui arriviamo a un altro punto focale della storia presente: i cattolici (i battezzati) sulla carta sono ancora la maggior parte, ma la fede non si dimostra con un patentino, baciando crocifissi o mostrando rosari, la fede la si dimostra con i fatti, schierandosi totalmente per i valori cristiani, anche se questo significa essere messi da parte, anche se questo significa ricevere la gogna pubblica, anche se questo significa non essere influenti in politica.

“Non si possono servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro”. Una vita conforme al Vangelo è una vita chiamata a una scelta radicale!

Non avremo influenza politica, non avremo possibilità concreta di cambiare le sorti dell’Italia e dell’Europa, ma se rimarremo fedeli ai valori evangelici, se rimarremo fedeli a Cristo, a quello che ci ha insegnato, saremo il sale di questa Terra, e il deserto di oggi ritornerà a germogliare! Siamo pochi è vero, ma lo erano anche gli apostoli e i primi discepoli… Anche se pochi, impauriti e confusi, come diceva San Giovanni Bosco, se Dio è con noi, siamo la maggioranza. Oggi c’è chiesto di aver fede, di rimanere aggrappati a Lui, alla Roccia, e fare il nostro dovere fino in fondo, sarà Lui a moltiplicare i nostri sforzi.

Padre nostro: la preghiera della coppia!

Padre nostro. Non inizia con Padre mio, ma con nostro. Il “Padre nostro” è una preghiera comunitaria è la Preghiera della coppia. Come coppia ci rivolgiamo al Padre, dicendo nostro, lo sentiamo di entrambi, percepiamo che non può esistere un Dio se questo Dio non diventa relazione, incontro con l’altro.

Che sei nei cieli. Dopo aver invocato il nostro Dio, il nostro Padre, ci ricordiamo del cielo, del Paradiso. Il matrimonio, ancor più di altre vocazioni, è fatta delle preoccupazioni della Terra: il lavoro e l’economia della casa, l’educazione dei figli, ecc. C’è il rischio che le tante preoccupazioni possano assorbire la coppia, così dimenticando che il fine ultimo non è questa Terra, ma la patria celeste. Gli sposi devono avere i piedi ben piantati in Terra (perché a volte c’è il rischio di uno spiritualismo fine a se stesso), ma lo sguardo verso il cielo.

Sia santificato il tuo nome. Santificare il nome del Padre, santificare significa ringraziare, rendere lode a Dio per le meraviglie che realizza nella nostra vita di coppia. La vita quotidiana degli sposi, rischia tante volte di diventare abitudinaria, non rendendoci più conto che se mangiamo tutti i giorni, abbiamo un lavoro, la salute, dei figli, l’amore non è merito della nostra miseria, ma merito della grazia sovrabbondante del Padre.

Venga il tuo regno. Una volta che il nostro cuore si è allargato con la lode a Dio, ecco che possiamo iniziare a chiedere. E cosa chiediamo? Il Suo regno! Ma qual è il regno del Padre nella famiglia? Sul regno di Dio si possono dire tante cose, ma abbiamo mai pensato quale regno Dio ha scelto per il suo figlio, all’inizio della Sua vita su questa Terra? Il Regno di Dio era l’umile e accogliente casa di Nazareth. E’ in quel regno fatto di amore, silenzio, preghiera, affidamento, accoglienza e lavoro quotidiano, che Gesù ha vissuto trent’anni della sua vita. Immaginate che Dio pazzo, ha affidato tutta la salvezza del mondo nel regno più fragile che possa esistere. Ma forse non era pazzo, ma cosciente che la sua potenza creatrice e salvatrice si sarebbe realizzata solo e solamente tramite una coppia di sposi. Questo ci deve convincere di quale potenza Dio ha rivestito la famiglia cristiana, ma a volte non ci accorgiamo di questa grande missione, perché vediamo il “Regno di Dio” sempre al di fuori, aldilà della nostra vita di coppia, della nostra vita familiare.

Sia fatta la tua volontà, come in Cielo così in Terra. La seconda richiesta è che si realizzi la volontà del Padre. La stessa volontà, che muove le schiere celesti, si realizza anche sulla Terra (come in cielo, così allo stesso modo accade in Terra). Una coppia di sposi, ricolma di fede, è una macchina da guerra contro le potenze del male, avendo una potenza profetica, guaritrice ed esorcistica che neanche immaginiamo. E’ in essa che si è rivelata la prima volontà creatrice del Padre. Ai nostri progenitori Dio ha affidato tutte le potenza della natura. Nella nostra natura decaduta questo non lo vediamo, ma attraverso la preghiera del “Padre Nostro”, noi chiediamo di essere rivestiti di questa potenza divina.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano. La terza richiesta è quella del pane, che materialmente è anche il pane che ci serve per vivere ogni giorno (le necessità materiali della vita), ma sostanzialmente è l’Eucarestia. Una coppia di sposi che riesce giornalmente a nutrirsi del corpo di Cristo, lega la propria vita indissolubilmente a Dio. Attraverso quel pane di vita, siamo in grado di supplire a tutte le nostre miserie, a tutte le nostre incomprensioni, a tutte le mancanze di amore, di perdono. Se manca il nutrimento materiale il corpo muore, se manca il nutrimento spirituale, muore lo spirito. Ma se muore lo spirito, muore la vita di coppia. Tante volte si sente parlare dai cattolici del sacramento del matrimonio, come una magia che cambia tutto… dopo il matrimonio possiamo star tranquilli, tanto poi ci pensa Dio. Questo è uno dei motivi del perché tanti matrimoni, anche di cattolici che credono fermamente nel rito del matrimonio, vanno a rotoli, e il Paradiso terrestre si trasforma nell’Inferno. Il primato della Grazia è indiscutibile, ma la Grazia nulla può davanti alla nostra libera volontà di metterci nei guai. Se non nutriamo il sacramento del matrimonio, con il nostro impegno giornaliero a seguire Gesù, anche il matrimonio cristiano fallisce. Come diceva S.Ignazio: «Agisci come se tutto dipendesse da te, sapendo poi che in realtà tutto dipende da Dio»

Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. La quarta richiesta è il perdono. La preghiera si svolge sempre al plurale “rimetti a noi”. Rimetti i debiti che abbiamo contratto, sia tra noi coppia, sia tra noi e gli altri, sia anche tra noi e Dio. Non possiamo pensare di metterci davanti a Dio se non chiediamo il suo perdono, se non chiediamo di guarire le nostre mancanze. Mancare anche solamente un giorno a questa disposizione, accumula sporcizia, è come lo scarico di un lavandino, solamente quando poi si affoga, capiamo che cosa ci abbiamo buttato dentro per mesi o anni. Perdono che però diventa possibile solamente quando anche noi siamo disposti a perdonare le mancanze del nostro/a sposo/a e come coppia a perdonare le mancanze dei nostri fratelli. Questo diventa un esercizio quotidiano: ogni sera, prima di andare a dormire, mettiamoci davanti a Dio come coppia ed elenchiamo quelle che per noi sono state mancanze di amore e di incomprensione reciproca, perdoniamo e chiediamo di perdonarle/guarirle a Dio. Allo stesso modo se ci sono stati dei fatti o persone che ci hanno fatto del male e che ci turbano particolarmente il cuore, preghiamo perché Dio possa a sua volta perdonare, guarire e porre rimedio.

Non lasciarci indurre in tentazione. Infine chiediamo di non lasciarci nella tentazione. Con la tentazione dovremo fare i conti tutti i giorni, fino alla fine della nostra vita. Le tentazioni della vita di coppia sono tante, con questa richiesta noi chiediamo che si rinnovi la grazia del sacramento del matrimonio, chiediamo a Dio di non lasciarci nelle tentazioni della vita, ma di farsi prossimo per sostenerci nella battaglia.

Ma liberaci dal male. Liberaci da ogni male, e qui possiamo pregare in modo particolare se sentiamo che c’è un male che sta soffocando la nostra relazione, la nostra famiglia, le nostre relazioni con gli altri. E’ una vera e propria richiesta di esorcismo.

Se la sofferenza non ha un senso, che senso ha la vita?

La sofferenza non ha senso, è inutile girarci intorno cercando di abbonire qualcosa che di buono non ha nulla. La sofferenza, il dolore, la morte non possono avere un senso, perché noi siamo fatti per la gioia, per la vita! Essendo questa una verità, allora questa vita non è fatta per la gioia e per la vita, perché questa vita porta sofferenza e morte. Una vita, che come dice Vasco Rossi, “un senso non ce l’ha”. E a questo “punto” si potrebbe chiudere l’articolo, se non fosse per un ma…

Se Dio non si fosse fatto carne, non avesse vissuto le nostre stesse sofferenze e non fosse passato per la morte, allora tutta questa nostra vita non avrebbe avuto nessun senso, perché solo un pazzo alienato dalla realtà riuscirebbe a trovarlo. Ma Dio non è rimasto lì, staccato dal mondo, ma è si è fatto uomo, si è fatto carne, ha vissuto i nostri sentimenti di dolore e di tristezza. Ha sofferto per gli amici che l’hanno abbandonato, per gli amici che l’hanno tradito, per i nemici che lo hanno sputato e deriso. Ha sofferto nella carne, nella flagellazione e crocifissione. Ha sofferto vedendo la madre soffrire per lui. Ha sofferto vedendo un mondo votato alla morte e alla sua autodistruzione, nonostante abbia speso gli anni della sua vita a portare quell’Amore, che lui stesso aveva ricevuto dal Padre. Ha sofferto vedendo il suo progetto fallire su una Croce, vedendo il fallimento dei suoi sogni, dei suoi desideri sull’umanità. Come dice Papa Francesco, la Via Crucis è “la storia del fallimento di Dio”.

Ma Dio ha dato senso anche al fallimento, alla morte, perché il seme che non muore, non può portare vita. Ed ecco che dal più grande fallimento della storia, Gesù, attraverso la resurrezione, ha dato senso a qualcosa che mai nessuno uomo era riuscito prima. E’ dal fallimento della Croce, che è nata la Speranza della resurrezione.

La nostra vita nelle sue sofferenze, nel suo dolore, nei suoi fallimenti, nella morte che bussa costantemente alla nostra porta, trova senso solamente in Lui. Trova senso in un Dio che ha tanto amato, da dare la sua vita, liberamente, per i suoi amici.

La sofferenza, che un senso non ce l’ha, trova senso perché è in essa che ci avviciniamo a Dio, è in essa che ci sentiamo parte della sofferenza di Cristo. Immaginate un marito che vede la moglie malata terminale in un letto, la sua sofferenza la possiamo vedere trasformata nei suoi occhi pieni di amore per lei. Il dolore della moglie si trasforma in amore del marito. Che grandezza e che mistero.

Allora ciò che da senso alla vita, alla sofferenza, al dolore e alla morte è proprio l’amore. L’amore non avrà mai fine (dal latino a-mors = senza morte), perché anche quando ci muore qualcuno di caro, l’amore nel nostro cuore per quel caro non cessa. E nessuno a questo mondo potrebbe dire il contrario, nessuno alla morte di un caro potrebbe dire che con lui è cessato anche il nostro amore. Anzi la morte, il distacco, la sofferenza non solo non fa cessare l’amore ma lo rinvigorisce, perché le lacrime, sono la dimostrazione più lampante di quanto abbiamo amato.

Ma se Dio è Amore, allora la nostra vita trova senso in Dio. Cercare Dio, significa cercare l’amore, significa cercare un senso alla vita. Chi trova Dio, non ha trovato colui che mette fine alla sofferenza, al dolore, ma ha trovato colui che ne dona un senso. Quanto è dolce avere Dio per amico durante una sofferenza e una prova della vita. Ho avuto la grazia di poter assaporare l’amore di Dio nella sofferenza, e mai più ho toccato un così grande amore, quanto Dio me ne ha donato in quei momenti.

E’ un mistero a noi stessi, in quei momenti è come se ti trovassi in una guscio di una noce, piegato dalla sofferenza e dal dolore, ma è proprio in quella stretta, quasi mortale, che la noce trova tutto il calore, tutto l’amore necessario per poi rinascere a nuova vita in un albero.

Il mondo vuole trovare tutti i rimedi alla sofferenza, si moltiplicano i corsi che si fanno promotori dell’eliminazione della sofferenza. Ma sono in grado solamente per un certo periodo di alienarti dalla realtà, ma la verità è che dalla realtà non puoi fuggire. Se elimini la sofferenza, elimini la vita, ed eliminare la vita significa arrivare ad una “morte secunda” che va oltre quella del corpo, ed è quella dell’anima. Non scappiamo, cerchiamo, bussiamo, e troveremo l’Amore, troveremo un Padre che ci abbraccerà, ed in quell’abbraccio perderemo noi stessi, per diventare tutt’uno con Lui, tutt’uno con l’Amore che ridona vita, anche nella sofferenza e nella morte.

