Ieri, 14 febbraio, è iniziato il tempo di Quaresima, scandito dal rito d’imposizione delle Sacre Ceneri e dall’esortazione “Convertitevi a credete al Vangelo” (Mc 1, 15), non certo casuale: siamo all’inizio del racconto di Marco quando Gesù, dopo i quaranta giorni di digiuno nel deserto, inizia la vita pubblica con la chiamata dei primi apostoli.
Sicuramente noi cattolici, agli occhi di molti, possiamo apparire demodé ma è proprio questo che deve spingerci a riflessioni profonde: perché il mondo rifiuta la sobrietà che la Chiesa propone in queste settimane? E perché, al contrario, è fondamentale vivere in famiglia il tempo di Quaresima?
L’attuale società, piegata e piagata dal “tutto e subito” non è più allenata al senso del dovere e al sacrificio: se basta un’app sullo smartphone per comandare accensione e spegnimento degli elettrodomestici, controllare l’antifurto e quant’altro, che bisogno abbiamo ancora di faticare? Se si può diventare e ricchi e famosi senza sforzo, senza istruzione e senza scrupoli, perché dobbiamo sudare sui libri, dedicare tempo ed energie a guadagnarci un titolo di studio per raggiungere, poi, un posto di lavoro onesto? Se con i soldi posso comprarmi persino il partner, da cambiare come e quando voglio, perché impegnarsi in una relazione stabile?
Ecco che la Quaresima diventa la salvezza, punto di partenza e non di arrivo: proponendo un modello alternativo, rigoroso ma coinvolgente, ci permette di staccarci dal decadimento cognitivo e morale che ci avvolge, di fare silenzio dentro e fuori di noi e di ristabilire il giusto ordine delle cose e delle persone con cui condividiamo la vita.
I frutti del cammino quaresimale sono intensificati se vissuto in famiglia, sostenendosi l’uno l’altro: il marito sarà spronato dalla moglie e viceversa, i figli vedranno un esempio da seguire nei genitori e questi ultimi potranno insegnare qualcosa di meraviglioso, duraturo ed efficace. Certamente l’impegno dei singoli è fondamentale ma la condivisione, ancora una volta, si dispiega in tutta la sua potenza di testimonianza autentica, di vita vissuta. Come possiamo trasmettere la fede senza essere i primi a viverla? A che cosa varranno le nostre parole se non le mettiamo in pratica?
In qualità di chiesa domestica, la famiglia è il primo e più importante nucleo nel quale tutti i suoi membri possono e devono trovare una fonte d’ispirazione nella quale radicare il proprio percorso religioso. Insegnare ai figli il senso ed il valore del digiuno quaresimale significa mostrar loro concretamente che il Signore non ha bisogno della nostra rinuncia in se stessa ma della nostra disponibilità a farGli spazio nel cuore, nella mente e nel tempo delle nostre giornate. Un pasto frugale o più leggero del solito, magari anche il digiuno a pane ed acqua, se consumato insieme allo stesso tavolo può saziarci assai più di tanti piatti calorici perché il fare posto a Dio diventerà naturale quanto necessario, impegnativo quanto bellissimo.
«Non vendere l’anima al mercato del mondo, perché è troppo preziosa. Qualunque prezzo che il mondo la paghi è sempre irrisorio in confronto al suo valore. Non venderla, perché il mondo non può pagare il suo prezzo che è il sangue di Cristo sparso sulla croce»: il motto di San Charbel – eremita libanese nato al Cielo nel 1898 – si trasformerà allora nel programma ideale da seguire non soltanto in Quaresima ma, più in generale, nell’ideale stesso della vita stessa perché la sobrietà sarà diventata la cifra stilistica di una fede reale e concreta, vissuta da vicino più che letta in qualche manuale di biblistica oppure sbirciata da lontano.
Nella specificità di ogni nucleo si potranno mettere così in pratica idee differenti, suggerite da ogni membro: la condivisione sarà sia nella proposta che nell’attuazione, in un’attenzione per chi ci sta accanto che profuma davvero di Gesù. Vivere la Quaresima in famiglia diventerà un tempo stesso per la famiglia, nel quale non solo offrire qualche rinuncia insieme ma nel pregare insieme, nel trovare più spazio per gli altri, nel riconciliarsi, nel perdonarsi. I quaranta giorni di deserto, allora, diventeranno più fertili di ogni immaginazione perché avranno portato dei frutti duraturi, gettati sul terreno buono di un cuore diventato capace di accoglierli e farli germogliare.
Fabrizia Perrachon