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FATEVI UN REGALO, ANZI “IL MIGLIOR REGALO” : IL PERDONO E’ AL CINEMA

IlMigliorRegaloCopertina

Ho avuto l’onore di poter guardare l’ultima creazione del regista Juan Manuel Cotelo, e il vostro meteorologo di coppia è rimasto fulminato.

IL MIGLIOR REGALO – Non è un film, è un dono, un dono che Cotelo ha voluto fare all’umanità, a tutti noi. Stiamo vivendo nel mondo, quella che Papa Francesco ha ribattezzato la “Terza guerra mondiale a pezzi”. Sui giornali e TV non facciamo altro che leggere di guerre, persecuzioni, stragi, vendette. La cronaca nera è sempre stampata in prima pagina: un papà uccide il proprio bambino, un fidanzato da fuoco alla sua ex, i cristiani sono perseguitati in ogni parte del mondo, a New York si festeggia per una legge che permetterà l’uccisione dei bambini al 9° mese di concepimento.

Le tenebre sembrano prendere il sopravvento sulla luce, l’odio sull’amore, la paura sulla speranza e il nostro cuore diventa sempre più pesante e amareggiato.

Cotelo ha detto “BASTA”! Non possiamo riportare solo notizie di morte e distruzione, è arrivato il momento di dar voce alla foresta silenziosa che ogni giorno cresce e dona a questo mondo nuovo ossigeno.

IL TRAILER 

QUANDO AL CINEMA? – In Italia è il 28 Febbraio che uscirà l’attesissimo film sui supereroi… No, non sono gli Avengers, questi di cui vi parlo sono veri supereroi in carne ed ossa, e la loro arma segreta è il PERDONO.

LE STORIE RACCONTATE – Un pugile lasciato dalla madre e picchiato dal padre; vittime di terrorismo, di guerre, di carneficine, come quella del Rwanda, di tradimenti, tutti hanno vinto i loro villains (per intenderci i cattivi dei fumetti Marvel) odio, rancore, vendetta, con l’arma del perdono.

Ma la storia che più mi ha toccato il cuore, e non solo perché sono il vostro meteorologo di coppia, è il perdono di un marito tradito. Una catechesi sull’amore e sulla coppia in carne ed ossa.

LA STORIA DI FRANCISCO E GABY – Francisco era felicemente sposato con sua moglie Gaby, la classica favola d’amore, mai un litigio, una discussione, tutto assolutamente perfetto, poi i primi problemi: la paura di affrontare la malattia del figlio, il marito assorbito dal lavoro, e lei che si sente sempre più messa da parte. La crisi è servita: Gaby ingannata da un mondo che le parlava di autodeterminazione, di una donna libera e disinibita, lascia la famiglia, i tre figli e scappa con l’amante…

Fin qui la classica storia di tradimento, divorzio e… vendetta del marito? No, Francisco contro tutti ha deciso di aspettare il suo ritorno. Ha pregato, apparecchiando ogni giorno la tavola anche per la sua dolce metà e credendo fermamente che un giorno Dio gli avrebbe permesso di riabbracciarla…

E dopo 5 anni, qualcosa è accaduto… Cosa? Beh questo vi consiglio di andare a vederlo al Cinema, ne rimarrete piacevolmente fulminati, come lo è rimasto il sottoscritto.

I TEMI TRATTATI SULLA COPPIA? Non sposarsi mai quando tutto è una favola o hai le farfalle nello stomaco; dialogo e duro lavoro nel fidanzamento; l’essenzialità della coppia composta da 1+1, e non di due metà che si reggono malamente uno sull’altro; il perdono reciproco e il non giudicare l’altro; infine la preghiera e la centralità di Dio nella vita di coppia, perché è Lui che ci fa accettare l’altro, è Lui che ci fa compiere scelte impossibili, proprio come quella di Francisco, nella totale fiducia di un Padre che compie prodigi.

COME VEDERLO? Se volete essere contagiati dal perdono, non aspettate altro e correte al Cinema, al seguente link potrete vedere se è in programmazione anche nella vostra città ➡ https://www.elmayorregalo.com/it/prossime-proiezioni/

PORTA IL PERDONO NELLA TUA CITTA’ – Se invece, come dice il regista alla fine del film, volete essere voi a fare la prima mossa e riscrivere il lieto fine, contattate la casa di produzione a questo link ➡ https://www.elmayorregalo.com/it/chiedilo-qui/. Ognuno di voi, come il sottoscritto, può portare il film nella propria città e far parte delle locomotive di Infinito+1: divulgatori di storie di speranza e di perdono.

La missione più difficile? Una famiglia santa!

Quello che noto ogni anno è che se si parla di missione in ambito laico o di Chiesa si pensa all’Africa o in generale ai paesi poveri. Ma se leggo il vangelo Gesù manda i suoi discepoli a evangelizzare nelle città e di casa in casa, a persone che di povero avevano poco. Ma allora Gesù sbagliava o siamo noi a intendere la missione tutta a modo nostro?

Attenzione come sempre voglio essere pungente nel mio commento, non sto dicendo che non è bene aiutare il povero, ma tenere in mente che per povero Gesù non ha mai specificato che fosse solo l’indigenza economica, ma qualsiasi tipo di povertà. E le povertà spirituali sono quelle più difficili da combattere.

Dove voglio arrivare? Ieri nella giornata mondiale della missione, ancora una volta si è dato risalto alla missione che combatte la povertà fisica/economica e ancora una volta poco o nulla si è parlato dei missionari delle nostre città.

Diceva Madre Teresa di Calcutta, e non io che son nulla, che la lebbra del mondo occidentale è la solitudine. In tante interviste ha ribadito che la povertà maggiore l’ha riscontrata nell’opulente occidente. Stiamo parlando di una povertà che non si vede o che peggio non vogliamo vedere. È la povertà di chi ha perso ogni speranza di una vita felice, soffocata dal consumismo e dalle “felicità” mondane. Una povertà che Chiara Amirante ha capito quando era solo una ragazza… È la povertà di dietro casa, quella silenziosa ma mortifera. La povertà dei giovani senza speranza, persi nel giro della droga. La povertà delle famigie martoriate dalla piaga dei divorzi, con genitori uno contro l’altro e figli lasciati alla deriva. La povertà di chi ha tutto, ma non ha nessuno. La piaga degli aborti, perché nella nostra solitudine non riusciamo più ad accogliere l’altro.

Sono povertà che se le combatti non ricevi applausi, ma tante volte fischi e sputi. Sono povertà di cui si evita di parlare per non risultare fuori corrente o fastidioso al mondo.

Padre Pancrazio, fondatore della fraternità di Betania, un giorno quando gli chiesero, del perché non aprire una comunità in paesi poveri, lui rispose che la missione più importante oggi è nel Centro-nord Europa.

Abbiamo travisato il concetto di missione evangelica, che per carità è sì anche quella verso i poveri economici, ma anche e soprattutto verso chi nell’anima sta vivendo povertà peggiori.

Iniziamo la nostra missione nelle nostre famiglie, nelle nostre case, nella nostra vita di coppia. Esse siano fucine di opere sante, di amore e accoglienza reciproca. Mostriamo al mondo la missione più coraggiosa di tutte, che oggi una famiglia può essere santa. Santa nella fedeltà, nell’accoglienza, nella preghiera. Mostriamo al mondo la gioia del matrimonio, del dono reciproco, del sacrificio.

Deafricanizziamoci, o meglio portiamo la gioia dei missionari africani (che Dio li benedica), nelle nostre famiglie. La missione oggi è qui, la missione oggi sta nell’esser santi qui.

Dio è morto e noi l’abbiamo ucciso…

Se entro in una parrocchia, ho la strana sensazione di entrare in una tomba. In tante nostre parrocchie Dio non è mai resuscitato, ma è perennemente in un sepolcro. L’abbiamo rinchiuso in un sarcofago e ce ne siamo dimenticati.

Dio è morto, diceva Nietzsche, e sono i cristiani ad averlo ucciso. L’hanno ucciso con i programmi, le regole, le direttive, gli orari. Se entri in una Chiesa la prima cosa che leggi è il biglietto degli avvisi, tutto così ben fatto e corredato di orari, da far invidia alle aziende della Silicon Valley. Quanto tempo nel redarre programmi e orari, così scrupolosamente perfetti. Quanto tempo nell’ideare i più fantasiosi progetti pastorali. Ma Dio, Dio dov’è finito?

A.A.A. CERCASI DIO

Siamo sprofondati in un ingranaggio infernale. Nella ricerca della pastorale perfetta, ci siamo dimenticati che tutto quello che dovevamo fare era applicare le semplici parole del Vangelo.

Ci siamo così concentrati sull’attirare l’altro, scordandoci che l’altro è li fuori che ci aspetta. Abbiamo rinchiuso Dio nel sepolcro delle nostre Chiese e abbiamo negato agli altri di poterlo conoscere.

SPALANCATE LE PORTE DEI SEPOLCRI

C’è un solo modo per resuscitare Gesù, fate rotolare le pietre dei sepolcri, e citando Giovanni Paolo II “aprite, anzi spalancate le porte a Cristo”. Bruciate i programmi pastorali, distruggete le catene che vi incatenano ai banchi delle parrocchie, fate rotolare le pietre dei vostri sepolcri, liberate lo Spirito Santo

Uscite dalle catacombe, annunciate Cristo alla gente, scendete nelle piazze, incontrate l’altro nelle periferie! Portate i feriti nelle Chiese, curateli con l’unguento dei sacramenti. Trasformiamo le parrocchie da aziende, dagli ingranaggi infernali, in ospedali da campo, sempre aperte e pronte ad accogliere il povero, la vedova, l’orfano, l’emarginato e tutti coloro che hanno perso ogni speranza e vivono nelle tenebre. Lì fuori c’è un mondo che aspetta Gesù, che aspetta Cristiani dal cuore aperto, pronti a perdonare, a non giudicare e farsi sinceramente prossimi a ogni Uomo e Donna, per restituire a tutti la dignità di figli di Dio.

Non perdiamo l’occasione di rinnovare la Chiesa, di restituirgli la freschezza dei primi anni, quando, ancora bambina, con la purezza e la sua semplicità, è riuscita a portare la Gioia di Cristo al mondo intero.

È in corso il sinodo dei giovani, si parlerà tanto di soluzioni, di idee… Ma forse la più grande delle idee è quella suggeriteci da Gesù: “Siate come bambini, perché di essi è il regno di Dio”

Come bambini, carichi di rinnovata speranza, andiamo per il mondo e annunciamo la Gioia di Cristo, annunciamo che dietro le nubi più nere c’è il sole della resurrezione. Abbiate coraggio fratelli, possiamo veramente cambiare le nostre comunità, se avremo il coraggio di recidere le catene che ci legano ai nostri preconcetti.

Che Dio ci benedica!

AMATI E SII LIBERO: PER QUESTO SEI AL MONDO!

Siamo così talmente schiavi di questo mondo, che non ci accorgiamo di avere le catene, che non ci accorgiamo della nostra condizione servile. Israele aveva perso Dio, ed era finito sotto l’incudine e il martello degli egiziani, eppure quando un uomo mandato da Dio è venuto a liberarli, il popolo ebraico amava ancora così tanto i vecchi padroni e desiderava la sua vecchia condizione, che nel deserto ha preferito, alla libertà di Dio (dopo tutti i prodigi da Lui realizzati), nuovamente la schiavitù degli egiziani.

L’Egitto non si era fermato a mettere le catene alle loro mani e i loro piedi, ma aveva incatenato i loro cuori. Il popolo di Israele aveva vissuto così tanto tempo in una condizione di precarietà e di schiavitù, che quando Dio gli ha fatto assaporare l’ebrezza della libertà, si sono talmente spaventati da voler nuovamente riabbracciare le loro catene e bramare i loro vecchi padroni.

Siamo schiavi…!?

Oggi la situazione non è così lontana dalla schiavitù egiziana: c’è la schiavitù dell’affermazione, del successo, del guadagno, del “fanno tutti così”, delle “tradizioni”. Siamo SCHIAVI ogni qual volta svendiamo la nostra dignità nel lavoro nero, nel lavoro sottopagato, nel lavoro “senza condizioni”. Siamo SCHIAVI ogni qual volta faremmo follie per quel ragazzo/a che ci tratta come uno zerbino, acconsentendo ad ogni suo capriccio e passione. Siamo SCHIAVI ogni volta che non siamo liberi di ESSERE NOI STESSI nella famiglia, nelle amicizie, nella società. Siamo SCHIAVI ogni volta che ci imponiamo dei paletti, perché la società vuole che ci comportiamo in un certo modo, vestiamo in un certo modo, ragioniamo in un certo modo.

La libertà è gratuita, il peccato lo paghi a caro prezzo.

Ho sentito dire da certi filosofi che chi pecca è veramente libero, ma non c’è libertà ogni volta che andiamo contro la bellezza e l’amore iscritto nel nostro cuore. Il peccato, una parola che fa paura o per alcuni è segno di arretratezza del pensiero cristiano, non è nient’altro che una nota stonata nell’armonia della creazione. Pensate al Valzer dei fiori nello “Schiaccianoci”, se improvvisamente qualcuno introducesse una nota diversa (tipo lo stridore delle unghie su una lavagna), anche l’orecchio meno allenato si indignerebbe.

Ecco il peccato sconvolge lo spartito della nostra vita, disarmonizza tutto quello che è venuto al mondo in modo armonico e bello. Nella libertà l’Uomo è in grado di scegliere di suonare il suo spartito (unico ed inimitabile) o decidere di cambiare le note e inserirne delle altre, che ne vanno a sconvolgere l’incredibile armonia.

Come dice Duns Scoto, Dio poteva obbligarci a scegliere il bene, ma non sarebbe stato lo stesso… perché chi è obbligato non ama, chi è libero invece è reso capace di amore, e quindi sceglie perché ama. E se ama non può che scegliere la strada dell’Amore e quindi del bene. Ecco perché è libero solamente colui che Ama. E per aiutarci a scegliere, ci ha dato l’esempio più semplice che un papà potesse dare, ha donato la vita per i suoi amici. E allora sappiamo di star scegliendo l’Amore vero, ogni qual volta ci conformiamo alla vita di Gesù, ogni qual volta le parole del Vangelo si fanno carne nel nostro quotidiano.

Mi auguro e vi auguro carissimi, con il Suo aiuto e quello della mamma celeste, di poter scegliere per questo grande Amore, perché solo così potremo dire veramente: MI AMO E SONO LIBERO.

Una coppia Orante è una coppia Amante

Come posso servire il mio fratello con amore, se io stesso ne sono sprovvisto? Come posso sopportare i difetti dei miei fratelli, se nessuno sopporta i miei? Come posso accogliere, se prima non mi sento accolto? Come posso Amare allora se prima non sono Amato?

E’ una bugia quella di credere che posso servire senza prima essere servito. L’Uomo non potrà mai fare il passo del sacrificarsi se prima qualcuno non si è sacrificato per lui.

Ecco per quale motivo Gesù non ha scelto di salvarci con qualche mirabolante effetto speciale, ma ha scelto la via della passione e della morte in Croce. Perché la povertà dell’Uomo l’esigeva, il suo bisogno di amore, di sentirsi amato sopra ogni cosa, di sentirsi servito, accolto, perdonato. Aveva bisogno di un Dio che spendesse tutto se stesso, la vita, i desideri, i suoi sogni, il suo sangue fino all’ultima stilla per amore dei suoi figli.

Non possiamo passare alla concretezza della carità se prima non passiamo attraverso l’elevazione della preghiera. Se prima non mi elevo, non ti elevi a quel Cristo morto per me e per te, non per tanti, ma per me e per te singolarmente, allora non possiamo servire, non possiamo amare, non possiamo accogliere, non possiamo perdonare.

E’ un illusione, un mero atto di orgoglio pensare di farlo, è la superbia di chi crede di riuscirci con le proprie forze, di chi si crede più buono degli altri, di chi pensa che tanto amare chi mi ama è facile, finché non viene messo nella condizione di amare il proprio nemico.

Nella coppia, l’atto di amore orizzontale, senza il passaggio verticale che ci eleva verso Dio, prima o poi porta alla “guerra fredda” (come l’ha definita Papa Francesco). E’ un illusione pensare di amare l’altro con tutti i difetti, mancanze, fragilità senza avere nulla in cambio. Riuscirò ad amare l’altro solamente quando comprenderò pienamente quanto Dio ama me.

Io amerò, quanto più mi sentirò amato da Dio; io mi sacrificherò, quanto più comprenderò il sacrificio di Dio per me; io perdonerò, quanto più capirò che Dio ha perdonato tutti i miei tradimenti, le mie debolezze, le mie miserie.

Ma questa comprensione non è immediata, passa dalla preghiera, dalla contemplazione giornaliera. Allora più pregherete con tutto voi stessi, più chiederete a Dio di farvi comprendere quanto ci ha amato, più amerete i vostri fratelli, più amerete la vostra dolce metà.

Ora dirò qualcosa che potrà scandalizzare i più, ma a volte qualche frase che ci scandalizza riesce meglio a farci capire l’importanza di quello che si vuole dire: “Dobbiamo passare più tempo a pregare che ad amare”. Non è la quantità delle nostre opere di carità, ma la qualità, che fa la differenza. Ho capito più dell’Amore di Cristo da uno sguardo che luccicava del suo Amore, che da anni di catechesi e di opere di carità. Dietro quello sguardo si nascondevano ore e ore passate nella preghiera. Che la nostra preghiera non sia fredda, ma che parta da un dialogo sincero con Dio, le parole non servono se in esse non ci metto il mio Cuore.

Quando il Cardinale Angelo Comastri (allora giovane prete) incontrò Madre Teresa di Calcutta, lei gli chiese: “Quante ore preghi al giorno?” lui un po’ imbarazzato rispose: “Messa giornaliera, breviario, rosario quotidiano” lei gli rispose: “Non basta figlio mio! Nell’Amore non si può vivere al minimo indispensabile. L’Amore esige il massimo!” lui quasi per giustificarsi ribadì: “Madre, da lei mi aspettavo che mi chiedesse: quanta carità fai?” e lei con volto serio e tono deciso: “E tu credi che potrei fare la carità, se non chiedessi ogni giorno a Gesù di riempire il mio cuore del suo amore? Credi che potrei andare per le strade a cercare i poveri se Gesù non comunicasse il fuoco del suo amore alla mia anima?” e soggiunse: “Leggi bene il Vangelo: Gesù per la preghiera sacrificava anche la carità. E sai perché? Per insegnarci che, senza Dio, siamo troppo poveri per aiutare i poveri”.

Scrive il Cardinal Sarah: “Ogni attività deve essere preceduta da un’intensa vita di preghiera, di contemplazione, di ricerca e di ascolto della volontà di Dio” e Giovanni Paolo II ebbe a dire nella sua lettera apostolica Novo Millennio Ineunte: “Il nostro è tempo di continuo movimento che giunge spesso fino all’agitazione, con facile rischio del fare per fare. Dobbiamo resistere a questa tentazione, cercando di essere prima che di fare”.

“Essere prima, che di fare” questa frase dobbiamo scolpirla nella nostra mente. Solo la preghiera e l’elevazione a Dio ci fa essere quello che siamo, altrimenti rimarremo sempre “troppo poveri, per servire i poveri”.

Se siete in coppia leggete la parola di Dio, e dopo averla letta condividete, alla luce dello Spirito Santo, ciò che essa via ha suscitato, è così che si cresce nell’amore vicendevole, che parte prima da un rapporto intimo con Dio. E’ così che diventerete una sola carne, quando non solo i corpi, ma anche lo Spirito inizierà a pregare a una sola voce. Una Chiesa orante è una Chiesa amante. La coppia è il primo embrione di questa Chiesa; Dio ha scelto una coppia per nascere nel mondo, non dimentichiamolo mai.

“La Teoria dell’Amore” – Il messaggio evangelico di Interstellar

L’altro giorno abbiamo passato una piacevole serata cinematografica: abbiamo visto “Interstellar”. La proposta è partita da Dora (la mia fidanzata), ma il sottoscritto (arrivato alla terza visione del film), non vedeva l’ora di rivederlo (lo so, sono paranoie da fisico).

Per molti potrà sembrare il solito film di fantascienza, ma non è così… Oltre ad avere alla base delle vere teorie di fisica della relatività e quantistica (con le quali tranquilli non vi annoierò), ha anche (forse inconsapevolmente) delle basi evangeliche che farebbero invidia ai migliori libri di teologia spirituale.

Il film è un inno all’Amore, alcuni l’hanno criticato non trovandoci l’accostamento tra Amore e Scienza, ma per gli “Storm Chaser” esperti non sarà mancato il riferimento a una “Teoria dell’Amore”. Farò un po’ di spoiler, ma cercherò di mantenermi sul vago per non rubare la sorpresa a chi ancora non ha visto il film.

La Terra è messa male, l’Uomo è alla ricerca di un altro Pianeta che possa accogliere l’umanità. La Ex NASA manda in esplorazione 12 dei più bravi astronauti (è un caso che ricorda proprio i 12 apostoli?), in una missione che si chiama “Lazzaro” – qui il riferimento è tutt’altro che casuale, anzi nel film viene ricordato proprio Lazzaro che viene resuscitato dai morti, per cui è una missione che si prefigge la resurrezione dell’Umanità in una nuova Terra (Wow).

Ma non finiscono qui le “casuali” interferenze evangeliche. Nel proseguo del film è evidente il passaggio che l’Uomo dovrà fare dalla sua fede cieca nella scienza e nella ragione (e quindi in se stesso), a fidarsi dell’istinto dell’Amore. Le scelte che verranno fatte nella cieca convinzione che la ragione e la scienza salvano, porteranno la missione quasi al fallimento, e solo l’importanza dell’Amore arriverà a far capire ai protagonisti che l’Uomo si salva, quando fa scelte di Amore, che significa, primo su tutti, sacrificarsi per i propri cari.

Dove la ragione e la scienza falliscono, l’Amore va “oltre” ed in una frase epica del film si dice “L’Amore trascende il tempo e lo spazio”, ma come non leggere in queste parole l’inno all’Amore di San Paolo? “L’Amore tutto vince, tutto copre, tutto crede, tutto sopporta, L’amore non avrà mai fine”. Anche se il tempo e lo spazio che conosciamo finiranno, l’Amore non avrà mai fine. E’ su questo che si regge la Speranza dell’Umanità.

Ma il film va ancora più a fondo e arriva a toccare profondità teologiche che ho i brividi solamente a citare. Parla di “cieli nuovi e terra nuova”. La Terra nuova che i protagonisti cercano è una Terra che “trascende il tempo e lo spazio”, ed è quasi evidente il riferimento alla “Gerusalemme celeste” che non si trova su questa Terra ma è quella dei cieli. Per arrivarci l’Uomo dovrà passare sotto il sacrificio di questa Terra destinata a diventare polvere (la terra difatti nel film sta diventando polvere), e per farlo dovrà capire cosa significa veramente Amare, dovrà sacrificare ciò che più di importante si ha al mondo. Il protagonista (Joseph Cooper) dovrà rinunciare all’affetto della figlia, la protagonista (Amelia Brand) invece a quella del padre e dell’uomo che ama. La seconda crederà inizialmente al piano B (di colonizzare la terra con nuovi embrioni), il primo invece si fiderà dei “calcoli scientifici” di uno dei più affermati “apostoli” inviati in uno dei pianeti potenziali, invece proprio “il novello giuda” (interpretato da Matt Damon) sarà la causa del quasi fallimento della missione.

La prima capirà che la nuova Terra non sarà popolata da persone X scelte in modo perfetto (riferimento all’Eugenetica), ma che la nuova Terra vedrà un’Umanità redenta, che dalla morte resusciterà a nuova Vita. Il secondo, attraverso il suo sacrificio, capirà che la ragione non ha il primato sull’Amore e che solamente le scelte fatte con Amore e sacrificio portano a risultati.

L’ultima parte è il succo di tutto il film. La salvezza del mondo intero è dipesa totalmente dal sacrificio di un Padre verso la propria figlia; come non vedere la scelta di Dio Padre che si è fatto Uomo, si è sacrificato ed è morto per noi, per donarci l’eternità? Gli ultimi dialoghi fanno commuovere, non perché sono un “tipo emotivo”, ma perché ricordano la storia dell’umanità, la più grande storia di Amore quella tra un Papà e i propri figli.

Infine, per i tempi che stiamo vivendo, a me piace vedere nella coppia di protagonisti il futuro dell’umanità. E’ dalla coppia, dalla famiglia, che questa umanità, che si è persa, resusciterà a nuova vita. Nel film inoltre troverete anche numerosi insegnamenti sulla “Vita di coppia”: umorismo, litigio, comprensione, accoglienza dei difetti dell’altro, perdono, ringraziamento, sacrificio…

Se non l’avete visto, o l’avete visto e non avete colto questo significato, vi consiglio di correre a vederlo, lo Spirito ispira a chiunque, e penso che abbia ispirato Nolan in una maniera veramente “misteriosa”…

Si può concepire uno Stato e una Chiesa lontani dalla gente?

LO STATO – Uno Stato non etico non è uno Stato sociale. Uno Stato sociale è uno Stato che attua “programmi e aspirazioni tendenti verso un miglioramento delle condizioni di vita della società e in special modo dei lavoratori”.
Senza un’etica morale nell’economia e nella politica si finisce in una “dittatura velata”, la “dittatura di una maggioranza”, peggio ancora se poi questa diventa una “dittatura della minoranza” (élite) VS quelle di una maggioranza (il popolo).
La democrazia non può prescindere da un legge morale ed etica che regoli le stesse leggi della società civile. Legge morale che va oltre le leggi di uno Stato, altrimenti non avrebbe neanche senso parlare di “Diritto internazionale”.
Uno Stato etico e quindi sociale, deve farsi carico delle classi più deboli della società, deve toccare con mano i problemi della gente e cercare di risolverli attuando una politica economica che sia mezzo di equità e solidarietà. Uno Stato etico e quindi sociale deve farsi garante di una legge che si conformi quando più possibile alla legge morale, perché non danneggi i diritti fondamentali dell’Uomo e della Comunità.
LA CHIESA – Una Chiesa che non si fa serva, che non si fa ultima tra gli ultimi, che non percorre le strade dell’Uomo, fino a toccare con esso le tenebre più profonde, non è più la Sposa di Cristo, ma diventa un organo istituzionale come tanti altri, una della tante ONG che operano nel panorama mondiale. Parlo per me stesso, membro di questa Chiesa, ma mi rivolgo anche e sopratutto a tutti coloro che sono stati chiamati in modo speciale a essere Pastori di questa Chiesa, perché da una grande grazia derivano grandi responsabilità.
Siamo battezzati e siamo membra di Cristo ogni qualvolta ci carichiamo delle Croci e non carichiamo di Croci l’Uomo. La Croce di Cristo non è solo un gingillo con cui ornare il nostro corpo, le nostre case o le nostre parrocchie, ma è segno di “contraddizione”. Ogni giorno alzandoci, dobbiamo guardarla e guardandola ci deve mettere in pesante discussione con noi stessi, deve contraddire tutte quelle parti di noi che ancora non si sono uniformate a Cristo.
La Chiesa deve camminare su quelle due tavole di legno, se vuole raggiungere la santità, e deve inchiodarsi e farsi inchiodare. Non può prescindere dalla Passione se vuole arrivare alla Resurrezione, ma è anche vero che non può passare attraverso la Passione se prima non si Trasfigura, se prima non si veste della veste di Cristo. Una Chiesa che prega molto si trasfigura, e trasfigurandosi riesce “con passione” a farsi ultima e serva di tutti, ed attraverso questi passaggi che si arriva alla “Gioia Piena” della Resurrezione.
E allora da oggi, anzi fin da ORA, abbandoniamo le nostre sicurezze, abbandoniamo la sicurezza delle nostre case, parrocchie e sacrestie, scendiamo in mezzo alle piazze, andiamo nelle periferie, andiamo a toccare con mano i problemi della gente, cerchiamo le loro ferite, curiamole con il balsamo che è Cristo nostro Signore, nostra Luce, Speranza delle genti. Carichiamoci dei pesi materiali, ma anche e soprattutto di quelli spirituali. La Croce non è solamente un peso materiale, ma è stato il peso dei nostri peccati, uniformarci a Cristo significa farsi carico di tutte le brutture e le sozzure che il peccato si diverte a infliggere nell’anima dell’Uomo.
E NON TEMIAMO, NON SIAMO SOLI, DIO E’ CON NOI, CREDIAMOCI VERAMENTE CON TUTTO NOI STESSI!

Si può essere felici?

Si può essere felici? Sì, se veramente lo vogliamo. Se ci lasciamo dietro: odio, rancori, paure. A volte è più facile rimanere nell’odio, nel rancore e nella paura che decidersi per la felicità. Ma Gesù è venuto a dirci:

«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena»

Quali sono le prerogative per la felicità?

“Rimanete nel mio amore”

L’Amore di Gesù per noi, sentirsi amati da Gesù. Gesù non avrebbe potuto mai sopportare la Croce, la sofferenza, la persecuzione e l’odio ingiusto dei suo nemici, i tradimenti e i rinnegamenti degli amici, se non avesse sentito questo Amore grande del Padre nei suoi confronti. Ecco perché l’Amore di Gesù non è il terzo incomodo della nostra vita, ma è l’essenziale, senza questo Amore nel nostro cuore, potremmo fare tutte le pratiche ascetiche, tutti le meditazioni trascendentali, ma rimarremmo con il nostro Io, e il nostro io ha un amore così piccolo piccolo che non ci basterebbe per sopportare tutto il resto.

“Osservate i miei comandamenti”

Anche Gesù ha osservato tutti i comandamenti del Padre, se non l’avesse fatto non avrebbe potuto amare in modo perfetto tutti gli amici e i nemici. Quali sono i comandamenti? Gesù ne ha dati due: “Ama Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze e amerai il prossimo tuo come te stesso”. Nel secondo sono compresi tutti gli altri comandamenti, se amo il prossimo ovviamente non lo posso uccidere, non lo invidio, non gli rubo nulla, non commetto atti impuri sfruttando la sua immagine o il suo corpo, ecc. Nel prossimo sta chiunque, sta tutta l’umanità dalla A alla Z, a volte ci prende di dire: “Amo quello, ma quell’altro proprio no, non ce la faccio proprio”, ma il prossimo mio è proprio quell’altro che non riesco a sopportare ed amare. E’ quello che Gesù mi dice di “amare come ami te stesso”.

A volte però e proprio difficile amare il nostro prossimo, ed è da li che nasce la nostra più grande infelicità. Amiamo il nostro prossimo, se il nostro prossimo ci approva in qualche cosa che facciamo/pensiamo, se ci capisce, se ci restituisce un favore; amiamo il nostro prossimo se il nostro prossimo non ci tradisce, se non ci insulta, se non ci perseguita, se non ci fa nessun tipo di male.

Davanti “ad ama il tuo prossimo come te stesso” noi mettiamo TANTI SE, ma così facendo alimentiamo il cuore di tanti piccoli o grandi rancori/odi, chiudendolo pian piano alla Gioia. Chiudendo il cuore al perdono, non sbattiamo solamente la porta in faccia a chi non ci ama, ma soprattutto sbattiamo la porta in faccia alla nostra felicità. Un cuore inquieto, pieno di rancore e odi non riesce ad accogliere la Gioia. A volte pensiamo al perdono solamente quando accadono grandi cose (terrorismo, omicidi, tradimenti…), ma il perdono è cosa di tutti i giorni, nelle piccole dinamiche quotidiane: la mia fidanzata si è arrabbiata con me e mi ha detto parole “non belle”; il mio collega a lavoro non ha fatto quello che doveva, facendomi fare il doppio del lavoro; in famiglia a volte sono proprio tutti insopportabili e nessuno mi capisce; gli amici si dimenticano di me, ecc. Tante piccole dinamiche, che se non le risolviamo alla fine della giornata, si accumulano nel nostro cuore, e ce ne accorgiamo solamente quando iniziano a “puzzare”.

La preghiera

Ma anche se capiamo questa dinamica del “più rancore, meno gioia”, ancora facciamo fatica a togliere quel SE davanti ad “ama il tuo prossimo come te stesso”. Perché? Perché da soli è tutto così difficile. Il nostro amore è troppo piccolo per far il passo del “perdono”, del “dimentica i torti subiti”, e allora la “paura” ci blocca e la mente si affolla di domande: “E’ umiliante per me scusarmi con la mia fidanzata? Penseranno che sono un debole se lascio andare quel torto subito? Le cose ormai vanno avanti da troppo tempo così, rideranno di me?

E allora per riuscirci dobbiamo ritornare al primo punto “Rimanete nel mio amore”. E come si fa rimanere nell’Amore di Gesù? Solamente pregando. Dobbiamo pregare tutte le volte che lo spiffero del rancore, dell’inimicizia, della fatica, entra dalla finestra socchiusa del cuore. Ancora di più, dobbiamo anticipare gli spifferi e pregare soprattutto quando fuori c’è calma di vento, perché la preghiera è il silicone che va a riempire ogni fessura della finestra del cuore, e così fronteggeremo la bufera nel modo giusto.

Ma cos’è la preghiera?

La preghiera è il rapporto personale che abbiamo con Gesù, se capiamo che da Gesù dipende tutta la nostra vita, allora la preghiera diventa la cena, il pranzo, la chiacchierata, la passeggiata che noi abbiamo con Gesù. Vi potrà aiutare a pregare se immaginate il rapporto con Gesù, lo stesso che avete con il vostro migliore amico, con la vostra fidanzata/moglie o con un familiare stretto. E’ un rapporto di amore che va alimentato continuamente e concretamente. Rosario, messa, adorazione, preghiere spontanee sono VERE solo e solamente SE abbiamo la percezione che Lui è li affianco in quel momento con noi. Scherzate con Gesù, ridete con Gesù, piangete con Gesù, arrabbiatevi con Gesù, abbiate un RAPPORTO VERO, non stereotipato, non finto, non freddo.

Se pian piano entreremo in quest’ottica, il nostro cuore sarà così pieno di Lui, che non avremo più bisogno di approvazioni, di doni, di considerazioni, pensieri e qualsiasi altra cosa che gli altri o il mondo intero ci potranno offrire, per essere felici. Sarà Lui a bastarci, sarà Lui il nostro tutto. Solo così: LA NOSTRA GIOIA SARA PIENA. Solo così saremo luce, grazia e balsamo per gli altri. Questa è la “perfetta letizia” di cui ci scrive San Francesco.

Tutto può l’Amore?

Siamo convinti veramente che l’Amore può tutto? Pongo questa domanda perché probabilmente non siamo veramente convinti di questo. O meglio potremmo esserlo a parole, ma nei fatti? Nei fatti no, no proprio… Sì, in effetti la vita è un’altra cosa…

Quando ci troviamo nei problemi di tutti i giorni, nelle difficoltà, nelle sofferenze, ci dimentichiamo delle nostre “certezze verbali”, vengono a cadere tutti i nostri costrutti logici. Eppure la frase “l’Amore tutto può” è estremamente vera. Se dovessimo abbassare il concetto di Amore all’amore umano, allora avremmo ragione a dubitare. Ma se l’Amore è quello di Dio, come possiamo dubitare? Come possiamo credere che Dio, infinito e onnipotente, più grande dell’Universo e delle leggi che lo regolano, Lui stesso Amore, non possa fare tutto, anche quello che noi neanche immaginiamo con la nostra infima mente?

Dubitiamo, il cristiano dubita. Ma neanche il dubbio per Dio è una barriera al suo Amore, lui può andare oltre le nostre barriere logiche. Ma come? L’unico vero nostro compito è lasciarci Amare. Amici Gesù ci è venuto a dare il comandamento più grande, il comandamento dell’Amore: “Amatevi gli uni gli altri, come io ho Amato voi”. PUNTO.

Non uccidere, non rubare, non commettere atti impuri, ecc. sono compresi in questo comandamento. Come posso rubare, uccidere, commettere atti impuri, ecc. se Amo come Dio ha Amato, me stesso e gli altri fratelli? Fino “a dare la vita per i propri amici”?

“Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio Amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo Amore” e ancora “Voi siete miei amici, se farete quello che io vi comando”.

Gesù non è venuto ad abolire i comandamenti, ma a darci un comandamento più grande che li racchiude tutti. E il suo comandamento è: “Amatevi gli uni gli altri, come io ho Amato voi”. Capite? Se noi amiamo noi stessi e gli altri, come Lui ci Ama, rimarremo nel suo Amore. E’ un cerchio che si apre con il comandamento dell’Amore e si chiude nuovamente nel Suo Amore. Il primo comandamento stesso è racchiuso in questo, perché come posso Amare, come Gesù Ama, se non Amo Dio, fonte stessa dell’Amore?

Posso anche rispettare tutti i comandamenti e tutte le prescrizioni della Chiesa, ma se le rispetto senza ricevere Amore da Dio e dare Amore agli altri, ho perso tutto, ho fatto un esercizio faticosissimo senza aver ricavato nulla. E’ come andare in palestra fare mille esercizi e farli in modo disordinato, senza l’ordine che ci ha dato l’istruttore: ci ho provato (perché sapete sono una persona molto testarda), mi sono ammazzato di fatica e l’istruttore mi ha detto: “Bravo Daniele, non ti è servito a niente”, immaginate la mia faccia.

Ma probabilmente potrebbe essere anche la nostra faccia davanti a Dio, quando diremo: “Dio ho rispettato tutte le leggi e le prescrizioni, dov’è il mio posto in Paradiso?” E Lui che ci dirà: “Bravissimo, non ti è servito a niente, se tutto questo non l’hai fatto osservando quello che Gesù ti ha comandato”.

Il Paradiso non ce lo guadagniamo a suon di punti fedeltà, non lo guadagniamo se siamo i più ligi rispettanti della legge (e nonostante tutto, la scrittura dice che il “giusto, pecca 7 volte al giorno”). Gesù ci dice: “Vado a prepararvi un posto”. Lui il posto c’è l’ha già preparato, è lì, dobbiamo solamente seguirlo, anche con tutta la sequela dei nostri peccati, fragilità, dubbi, ma se siamo convinti che lui è “la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo” allora, anche se la porta del Paradiso è stretta, quanto la cruna di un ago, Lui ci farà passare il cammello e tutta la carovana.

Amici non lasciamoci abbattere dalla nostra piccolezza, non ascoltate coloro che dicono che la Santità e il Paradiso è per pochi coraggiosi, per i migliori, quelli che ce la fanno di più… No! La Santità, il Paradiso è per tutti, soprattutto per i più miseri, per quelli che si sentono più lontani. Il buon ladrone, che di buono non aveva nulla, sapete qual è l’unica cosa che ha fatto? Si è lasciato Amare!

«Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno»

Quale dichiarazione di Amore più bella e sincera? Nessuno, neanche gli Apostoli, nel periodo passato insieme a Gesù, avevano fatto una dichiarazione di Amore così profonda. Un uomo che riconosce tutta la sua debolezza, ma riconosce che la grandezza di Dio, del Suo Amore è più grande di tutto quello che noi pensiamo di aver fatto. Quanto orgoglio c’è in noi, se poniamo il nostro peccato come ostacolo all’Amore di Gesù? Quanta poca fiducia nel Suo Amore, se pensiamo che il nostro peccato possa essere d’ostacolo a quel posto che lui ci ha riservato. Se avesse avuto la possibilità terrena, quel buon ladrone, son sicuro che avrebbe seguito Gesù e gli altri Apostoli e sarebbe diventato uno dei più grandi evangelizzatori. Eppure se ci pensiamo lo è stato, perché tutt’oggi, attraverso i Vangeli, continua a insegnarci quanto l’Amore di Dio è grande.

Lasciamoci Amare da Gesù, lasciamoci Abbracciare dal suo Amore misericordioso, non rinchiudiamolo in schemi, in preconcetti umani. Lui vuole solo Amarci, e attraverso questo Amore trasformare la nostra miseria, il nostro peccato, le nostre tenebre più buie, e fare di esse il più fulgido esempio della sua bontà di Padre. E così potremo cantare il Magnificat, e sentire le parole di Maria, vibrare nel nostro cuore. Perché Dio ha riconosciuto la “nullità” (dal greco “tapeínosis” ) della sua serva , e in quel tempio vuoto ha edificato la Sua casa, facendo “grandi cose”.

Coppie, amiamo Dio! E attraverso Dio amiamoci, come Lui ci ha amato. E come una sola carne, amiamo gli altri fratelli. Questa è la nostra missione. Questa è la nostra verità di Fede. Questa è la buona battaglia che Gesù ci dice di combattere. E allora arriveremo a dire come l’Apostolo Paolo: l’unico mio vanto è il Signore. Questo il nostro biglietto di sola andata per il Paradiso. Buon cammino!

SOGNATE E SIATE PAZZI, LI C’E IL SEGRETO DELLA FELICITA’

Sognare in questo periodo è da pazzi, ma sono i sognatori che hanno cambiato il mondo in tutte le epoche. Tutti mi parlando di concretezza, che i sognatori alla fine non concretizzano, che vedono le cose in modo diverso da quello che sono. E mi son chiesto ma un sognatore è un Uomo fuori dalla realtà, oppure riesce a cogliere sfumature della realtà che altri non riescono a cogliere?

Ci sono tipi e tipi di sogni, c’è chi sogna con la mente e chi sogna con il cuore. Il primo è un sognatore ad occhi chiusi, il secondo ad occhi aperti.

Che voglio dire?

Il primo guarda alla realtà e la trasforma a suo piacimento (edonista), e molte volte scappa da essa.

Il secondo riesce a sognare con gli occhi dell’Amore, ed è colui che non trasforma la realtà (per quanto cruda possa essere) per far piacere a se stesso, ma riesce a scendere nelle profondità, cogliendo la verità delle cose.

Nel piccolo principe una frase trita e ritrita è “L’essenziale è invisibile agli occhi”, tutti la scrivono, tutti ne parlano, ma questo essenziale invisibile agli occhi, come può diventare visibile? Solo e solamente con gli occhi dell’Amore, con gli occhi di colui che sogna con il cuore!

Sognare con il cuore significa riuscire a trovare gioia nella sofferenza, ricchezza nella povertà, forza nella fragilità, resurrezione nella Croce. Se fossimo concreti dovremmo vedere Gesù sulla Croce come un povero pazzo che si è fatto crocifiggere morendo inutilmente, ma con gli occhi dell’Amore vediamo un Dio che è morto ed è risorto per salvarci!

E’ bello oggi vedere San Francesco ed elogiarlo per la sua scelta di vita, ma quanti di noi sarebbero disposti veramente a seguire la sua scelta, ma veramente vogliamo abbracciare la povertà? “Sì San Francesco era una bella figura, erano tempi diversi, ora dobbiamo essere più concreti…” E ci diciamo tante bugie sfuggendo dalla VERA realtà delle cose.

Se dobbiamo essere onesti con noi stessi, dobbiamo dire che San Francesco, così come tanti santi, concretamente sono stati dei pazzi sognatori. Hanno creduto che l’Amore potesse vincere le guerre, ma chi vogliamo prendere in giro, chi ci crede VERAMENTE che l’Amore può fermare una possibile terza Guerra Mondiale? Hanno creduto che la Provvidenza potesse supplire alla loro povertà, ma chi vogliamo prendere in giro? Chi di noi crede veramente che Dio riuscirà a supplire alla crisi economica, al lavoro che manca, alla crisi delle famiglie… E allora li partiamo con tanti discorsi di Geopolitica o di Economia, perché “DOBBIAMO ESSERE CONCRETI”

Ma abbiamo sbagliato tutto, ma proprio tutto! Il nostro Dio è un Dio dell’impossibile, che fa sorgere il sole e gli astri nel cielo, che tramuta la notte in giorno, che smuove la terra e tutto ciò che è su di essa con un solo suo cenno. E’ un Dio che guarda il mondo e non si sofferma alla realtà peccatrice, ma  scava nel cuore di ognuno di noi, per poter far emergere quel seme divino che sin dall’inizio dei tempi ha piantato in noi!

Vogliamo essere santi (che potrei tradurre con: vogliamo essere felici)? Dobbiamo fare un atto di fede! Dobbiamo andare oltre la concretezza dei nostri occhi, dobbiamo sognare, sognare che il nostro Salvatore può tutto, che i nostri desideri di felicità più intimi si realizzeranno, perché a Lui nulla è impossibile. Se scrivo queste parole oggi è perché più che mai le sento vibrare nel mio cuore… Amici volete sapere una cosa? San Francesco non era un pazzo, ma aveva capito tutto dalla vita, quello di non capire nulla. Se vogliamo incontrare Gesù se vogliamo essere santi (in qualsiasi condizione di vita a cui Dio ci chiama) lasciamo le nostre sicurezze, le nostre concretezze e abbandoniamoci in questo Amore Grande che Dio ci chiama a vivere. Non temete, il mondo vi prenderà per pazzi, ma se è il pegno da pagare per essere felici, paghiamolo con riconoscenza!

Per portare molto frutto, dobbiamo scendere nel profondo delle relazioni!

Leggendo il Vangelo del seme di senapa e del lievito, il Signore si rifà a cose del quotidiano per spiegare cose molto più grandi, come il regno dei cieli. Per cui oggi vi voglio raccontare un piccolo racconto di vita quotidiana, dal quale ho tratto un prezioso insegnamento:

Qualche giorno fa sono andato a raccogliere delle pere in campagna, arrivato all’albero, ho notato alcune pere cadute, altre  ancora sull’albero ma pronte a cadere, altre ancora acerbe.

Con molta diligenza abbiamo iniziato a raccogliere prima le pere cadute, scartando ormai quelle troppo guaste, poi siamo passati sui rami dell’albero, e siccome il sole stava per tramontare, abbiamo raccolto mature e non mature, buone e non buone. Il tutto l’abbiamo messo nelle cassette e portato a casa.

Poi qualche giorno dopo sono andato giù in cantina e ho deciso di fare una cernita: ho preso tutte quelle più mature, quelle che stavano marcendo e quelle totalmente marce e le ho messe in un cestino.

Dopodiché in cucina ho diviso ulteriormente: quelle completamente marce (poche per fortuna) le ho buttate, quella non completamente le ho tenute, per poterle pulire. Quando mio padre ha visto la frutta mi ha detto: “che lavori a fare, sono tutte da buttare”.

Invece non mi sono perso d’animo e mi sono messo a pulire meticolosamente e pazientemente: ho trovato uno o due che erano ancora belle esteriormente ma marce dentro e ho dovute buttare anche queste; poi c’erano quelle con il verme dentro, ho dovuto scavarle all’interno per togliere il verme e il marciume e salvare la parte buona; c’erano poi quelle che si erano ammaccate cadendo e una parte era completamente marcia, tagliata quella ho salvato il resto; poi c’erano quelle vecchie e raggrinzite che pensavo fossero da buttare e invece internamente erano ancora molto buone.

Tutta la parte buona l’ho messa in una scodella e sopra ci ho spremuto del limone per non permettere che la polpa diventasse nera, il torso, che non serve, e la parte marcia l’ho buttata.

Mio padre è tornato e si è meravigliato di quanta polpa ero riuscito a recuperare da pere che aveva definito: “ormai spacciate”. Ho deciso di fare un buon dolce alle pere che farà felice la mia famiglia.

Ora vi chiederete cosa significa tutto questo racconto? La vita quotidiana ci viene molte volte in aiuto nello spiegare qualcosa di più complicato:

Le pere siamo noi, l’albero la nostra famiglia, una volta maturi ci stacchiamo da essa. E’ importante staccarsi dalla famiglia quando maturiamo, per poi iniziare un percorso personale che ci porterà a realizzare un nostro progetto di vita (la torta). Se non riusciamo a staccarci in tempo, saremo preda degli uccelli e delle intemperie e finiremo per marcire sull’albero, oppure, cadendo troppo tardi, marcire nel terreno. E’ importante che, quando un giovane matura, ci siano pastori e uomini di buona volontà pronti a guidarli, altrimenti rischiano di corrompersi e marcire.

Non sempre però maturiamo all’interno delle nostre famiglie. A causa di molte vicende della vita, ci stacchiamo o veniamo staccati prima, ma Dio diligentemente ci prepara una via (la frutta continua a maturare nelle cassette).

Ma non finisce qui… Una volta matura la frutta deve servire a qualcosa, se rimane ferma a lungo, finisce per marcire nelle cassette.  E’ importante per cui, che una volta staccati dalla propria famiglia, troviamo la nostra strada, che può essere il matrimonio o la consacrazione. Rimanere fermi senza decidere della propria vita, significa marcire, e nel giorno in cui Gesù verrà a chiamarci, lui farà la cernita tra la frutta cattiva e la frutta buona.

Ma Gesù è un Dio buono e misericordioso, pronto a salvare il salvabile, e lo stesso dobbiamo essere noi con i nostri fratelli, cercare di vedere il buono anche lì dove è veramente difficile vederlo, altrimenti faremmo come mio padre con la frutta, e butteremmo il buono con il cattivo. E se vogliamo recuperare veramente tutto quello che è possibile serve: impegno, costanza e pazienza.

I vermi stanno a significare le schiavitù del mondo, che una volta all’interno hanno lasciato la frutta intatta esternamente, ma all’interno hanno scavato rendendo la polpa marcia. Quante volte mi è capitato di conoscere giovani bellissimi esteriormente, con una vita “così perfetta”, ma che nascondevano scheletri nell’armadio. Stiamo attenti per cui a non essere mai superficiali con i nostri fratelli, così come non lo è Dio con noi. Lui stringe relazioni profonde, che vanno a toccare le tenebre del nostro cuore per salvare quello che di buono il mondo non è riuscito ancora a corrompere.

A volte mi è anche capitato di trovare giovani terribilmente feriti, come anche io lo sono stato in passato. La parte marcia sta a significare una ferita, una caduta, che inizialmente aveva creato una piccola lesione, ma che a lungo andare ha portato una parte della propria vita a marcire. Dio con pazienza riesce togliere il marcio e riesce a riportare alla luce tutta la parte buona, che a volte è più di quello che un giovane ferito può pensare (infatti sono riuscito a salvare più polpa dalle pere ferite, che da quelle intaccate dal verme).

Una volta salvato quello che si poteva il resto è stato gettato. Dio è misericordioso, lenisce le nostre ferite, ci guarisce, e riporta a nuova vita il bene che in noi, solo e solamente se noi glielo permettiamo. Una delle tentazioni più grandi dell’evangelizzazione è di voler raggiungere tutti, ma non tutti vogliono essere raggiunti.

Il limone messo sulla polpa buona, serve a non farla annerire, ed è per questo che una volta che Gesù ci ha salvati dalle nostre ferite, cadute, schiavitù, dobbiamo difenderci con le armi della preghiera e dei sacramenti, altrimenti marcirebbe nuovamente tutto. Dopodiché dobbiamo far fruttificare la nostra vita, portando la gioia di aver incontrato il Signore agli altri, e questo è il significato della torta (P.s. la torta è piaciuta molto, per cui obiettivo raggiunto!)

Dov’è il mio posto?

Dov’è il mio posto? Proprio quello dove sei! Ogni giorno il nostro posto è accanto alle persone che amiamo e a quelle che amiamo meno, anche quelle proprio che non digeriamo. Il nostro posto, la nostra missione è nel quotidiano. Gesù era Dio, il suo posto era il trono dell’Onnipotente, il suo regno il Cielo, eppure ha accettato il suo posto. Ha accettato una grotta e una mangiatoia per nascere, quando lui era un Re e poteva avere tutto; ha accettato di sottostare per trent’anni della sua vita a due genitori, che si meravigliano loro stessi delle sue domande, quando era Lui Padre; ha accettato di essere giudicato, quando Lui era Giudice; ha accettato di essere condannato, deriso e umiliato da un potere effimero, quando Lui era l’Onnipotente. Ha accettato la morte in Croce, quando era Lui il Vincitore della morte.

A volte siamo portati a pensare che forse abbiamo tanti doni, che forse potremo servire ad altro, in altri posti, che le persone che ci circondano non ci meritano, ma il Signore dice che noi serviamo proprio lì dove ci ha messi. Madre Teresa con il suo Amore avrebbe forse fatto tanto bene in tanti posti di potere, ma lei ha servito il Signore proprio lì dove l’ha messa. E così tanti altri santi. Accogliamo con gioia dove Dio ci mette, è lì che dobbiamo mostrare la sua grandezza.

Non cerchiamo cose grandi, quando non siamo grandi nel piccolo. La costruzione della Chiesa è partita da poveri pescatori, da persone che nessuno avrebbe scelto per fondare neanche il comitato di classe. Se siete poveri, ignoranti, peccatori allora Gesù è venuto per fare cose grandi nella vostra Vita.

Se non vi sceglie per posti privilegiati, ma per essere servi ultimi, allora siete nel posto migliore, siete dove Lui è stato duemila anni prima. Se siete derisi e umiliati, se siete osteggiati e traditi, allora gioite ed esultate perché vi sta facendo dono di Se stesso. Se vi scartano, vi mettono da parte, anche nella Chiesa, ricordate che Lui è stato scartato e messo da parte da tutti i più saggi ed eruditi del tempo.

Se un giorno sarete in posti terreni più alti, scendete da essi e ponetevi come ultimi. Un buon capo è colui che gestisce il grande, preoccupandosi del piccolo. E’ colui che cura i dettagli, le relazioni con i piccoli, per poter servire al meglio nelle cose più grandi. Perché la grandezza si nasconderà sempre nei piccoli, negli umili e nei poveri: è in loro che si cela la sapienza di Dio. Lui si è fatto piccolo per mostrare la sua grandezza, povero per mostrare la sua ricchezza, umile per mostrare la sua sapienza.

Se state facendo discernimento, se volete capire Gesù cosa vi chiama ad essere, se la persona al vostro fianco è quella giusta, non è in questo articolo che troverete una risposta! Posso solamente dire che Gesù la strada l’ha già tracciata: “Ama il prossimo come te stesso, e seguimi perché sono la via, la verità e la vita”. Senza accorgervene la strada la starete già percorrendo, e alla fine di questo percorso avrete trovato voi stessi.

Mi è capitato in passato, nei convegni che organizzavo, di perdere l’attenzione per il quotidiano. Le cose che facevo erano belle e sante, però perdevo i dettagli. Invece nell’ultimo anno ho riscoperto quella attenzione per le piccole cose: un sorriso mentre guido nel traffico, l’ascoltare un amico, l’attenzione per le piccole problematiche di coppia (le donne hanno il potere della moltiplicazione… anche dei problemi), la preziosità dei silenzi, l’accorgermi delle tante “carezze di Dio” durante la giornata. Ed è qui che pian piano Dio mi sta dando il dono di riconoscerlo (perché non si smette mai di conoscerlo nuovamente). Non so dove vado, ma so che sarà Lui a guidarmi, se avrò l’attenzione di ascoltarlo e di vederlo nelle cose di tutti i giorni.

Non temere: seguilo così come sei, spogliandoti di quello che hai!

Siamo abituati a pensare, a volte, da retaggi culturali o per errati consigli o ancora per nostri pensieri sbagliati in merito, che per seguire Gesù bisogna prima entrare in un esclusivo Fan club. Nulla di più errato, Gesù dice di seguirlo ORA, così come siamo: lascia quello che stai facendo, lascia quello che pensi sul tuo conto o quello che gli altri pensano sul tuo o ancora quello che tu pensi su Gesù, vai e seguilo!

Seguilo con le tue fragilità, con le tue cadute, con le tue paure, con i tuoi dubbi. Non aspettare di chiamarlo Rabbi/Maestro, lo chiamavano anche i farisei, eppure non l’hanno mai seguito. Si può seguire qualcuno strisciando, zoppicando, camminando. Non potrai però mai seguire qualcuno se rimani fermo.

Sentivo qualche giorno fa, da una catechesi di Don Fabio Rosini: “Rimane fermo colui sul quale agiscono più forze”. E faceva anche alcune similitudini. In fisica ad esempio un oggetto è fermo, perché su di lui agiscono due o più forze pari e contrarie. Un oggetto su un tavolo è fermo, perché su di lui agisce la forza peso (forza gravitazionale) e la forza vincolante del tavolo, entrambe si annullano e lo spostamento è pari a zero. Un altro esempio è quello del tiro alla fune, si rimane completamente fermi, quando le forze da una parte e dall’altra si equiparano.

Ora immaginate la nostra vita come un tiro alla fune, e in mezzo alla fune ci fossimo noi, e le forze che ci tirano da una parte e dall’altra sono il lavoro, lo studio, la famiglia, le relazioni, qualsiasi obiettivo che ci siamo prefissati. Più siamo legati a tutto, più siamo ricchi, più non riusciamo a muoverci, perché tutte queste forze saranno pari e contrarie. Per muoverci dobbiamo lasciare andar via un po’ di zavorra. Immaginiamo anche alla mongolfiera, quando spicca il volo? Quando lascia un po’ di zavorra a terra, e li pian piano inizia a librarsi verso il cielo.

Sempre Don Fabio Rosini diceva, che il peggior nemico del consiglio, del discernimento è l’avidità. Più siamo avidi, più vogliamo tenere tutto, più quel tutto ci soffoca, e ci tiene immobili dove siamo. Per spiccare il volo dobbiamo iniziare ad abbandonare qualcosa.

Magari dobbiamo abbandonare il lavoro che facevamo, ma che forse ci soffocava, non ci portava serenità nella vita; forse quello studio, al quale eravamo affezionati, perché il mondo ci dice che “la carta” è importante; oppure quella relazione, alla quale siamo legati, perché ci portava sicurezza, stabilità e quindi immobilismo. Ovviamente da domani non è che lasciamo tutto e diventiamo novelli San Francesco, non sto dicendo questo, anche perché la scelta di San Francesco non è legata alla povertà in se, San Francesco poteva rimanere ricco e seguire Gesù, la sua scelta radicale è un esempio. Lui non ha lasciato solamente tutto ciò che era materiale, ma si è spogliato prima di se stesso. La ricchezza di cui ci parla il vangelo non è solo quella materiale, ma quella a cui noi diamo un’importanza tale, da sostituire Dio nella nostra vita. Possiamo essere ricchi anche possedendo una sola penna, oppure possedendo una relazione, o anche un progetto buono: quella penna, quella relazione, quel progetto diventeranno il nostro Dio!

Se ad esempio io fossi più legato alla mia dolce metà, la possederei, diventerebbe il mio Dio, ma Gesù dice lascia tutto e seguimi, non perché se vengo chiamato al matrimonio, debbo lasciare Dora per seguire Gesù, ma perché Gesù mi dice di lasciare Dora a Lui. In un rapporto costante, in cui io mi spoglio dei doni che Dio mi fa (anche la nostra dolce metà, i nostri figli, le relazioni sono dono), posso vivere un rapporto sempre più sincero e vero con l’Altro e con gli altri.

In questo rapporto mettiamoci veramente di tutto. Ad esempio, per una sacerdote può essere la gestione di una parrocchia, tanto vuole che vada tutto così bene, che inizia a possedere la parrocchia, le relazioni con i parrocchiani si assottigliano, diventa un amministratore di un’azienda, in cui viene a mancare il contatto. Oppure un progetto buono e santo, può diventare motivo di possesso, per esempio per me può essere il libro “Meteo di Coppia”, tanto voglio portare questa storia di Speranza agli altri, che inizio a possedere il dono di cui Dio mi ha fatto, e non riesco più a vedere alle relazioni che instauro attraverso questo dono, inizierei quindi a possedere il dono, e non rimetterlo ogni giorno nelle mani di Gesù.

Diceva un santo che se un progetto viene da Dio o Dio vuole che lo porti avanti, ogni giorno chiedigli di distruggerlo, oppure che quel progetto lo porti avanti un altro. Se nel tuo cuore hai qualche tipo di resistenza nel fare questa preghiera, allora chiedi a Dio di liberarti da questa paura del possesso. Ogni tipo di possesso è sempre legato a una paura di voler lasciare andare… Erroneamente possiamo pensare di esserci guadagnato quel qualcosa, con la fatica e con il sudore, che a primo acchito può pur sembrare, ma che se ritorniamo indietro, e vediamo tutte le Dio-incidenze, capiamo che è stato tutto dono. Ma non scoraggiatevi se avete paura, perché anche io ogni giorno ho paura, ma ogni giorno Gesù mi viene a liberare da esse, perché possa sempre più fidarmi della sua guida premurosa di Padre.

Infine anche il peccato può diventare motivo di immobilismo, la paura di seguire perché non siamo degni, una cosa che ho pensato tante volte: “Signore cado troppe volte, non riesco a seguirti” e lui veramente, con una santa pazienza, che mi ripeteva: “Se cadi è perché mi segui, chi è fermo non rischia di cadere”.

Dietro le tempeste a volte si cela l’arcobaleno

Scrivevo tempo fa che bisogna avere il coraggio di mostrarsi fragili, perché è nella fragilità che il Signore mostra la sua potenza. E rincaro dicendovi che neanche dobbiamo scoraggiarci se a volte proviamo paura davanti alle prove della vita, il Signore non solo ci ha donato la fortezza nella nostra fragilità, ma anche il coraggio nella nostra paura. Durante la tempesta, Pietro e gli apostoli si mostrano fragili, ma Gesù dona a Pietro la forza per affrontare il mare in tempesta. Nonostante la forza della fede, che riesce addirittura a farlo camminare sulle acque, Pietro teme e inizia ad affondare, ma non si scoraggia, e ancora chiede aiuto: “Signore salvami”, e Gesù ancora una volta gli offre la sua mano.

Il Signore conosce le nostre fragilità e le nostre paure, e durante le tempeste ci viene incontro, camminando su di esse, per mostrarci che le tempeste, le onde, le dobbiamo cavalcare, dobbiamo sfruttarle per il nostro cammino. E se in quel cammino affondiamo, presi dalle nostre paure, non dobbiamo temere, perché c’è sempre Lui a prenderci per mano.

Tante volte vediamo i santi come monoliti senza fragilità e paure, ma sono sicuro che loro non sono stati da meno di Pietro. Tante volte saranno caduti nelle loro fragilità e tante volte avranno temuto di affondare. Non sono santi per la loro incrollabile fede, ma perché nonostante la fede scricchiolasse, si sono fidati della mano salvifica di Cristo. Hanno sempre chiesto aiuto nelle difficoltà, hanno sempre implorato misericordia nelle cadute. Hanno compreso che i bisognosi, i beati del Vangelo, sono coloro che, spogliati dei loro vestiti, messi a nudo nelle loro fragilità e paure, elemosinano Gesù.

La santità è un cammino fatto di cadute, di paure, di prove, chi segue Cristo non è esente. Le tempeste accrescono la nostra umiltà e la nostra fede in Cristo, se sappiamo nel momento di maggior prova, aggrapparci a Lui.

Vorrei raccontarvi un fatto accadutomi, senza il quale oggi la mia vita sarebbe diversa. Era un Settembre di un paio di anni fa, la mia ex fidanzata mi aveva appena lasciato, e a distanza di qualche mese dovevo tornare a Roma per un esame, dopo aver lasciato tutto (amici, lavoro, studio, l’amore). Ero distrutto dal punto di vista emotivo, e i miei pensieri, prima della partenza, balenavano alla storia di amore appena conclusa. Ricalcare quei posti, dove ero stato felice con lei, mi faceva impazzire. Nonostante il Signore mi offrisse la forza per ricominciare, avevo tanta paura. Il giorno prima di partire, dissi a mia madre: “Non ce la faccio, mi sembra di impazzire, rinuncio ad andare”.

La mattina della partenza, feci una preghiera al Signore: “Gesù se tu vuoi che vada a Roma, manda un angelo a prendermi”. Arrivato al Pullman, preso da una forte paura, dissi a mia madre di andarsene. Stavo per stracciare il biglietto, quando una Signora mi bussò all’improvviso al finestrino. Trasalii, abbassai il finestrino e chiesi cosa fosse successo, la Signora mi disse se gentilmente potevo portare un pacco alla figlia a Roma. In quel momento, preso alla sprovvista, le dissi Sì, e senza rendermi conto scesi dalla macchina, caricai la mia valigia e il suo pacco, e poi salii sul Pullman. Ero sconvolto e piangevo, stavo malissimo, avevo una paura matta di andare…. poi mi ritornò la preghiera del mattino… e capii, capii che il Signore mi aveva risposto, e mi aveva mandato il suo angelo!

Mi fidai e andai a Roma, feci l’esame, passai lo scritto, ma non l’orale, dove feci scena muta tanto stavo male, non riuscivo a pronunciare una sola parola. Presi il bus di ritorno, per andare alla casa del mio amico, e li persi tutta la borsa con gli appunti dell’esame. I pensieri di Agnese continuavano a balenarmi nella testa, e ancora una volta implorai il Signore di aiutarmi e di mostrarmi la sua via, di mostrarmi dove potessi essere più utile nella sua Chiesa. E sentii nel cuore: “Vieni da me Daniele e ti indicherò la strada”, non me lo feci ripetere due volte e mi fiondai nella Chiesa del mio Padre Spirituale, Don Elio. Arrivato in Chiesa trovai, Don Elio e altri giovani che facevano adorazione, mi fermai a pregare. Finita l’adorazione stavo meglio e stavo per andarmene a casa, quando il Don mi fermò chiedendomi se volessi rimanere per una pizza, perché voleva mostrarci una cosa. Io stavo ancora scosso ed ero stanco per la giornata, e gli dissi che volevo tornare a casa a dormire. Chiamai il mio amico, dove alloggiavo, ma lui mi rispose che il mezzo aveva fatto ritardo e che sarebbe tornato più tardi (a posteriori posso dire che siano benedetti i mezzi di Roma e i loro ritardi, forse sono l’unico al mondo a ringraziarli). Non sapendo cosa altro fare, accettai l’invito. Don Elio ci mostrò un nuovo metodo di evangelizzazione: “Il metodo Alpha”. Vi dico solamente che mi innamorai di questo nuovo metodo, e mi feci tutte le cene a Roma (si tratta infatti di dieci cene con talk e discussione, per parlare di Gesù a tutti, in modo semplice e leggero). Per farvi capire quanto mi aveva preso questo metodo, che per fare le cene a volte andavo e ritornavo da Roma a Bari nello stesso giorno (12 ore di viaggio).

Perché vi racconto tutto questo? Perché senza questo metodo non avrei mai conosciuto la ragazza della mia vita. Lei, Dora, la conobbi nel viaggio che feci a Londra, dove ci fu il raduno mondiale di tutti coloro che si occupano nei vari Paesi di Alpha. Ma questa è un’altra storia…

Se un giorno avrete paura e vi sentirete fragili, non scoraggiatevi, la paura e la fragilità fa parte di noi, ma il Signore è venuto a vincere le nostre fragilità e a renderci uomini coraggiosi. Confidate in Lui, e chiedete il suo aiuto, non ve lo negherà mai! E’ chissà che dietro le tempeste non si celi un bellissimo arcobaleno…

I puri di cuore vedranno Dio

“Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno”. Quanti uomini e donne, anche oggi, dicono di seguire Gesù, che sono ligi alla sua legge e che “percorrono il mare e la terra per fare un solo proselito”, ma che poi, di tutto quello che insegnano, non solamente non lo mettono in pratica, ma lo trasformano in coltelli affilati per i loro fratelli.

Santa Faustina nel suo Diario scrisse che proprio le persone che più gli stavano vicino, e che dicevano di aiutarla e di volerle bene, poi finivano per fargli il male maggiore, ostacolandola in tutto quello che facesse.

E’ questa gente che dobbiamo temere di più, persone che vanno da un capo all’altro del mondo testimoniando l’amore e il perdono di Gesù, ma facendolo pesare sulle spalle della gente, non come segno di grazia, ma come decisione delle loro vite. Come se essi fossero migliori in qualche modo ad amare e perdonare. Sono i moderni farisei, che non hanno più le mille usanze del popolo ebraico, ma che usano le parole di Gesù, come se ne fossero portatori integri. Se vogliamo testimoniare la parola di Gesù, mostriamo al mondo prima le nostre debolezze, le nostre difficoltà nel seguirlo, le nostre cadute nel cercare di amare, perdonare, di essere casti, miti e umili di cuore. Mostriamo agli altri che seguire Gesù è un cammino fatto di cadute, di tentazioni, di fragilità e prove, ma che con lui è possibile camminare.

Invece tantissime volte nelle nostre Chiese vedo tante persone sicure di se, che dicono di aver conosciuto Gesù e di seguire la sua parola, che perdonare è la cosa più semplice di questo mondo, che essere casti è come bere un bicchier d’acqua, o che amare i nostri nemici è la cosa più ovvia.

Gesù è molto forte con chi predica questa religione dell’ovvietà, dove tutto è semplice, e quindi tu che non lo fai ti devi sentire la merda più immonda, perché non sei ancora in grado di farlo. Gesù li chiama:” Serpenti, razze di vipere” e dice “come potrete scampare alla condanna dell’Inferno”.

Non siamo su questa terra, perché dopo aver conosciuto Gesù, passassimo di casa in casa ad appioppare pesi sulle spalle della gente, che ferita da questo mondo, non è in grado di reggere tali pesi. Saremmo i caini dei nostri fratelli, saremmo quei servitori a cui Dio ha condonato tanto, ma che poi vanno dai loro fratelli a chiedere molto di più di quello che chiederemmo a noi stessi.

Il Vangelo non è ovvio, non è ragionevole, ma è tremendamente difficile e irragionevole, ma nella difficoltà del seguirlo, Gesù ci dona tutto quello di cui abbiamo bisogno per poterlo comprendere attraverso le nostre vite.

Quindi andiamo a testimoniare che Dio ci ama, anche se noi non riusciamo ancora ad amare, che ci rende casti anche se non riusciamo ancora a vivere la castità pienamente, che ci perdona, nonostante tante volte non riusciamo a perdonare i nostri fratelli. E’ un Padre che vede i cuori, e ci dice che chi sarà puro nel suo cuore, lo vedrà. Puro non è colui che non pecca, ma colui che cerca. Cerca, nonostante le sue cadute e fragilità, nonostante le difficoltà che riscontra, di seguirLo. Puro è colui che tenta, ma non ci riesce, ma prega affinché Gesù lo aiuti a riuscire. Il ladrone sulla Croce è stato salvato perché nel suo cuore era un puro, ha riconosciuto che la salvezza non dipende da quello che abbiamo fatto nella nostra vita, ma che Gesù è salvezza. Ha capito che chi cerca, trova e chi bussa, gli sarà aperto. Noi invece molte volte, nonostante abbiamo conosciuto Gesù, tentiamo di salvarci con le nostre forze, dimenticando che Lui già ci ha salvati e che ci aspetta in Paradiso, nonostante tutti i casini che avremo combinato su questa terra.

P.s. Ho messo questa immagine, perché è l’unica che mostra il Buon Ladrone con l’aureola. Sì, perché il buon ladrone è il primo santo della Chiesa, e l’unico canonizzato da Gesù stesso.

Forgiati nell’Amore del Padre

Mi son sempre chiesto come 1+1 possa fare 1. Ma ho capito che è nelle stesse parole di Gesù che questo risultato trova senso: “In principio non era così”. In principio, prima del “peccato originale”, l’Uomo e la Donna erano plasmati nell’Amore del Padre, diventando una cosa sola.

Oggi, nel fidanzamento,  noi attiviamo quello stesso processo di fusione che porta due gioielli di inestimabile valore a diventare una cosa sola. Per forgiare due gioielli in uno solo, c’è bisogno della maestria del Fabbro, che con incudine e martello riesce a lavorare i due metalli fino a fonderli uno nell’altro. Migliore è la forgiatura, migliore sarà il risultato.

Ecco perché il fidanzamento è un continuo forgiare l’Amore nel sacrificio e nell’attesa, sotto la maestria di Dio, che sa guidarci sapientemente nelle vicende della vita. A volte invece prendiamo il fidanzamento come una tappa forzata del nostro cammino di coppia, o peggio ancora come un quasi matrimonio, ma un po’ più libero.

Il fidanzamento è una tappa importante della Vita di Coppia, una tappa in cui si gettano le basi della vita matrimoniale. Ma le basi di un palazzo non si costruiscono insieme agli ornamenti. Non inserisco i pilastri e insieme anche i mattoni e il mobilio. Nella costruzione del palazzo, ogni cosa ha il suo tempo.

Attendere, aspettare che la maestria del costruttore possa prima tirar su le fondamenta e poi pian piano ornare il palazzo, è il segreto di un buon fidanzamento.

E’ bello pensare che Gesù come un buon Padre, si prende cura dei fidanzati, li guida, li corregge, li ammaestra, gli dona volta per volta il suo Amore, fuoco inestinguibile che rende i fidanzati pronti per la forgiatura finale del matrimonio.

Non siamo soli nel cammino, non siamo soli nel fronteggiare le nostre ferite, i nostri difetti, le nostre paure. Non siamo soli a prenderci la responsabilità di un passo che ci legherà fino alla fine della nostra Vita. Lasciamo che il nostro sguardo si posi prima su Dio, e poi volgiamolo verso la/il nostra/o amata/o, avremo la percezione di guardare l’altro con un Amore che non è più terreno, ma è fatto delle stesse sembianze di Gesù, unico nostro bene, unica nostra fonte di vita.

Da buon Meteorologo di Coppia non può mancare una metafora sul tempo, per cui permettetemi di concludere con questo: ogni stagione ha la sua peculiarità e per molte piante, l’Autunno è il tempo della semina, l’Inverno tempo dell’attesa, la Primavera tempo della fioritura, l’Estate tempo della raccolta dei frutti.

Se ogni stagione rispetta la media climatica, i frutti che raccoglieremo saranno abbondanti. E di questi frutti potrà beneficiarne sia la famiglia nascente che tutti coloro che la circondano. La famiglia così diventa fulcro della Vita della società, così com’è lo è stata per trent’anni della Vita di Gesù. Dio che non ha scelto di venire al mondo, tra scribi e farisei, ma nell’umile famiglia di Nazareth, culla della salvezza del mondo.

 

 

Perché Charlie ha parlato al mio cuore

Il tema della sofferenza, del dolore, spaventa tutti. Ci inventiamo ogni tipo di scusa pur di non affrontare la realtà della vita. Come se evitare di parlare del dolore, relegandolo nel più angusto spazio del nostro cervello, possa in qualche modo esorcizzare le sue infauste conseguenze. L’eutanasia, la così detta dolce morte, è l’ultima delle soluzioni a questo gravoso problema. L’eutanasia è l’ultimo mattone, di un muro più grande, quasi insormontabile, che abbiamo posto tra noi e la sofferenza.

Temiamo la sofferenza perché non la possiamo gestire. Siamo abituati al controllo totale della nostra vita e delle vite degli altri, e non concepiamo nessuna cosa che possa in qualche modo sconvolgere la nostra “tranquilla” esistenza. La sofferenza sconvolge, la sofferenza ci smuove, la sofferenza scuote le nostre coscienze, ci fa porre domande, ci destabilizza, ci fa perdere le nostre sicurezze, siano esse fondate sul mondo o sulla fede.

Charlie ha parlato al mio cuore – Il suo dolore, la sua condanna hanno parlato al mio cuore. Mi ha posto la domanda: “Ma tu Daniele quanto saresti disposto a sacrificare della tua vita? Quanto saresti disposto a perdere? Quanto a soffrire?”

Charlie ha parlato al mio cuore – Perché anche la sua morte non sarà vana nell’infinita sapienza di Dio. Gesù non è sceso dalla Croce eppure era Dio, lui poteva se voleva, ma lui si è offerto LIBERAMENTE per la salvezza di noi figli. Liberamente, nessuno l’ha costretto a salirci, lui poteva scegliere di salvarsi. La sofferenza è il mistero stesso dell’Amore. La gioia, la felicità scaturiscono dalla sofferenza. La resurrezione dalla morte. La luce del sole, dalle tenebre dello spazio. L’arcobaleno, dalla tempesta. La Vita, dal pianto del bambino e dal dolore della mamma.

Charlie ha parlato al mio cuore – Mi ha fatto ricordare la sofferenza provata quando la mia fidanzata mi ha lasciato, scrivendomi ti odio e mi hai distrutto la vita, quel giorno il mio cuore si è spaccato, e ha pianto di dolore. Quel dolore era sconvolgente, non si poteva commensurare, così come non si può commensurare la morte di un caro, il dolore di un malato terminale, il dolore di due genitori che si vedono strappare il figlio, che tanto hanno amato. Eppure, Dio, è proprio lì, che mi ha preso sulla sua Croce e me ne ha fatto assaporare il sapore dolce e leggero, che solamente con Lui si riesce a provare.

Charlie ha parlato al mio cuore – Mi ha detto: “Non temere la sofferenza, nulla di questa vita può strapparci dall’Amore di Cristo, né la persecuzione, né la tribolazione. Non scappare da essa, ma accoglila come l’ultimo e il più grande dei doni che Gesù ci ha fatto, per unirci a lui, per renderci carne della sua carne, quella carne martoriata ma traboccante di amore per noi”

Ricordo da bambino quando la maestra delle elementari ci lesse un passo di Elie Wiesel “La notte”, che racconta di un bambino impiccato nel campo di concentramento. Il bambino viene impiccato e uno dei prigionieri esclama: “Dov’è il Buon Dio? Dov’e?” Mentre gli altri due condannati adulti muoiono subito, il bambino rimane a combattere tra la vita e la morte, per mezz’ora, agitandosi e sbattendo i piedi. Ancora il prigioniero esclama: “Dov’è dunque Dio?” E Wiesel, nel suo cuore, sente la risposta: “Dov’è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca…”

Sì, Gesù è in quel bambino, e Gesù ancora oggi ritorna in tutti gli ultimi, negli emarginati, negli orfani, nelle vedove, nei condannati da questa società, che ha cancellato la sofferenza, e con essa l’Amore…

Charlie non ha perso, ma ha vinto, e con lui Cristo! Questa è la nostra Speranza!

Il Sale della Coppia…

A volte pensiamo che una vita senza difficoltà, senza intoppi, sia una vita felice. Ma poi ci accorgiamo che quando le cose vanno bene, la salute, la famiglia, il lavoro… c’è sempre qualcosa che ci manca, continuano a essere insoddisfatti. Allora non sono gli ostacoli e le difficoltà a renderci infelici, ma siamo noi con il nostro modo di porci verso la vita, a rendere felice o meno la nostra esistenza.

Quel qualcosa che ci manca, quel qualcosa che a volte sentiamo come un peso nel cuore, anche quando le cose vanno benissimo, è il comune sale da cucina. Ora non correte a prendervi un cucchiaino di sale, ma aspettate che finisca…

Il sale dà sapore alle minestre, senza di esso anche Carlo Cracco avrebbe difficoltà a realizzare le sue pietanze, eppure molte volte nella nostra vita viene a mancare, rendendo insapore ogni cosa.

Il sale nello nostra vita di ogni giorno è Dio, se viene a mancare, anche le giornate più soleggiate perdono il loro chiarore. Immaginate quando in Estate ci svegliamo e fuori splende un bellissimo sole, poi improvvisamente il cielo diventa bianco, lattiginoso, un azzurro che non è più azzurro, ma viene sporcato da nubi alte, segno di un alto tasso di umidità.

Anche le giornate più belle, possono essere afose, e diventare pesanti. Così le nostre giornate, senza il pensiero che si rivolge a Dio, diventano allo stesso modo, insopportabili. La quotidianità, anche se abbiamo una persona che ci ama, un lavoro che ci gratifica… diventa una peso enorme da sopportare.

Pensiamo che per pregare, per amare Dio dobbiamo offrire grandi sacrifici, grandi preghiere, ma ci dimentichiamo poi di offrire il nostro quotidiano, le cose piccole di tutti i giorni. La nostra vita diventa preghiera, se il nostro pensiero è sempre rivolto a Lui. Le cose di ogni giorno diventano un mezzo per raggiungere Dio, e non Dio diventa un mezzo per raggiungere le cose di ogni giorno. Dio fai questo, Dio aiutami in questo o in quest’altro, sono belle preghiere, ma se provassimo a dire: Dio ti offro questo e quell’altra cosa, nel mio piccolo e umile gesto, guarda l’amore che ci metto.

Le nostre giornate cambieranno, la nostra vita di coppia cambierà. Quando sono con Dora, che sia un litigio, o una bella giornata di relax, la offriamo a Dio. Prendiamo ogni cosa come sua benedizione, ogni cosa come crescita personale e di coppia. Se mettiamo il Sale in un litigio, quel litigio diventa un occasione di crescita, di perdono, di scuse reciproche. Se mettiamo il Sale in un piccolo gesto verso la nostra dolce metà, quel gesto diventa il più grande dono che possiamo fare, e l’altro/a lo vedrà come il più bel dono. Se mettiamo il sale, quando ci accorgiamo di un suo difetto, quel difetto, diventa un modo per farci ironia e riderci sopra.

Se lasciamo che il quotidiano sia Lui a condurlo, tutto diventa più leggero, sopportabile, e io aggiungo divertente. Perché da quando Lo conosco, non mi sono mai così tanto divertito in vita mia.

Se Lui diventa il Sale della nostra vita, allora noi potremo essere sale per gli altri. Non possiamo decidere di essere prima sale per gli altri, se prima non decidiamo di essere “salati” da Lui. Amiamo perché siamo stati amati per prima.

 

Non siamo cristiani da copertina

Qualche giorno fa Papa Francesco mi ha fatto sorridere e riflettere nel suo discorso ai novizi: “dicendo che c’è bisogno di giovani gioiosi e non di giovani con faccia da immaginetta”

Dobbiamo abbandonare le nostre parvenze, buttare giù le maschere e presentarci agli altri per quello che siamo. I santi non erano uomini perfetti, ma miseri peccatori che hanno riconosciuto la misericordia di Dio.

Basta quindi con i cristiani da copertine patinate, bellissime a vedersi, ma nelle cui pagine interne si nascondono scheletri e scandali. Non sono le virtù che possediamo (qualità per le quali dobbiamo essere grati a Dio), ne le nostre eroiche imprese a parlare di Dio… Ma è Dio che parla agli altri, attraverso le nostre ferite, gli sbagli, le cadute: “Guarda Daniele quante volte cade, guarda la sua miseria, guarda le sue ferite, ma nonostante tutto è lì che combatte, che si rialza, perché lo amo oltre ogni limite e gli dono la grazia di resuscitare ogni volta dalle ceneri del suo peccato”.

Non esiste la perfezione nell’uomo e non esistono uomini buoni o cattivi, ma esistono peccatori. La differenza tra un santo e un non santo, non sta in quante volte cade, ma in quante volte si rialza. Il santo è un peccatore che è caduto mille volte e milleuno volte ha accettato di afferrare la mano di Gesù per rialzarsi.

Abbandoniamo le nostre ipocrisie, le nostre sicurezze, le nostre dolci parole, ma che nascondono l’amaro del giudizio. Abbassiamo i muri della legge, dietro i quali ci nascondiamo per paura di mostrare le nostre fragilità e miserie. Non siamo in questo mondo per vincere qualcosa, ma per perdere tutto, per spogliarci dei nostri bei vestiti, e rimanere nudi (senza foglie di fico a nascondere le nostre miserie), perché perdendoci, che ritroveremo noi stessi.

Tutto per Amore

Quando vado a caccia di tempeste mi accade sovente di finire la caccia senza averne ripresa neanche una. A volte può anche capitate l’unica occasione giusta per fare la diretta, ma tac… la linea wifi in quel momento non ne vuole sapere. “Siamo in Italia, mica in America!”. Ma nonostante le mille delusioni, ancora oggi continuo ad andare a caccia di tempeste, e non c’è nessuno e nessuna cosa al mondo che potrà convincermi del contrario.

Allo stesso modo nella vita di un cristiano non contano le delusioni, le amarezze, le persecuzioni, perché se veramente abbiamo conosciuto Gesù, lui ci attrarrà al suo cuore ogni volta che ci allontaniamo, ogni volta che cadiamo, ogni volta che ce ne dimentichiamo. Dobbiamo fare tutto per Amore! Le dicerie, le calunnie, le persecuzioni, dobbiamo sopportarle con amore. Se sopportassimo tutto con amore, anche il male che viene fatto verrebbe redento, e da esso potrebbero nascere nuovi frutti di bene.

Se pensiamo alla passione di Cristo e ci soffermiamo sul termine “Passione”, possiamo capire molte cose. Cristo ha subito tutto: dalle persecuzioni alle prese in giro, dai tradimenti ai rinnegamenti, dal flagello alla Croce, ma in tutto ci ha messo “Passione”. Il termine deriva dal greco “Pathos” e significa soffrire, ma con una tale forza emotiva in grado di trasformare quella sofferenza in qualcosa di più. Cristo in tutto quello che faceva ci ha messo passione, perché ci ha messo tutto se stesso, il suo cuore di Padre e di Figlio.

Nella nostra vita quotidiana ci dobbiamo mettere passione, anche nelle cose più piccole e insignificanti. E dobbiamo metterci passione anche quando le cose non vanno per il verso giusto, quando tutto ci sembra crollare, quando tutti ci remano contro, quando ogni cosa che facciamo non riesce. Perché la passione è in grado di trasformare tutto, è in grado di farci vedere il bene nel male, l’amore nell’odio, la gioia nella sofferenza, la luce nel buio, la resurrezione nella morte. Nella nostra “Vita di Coppia”, anche quando il tempo è nero, e all’orizzonte si affacciano nuvoloni di pioggia, mettiamoci ancora più “Pathos”, ancora più vigore.

Non subiamo gli eventi in modo passivo, deprimendoci, chiudendoci in noi stessi, quasi non ci fosse più un domani. Ma guardiamo lo spiraglio di luce che si cela dietro le nubi, raccogliamo la pioggia per poter irrigare il campo del nostro amore nei tempi di siccità, sfruttiamo i venti per gonfiare le nostre vele, per giungere in porto… alla fine di tutto.

Il ricordo più bello, quello più triste!

In questo Venerdì santo meditavo sulla mia vita, sul mio cammino fino ad ora, e ho ricordato momenti gioiosi e momenti tristi. Ho cercato di scavare per capire dove, come e quante volte ho incontrato Gesù… e incredibilmente mi sono accorto di averlo incontrato, e di averlo sentito più vicino, nella tristezza.

Avete presente il cartone “Inside Out”? Brevemente: “Vi sono dei piccoli personaggi nel cervello degli umani, che manovrano le emozioni, in modo particolare quelle di una bambina. Tra essi ci sono Gioia e Tristezza (i personaggi chiave della Storia). Gioia cerca sempre di portare ricordi, appunto gioiosi; Tristezza quelli più tristi. Tutto il cartone verte sull’importanza della Gioia, ma alla fine ci si accorge che anche i ricordi più gioiosi sono scaturiti proprio da quelli più tristi”

La Tristezza, la sofferenza, la Croce, è da lì che dobbiamo passare se vogliamo gioire di un gioia piena, e con Lui risorgere. E così… mi sono accorto, che il ricordo più bello, è stato quello più triste. Il giorno in cui mi ha lasciato la mia fidanzata, in quelle notti passate in bianco, in quelle giornate trascorse a leggere e pregare… proprio lì ho sentito la presenza di Gesù vicino a me, ho sentito la sua Croce, la sua sofferenza, il suo abbandono al Padre, la sua preghiera verso i nemici e i persecutori.

Non riesco a ricordare episodi gioiosi che possano quantomeno superare la bellezza di questi momenti così intimi con Gesù. Nel pianto strozzato, nei singhiozzi, nelle grida silenziose verso il cielo, ho sperimentato la mano materna di Dio, la sua carezza di Padre, la sua dolcezza di Figlio.

Nulla in quei giorni poteva consolarmi se non Lui, l’amico che mi è rimasto accanto, l’amico che non si è voltato indietro, ma che anzi si è fatto incontro, ed è sceso dalla Croce per prendermi tra le sue braccia.

Faccio fatica a scrivere di quei momenti, perché i ricordi sono annebbiati, annebbiati dalle cose di tutti i giorni, dai tanti impegni del quotidiano. In questa settimana Santa sto cercando di raschiar via dal mio cuore la ruggine che si è formata in questi mesi, e più raschio, più sento che il mio cuore si rischiara, redento da quella sofferenza, purificato da quella passione.

Non scrivevo con questa intensità da un anno, e le parole escono soffocate; il fuoco acceso anni fa, si è affievolito, ho dimenticato la sofferenza, ho dimenticato cosa significa essere accanto a Lui durante la passione.

Non lasciamo che tutto quello che ci circondi soffochi il ricordo del Suo viso, degli occhi che ci guardano con estrema dolcezza e passione. Lasciamo che in questa Pasqua il nostro cuore possa risorgere insieme al nostro Amato, che la ruggine venga lavata dal suo sangue prezioso, che la luce ritorni a splendere nelle nostre tenebre. Gridiamo a voce alta “Signori salvaci! Salvaci dalla nostra frenetica ricerca di successo, di approvazioni, di felicità passeggere. Riportaci sotto la tua croce, smuovi la pietra del nostro sepolcro, ridonaci nuovo fuoco e nuova vita”